Green@work: ripensare il ruolo delle parti sociali per la green e Just transition

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Bollettino ADAPT 23 maggio 2022, n. 20

 

È indubbio come il settore energetico si confronti attualmente, e si confronterà sempre più, con sfide e opportunità, ormai comune oggetto di discussione della scienza, dell’industria nonché delle agende politiche comunitarie e nazionali in vista dei definiti e riconosciuti obiettivi di sostenibilità e decarbonizzazione. È inoltre indiscusso come la crisi pandemica Covid-19 abbia però impattato in termini di occupazione e riduzione di PIL e abbia inciso nella ridefinizione di questi obiettivi, ovvero dei percorsi e delle politiche per il raggiungimento dei target. Si valuta, difatti, come la pandemia si sia riflessa sull’economia degli Stati membri, in particolare, con un regresso allo scenario dei mercati precedente alla crisi finanziaria del 2008. In questo contesto, si inseriscono le innumerevoli politiche comunitarie e nazionali che si pongono come obiettivo la ripresa economico-sociale nazionale degli Stati membri anche in virtù delle necessitate transizioni, digitali ed ecologiche. In particolare, il piano Next Generation EU è lo strumento temporaneo per la ripresa creato dall’Unione europea, un pacchetto a rifinanziamento delle economie degli Stati membri di oltre 800 miliardi, nel quale si inseriscono le progettazioni dei singoli Piani Nazionali.

 

Il PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è lo strumento di progettazione italiano che definisce obiettivi, strumenti e riforme che la penisola intende realizzare grazie ai fondi del Next Generation EU per attenuare l’impatto economico e sociale della pandemia e, al contempo, rendere il paese più equo, sostenibile secondo i dettami dell’oramai famoso Green Deal. I risultati attesi, fra gli altri, sono: migliorare la resilienza e la capacità di ripresa, ridurre l’impatto della pandemia, sostenere la transizione verde e digitale, sviluppare il potenziale di crescita dell’economia e del PIL nazionale e creare occupazione, soprattutto giovanile.

 

In questo quadro generale si inserisce il Progetto Green@Work, Achieving emission-free production in energy-intensive industries – A joint pilot project by German, Croatian and Italian unions, che si propone di studiare le potenzialità tecniche della transizione nel settore delle industrie ad alta intensità energetica (settore energia, settore chimico fra gli altri) e la loro social acceptance, nonché di riflettere sul ruolo dei sindacati e delle parti sociali nel rendere davvero concreta e sostenibile la trasformazione green dei settori. D’altronde, per espresso dettato della Commissione, il tema della transizione energetica deve coprire almeno il 37% dei fondi dei Piani nazionali di attuazione del Next generation EU, ancora una volta a sottolineare l’importanza e l’urgenza del tema.

 

Guardando difatti al contesto italiano, si può notare come il fabbisogno energetico nazionale sia attualmente soddisfatto prevalentemente tramite import (di gas, petrolio ovvero, in ultima, di fonti rinnovabili) e sia dunque condizionato dal quadro geopolitico estero. È evidente come, dunque, il settore energetico e le industrie particolarmente energivore, in quanto le prime e più altamente impattate dalle politiche di transizione energetica, siano centrali nelle politiche del PNRR, in particolare declinate nella Mission 2 – Rivoluzione verde e transizione ecologica, nonostante nella generalità delle missioni possano riconoscersi spunti sul tema dell’efficientamento energetico.

 

Obiettivi del piano sullo specifico tema energetico sono l’ammodernamento dello share delle fonti e l’utilizzo dell’idrogeno, peraltro secondo la strategia dettata dalla Commissione (EU’s hydrogen strategy), lo sviluppo di innovazione e ricerca, l’ammodernamento delle strutture, considerando inoltre come oramai i tavoli politici non vogliano eliminare completamente l’utilizzo delle fonti fossili, ma piuttosto, secondo il dettato di sostenibilità anche economica e sociale oltre che ambientale, vogliano puntare ad un ammodernamento dei processi produttivi già in essere.

 

Nel contesto generale del settore energetico, si pongono poi sfide per i settori hard-to-abate ovvero per quelli altamente energivori, come quello chimico. È evidente come le correnti sfide per il settore richiedano soluzioni creative ed innovative, date le complesse ed eterogenee catene produttive, che ricomprendono aziende di grandi dimensioni e PMI, così come imprese dedite alla chimica base contestualmente a quelle dedicate alla produzione di chimica specialistica. Se l’Italia si pone prima nel ranking europeo di produzione farmaceutica e terza per il settore chimico, anche guardando alla portata degli investimenti e ai big-data coinvolti, è indubbio come la sfida non possa essere affrontata a livello nazionale. Difatti, tematiche quali il costo dell’energia e delle materie prime, fattori che inevitabilmente condizionano fortemente l’andamento dei mercati e a loro volta largamente condizionate da elementi geopolitici esterni a valutazioni e volontà statali, debbono essere guardate secondo un forte senso comunitario, come peraltro ricordato al meeting del progetto da Emma Argutyan (DG ECEG).

 

Allo stesso tempo, per accompagnare e vincere le grandi sfide di transizione del settore, sono necessarie forti e rinnovate (e innovate) relazioni industriali, che possano accompagnare la transizione del settore verso una sempre maggiore sostenibilità economica, sociale e ambientale, come affermato da Davide Calabró (ENI Versalis). Un ripensamento delle relazioni industriali non significa però un pregiudiziale giudizio di necessarietà delle stesse: “le parti sociali sono utili quando sono uno strumento alla sostenibilità delle imprese, ad incremento della produttività e della competitività e a tutela dell’occupazione nei necessitati processi di transizione” (Paolo Cuneo, Federchimica).

 

È indubbio come la collaborazione e il dialogo sociale siano strumento per le attuali sfide dei processi di riconversione di settore: come sottolineato da Maike Niggemann (Industriall), la transizione è già iniziata e non è questione futura: è questione di responsabilità sociale renderla concreta. Come renderla concreta, è questione di innovazione e rinnovamento, nuovamente, non solo dei processi produttivi in transizione ma anche e soprattutto delle relazioni industriali, ad inaugurare una nuova stagione che ponga come temi centrali la riforma delle politiche attive del settore e dell’orientamento, ai fini di una concreta transizione occupazionale e della piena inclusività nei mercati del lavoro, sempre maggiormente interconnessi.

 

In questa prospettiva si pone anche la piattaforma di rinnovo del CCNL chimico-farmaceutico che, in prima battuta, riconosce sulla scia del precedente come un modello partecipativo e dialogato di relazioni sindacali possa concretizzarsi nella gestione di una giusta transizione che coniughi produzione, occupazione con la necessaria innovazione. Si aprono così a sperimentazioni in ambito organizzativo (accordo F.O.R. working); si rinnova il monitoraggio, dialogo e confronto sul territorio e sul sito per il tramite degli osservatori itineranti (strumenti prodromici a vere e proprie politiche attive, necessari alla comprensione delle necessità del settore); si confermano gli Organismi bilaterali settoriali, affermando quella politica di dialogo e collaborazione fra le parti sociali a sviluppo di temi quali, fra gli altri, di costruzione di adeguate strategie formative di life-long learning, reskilling e upskilling.

 

Il quadro delineato presenta innumerevoli sfide ambientali, produttive e sociali, che se perseguite nell’ottica di interesse singolo è indubbio come si prospettino di difficile ottenimento. In tal senso, le caratteristiche del settore, ma più in generale della transizione ecologica, che richiama e ricollega aspetti economici, sociali oltre che strettamente climatici, richiedono come i percorsi di transizione soddisfino i requisiti di co-determinazione dei lavoratori e delle parti sociali, in un’ottica di sempre maggior coinvolgimento di parti istituzionali e stakeholders.

 

Sara Prosdocimi

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena

@ProsdocimiSara

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