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Appalti privati: best practices dall’accordo di Mondoconvenienza

Appalti privati: best practices dall’accordo di Mondoconvenienza

Bollettino ADAPT 30 giugno 2025, n. 25

 

Il 22 maggio 2025, Iris Mobili S.r.l. (Mondoconvenienza) ha sottoscritto con le organizzazioni sindacali Fisascat-Cisl, Filcams-Cgil e Uiltucs un accordo collettivo per la gestione della filiera produttiva: scopo del protocollo è quello di evitare che attraverso le catene di appalti possano essere alimentati fenomeni di sfruttamento del lavoro.

 

Si tratta di un accordo collettivo di indubbia rilevanza perché anzitutto mirato a dare concreta attuazione all’art. 29, comma 1-bis del d.lgs. n. 276/2003, che impone nell’ambito degli appalti e subappalti privati il rispetto di «un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale stipulato dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, applicato nel settore e per la zona strettamente connessi con l’attività oggetto dell’appalto e del subappalto».

 

Da questo punto di vista, l’accordo prevede che Iris Mobili deve richiedere ai propri appaltatori l’applicazione non solo dei contratti collettivi nazionali ma anche di quelli territoriali il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso all’oggetto dell’appalto e che siano sottoscritti dalle federazioni aderenti a Cgil, Cisl e Uil quali organizzazioni sindacali «maggiormente e comparativamente più rappresentative sul piano nazionale», come di frequente affermato anche dalla giurisprudenza. Si tratta di una “applicazione” che non sembrerebbe fare “sconti”, nel senso che questa debba essere integrale, quantomeno per quanto concerne il trattamento economico e normativo. La conseguenza che ne deriva è quella, sul piano pratico, di inserire nel contratto commerciale una clausola volta a sancire l’impegno dell’appaltatore ad applicare i suddetti contratti collettivi, scongiurando così anche un ipotetico ricorso ai contratti c.d. pirata, che nel terziario di mercato si presenta come fenomeno tutt’altro che marginale (G. Piglialarmi, M. Tiraboschi, Fare contrattazione nel terziario di mercato, vol. I e vol. II ADAPT University Press, 2025).

 

In secondo luogo tale accordo appare in linea con i recenti orientamenti ispettivi e della magistratura che sembrano sempre più diretti a responsabilizzare il committente sulla genuinità della catena di appalti e subappalti di cui si avvale.  E ciò non solo per quanto riguarda la c.d. responsabilità solidale, già prevista dall’art. 29, comma 2 del d.lgs. n. 276/2003, bensì con riferimento ad un più ampio e generale onere di controllo e vigilanza sull’intera filiera.

 

Allo stesso tempo, l’accordo collettivo si apprezza anche per aver “procedimentalizzato” l’iter per la stipulazione dei contratti di appalto.

 

Prima di ricorrere all’appalto, infatti, Iris Mobili deve compiere alcuni accertamenti tra i quali: a) verificare che l’appaltatore sia regolarmente iscritto nel registro delle imprese; b) che questo applichi un CCNL leader e che sia coerente con l’oggetto dell’attività da svolgere; c) che l’appaltatore rispetti gli standard di sicurezza imposti dalla legge e dalla contrattazione collettiva; d) che svolga il lavoro assegnato con una certa abitualità e quindi professionalità e che sia in possesso del DURC. L’accordo, dunque, impone al committente di effettuare una serie di verifiche pre-contrattuali, in assenza (o in violazione) delle quali, laddove si proceda comunque alla stipulazione del contratto di appalto, i sindacati potrebbero impugnare l’esternalizzazione vantando l’ipotesi di una condotta antisindacale ex art. 28 St. Lav.

 

La suddetta attività di verifica sembrerebbe porsi come una vera e propria leva di controllo indiretto del mercato. In un’ottica di law & economics, l’insieme degli obblighi che l’accordo collettivo pone in capo al committente dovrebbe indurre quest’ultimo a selezionare solo imprenditori affidabili, che siano cioè in grado di non compromettere i diritti sociali o produrre esternalità negative sotto il profilo della tutela del lavoro. L’obiettivo, in buona sostanza, pare essere quello di generare un “mercato virtuoso”, capace di escludere automaticamente da esso tutte le aziende che non sono capaci di garantire il pieno della normativa lavoristica e previdenziale: è questa del resto la finalità dell’art. 29 del d.lgs. n. 276/2003 e quindi della responsabilità solidale, come si spiega bene nel messaggio INPS  27 gennaio 2022, n. 428.

 

Un simile meccanismo è stato recentemente introdotto, al livello settoriale, con il rinnovo del CCNL Logistica, trasporto merci e spedizioni, sottoscritto da 24 associazioni datoriali (tra cui Assologistica, e Fedit assistite da Confetra) e 3 sigle sindacali (Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti). Nel caso di specie, il nuovo articolo 42 ha introdotto un vero e proprio sistema di “Qualificazione della filiera” onerando gli appaltatori a rispettare una serie di requisiti, tra cui: la verifica dell’idoneità tecnico-professionale, la capacità finanziaria-economica e la regolarità contributiva e fiscale. Nel settore di riferimento è stata tipizzata altresì una causa di risoluzione del contratto di appalto in caso di mancato rispetto di determinate condizioni, tra cui l’applicazione di un CCNL diverso da quello c.d. di filiera della Logistica, trasporto merci e spedizioni (per un approfondimento si veda, G. Benincasa, Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/245 – Il rinnovo del CCNL Logistica, trasporto merci e spedizioni: maggiore flessibilità e inclusione per affrontare le sfide operative, Bollettino ADAPT 9 dicembre 2024, n. 44).

 

Da apprezzare è anche la clausola dell’accordo collettivo sottoscritto da Iris Mobili che impone all’appaltatore di essere autorizzato dal committente per subappaltare in tutto o in parte l’attività. Se da un lato è raro che in un accordo collettivo si inserisca una clausola di questo tipo – che del resto sembrerebbe richiamare quanto già disposto dall’art. 1656 c.c. – dall’altro la disposizione contrattuale è chiara nel consentire un solo subappalto (chiamato “di primo livello”) e non un sistema c.d. “a cascata” (cioè composto di più subappalti).

 

Da ultimo, oltre a contenere una serie di obblighi informativi (anche rispetto all’introduzione di nuove tecnologie e modelli di business) e a ribadire in non pochi punti la necessità che l’appaltatore applichi non solo il CCNL ma anche la contrattazione decentrata laddove esistente coerente con l’oggetto dell’appalto – sull’evidente scia della disciplina pubblicistica (cfr. art. 11 del d.lgs. n. 36/2023) – l’accordo collettivo si caratterizza per alcune disposizioni di chiusura, che riguardano proprio la sua efficacia temporale. Le disposizioni contrattuali, infatti, non si applicheranno solo ai contratti di appalto stipulati a partire dalla sottoscrizione dell’accordo collettivo ma anche ai contratti prorogati o rinnovati a partire dal 22 maggio 2025.

 

Sottoscritto dopo 27 mesi di trattativa e destinato ad incidere su oltre 6.000 lavoratori e lavoratrici della filiera produttiva di Mondoconvenienza, complessivamente l’accordo collettivo in commento potrebbe essere inteso come un tentativo (ben riuscito, almeno potenzialmente) di organizzare una contrattazione di filiera a livello aziendale, lungo la quale la pluralità di imprese coinvolte è tenuta a rispettare determinati standard normativi, onde evitare che la frammentazione dei processi produttivi si traduca (anche) in una forma di sfruttamento del lavoro (sul punto, cfr. da ultimo R. Schiavo, La funzione della contrattazione collettiva nelle catene produttive nazionali: la necessità di un patto di filiera, in LDE, 2021, n. 2). In questa prospettiva, l’accordo testimonia senz’altro come le “buone relazioni industriali” possano riuscire a governare le trasformazioni organizzative del lavoro, non essendo sempre necessario ricorrere alla leva legislativa per contrastare alcuni fenomeni che compromettono i livelli di tutela e alterano la concorrenza tra le imprese.

 

Giovanni Piglialarmi

Ricercatore Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

ADAPT Senior Fellow

@Gio_Piglialarmi

 

Giada Benincasa

Vice-Presidente della Commissione di certificazione DEAL dell’Università di Modena e Reggio Emilia

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Ancora sul dumping contrattuale: nuovi spunti di riflessione dalla relazione della Commissione Garanzia Sciopero e dal rinnovo del CCNL pulizia / multiservizi

Ancora sul dumping contrattuale: nuovi spunti di riflessione dalla relazione della Commissione Garanzia Sciopero e dal rinnovo del CCNL pulizia / multiservizi

Bollettino ADAPT 16 giugno 2025, n. 23

 

Anche la relazione annuale della Presidente della Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici, professoressa Paola Bellocchi, presentata a Palazzo Montecitorio lo scorso 12 giugno a margine della pubblicazione della relazione sulla attività svolta dalla Commissione nel corso del 2024, ci offre una preziosa occasione per tornare a parlare di dumping contrattuale e di contratti c.d. pirata, espressione quest’ultima sdoganata anche sul piano tecnico, come sottolineato in un precedente contributo, dalla magistratura (G. Piglialarmi, M. Tiraboschi, I contratti c.d. “pirata”: dal Tribunale di Roma un importante chiarimento, in Bollettino ADAPT del 9 giugno 2025, n. 22). Perché la contrattazione c.d. pirata impatta non solo sui trattamenti economici e normativi dei lavoratori, ma anche sul corretto funzionamento del nostro sistema di relazioni industriali (partendo dai perimetri contrattuali sino ad arrivare alla erogazione di servizi per lavoratori e imprese tramite fondi e organismi bilaterali) e, conseguentemente, sulla conflittualità del lavoro.

 

Il fenomeno riguarda certamente le sigle minori e prive di requisiti minimi di rappresentatività. Fenomeni di dumping si alimentano tuttavia anche all’interno dei sistemi contrattuali più rappresentativi. Secondo la Commissione di garanzia, lungo la filiera dei servizi per l’igiene ambientale o dei servizi ospedalieri ove si fa ampio ricorso alle esternalizzazioni (tramite appalti e subappalti), non poche imprese utilizzano CCNL con un ambito di applicazione trasversale – tra i quali spicca proprio il CCNL servizi di pulizia, servizi integrati / multiservizi – che alimentano meccanismi di concorrenza al ribasso. Da qui derivano anomalie e crescenti conflittualità rispetto all’utilizzo improprio di questo contratto collettivo.

 

È pertanto di grande rilievo la scelta compiuta dalle organizzazioni datoriali e sindacali in occasione del rinnovo del CCNL pulizia / multiservizi dello scorso 13 giugno 2025 (senza però la firma di ANIP, la federazione di settore del sistema Confindustria) che affidano a una apposita commissione paritetica il compito di affrontare il nodo della attuale applicazione di questo contratto, utilizzato talvolta in dumping per coprire (a minor costo) “segmenti” di attività e prestazioni lavorative presenti in altri contratti di settore (si veda, con riferimento al rinnovo del 2021, G. Piglialarmi, Il rinnovo del CCNL Multiservizi e l’occasione mancata per gestire il dumping interno, in Bollettino ADAPT 19 luglio 2021, n. 28). Scopo della commissione sarà quello di pervenire a «un dimensionamento più stringente della sfera di applicazione del contratto con, al termine dei lavori la conseguente riduzione delle attività individuate ed analizzate della sfera di applicazione» (così l’art. 1, rubricato Sfera di applicazione, dell’accordo di rinnovo del contratto servizi di pulizia, servizi integrati / multiservizi che attualmente, secondo i dati dell’archivio nazionale dei contratti del CNEL, trova applicazione a oltre 10mila imprese e circa 400milla  lavoratori).

 

Ci pare questo un importante atto di responsabilità da parte degli attori (comparativamente) più rappresentativi del nostro sistema di relazioni industriali perché la lotta contro il dumping contrattuale e la contrattazione pirata è possibile solo attraverso un loro impegno diretto, che è poi il miglior terreno per il sindacato storico per (ri)trovare le ragioni dell’unità, accerchiati come sono da una miriade di soggetti che tradiscono il significato del fare sindacato almeno come pensato e tutelato dalla nostra Carta costituzionale.

 

Ed infatti questi contratti pirata non di rado tendono a diventare contratti “corsari” in quanto direttamente o indirettamente legittimati dalla politica e da atti amministrativi con il rilascio di codici e “patenti” pubbliche (si veda, recentemente, la Risoluzione n. 34/E della Agenzia delle entrate dello scorso 4 giugno 2025, avente per oggetto l’istituzione delle causali per il versamento, tramite modello F24, dei contributi all’INPS da destinare a enti bilaterali di sistemi minori che, a nostro personale avviso, non sono tuttavia riconducibili alla definizione di cui all’articolo 2, comma 1, lett., h) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276).

 

Tra i settori più critici v’è indubbiamente il terziario di mercato dove si registrano una miriade di contratti collettivi ed enti bilaterali, pochi dei quali tuttavia riconducibili ai sistemi di contrattazione collettiva più rappresentativi sul piano comparato. Di questo settore ci siamo occupati nel corso degli ultimi cinque anni con una ricerca che ora è confluita nei due volumi “Fare contrattazione nel terziario di mercato – Effettività delle tutele e contrasto al dumping contrattuale”, attraverso cui cerchiamo di fornire un contributo di conoscenza sul fenomeno del dumping contrattuale e sugli effetti concreti che ne derivano.

 

La ricerca verrà presentata a Roma il prossimo 17 giugno nell’ambito di una tavola rotonda su “Tutele del lavoro, retribuzioni e dumping contrattuale. Il caso del terziario di mercato”, che vedrà la partecipazione di Paolo Andreani (Uiltucs UIL), Davide Guarini (Fisascat CISL), Fabrizio Russo (Filcams CGIL), Mauro Lusetti (Confcommercio).

 

Come ricercatori restiamo a disposizione di federazioni di categoria e associazioni territoriali per nuove ricerche sul fenomeno del dumping contrattuale e della contrattazione pirata, forti della consapevolezza che la conoscenza del fenomeno impone uno stretto confronto e dialogo con gli attori della rappresentanza.

 

Giovanni Piglialarmi

Ricercatore Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

ADAPT Senior Fellow

@Gio_Piglialarmi

 

Michele Tiraboschi

Università di Modena e Reggio Emilia

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