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Le conciliazioni in sede sindacale tra “formalismi”, oneri probatori e contrattazione collettiva

Le conciliazioni in sede sindacale tra “formalismi”, oneri probatori e contrattazione collettiva

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Bollettino ADAPT 2 dicembre 2024 n. 43

 

Non sono passate di certo inosservate le recenti pronunce della Corte di Cassazione riguardanti i presupposti affinché una conciliazione esperita in sede sindacale possa sortire gli effetti previsti dall’art. 2113, comma 4 cod. civ. e cioè l’inoppugnabilità delle rinunce e delle transazioni concordate dalle parti. I nuovi approdi giurisprudenziali, infatti, stanno facendo discutere tutti gli attori coinvolti nei processi di negoziazione dei c.d. verbali tombali, cioè quegli accordi in cui le parti del rapporto di lavoro dirimono in via definitiva ogni lite in occasione della relativa cessazione.

 

Con ordinanza 18 gennaio 2024, n. 1975, la Corte di Cassazione ha ritenuto che non sia necessario che la conciliazione sia sottoscritta presso una sede sindacale intesa nella sua dimensione “materiale”, essendo piuttosto sufficiente che il lavoratore (o la lavoratrice) sia pienamente informato e reso consapevole da un sindacalista circa le conseguenze giuridiche derivanti dalla sottoscrizione dell’accordo. In altri termini, ciò che è essenziale, ai fini della validità di una conciliazione in sede sindacale e della produzione degli effetti previsti dall’art. 2113, comma 4 cod. civ., è che il sindacalista aiuti il lavoratore a comprendere e valutare la convenienza dell’accordo rispetto all’oggetto della lite, accertandosi che la sua volontà non sia stata coartata o condizionata (anche) dal datore di lavoro. In tale quadro, nell’ordinanza la Corte precisa che la sede sindacale nella sua accezione fisico-topografica non rappresenterebbe un requisito formale ma solo “funzionale” ad assicurare al lavoratore l’esercizio di un libero convincimento, senza alcun condizionamento (cfr. punto 5 dell’ordinanza). Se, però, il lavoratore ha effettivamente ricevuto una adeguata assistenza sindacale, il fatto che poi l’accordo sia stato sottoscritto presso la sede aziendale (nel caso di specie, uno studio oculistico) non rileva, con conseguente idoneità dell’accordo a produrre l’effetto dell’inoppugnabilità previsto dall’art. 2113, comma 4 cod. civ.

 

Sennonché, qualche mese dopo, la Suprema Corte è ritornata sulla questione: nella ordinanza 15 aprile 2024, n. 10065, gli ermellini hanno sostenuto che la conciliazione in sede sindacale non può essere validamente conclusa presso la sede aziendale, non potendo quest’ultima essere annoverata tra le sedi protette. Secondo la Corte, i luoghi designati dall’art. 2113, comma 4 cod. civ.  sono tassativi e non ammettono alternative, «sia perché direttamente collegati all’organo deputato alla conciliazione e sia perché in ragione della finalità di assicurare al lavoratore un ambiente neutro» (cfr. punto 18 dell’ordinanza). Pertanto, la sede sindacale alla quale farebbe riferimento tanto l’art. 2113, comma 4 cod. civ. che l’art. 411, comma 3, cod. proc. civ., non va intesa solo come “luogo virtuale di protezione” del lavoratore, integrata dalla sola presenza del sindacalista, bensì anche come “luogo fisico-topografico”.

 

Nel registrare l’esistenza di due orientamenti tra loro parzialmente in contrasto – rispetto ai quali sarebbe auspicabile un intervento nomofilattico da parte della stessa Corte – v’è però da notare, in prima battuta, che l’eventuale verbale di conciliazione sottoscritto in una sede che non sia quella “fisica” dell’associazione sindacale non darebbe luogo automaticamente ad una invalidità dell’atto, essendo sempre possibile dimostrare che, in realtà, il lavoratore (o la lavoratrice) sia stato messo nelle condizioni di poter maturare il suo libero convincimento grazie ad una effettiva assistenza del sindacalista. È questa, del resto, la conclusione alla quale perviene l’ordinanza 18 gennaio 2024, n. 1975: se la conciliazione è stata conclusa nella sede sindacale intesa in senso “materiale”, posto che la prova della piena consapevolezza dell’atto dispositivo del lavoratore può dirsi in re ipsa o desumersi in via presuntiva «graverà sul lavoratore l’onere di provare che, ciononostante, egli non ha avuto effettiva assistenza sindacale»; diversamente, laddove la conciliazione sia stata conclusa in una sede diversa, l’onere della prova grava sul datore di lavoro, il quale deve dimostrare che, nonostante l’assenza di una sede protetta intesa in senso “fisico”, il lavoratore, grazie all’effettiva assistenza sindacale, ha comunque avuto modo di comprendere contenuto ed effetto delle dichiarazioni negoziali sottoscritte.

 

Posta in questi termini, dunque, la questione si sposterebbe semmai sull’eventuale ripartizione degli oneri probatori, anche perché non è sempre detto che per il solo fatto che la negoziazione dell’accordo si sia svolta presso una sede sindacale il lavoratore sia stato adeguatamente assistito ai fini del compimento delle dovute valutazioni che occorre fare in una fase in cui si sta per rinunciare definitivamente all’accertamento dei diritti connessi al rapporto di lavoro, molti dei quali inderogabili e quindi indisponibili. Pertanto, anche laddove dovesse accertarsi che la conciliazione sia stata conclusa non presso la sede sindacale ma in presenza di un sindacalista che abbia effettivamente assistito il lavoratore, l’accertamento dell’invalidità della conciliazione dipenderebbe dalla capacità del datore di lavoro di dimostrare che il lavoratore non ha subito alcun condizionamento e che sia stato adeguatamente assistito.

 

Inoltre, a non convincere del tutto il rigido orientamento assunto dalla Corte nella ordinanza 15 aprile 2024, n. 10065, sovviene la lettera della legge la quale, proprio con riferimento alla conciliazione in sede sindacale, riconosce un significativo spazio di regolazione alla contrattazione collettiva. L’art. 412-ter cod. proc. civ., infatti, prevede che la conciliazione può essere esperita «altresì presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative». Dunque, il contratto collettivo – a qualunque livello esso sia sottoscritto (nazionale, territoriale o aziendale) posto che la norma nulla dice al riguardo – ha il potere di definire delle modalità conciliative proprie, che possono anche prescindere dalla fisicità del luogo, purché idonee a tutelare la posizione di debolezza negoziale del lavoratore, dati gli effetti che scaturiscono da un accordo di conciliazione ex art. 2113, comma 4 cod. civ. È in questa cornice concettuale che deve essere ricondotto il recente accordo collettivo territoriale sottoscritto a Treviso il 22 ottobre 2024, da Confindustria Veneto Est e le confederazioni sindacali locali Cgil, Cisl e Uil. Coltivando legittimamente il rinvio che l’art. 412-ter cod. proc. civ. depone in favore della contrattazione collettiva, l’accordo prevede espressamente che per “sede sindacale” deve intendersi «qualunque luogo e/o locale», inclusi i locali dell’impresa, o quelli dell’associazione datoriale firmataria, «che sia concordemente individuato quale sede di stipulazione della conciliazione da parte del lavoratore, dell’organizzazione sindacale che lo assiste, del datore di lavoro e di Confindustria Veneto Est», se coinvolta.

 

Allo scopo di garantire un adeguato livello di tutela al lavoratore, l’accordo prevede che l’organizzazione sindacale che assiste il lavoratore debba poter essere messa al corrente del luogo ove si svolgerà la conciliazione, in modo tale da poter verificare preventivamente se vi siano i rischi di particolari condizionamenti del lavoratore. Non solo; a presidio di una maggiore tutela del lavoratore, l’accordo prescrive anche la necessaria e contestuale presenza del sindacalista nel medesimo luogo in cui si trova il lavoratore al momento della conciliazione, anche quando questa si svolga da remoto. L’accordo, dunque, definisce una procedura nel pieno rispetto degli spazi di regolazione che la legge affida all’autonomia collettiva, senza che da questa possano desumersi particolari vincoli spaziali o procedurali. È in questo senso che si giustifica la scelta delle organizzazioni sindacali di non porre l’accento sulla dimensione fisica del luogo ma sulle procedure, evidentemente consapevoli anche del fatto che l’unico precedente giurisprudenziale a propendere per una concezione anche “fisica” di sede sindacale riguarda un caso in cui le parti del rapporto avevano conciliato senza seguire delle procedure definite da alcun accordo o contratto collettivo, seguendo piuttosto la prassi (cioè conciliare presso i locali aziendali e in assenza di una disciplina collettiva di riferimento che autorizzi una tale procedura prevedendo delle contromisure).

 

Nicoletta Serrani

ADAPT Labour Lawyers associate

@Nicserrani

 

Salario minimo e contrattazione collettiva: spunti dal Rapporto UNI Europa “Time for action!”

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Bollettino ADAPT 2 dicembre 2024 n. 43

 

Introduzione

 

L’articolo che segue si propone di analizzare il recente rapporto “TIME FOR ACTION!”, edito da UNI – Europa, la Federazione Sindacale Europea dei Servizi, che rappresenta in Europa 272 sindacati nazionali. Il report è inserito nell’ambito di un progetto più ampio, svoltosi da agosto 2022 ad agosto 2024 e coordinato dalla federazione, che è volto a individuare strategie per il rafforzamento della contrattazione collettiva nel settore dei servizi. Un obiettivo che, proprio con riferimento a questo ambito settoriale, assume una rilevanza centrale, considerato il tasso generalmente molto basso di copertura della contrattazione nei vari Paesi, in ogni caso ben al di sotto della soglia minima dell’’80% individuata dalla Direttiva UE 2022/2041 sui salari minimi adeguati.

 

Nel report è quindi fatta sintesi tra numerosi contributi di alcuni esperti nazionali sulla contrattazione collettiva e analisi di esperienze di policy attuate in diversi Stati europei, con l’obiettivo di arricchire il dibattito in merito alle strategie più efficaci da adottare a livello nazionale per lo sviluppo della contrattazione, nel solco degli obiettivi posti a livello eurocomunitario. Per fare ciò, sono individuati due macro – obiettivi: uno strutturale, cioè orientato all’apportare cambiamenti di policy volti a migliorare l’attività sindacale e i processi di sviluppo della contrattazione; uno culturale, volto allo sviluppo di una coscienza “comune”, nella società, sul valore del ruolo della contrattazione collettiva.

 

Il primo obiettivo è il più complesso da affrontare e si suddivide in tre ambiti d’intervento: l’incremento della capacità contrattuale degli attori coinvolti; la riforma dell’impianto normativo e organizzativo della contrattazione collettiva; l’efficacia e l’impatto degli accordi collettivi raggiunti. Tali ambiti sono a loro volta organizzati intorno a cinque aree tematiche, ricche di suggestioni e di proposte, su cui si sviluppa l’analisi. Parte delle misure suggerite dagli esperti sono riconducibili a un approccio più flessibile, il c.d. carrot approach (approccio della carota), altre invece a un approccio più incisivo, il c.d. stick approach (approccio del bastone).

 

Prima area d’intervento: capacità e forza contrattuale delle organizzazioni sindacali

 

Nella prima parte dell’analisi, vengono proposte alcune azioni di policy volte a rimuovere alcuni ostacoli che, attualmente, rendono più complesso l’esercizio delle attività delle organizzazioni sindacali.

 

In questa prospettiva, sono presentate alcune prime riflessioni in merito al requisito della rappresentatività, secondo il quale ai sindacati è riconosciuta la possibilità di negoziare i contratti collettivi nel caso in cui dimostrino di avere una certa consistenza e capacità di mobilitazione e di protezione degli interessi collettivi nel settore, territorio o azienda di riferimento. Il requisito della rappresentatività è disciplinato dai legislatori nazionali attraverso l’individuazione di soglie, le quali possono essere, a seconda dei casi, particolarmente stringenti (molto alte) o permissive (molto basse). Ognuna di queste eventualità può comportare problemi di natura diversa sul piano dell’azione sindacale: infatti soglie troppo alte renderebbero di fatto impossibile la partecipazione alla contrattazione delle organizzazioni; al contrario, soglie basse renderebbero troppo facile la costituzione di una rappresentanza e la partecipazione di questa al tavolo della contrattazione, aumentando così il rischio di yellow unions, ossia organizzazioni sindacali asservite agli interessi del datore di lavoro. Sulla scorta di alcune esperienze nazionali, vengono quindi suggeriti alcuni rimedi, che vanno dalla predisposizione di un sistema di rappresentatività automatica basato sulla firma di accordi collettivi (Croazia) alla creazione di un sistema di mutuo riconoscimento in cui gli accordi collettivi siano applicati a prescindere dal rispetto delle soglie di rappresentatività (Malta).

 

Una seconda questione problematica è rappresentata dalla presenza di discriminazioni sul luogo di lavoro: questo fattore può infatti ostacolare la partecipazione dei lavoratori alle organizzazioni sindacali, nel momento in cui vengano indotte le dimissioni o negate specifiche opportunità di carriera ai lavoratori sindacalizzati. Sono numerose le proposte di rafforzamento dei sistemi normativi che già prevedono sanzioni in merito, ad esempio attraverso l’estensione della protezione assicurata ai whistleblower e la predisposizione di politiche che portino alla stipulazione di patti a tutela della carriera.

 

Un terzo punto riguarda il tempo e le risorse a disposizione delle rappresentanze sindacali dei lavoratori per dirigere e organizzare le attività sindacali. In quest’ottica, si propone la disponibilità di utilizzo degli spazi e materiali aziendali (come uffici e computer), così come la previsione di aumenti salariali in virtù del numero di lavoratori rappresentati. È importante garantire ai rappresentanti l’incontro con i lavoratori, favorendone le condizioni, soprattutto in situazioni con un alto tasso di lavoratori da remoto, dispersi o mobili, ad esempio consentendo la presenza dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali al momento dell’assunzione, di modo da consentire la possibilità per il sindacato di farsi conoscere e da rendere consapevoli i lavoratori dei propri diritti.

 

Un quarto nodo problematico riguarda la costante presenza di forme di lavoro flessibile e precario, dato che i lavoratori assunti con tipologie contrattuali non standard sono disincentivati a unirsi alle organizzazioni sindacali.

 

Infine un tema critico che si riscontra in fase di applicazione degli accordi collettivi aziendali riguarda i soggetti beneficiari delle negoziazioni; di fatto gli accordi raggiunti ricadono sia sui lavoratori iscritti sia sui non iscritti, potendo così comportare una riduzione della partecipazione sindacale. Si tratta della questione dei c.d.free – riders, cioè dei lavoratori che non si iscrivono ai sindacati, potendo comunque beneficiare dei risultati delle negoziazioni. Per far fronte a questo nodo problematico, sono delineate tre possibili linee d’azione: limitare il costo dell’iscrizione ai sindacati, attraverso sgravi fiscali, indennità o rimborsi; prevedere “commissioni solidali” costituite da quote monetarie versate da ogni lavoratore e volte alla creazione di un fondo per la contrattazione collettiva che andrebbe a finanziare economicamente l’attività di contrattazione dei sindacati; prevedere l’applicazione degli accordi solo agli iscritti al sindacato firmatario, una soluzione che tuttavia sarebbe incostituzionale secondo gli ordinamenti di molti paesi. Infine una visione più stringente della tematica porterebbe alla creazione di un sistema obbligatorio d’iscrizione alle organizzazioni sindacali, così come attuato in Austria dove è prevista l’iscrizione obbligatoria dei lavoratori alla Camera del lavoro, la quale offre assistenza al lavoratore e fornisce servizi legali.

 

Seconda area d’intervento: il potere contrattuale e la partecipazione dei datori di lavoro alla contrattazione collettiva

 

Nell’ambito del report viene poi analizzata la questione del mandato delle organizzazioni datoriali, la cui mancanza mina la capacità (e volontà) dei datori di lavoro ad avviare le negoziazioni con le organizzazioni dei lavoratori. Problema urgente, soprattutto per le realtà multi –datoriali, che può essere risolto solo con l’intervento del’azione pubblica.

 

Su tale questione, sono suggerite due strategie di portata diversa.

 

L’approccio più morbido suggerisce l’introduzione di fondi, incentivi, co – finanziamenti, crediti fiscali e la possibilità di deroga ad alcune leggi, riconosciuti ai datori di lavoro che si impegnino attivamente nella contrattazione di settore. Tali incentivi hanno lo scopo di rendere disponibili maggiori risorse per i datori di lavoro, così che questi possano muoversi più liberamente nell’ambito delle regole poste attraverso la contrattazione collettiva. Inoltre, essendo necessaria la formazione dei soggetti coinvolti nelle trattative, soprattutto in ambiti multi – settoriali, è cruciale la previsione di corsi e la messa a disposizione di risorse, come la consulenza di esperti o il rimborso per i costi sostenuti in merito.

 

Diversamente si potrebbe prevedere l’obbligo di adesione obbligatoria alle organizzazioni datoriali, come accade in Austria e Slovenia, visione certamente più coercitiva che può avere l’effetto di richiedere un impegno maggiore ai soggetti coinvolti, senza predisporre risorse adeguate.

 

Terza area d’intervento: l’importanza della politica

 

In linea con quanto visto sopra, le politiche pubbliche possono rivestire un ruolo importante nello sviluppo dei processi di contrattazione collettiva, in particolare nell’ottica di favorire il raggiungimento di accordi compromissori. In questo senso la politica, oltre alla predisposizione di risorse conferite alle organizzazioni sindacali e finalizzate ad agevolare il loro operato, può assicurare la disponibilità di dati accurati e completi, supportando indagini statistiche settoriali, favorendo la trasparenza e ampliando il principio di buona fede cui s’ispirano le regole della contrattazione.

 

Secondo un approccio più flessibile, la politica può poi prevedere la creazione di “sedi” di negoziazione, finanziate e organizzate dallo Stato, dove i datori di lavoro e le organizzazioni sindacali possano incontrarsi per discutere; la messa a disposizione di esperti governativi, con un ruolo di mediazione; la previsione di benefit (es. sgravi fiscali) condizionati alla conclusione di un accordo collettivo. Inoltre, sempre la politica potrebbe obbligare le parti sociali a confrontarsi su determinati argomenti come salute, formazione e sicurezza, salario, equilibrio vita – lavoro, rischio occupazionale e schemi classificatori, come accade in Francia. D’altro canto, il processo di contrattazione può essere salvaguardato anche attraverso la previsione di obblighi in capo ai datori di lavoro, rendendo la contrattazione coercitiva, sia su determinati argomenti che in un’ottica generale, oppure attraverso la previsione di standard di settore, applicabili in caso di fallimento delle negoziazioni collettive (es. Nuova Zelanda, Australia). Inoltre in molti Paesi è stato introdotto il diritto unilaterale di ricorrere all’arbitrato, misura già applicata su richiesta di entrambe le parti, in caso d’impossibilità a raggiungere un accordo (es. Grecia).

 

Da ultimo, l’intervento della politica è cruciale in tema di diritto di sciopero, punto critico e fondamentale per il funzionamento del sistema e l’effettività della contrattazione collettiva. In questo senso, sarebbe auspicabile la previsione di minori restrizioni al suo esercizio, sia legislative, sia rimuovendo le barriere culturali: sempre più spesso, infatti, ciò che manca è la consapevolezza da parte dei lavoratori in merito al potere di questo strumento.

 

Quarta area d’intervento: riconoscimento ed efficacia degli accordi collettivi

 

La quarta area tematica sottolinea la necessità di rafforzare lo status giuridico degli accordi collettivi, soprattutto in relazione alle altre norme applicate in tema di diritto del lavoro. In questi termini, si parla di una necessaria chiarificazione del loro ruolo all’interno della gerarchia delle norme prevista nei vari ordinamenti e dell’introduzione del principio di favore, secondo cui in caso di concorso tra diverse norme, prevalgono quelle che prevedono un trattamento più favorevole al lavoratore.

 

Anche su questo aspetto, le strategie suggerite si distinguono tra carrot e stick approach.

 

Interventi più accomodanti incoraggiano l’ampliamento dell’ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali, rendendoli applicabili non solo ai soggetti firmatari, ma a tutti i lavoratori del settore attraverso la fissazione di standard minimi di lavoro con riguardo agli aspetti fondamentali del rapporto di lavoro, come l’ammontare degli stipendi e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Utile al fine sarebbe anche la previsione di clausole d’uscita e la restrizione nell’uso di clausole d’eccezione, in modo da rendere possibile derogare all’accordo solo con procedure e requisiti precisi, in maniera tale da limitare gli abusi. Inoltre potrebbero essere introdotti meccanismi pubblici che prevedano l’applicazione automatica degli accordi collettivi di settore in caso d’appalto pubblico o premiando la loro applicazione attraverso il sistema fiscale, estendendo la validità dei contratti collettivi applicati anche sui nuovi assunti (come nel caso tedesco). Nei Paesi dove non via sia un corpus normativo preesistente sul tema sul quale intervenire è auspicabile la stipula di accordi ex novo che applichino quanto descritto in precedenza.

 

Proposte più forti auspicano invece la creazione di corti del lavoro specializzate per rendere gli accordi collettivi obbligatori eil potenziamento dei servizi ispettivi del lavoro, al fine di monitorare con più efficacia lo sviluppo della contrattazione su alcuni temi cruciali.

 

Quinta area d’intervento: interventi culturali ed educativi

 

Infine, nel documento si sottolinea come sia fondamentale lo sviluppo di una consapevolezza culturale sul ruolo della contrattazione collettiva nei vari sistemi nazionali: per questo motivo, diversi esperti suggeriscono la creazione di meccanismi di controllo per monitorare l’estensione e il contenuto degli accordi collettivi, nonché l’introduzione di fondi alla ricerca, accademica e non, sui temi delle relazioni industriali, così che in questo modo si possa contribuire allo sviluppo del dialogo tra le parti sociali.

 

Per creare una “cultura” sul valore della contrattazione collettiva, non si può poi prescindere dall’ “educazione”: centrale, anche in questo campo, può essere il sostegno del sistema pubblico. Tra gli esempi virtuosi, si osserva come in alcuni Paesi siano stati istituiti servizi di avvio al lavoro, anche per migranti, e corsi di gestione aziendale per incentivare l’interesse alla contrattazione collettiva. Inoltre, è suggerito l’utilizzo di campagne pubbliche d’informazione sui benefici legati all’applicazione degli accordi collettivi.

 

Conclusioni

 

Il report analizzato chiarisce come la politica possa svolgere un ruolo cruciale nello sviluppo dei sistemi di contrattazione collettiva: essa può incoraggiare il confronto direttamente attraverso modifiche normative, ma anche indirettamente attraverso il sistema educativo. La creazione di spazi atti al dialogo tra parti sociali e la predisposizione di risorse ad hoc su questi temi, sono poi fattori imprescindibili al fine di sviluppare accordi collettivi che assicurino condizioni di lavoro dignitose ed eque per tutti i lavoratori.

 

Celeste Sciutto

ADAPT Junior Fellow Fabbrica dei Talenti

@celeste_sciutto

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/244 – Il rinnovo del CCNL Tessile Abbigliamento Moda: aumenti retributivi e welfare

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/244 – Il rinnovo del CCNL Tessile Abbigliamento Moda: aumenti retributivi e welfare

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 2 dicembre 2024, n. 43

 

Contesto del rinnovo

 

L’11 novembre 2024 è stato rinnovato il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per le imprese ed i lavoratori del settore Tessile Abbigliamento Moda con l’accordo sottoscritto da SMI SISTEMA MODA ITALIA, per il lato datoriale, e FILCTEM/CGIL, FEMCA/CISL, UILTEC/UIL, per il lato sindacale. Il contratto così rinnovato ha una durata concordata di tre anni. Infatti, ad eccezione dei singoli istituti modificati o introdotti dall’accordo (decorrenti dalla data di sottoscrizione), il rinnovo contrattuale decorre dal 1° aprile 2024 al 31 marzo 2027 ed il suo ambito di applicazione copre i circa 163.600 addetti del settore, impiegati in più di 7.161 imprese (dati UNIEMENS 2023, Archivio CNEL).

 

La trattativa fra le parti ha avuto ad oggetto principalmente le questioni salariali, il welfare contrattuale e i temi legati a formazione, salute e sicurezza, pari opportunità e contratti di lavoro a termine, così come già attenzionati nella piattaforma sindacale di rinnovo del 27 marzo 2024. Le parti sociali attraverso l’intesa raggiunta hanno quindi recepito le logiche e i contenuti dell’Accordo interconfederale tra Confindustria e CGIL CISL e UIL del 9 Marzo 2018, oltre che del Testo Unico sulla Rappresentanza del 10 gennaio 2014, confermando l’adesione ad una visione di politica dei redditi quale strumento indispensabile di politica economica finalizzato a conseguire una crescente equità nella distribuzione del reddito attraverso il contenimento dell’inflazione e il favore del dialogo sociale settoriale.

 

Parte economica

 

Il rinnovo prevede un significativo aumento salariale per ciascun anno di vigenza contrattuale, che raggiunge la quota finale di 200 euro nel triennio (per il 4° livello preso a riferimento). L’intesa prevede altresì l’aumento dell’importo erogato a titolo di “elemento di garanzia retributiva”, ossia quella somma riconosciuta a favore dei lavoratori dipendenti da aziende prive della contrattazione aziendale (articolo 12 lettera F, CCNL). Questa somma (E.G.R.), già pari a 300 euro lordi, viene innalzata fino a 350 euro lordi annui.

 

Guardando poi al welfare contrattuale, l’articolo 80 del CCNL prevede un importante aumento del contributo base a carico aziende di + 3 euro e dal 2026 + 6 euro mensili per il fondo integrativo sanitario Sanimoda, ossia il fondo bilaterale paritetico che si affianca al Servizio Sanitario Nazionale. Con decorrenza dal 2023, tramite Sanimoda è inoltre attiva, a beneficio di tutti i lavoratori del settore, un’assicurazione contro la non autosufficienza (cd. LTC), finanziata con un contributo a carico delle aziende pari a 2 euro mensili ogni anno. Similmente, per quanto concerne la previdenza complementare, il contributo a carico dell’azienda per il fondo bilaterale paritetico Previmoda viene elevato al 2,30% dell’E.R.N., con decorrenza da luglio 2026. Per chiudere la panoramica degli enti bilaterali di settore, viene annunciata la costituzione del nuovo Ente Bilaterale Moda (E.B.M.) (Protocollo n. 12), che opererà a supporto ed in sinergia con Previmoda e Sanimoda e con gli altri Organismi bilaterali.

 

Oltretutto, le parti concordano che le aziende metteranno a disposizione dei lavoratori strumenti di welfare del valore di 200 euro per ogni anno di vigenza contrattuale, spendibili su una gamma di beni e servizi individuata a seguito di un confronto con le RSU.  Questa forma di welfare nazionale si aggiunge a quanto sia già presente in azienda per effetto di accordi collettivi o regolamenti aziendali o concessi individualmente.

 

Parte normativa

 

Tra le varie disposizioni del rinnovo, la tutela della salute e sicurezza appare centrale nell’intesa, come si evince dall’innalzamento del livello di ore di permessi retribuiti utilizzabili dai Rappresentanti per la Sicurezza RLS per l’espletamento delle attività legate al loro ruolo, come da art. 50 del D.lgs. 81/2008, T.U. sulla sicurezza, (articolo 15 del CCNL). I permessi sono garantiti, in misura variabile a seconda delle dimensioni dell’impresa, fino ad un massimo di 72 ore. Con l’intento di promuovere idonee iniziative formative ed informative aziendali per tutti i lavoratori dedicate ai temi della salute, le parti sociali inseriscono anche una serie di accomodamenti ragionevoli, cioè l’adozione di tutti gli strumenti agevolativi previsti dalla legge 12 marzo 1999 n. 68 data l’importanza sociale del reinserimento del lavoratore con disabilità o divenuto non più idoneo alle mansioni per le quali è stato assunto, (articolo 32).

 

Inoltre, il CCNL aggiorna la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato integrando le c.d. causali ai sensi dell’art. 19 comma 1 lett. a) del d.lgs. 81/2015, come modificato nel recente Decreto Lavoro, d.l. n. 48/2023 (articolo 29 CCNL). Vengono così previste nuove ragioni giustificatrici dell’apposizione del termine al contratto di lavoro (oltre i 12 mesi e fino ad un massimo di 24), come ad esempio lo sviluppo straordinario delle attività di impresa, legate a ricerca, avvio e/o sviluppo di nuove attività, nonché per sperimentazioni tecniche o particolari lavori a carattere temporaneo. In ultimo, viene ristabilito il numero dei lavoratori che possono essere occupati a termine nel limite del 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato.

 

Per migliorare la conciliazione vita-lavoro, il rinnovo innalza il limite possibile di richieste di passaggio temporaneo da tempo pieno a tempo parziale (+4%), qualora queste siano avanzate da lavoratori genitori di figli fino a 3 anni di vita (articolo 40) e viene sancita la misura del lavoro agile (articolo 41) per come regolata dalle normative in vigore e dal “Protocollo sul lavoro in modalità agile” del 7 dicembre 2021. Si prevede un aumento dell’ammontare di ore che confluisce nella banca individuale delle ore di lavoro straordinario (da 32 a 40 ore annue, come da articolo 37), le quali, su richiesta dell’interessato, potranno essere recuperate sotto forma di riposi compensativi. Ad integrazione di quanto previsto dalla legge, ai genitori (in alternativa tra loro) vengono riconosciuti 10 giorni annui di permesso non retribuito per le malattie dei figli tra i tre e gli otto anni debitamente certificate. Nel rispetto di questo limite annuo, tali permessi sono estesi nei casi di decesso o grave infermità dei figli e nel caso di decesso dei genitori del coniuge, del partner dell’unione civile e del convivente di fatto. Tra le varie novità introdotte, vengono anche garantite tutele aggiuntive come l’aspettativa per le lavoratrici che intraprendono terapie di p.m.a. e permessi retribuiti per adozioni e donatori di midollo osseo, nonché permessi non retribuiti per chi assume la tutela volontaria di minori stranieri non accompagnati.  Più in generale, nell’ottica di promuovere iniziative che favoriscono la solidarietà collettiva le parti definiscono alcune Linee Guida per l’istituzione di una “Banca delle ore solidale” che potranno essere adottate sul piano aziendale. Altre importanti Linee Guida sono redatte in materia di partecipazione dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro (rappresentativa, diretta ed economica).

 

Una rilevante modifica è intervenuta anche in caso di malattia del lavoratore in materia di conservazione del posto, normalmente pari ad un periodo di 12 mesi, ma innalzato sia per persone con gravi patologie sia per i lavoratori con disabilità certificata nel limite di 15 mesi, pari a 456 giorni di calendario (articolo 62). Come indicato pure in piattaforma sindacale, sono state introdotte novità contrattuali anche sul fronte dei giorni di c.d. carenza malattia, prevista per gli operai ad integrazione dell’indennità di malattia a carico dell’INPS. Il trattamento economico del lavoratore malato viene infatti garantito al 100% della retribuzione normale dal 1° al 3° giorno di malattia, per tutti gli eventi di malattia con prognosi superiore a 5 giorni. Si introduce poi una misura lungimirante, che consiste nell’esclusione dagli eventi di malattia breve (con conseguente retribuzione al 100%) per le malattie oncologiche e/o degenerative che richiedono terapie salvavita debitamente certificate e le sindromi invalidanti attinenti al ciclo mestruale, debitamente certificate dal medico ginecologo. Si promuove infine una serie di iniziative volte alla sensibilizzazione degli attori ed alla prevenzione dei fenomeni di molestia o violenza nei luoghi di lavoro, accanto alla previsione di congedi per le donne vittime di violenza di genere per motivi connessi al percorso di protezione fino a 3 mesi.

 

Altro ambito di regolazione ampiamente trattato dalla piattaforma sindacale e dal rinnovo del CCNL, riguarda la formazione continua dei lavoratori, reputato come strumento strategico per affrontare i forti cambiamenti tecnologici e organizzativi in atto, (articolo 65). Sotto questo profilo le aziende del settore Tessile garantiranno ad ogni lavoratore (in aggiunta agli obblighi di legge) almeno 8 ore di formazione aggiuntive annue.

 

In ordine alla maturazione delle ferie, i lavoratori tutti hanno diritto a un periodo di riposo di 4 settimane all’anno, oltre che ad un ulteriore periodo di ferie aggiuntive (da 1 giorno a 1 settimana extra), garantito a coloro che abbiano lavorato per l’azienda da almeno 10 o 12 anni, a seconda della categoria (intermedi/impiegati).

 

Guardando al futuro del settore, in vista di una riforma dell’inquadramento contrattuale, le parti convengono di procedere ad un confronto sull’evoluzione dell’industria tessile derivante dai cambiamenti organizzativi e tecnologici del sistema produttivo e l’evoluzione del rapporto tra impresa e mercato. Queste trasformazioni, infatti, influiscono sulle prestazioni richieste ai lavoratori e rendono sempre più importante l’apporto individuale allo svolgimento dell’attività lavorativa. Pertanto, un’apposita Commissione Tecnica Paritetica, composta da 6 rappresentanti per ciascuna parte (datoriale e sindacale) avrà l’incarico di realizzare una ricognizione dei problemi che incidono sull’attuale organizzazione del lavoro, per poi valutare l’opportunità di proporre l’introduzione di nuovi criteri applicativi e/o regolamentazioni che prevedano il riconoscimento е la valorizzazione della professionalità.

 

Parte obbligatoria

 

Il nazionale si occupa anche di delegare una serie di materie alla contrattazione aziendale, fra le quali emergono in particolare le misure legate all’organizzazione e gli orari di lavoro o alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e i programmi formativi o specifici percorsi che favoriscano il ricambio generazionale e di progetti di innovazione tecnologica e organizzativa (articolo 12). A proposito del ruolo della rappresentanza aziendale, la RSU subentra alla RSA nella titolarità dei poteri e nell’esercizio delle funzioni ad essi spettanti e dunque risulta oggi riconosciuta quale soggetto negoziale a livello aziendale (articolo 13).

 

Le Parti hanno inoltre stabilito che le aziende si facciano carico di esporre nelle dichiarazioni Uniemens i dati necessari per la certificazione della rappresentanza sindacale in azienda, confermando l’adesione alle convenzioni sottoscritte a livello confederale con l’INPS. Il risultato di questa scelta permetterà finalmente la misurazione e certificazione della rappresentanza ai fini della definizione della titolarità e dell’efficacia della contrattazione collettiva di lavoro sia a livello nazionale che aziendale.

 

Valutazione d’insieme

 

Inserendosi in una prolifica stagione di rinnovi, l’intesa raggiunta nel settore tessile incide su versanti importanti della regolazione del lavoro, introducendo misure di rilievo, che in qualche modo compensano ciò che a livello normativo è assente o stenta a decollare, eppure risulta di grande interesse dei lavoratori. Le parti sociali si dicono soddisfatte dei risultati raggiunti con il presente rinnovo, definito “innovativo”, soprattutto per il riconoscimento di importanti misure di welfare e di tutele in materia di salute e sicurezza sul lavoro, “dando risposte certe alle lavoratrici e ai lavoratori, non solo in termini economici, ma anche normativi, con specifica attenzione alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.”

 

Giulia Comi

Apprendista di Ricerca ADAPT

@giulphil

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/242 – Il nuovo CCNL Fruitimprese: prospettive e novità per i lavoratori del settore ortofrutticolo

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/242 – Il nuovo CCNL Fruitimprese: prospettive e novità per i lavoratori del settore ortofrutticolo

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 25 novembre  2024, n. 42

 

Contesto del rinnovo

 

Il 19 luglio 2024 è stato firmato il rinnovo del CCNL per i lavoratori addetti al settore ortofrutticolo. Per la parte datoriale l’accordo di rinnovo è stato sottoscritto dall’associazione imprese ortofrutticole FRUITIMPRESE, mentre per la parte sindacale dalle sigle FLAI-CGIL, FISACAT CISL, UILTUCS UIL.

Il rinnovato accordo decorre dal 1° gennaio 2024 e avrà efficacia fino al 31 dicembre 2027.

 

Parte economica

 

È previsto un aumento contrattuale di 165 euro lordi per i lavoratori di quarto livello, ed applicato in percentuale anche agli altri livelli.

Il suddetto incremento retributivo viene erogato attraverso la seguente scansione temporale: 65 euro dal 1° settembre 2024, 20 euro dal 1° giugno 2025, 20 euro dal 1° giugno 2026, 60 euro dal 1°agosto 2027.

Il rinnovato CCNL interviene all’art. 70 analizzando la struttura della retribuzione dei lavoratori a tempo indeterminato e all’art. 70-bis analizzando quella dei lavoratori a tempo determinato.

Per i primi si distingue in paga base nazionale conglobata e scatti di anzianità; l’importo giornaliero della retribuzione si ottiene dividendo per 26 l’importo mensilmente erogato, l’importo orario è ottenuto dividendo l’importo mensile per 173 e, inoltre, le parti concordano che per il normale rinnovo della retribuzione, viene presa a riferimento per il calcolo degli aumenti la retribuzione di sesto livello.

Per i secondi, si rimanda all’art. 70 ma si specifica che, in caso di trasformazione del contratto a tempo indeterminato, la disciplina degli scatti di anzianità si conteggia partendo dalla prima data di assunzione a tempo determinato e seguendo i criteri di cui all’art. 81 disciplinati dal rinnovo del 20/11/2020.

Il CCNL pone anche l’attenzione sulla retribuzione personale stagionale garantendo il seguente trattamento economico per le ore di lavoro richieste ed effettivamente prestate: paga nazionale conglobata; trattamento economico relativo a festività nazionali ed infrasettimanali; tredicesima e quattordicesima mensilità; indennità sostitutiva di ferie, preavviso e dei permessi retribuiti da erogarsi all’atto del pagamento della retribuzione. Si specifica anche che l’elencato trattamento economico è assolto con il pagamento di una indennità pari al 34,45% della paga contrattuale nazionale conglobata corrisposta dalla ditta per tutta la durata del rapporto e con esclusione delle ore di lavoro straordinario.

In materia di retribuzione differita, il personale stagionale ha diritto anche al TFR nella misura del 7,40 % da computarsi su tutte le somme, incluse le prestazioni in natura, corrisposte in occasione del rapporto di lavoro a titolo non occasionale.

 

Per quanto concerne la tredicesima mensilità, la cui corresponsione è coincidente con la viglia di Natale di ogni anno, la disciplina è sostanzialmente invariata rispetto a quanto previsto dal rinnovo precedente.

Anche in materia di quattordicesima, il rinnovo del 2024 si rifà al precedente, aggiungendo, però, come previsto per la tredicesima mensilità, che nei periodi di assenza obbligatoria per gravidanza e puerperio la lavoratrice ha diritto a percepire dal datore di lavoro la quattordicesima mensilità limitatamente all’aliquota del 20% della retribuzione.

Un elemento di novità in materia retributiva è dato dall’art. 84 del rinnovato CCNL che regola le condizioni dei lavori c.d. disagiati – ossia, adibiti giornalmente ai lavori all’interno delle celle frigorifere –, stabilendo una maggiorazione del 10% sull’intera paga giornaliera, relativa alla base di calcolo per il lavoro straordinario.

In materia di assistenza sanitaria integrativa viene garantita, come nei rinnovi precedenti, a tutti i lavoratori a tempo indeterminato, determinato, e stagionale con un rapporto di durata almeno di 5 mesi, la fruizione del fondo EST. Più in generale, il lavoratore matura tale diritto nel caso in cui sia stato assunto per un periodo di 7 mesi, anche non continuativi, nell’arco dell’anno solare. Il contributo da versare da parte del datore di lavoro è pari ad euro 10 mensili per ogni singolo lavoratore, oltre l’una tantum prevista dal regolamento del fondo. È da precisare che dal 01/05/2027 l’importo della contribuzione passerà ad euro 13.

 

Parte normativa

 

Il rinnovo dedica attenzione, come fatto anche dai precedenti CCNL del settore, a molestie sessuali, mobbing, violenza di genere, diversità ed inclusione.

Alle donne lavoratrici vittime di violenza è consentito, come previsto dall’art 24 d.lgs. 81/2015, il congedo dal lavoro per motivi di protezione per un periodo massimo di 6 mesi fruibile sia su base giornaliera che oraria nell’arco dei 3 anni ed il diritto di essere trasferite ad altre unità produttive se l’azienda ne possiede più di una.

Il CCNL specifica anche che il congedo è fruibile dalle lavoratrici assunte a tempo determinato e stagionali entro il termine finale apposto al contratto di lavoro.

In materia di sicurezza sul lavoro si prevede con il rinnovo un aumento dei permessi concedibili agli RLS pari a 2 ore, a prescindere dal numero di dipendenti.

In merito all’indennità di malattia si prevede un anticipo del datore di lavoro e un conguaglio da parte dell’INPS.

Per i lavoratori a tempo determinato o stagionali, in caso di infortunio, le norme relative alla conservazione del posto ed al trattamento retributivo si applicano nei limiti della scadenza del contratto.

 

Per quanto concerne il trattamento di maternità e paternità sono previsti permessi per visite ed esami prenatali retribuiti. La lavoratrice gestante ha diritto a permessi retribuiti per effettuare esami e visite mediche specialistiche con obbligo di presentare documentazione giustificativa. In caso di gravidanza, prima dell’inizio dell’assenza obbligatoria, la lavoratrice è tenuta a presentare adeguata certificazione all’azienda e all’INPS, indicante la data presunta del parto oltre che, entro 30 giorni da quest’ultimo, il certificato di nascita o la dichiarazione sostitutiva. Per il periodo di assenza obbligatorio l’azienda anticipa alla lavoratrice l’indennità riconosciuta dall’INPS pari all’80% della retribuzione, mentre per il periodo di assenza facoltativo anticipa solo il 30%.

In caso di festività cadenti nel periodo di assenza per gravidanza e puerperio, la lavoratrice ha diritto ad un’indennità integrativa, rispetto a quella INPS, che deve corrisponderle il datore di lavoro in modo da raggiungere il 100% della retribuzione giornaliera percepita. In caso di dimissioni volontarie nel periodo di divieto di licenziamento o nel primo anno del minore, ha diritto al trattamento previsto per il licenziamento da parte dell’azienda. Anche in caso di interruzione della gravidanza, entro il 180° giorno di gestazione, è possibile fruire del trattamento di malattia.

Il trattamento di maternità è esteso altresì alle lavoratrici stagionali o a tempo determinato ma nei limiti della scadenza del contratto.  È previsto anche il congedo per il padre lavoratore con diritto dello stesso di astenersi dal lavoro e a ricevere il trattamento economico per tutta la durata del periodo di maternità della madre, previa presentazione di idonea certificazione, nei seguenti casi: morte, grave infermità, abbandono del bimbo da parte della madre, affido del bambino esclusivamente al padre.

 

Per entrambi i genitori si prevede un congedo parentale complessivo di 10 mesi con obbligo di preavviso di almeno 15 giorni per la fruizione fino ai primi 12 anni di età del bambino.

Nel caso di malattia del figlio tra i 3 e gli 8 anni, entrambi i genitori possono assentarsi alternativamente per un limite di 5 giorni annuali, derogabile a un periodo più lungo per i figli al di sotto dei 3 anni.

Questo periodo di assenza non è retribuito, viene scalato proporzionalmente dalle ferie e dalle retribuzioni con cadenza annuale ma è computato nell’anzianità di servizio. Le mamme lavoratrici con figli fino a 3 anni, in aziende con più di 20 dipendenti a tempo indeterminato, hanno anche diritto di passare a contratto part-time dopo la maternità ripristinandolo a full time dopo il terzo anno del figlio con preavviso di 60 giorni.

Alle donne in gravidanza e mamme, nei primi anni di vita del bambino, è vietato assegnare lavori notturni ed alla stessa regola soggiacciono anche i genitori che abbiano un figlio a carico con disabilità grave. I diritti suddetti sono garantiti anche alla madre e ai genitori adottanti.

 

In materia di rapporto di lavoro, il CCNL classifica i lavoratori ortofrutticoli in: a tempo indeterminato; determinato; determinati stagionali e a tempo indeterminato con prestazione ridotta annuale. Questi ultimi, svolgendo 190 giornate di lavoro con effettiva presenza, hanno diritto all’instaurazione di un contratto a tempo indeterminato previa richiesta al datore di lavoro.

Per ogni anno successivo, avranno diritto ad una garanzia di occupazione minima annua pari a 6 mesi complessivi di attività aziendale anche se svolta in maniera discontinua e hanno diritto di prestare un numero di giornate non inferiori a quelle dei dipendenti assunti a tempo determinato.

 

Il rinnovato accordo afferma che, di norma, le assunzioni devono avvenire a tempo indeterminato. Tuttavia, specifica, oltre ai casi già previsti dalla legge in materia di apposizione del termine al contratto di lavoro, alcuni casi tassativi non derogabili con altre tipologie e causali in presenza di RSU/RSA in azienda come previsto precedentemente, in cui è possibile apporre il termine tra cui: consegna, manutenzione, lavorazione, stoccaggio e gestione amministrativa dei prodotti con carattere stagionale; sostituzione di lavoratori temporaneamente inidonei alle mansioni assegnate, di lavoratori in ferie; attività connesse a progetti promo-pubblicitari sperimentazioni tecniche e produttive; esigenze produttive di carattere straordinario e altri casi regolamentati.

È disciplinata anche l’assunzione dei lavoratori stagionali a tempo determinato che deve essere effettuata tenendo in considerazione la durata presumibile dei cicli di lavorazione e garantendo il diritto di precedenza alla riassunzione per i lavoratori già impiegati con il presente contratto.

Nei casi di somministrazione di manodopera di personale impiegato a tempo determinato, rispetto a quanto previsto dall’art. 32 co. 2 del d.lgs. 81/2015, viene stabilito dalle parti il limite del 20% annuo rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato.

Il periodo di prova per i lavoratori a tempo indeterminato varia in base al livello (fino a 6 mesi per i quadri). Per i contratti a tempo determinato, la durata prevista è proporzionale alla durata del contratto stesso. Per gli stagionali non può superare 3 giorni nel caso di periodi di lavoro fino a 1 mese e 6 giorni per periodi superiori ad un mese.

È consentita anche la prestazione di lavoro in modalità agile, su base volontaria da parte dei lavoratori. Il CCNL in esame, inoltre, esclude totalmente l’applicabilità del rapporto di prestazione occasionale e degli istituti contrattuali afferenti a quest’ultimo.

 

In materia di apprendistato, premesse le classificazioni dei livelli previsti, si prevede che in considerazione della stagionalità del settore le aziende possano instaurare tale contratto anche a tempo determinato definito in c.d. cicli stagionali.

La durata dell’apprendistato non può essere inferiore a 6 mesi (4 per gli apprendistati in cicli stagionali) e superiore ai 36 mesi.

In tema di orario di lavoro è prevista la possibilità di lavoro a turni, di riduzione di orario in caso di casi di crisi, ristrutturazione aziendale ed esigenze organizzative ed economiche. Il lavoro straordinario non può essere effettuato salvo autorizzazione del datore di lavoro. In caso di effettuazione di quest’ultimo, la retribuzione dello stesso sarà pari alla paga normale conglobata maggiorata del 35%, nei giorni festivi del 42%, in orario notturno del 50% e in giorni festivi e orario notturno del 60%.

 

In materia di permessi retribuiti, viene concesso un periodo di 4 ore da fruire per assistenza verso i figli entro 14 anni di età, verso il coniuge, i parenti e gli affini con età pari o superiore ad anni 65 previa presentazione di certificato medico. I permessi previsti nel caso di decesso o infermità del familiare ammontano a 3 giorni, a cui se ne aggiungono due non retribuiti.

Per il personale a tempo indeterminato è concesso un periodo di ferie pari a 26 giorni lavorativi, da considerarsi in una settimana di 6 giorni lavorativi, e da cui vanno esclusi nel computo le domeniche, le festività nazionali e infrasettimanali. Inoltre, si precisa che è facoltà del datore di lavoro stabilire il periodo di ferie da maggio ad ottobre, cui si può derogare per accordo delle parti e mediante programmazione.

 

Infine, viene posta attenzione anche sui provvedimenti disciplinari, regolandoli in: richiamo verbale per i casi lievi; richiamo scritto per recidiva; multa non eccedente importo di 4 ore della retribuzione; sospensione da retribuzione e servizio per massimo 10 giorni; licenziamento disciplinare, senza preavviso e con conseguenze in ragione di legge.

 

Parte obbligatoria

 

Il CCNL Fruitimprese impegna le parti stipulanti alla salvaguardia della piena e completa proprietà del testo contrattuale e nella inibizione dell’inserimento totale o parziale di quest’ultimo in altri contratti, riservandosi ogni azione di salvaguardia.

È stabilito che la contrattazione del settore si attua in due livelli: uno nazionale, rappresentato dal rinnovato CCNL di durata quadriennale e uno di secondo livello.

Si occupa anche del diritto di assemblea prevedendo che, nelle unità produttive in cui sono occupati più di 15 dipendenti, i lavoratori hanno diritto di riunirsi tramite riunioni su convocazioni singole o unitarie delle RSA costituite dalle organizzazioni aderenti e facenti capo alle Associazioni Nazionali stipulanti; in assenza di sindacato in azienda resta ferma la possibilità di convocazione da parte delle organizzazioni sindacali locali stipulanti il CCNL.

Per avviarle occorre la comunicazione alla direzione dell’azienda entro la fine dell’orario di lavoro del secondo giorno antecedente la data di effettuazione, dotata dell’indicazione specifica dell’ordine del giorno. È consentito tenere le riunioni sia in orario di lavoro che al di fuori, per un limite massimo di 12 ore annue retribuite e di norma pari ad un’ora mensile con limite massimo di ulteriori due. Nelle unità produttive con meno di 15 dipendenti, invece, le ore spettanti retribuite ammontano a 4 da suddividere in 2 semestri.

 

Valutazione d’insieme

 

Genericamente, il rinnovo del CCNL per il settore ortofrutticolo del 2024 si presenta come ben strutturato e ben capace di rispondere alle esigenze economiche e sociali dei lavoratori.

La previsione in materia di assistenza sanitaria integrativa per i lavoratori a tempo determinato e stagionali e le altre tutele previste per gli stessi rappresentano un’ottima misura in loro favore viste anche le peculiarità temporali e logistiche del settore.

Non si possono certamente trascurare dall’essere citate le misure contro le discriminazioni e le molestie sui luoghi di lavoro e le misure verso il supporto alla genitorialità. Quest’ultima viene incentivata all’interno del rinnovato CCNL con le previsioni di permessi e congedi che consentono al lavoratore e alla lavoratrice di conciliare in molti casi le esigenze familiari con quelle lavorative.

Di rilievo è anche la varietà, oltre a quelli già citati, degli altri istituti previsti che pongono l’attenzione sui diritti sindacali, sulle tipologie del rapporto di lavoro, sul periodo di prova, sulla somministrazione di lavoro, sul diritto di precedenza all’assunzione, ecc.

Infine, molto interessante è la previsione in materia di lavoro agile che consente ai lavoratori del settore, anche congiuntamente ad altre misure previste, di conciliare ulteriormente i tempi di vita e di lavoro.

 

Mattia Maneli

ADAPT Junior Fellow Fabbrica dei Talenti

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Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/243 – Il nuovo accordo quadro Tagesmutter: tra sviluppo della professionalità e riconoscimento del valore sociale

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/243 – Il nuovo accordo quadro Tagesmutter: tra sviluppo della professionalità e riconoscimento del valore sociale

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 25 novembre 2024, n. 42

 

Contesto del rinnovo

 

Lo scorso 30 ottobre 2024, a Roma, è stato firmato il rinnovo dell’accordo quadro per le tagesmutter, da parte dell’associazione professionale Tagesmutter Domus e la Felsa Cisl Nazionale. Si tratta di un accordo ex art. 2, comma 2, lett. a) del d.lgs. n. 81/2015, che ha lo scopo di regolamentare il lavoro delle tagesmutter impiegate con contratti di collaborazione coordinata e continuativa presso le cooperative sociali/enti gestori aderenti all’associazione professionale Tagesmutter Domus. Più precisamente, secondo quanto stabilito nell’art. 1, l’accordo “si applica ad ogni forma di lavoro non subordinato e riconducibile ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa sottoscritti esclusivamente dagli Enti associati all’interno della rete nazionale riconosciuta dalla stessa associazione professionale Tagesmutter Domus e quindi tra i soci accreditati”.

 

La tagesmutter, definita anche “mamma di giorno”, è una figura professionale – dapprima diffusasi nei paesi del nord Europa e successivamente, a partire dal 2002, anche in Italia – che si occupa dell’educazione e della cura di bambini (tra gli 0 e i 14 anni d’età) presso il proprio domicilio o in un luogo altro adeguato alla cura. Si tratta di una figura, come esplicitato nelle premesse dell’accordo, “preziosa nell’ambito dei servizi di conciliazione e socio-educativi”. Come ulteriormente precisato da Francesca Piscione, segretaria nazionale della Felsa Cisl, che ha sottoscritto l’intesa sul lato sindacale “non è da sottovalutare l’importanza che queste professioniste hanno nell’ambito della crescita dei bambini tra gli 0 e i 14 anni. Dai racconti forniti da molte nostre associate emerge che molte di loro accudiscono i bambini durante l’asilo nido ma poi li accompagnano nella fase scolare; quindi, si innesca quel meccanismo di fiducia che noi crediamo debba essere riconosciuto sia a livello sociale che a livello economico”.

 

Nelle premesse del rinnovato accordo, così come nell’intesa del 2018, viene specificato che le tagesmutter domus e le organizzazioni/enti soci aggregati iscritti all’associazione professionale tagesmutter domus che intendono applicare il contratto sono vincolati a una serie di garanzie e previsioni così come stabilite dall’Associazione. Tra le azioni è esplicitata la necessità di “garantire la formazione permanente accreditata” che, come vedremo, è un elemento essenziale e ben chiarito nell’accordo. In aggiunta, al fine di dare conto al lettore della ricaduta sociale del presente rinnovo, utilizzando sempre le parole di Francesca Piscione, è bene specificare che “questo accordo raffigura in chiave negoziale quella che è la conciliazione vita-lavoro. In questo caso la conciliazione è bidirezionale; perché da una parte la tagesmutter assicura dei servizi alle mamme lavoratrici garantendo maggiore flessibilità perché, a differenza degli asili nido che hanno degli orari prestabiliti, le tagesmutter hanno una copertura oraria più ampia e, nel contempo, realizzano la conciliazione vita-lavoro per sé stesse perché possono accudire sia i loro figli che quelli di altre mamme”.

 

L’accordo ha decorrenza dal 1° gennaio 2025 e ha durata triennale.

 

Parte economica

 

Una novità rilevante del presente rinnovo riguarda la determinazione di una quota oraria minima lorda di compenso, che varia in base alla presenza del numero di minori da accudire. Sotto questo aspetto, il nuovo testo contrattuale si differenzia dal precedente accordo, che fissava un corrispettivo fisso indipendente dal numero di bambini compresenti. È infatti stabilito un numero minimo di bambini pari a tre e un limite massimo individuato nella presenza massima di 5 bambini, compresi i propri figli. Invero, il compenso minimo orario per la cura di tre bambini è ora pari a 11,50 euro lordi, mentre nel precedente accordo era di 9,75 euro (fino al 30/06/2019 era di 9,50 euro). Il compenso orario per 4 bambini è invece pari a 14 euro l’ora mentre per 5 minori è di 17,50 euro.

Un altro elemento di originalità dell’accordo risiede nell’individuazione di un extra bonus annuale (art. 5) che verrà erogato a titolo di gratifica contrattuale. L’accordo stabilisce che gli enti gestori dovranno accantonare una maggiorazione annuale sui compensi lordi della collaboratrice che sarà calcolata entro una specifica progressione temporale. Nel dettaglio dal 1° gennaio 2025 la quota prevista sarà pari all’1% con erogazione del bonus contrattuale entro il 31 marzo 2026; dal 1° gennaio 2026 la quota prevista sarà dell’1,50% con erogazione entro il 31 marzo 2027 e dal 1° gennaio 2027 sarà del 2% con una erogazione del bonus contrattuale entro il 31 marzo 2028.

 

Parte normativa

 

In linea con quanto stabilito nella precedente intesa, anche nel presente rinnovo contrattuale viene sancita l’importanza della formazione per queste figure (art. 9). È prevista sia la formazione iniziale, abilitante all’esercizio della professione, sia quella permanente che è obbligatoria per almeno 30 ore annue. La formazione continua deve essere erogata gratuitamente da parte dei singoli enti gestori in collaborazione con l’associazione professionale.

Rispetto all’accordo del 2018 il presente rinnovo identifica una percentuale superiore del contributo che i singoli enti gestori devono riconoscere alle associate che si autofinanziano il costo della formazione in ingresso pari a 200 ore d’aula e 50 ore di tirocinio/avviamento. Il rinnovo prevede che i singoli enti gestori si impegnano ad intervenire alle spese da sostenere nella misura non inferiore al 7% in qualità di contributo per l’avvio dell’attività, che si dettaglia – a titolo esemplificativo – nella fornitura di: manualistica di carattere pedagogico e di sicurezza del luogo di lavoro; lavoro del personale di coordinamento a supporto della tagesmutter per la predisposizione/preparazione della messa in sicurezza della casa; materiale promozionale per la diffusione nel territorio e pubblicazione sulle pagine social (…) eventuali attrezzature per l’allestimento degli spazi, quali materiali per le attività gioco nel contesto casa, per la cura del bambino, seggiolini, alzate da tavolo, pubblicazioni per bambini, anche usati se in disponibilità dell’Ente gestore e nella rete”. In aggiunta, rispetto al precedente accordo, tra le misure finanziabili da parte degli enti è stata inserita la “presenza dei referenti del servizio tagesmutter domus per incontri pubblici e istituzionali per la conoscenza del servizio”.

 

Parte obbligatoria

 

Per quanto riguarda la parte obbligatoria, nell’accordo sono contenuti continui rimandi alla contrattazione di secondo livello, alla quale è demandata la disciplina, migliorativa, di differenti istituti. Tale scelta, come testimoniato sempre da Francesca Piscione, “è ragionata e risiede nel riconoscimento della capacità della contrattazione di individuare e intercettare le specifiche esigenze dei territori e generare risposte sempre più pertinenti per le persone che rappresentiamo”. È il caso, per esempio, del rinvio a condizioni di miglior favore in merito al compenso, ma anche dell’utilizzo, destinazione e modalità di erogazione dell’extra bonus annuale (misure di welfare, previdenza complementare e/o polizze assicurative integrative di natura sanitaria), nonché della individuazione di ulteriori rimborsi e indennità di frequenza per le attività formative. Nell’alveo delle novità relative alla disciplina collettiva, nel nuovo art. 10  sui diritti sindacali viene precisato che “l’associazione professionale Tagesmutter Domus si impegna a comunicare alla struttura Felsa territorialmente competente, con almeno 15 giorni di preavviso, il periodo di svolgimento dei (…) momenti formativi (modulo di almeno 2 ore sui diritti e doveri delle lavoratrici), ovvero di natura preventiva e/o programmata, al fine di agevolare l’individuazione di una data condivisa in cui tenere il modulo sindacale”. Un’altra novità riguarda il rinvio alla contrattazione di secondo livello per l’eventuale definizione di tempi di preavviso diversi da quelli stipulati dalle parti, per i casi di recesso del contratto sia da parte del committente che della collaboratrice (art. 12). L’art. 6, così come l’accordo del 2018, considerata la particolarità dell’attività, prevede la definizione di eventuali accordi regionali tra gli enti gestori territoriali e le parti firmatarie.

 

Valutazione d’insieme

 

Il rinnovo del presente accordo rappresenta un passo avanti nel riconoscimento della professionalità e valorizzazione della tagesmutter che, pur essendo un profilo riconosciuto dalla legge 4/2013 non è ancora ampiamente diffusa e radicata omogeneamente su tutto il suolo nazionale.

 

In conclusione, preso atto di una condizione di svantaggio della maggior parte delle donne nel mercato del lavoro in Italia, dove spesso la maternità comporta una penalizzazione nello sviluppo delle carriere, unitamente alla scarsa diffusione di servizi per l’infanzia (sia pubblici che privati), la sottoscrizione di questo rinnovo e l’impegno dichiarato dalle parti a far conoscere la professione rappresentano strumenti che, congiuntamente, potrebbero disinnescare alcune delle difficoltà ancora esistenti nel binomio maternità e lavoro.

 

Stefania Negri

Ricercatrice ADAPT Senior Fellow

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L’accordo integrativo sull’apprendistato nel CCNL terziario, distribuzione e servizi: nuovi profili formativi e competenze

L’accordo integrativo sull’apprendistato nel CCNL terziario, distribuzione e servizi: nuovi profili formativi e competenze

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Bollettino ADAPT 18 novembre 2024, n. 41

 

Il 22 marzo 2024 è giunto il tanto atteso rinnovo del CCNL del Terziario, Distribuzione e Servizi (TDS). Una firma, immediatamente commentata nella rubrica “Per una storia della contrattazione collettiva” dai ricercatori Adapt, che ha aggiornato un contratto scaduto nell’ormai lontano 2019 e che interessa, a livello nazionale, circa 2,8 milioni di lavoratori. Si tratta, in assoluto, del contratto collettivo più applicato in Italia.

 

Pochi giorni dopo il rinnovo, le parti si erano accordate per delineare, attraverso un accordo integrativo, i profili formativi relativi alle nuove figure professionali inserite negli artt. 113, 115 e 115.1 del CCNL TDS, ai soli fini delle assunzioni in apprendistato professionalizzante. Dopo una breve proroga, l’accordo tra Confcommercio Imprese per l’Italia e Filcams CGIL, Fisascat CISL e Uiltucs è stato infine raggiunto lo scorso 31 ottobre.

 

Il testo dell’accordo integrativo, e quindi le figure professionali ed i profili formativi ad esse associate, non si discosta particolarmente rispetto a quanto già contenuto nell’accordo precedente. Il CCNL terziario, distribuzione e servizi rappresentava già un raro esempio in termini di articolazione e dettaglio dei profili professionali dell’apprendistato, in un contesto in cui spesso, come fatto notare da G. Impellizzieri in un procedente contributo, “la contrattazione collettiva ha mancato di iniziativa progettuale, non andando oltre la definizione di alcune regole essenziali, come i livelli retributivi, la durata del periodo formativo o altre norme di comportamento rivolte al singolo datore di lavoro e al singolo lavoratore”.

 

L’accordo si articola in “aree di attività”, “profili” e “qualifiche”. Le aree di attività sono di fatto delle macro-suddivisioni che aiutano ad orientarsi in un settore ampio e complesso come quello in oggetto che spazia dal commercio ai pubblici esercizi, dai trasporti alle comunicazioni fino ai servizi alle imprese ed alla ricerca. Per ogni area di attività vengono individuate, nel caso degli apprendisti, specifiche tipologie di profilo ad essa associate e per le quali vengono delineate le competenze a carattere professionalizzante da sviluppare durante il percorso formativo. Le qualifiche corrispondono al livello di competenze sviluppate dall’apprendista, più o meno approfondite, e in base a queste vengono delineati, di nuovo ma con maggiore dettaglio rispetto a quanto visto in precedenza, specifiche figure professionali. Viene indicato anche il monte ore di formazione che l’apprendista deve compiere, in base al relativo livello di inquadramento. Si tratta di un modello complesso e dettagliato, che dedica una grande attenzione alle specificità che caratterizzano ciascuna figura.

 

Alcune novità sono state introdotte riguardo alle qualifiche sviluppate dal profilo Addetto food e funzioni ausiliarie per gli addetti alla vendita ed alle qualifiche sviluppate dal profilo Addetto no food e funzioni ausiliarie, sempre con riferimento agli addetti alla vendita nell’area Front office e funzioni ausiliarie. Oltre a queste, sono anche state modificate, in parte, le qualifiche sviluppate dai profili di Addetto al servizio per l’area Promozione e commercializzazione, Addetto amministrativo e Addetto manutenzione per l’area Servizi generali, Gestione tecnica, Progettazione e supporto per l’area ICT. Nel merito, l’accordo integrativo interviene eliminando e, a volte sostituendo qualifiche e figure professionali ad esse collegate in massima parte ormai obsolete, come nel caso di quella di Sportellista nelle concessionarie di pubblicità o quelle di Steno dattilografo in lingue estere, Schedarista, Operatore di macchine perforatrici e verificatrici, oppure accorpando e semplificando qualifiche simili. È il caso delle tante tipologie di assistenti collegate al profilo di Addetto al servizio, che da quattro divengono una sola e trasversale.

 

A queste modifiche puntuali si aggiunge poi una novità importante: la presenza di una specifica area di attività aggiuntiva dedicata al cosiddetto settore del terziario avanzato, denominata “Servizi professionali alle imprese e ICT”. Un settore, detto anche quaternario per la particolare rilevanza e peculiarità che lo distacca decisamente dalle altre attività economiche comprese nel terziario, di grande importanza. Non è quindi un caso che le parti abbiano scelto di dedicare una specifica sezione aggiuntiva a queste tipologie di imprese, solitamente attive in aree ad alta intensità di lavoro e basate sulla conoscenza, e non su attività manuali e ripetitive. Aree quindi dove la professionalità dei lavoratori, sviluppata anche grazie ad una formazione di scrupolosa ed attenta può incidere fortemente sulla qualità del lavoro e sulla produttività delle imprese stesse. Una breve tabella riepilogativa contente aree di attività e tipologie di profilo è inserita in coda al testo, per facilitarne la comparazione tra quelle introdotte con l’accordo integrativo e quelle in vigenti in precedenza.

 

La particolarità che contraddistingue quest’area risiede nel fatto che le parti sociali hanno voluto operare un ulteriore step nel dettaglio delle tipologie di profilo: queste rientrano infatti, a loro volta, in tre cluster differenti: il primo è dedicato all’ambito Pubblicità, marketing, comunicazione e eventi, il secondo all’ambito Ricerche di mercato e il terzo ed ultimo a all’ambito Revisione e consulenza aziendale. Tra le qualifiche introdotte afferenti a questa nuova area Servizi professionali alle imprese e ICT si possono citare, tra i tanti esempi, quelli di Esperto in sicurezza informatica, Project manager di eventi, Specialista in marketing, Designer o Specialista in e-commerce per quanto riguarda. Sono tutte, queste, qualifiche legate al cluster Pubblicità, marketing, comunicazione e eventi. Con riferimento a quello denominato Ricerche di mercato, si possono citare quelli di Supervisore interviste CATI fieldwork, Esperto di elaborazione dati statistici o Ricercatore esperto. Infine, per il cluster Revisione e consulenza aziendale, si possono citare le qualifiche di Addetto alla revisione o Assistente revisore. Si tratta, come anticipato, di profili, figure e qualifiche fortemente diversificate e richieste nel settore, che necessitano di una particolare attenzione e programmazione formativa.

 

Una menzione particolare è dedicata, all’interno dell’accordo integrativo, alla figura del Farmacista di parafarmacia. Si tratta di una qualifica che rientra nel profilo Addetto no food e funzioni ausiliarie, all’interno dell’area Front Office e Funzioni Ausiliarie. In questo caso le parti hanno concordato che, in deroga a quanto previsto dall’art. 53 del vigente CCNL TDS, il livello di inquadramento professionale e il conseguente trattamento economico sono, per tutta la durata dei 36 mesi di apprendistato professionalizzante, quelli del secondo livello. Il più alto previsto.

 

L’accordo integrativo, nei contenuti “operativo” a partire dal 1° novembre 2024, rappresenta un esempio di come la contrattazione collettiva abbia un ruolo decisivo nella costante e attenta manutenzione di un istituto, l’apprendistato, che per la sua stessa natura formativa deve essere sempre aggiornato. Il presidio attivo delle parti sociali, chiamate a regolarlo sulla base delle specificità (anche in termini di profili e competenze richieste) del settore rappresentato, è determinante nel dare risposte concrete ai fabbisogni delle imprese e offrire percorsi di carriera adeguati ai giovani in ingresso nel mondo del lavoro.

 

CCNL  2019 CCNL 2024
Area di attività Tipologia di profilo Area di attività Tipologia di profilo
Front Office e Funzioni Ausiliarie Addetto food e funzioni ausiliarie Front Office e Funzioni Ausiliarie Addetto food e funzioni ausiliarie
Addetto no food e funzioni ausiliarie Addetto no food e funzioni ausiliarie
Promozione e Commercializzazione Addetto al servizio Promozione e Commercializzazione Addetto al servizio
Servizi generali Addetto amministrativo Servizi Generali Addetto amministrativo
Addetto manutenzione/assistenza Addetto manutenzione/assistenza
Addetto logistica/gestione magazzino food Addetto logistica/gestione magazzino food
Addetto logistica/gestione magazzino no food Addetto logistica/gestione magazzino no food
ICT Gestione business ICT Gestione business
Gestione tecnica Gestione tecnica
Progettazione Progettazione
Sviluppo Sviluppo
Supporto Supporto
Esercizio & Servizi Esercizio & Servizi
Servizi professionali alle imprese e ICT Pubblicità, marketing, comunicazione eventi (ambiti Comunicazione istituzionale e strategia, Marketing, Multimediale, Eventi)
Ricerche di mercato (ambiti Ricerche/analisi di mercato, field call center per ricerche di mercato, Field operations face to face per ricerche di mercato, Data processing)
revisione e consulenza aziendale (ambiti Audit, Servizio paghe payroll, Servizio contabilità accounting, Consulenza)

 

Michele Corti

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena

@michele_corti

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/241 – Il rinnovo per i dirigenti dell’industria

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/241 – Il rinnovo per i dirigenti dell’industria

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 18 novembre 2024, n. 41

 

Contesto del rinnovo

 

È stato firmato, in data 13 novembre 2024, l’accordo di rinnovo del CCNL per i dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi. L’intesa arriva dopo svariati incontri tenuti negli ultimi mesi, a seguito della scadenza del precedente contratto (31 dicembre 2023).

 

Il percorso di avvicinamento delle delegazioni trattanti ed i relativi incontri, iniziati a gennaio 2024, ha portato a sintesi le diverse posizioni iniziali, partendo – e si tratta di un elemento piuttosto peculiare nelle dinamiche classiche delle relazioni industriali – da “audizioni” di rappresentanti degli enti bilaterali (Fondirigenti, 4.Manager, Previndai, Fasi) anche per verificare possibili punti di riforma da analizzare nel corso della trattativa. Solo successivamente, si è entrati nel merito delle proposte, dal campo di applicazione sino alla revisione del trattamento economico, con la richiesta di recupero dell’inflazione posta sul tavolo da Federmanager, assieme a meccanismi di maggior incisività dei previsti trattamenti variabili.

 

L’accordo ha decorrenza 1° gennaio 2025 e scadenza il 31 dicembre 2027.

 

Parte economica

 

Le Parti hanno definito i valori del trattamento minimo complessivo di garanzia (TMCG) in 80.000 euro per il 2025 (contro i 75.000 del 2023) e 85.000 per il 2026, da confrontare – per operare gli eventuali opportuni conguagli – al 31 dicembre di ciascun anno, con il trattamento economico annuo lordo effettivamente riconosciuto al dirigente. Si badi come nel TMCG sono ricompresi tutti gli elementi retributivi previsti all’art. 3, co. 3 del CCNL, ivi comprese elementi precedentemente riconosciuti (ex meccanismo di variazione automatica, ex elemento di maggiorazione, aumenti di anzianità) ed i superminimi o assegni ad personam e tutti gli elementi della retribuzione mensile, anche in natura, corrisposti anche in forma non continuativa; fanno invece eccezione gli importi variabili, le gratifiche e l’importo aggiuntivo per rimborsi spese non documentabili.

 

L’art. 29, a copertura dell’anno 2024, prevede poi il riconoscimento, entro marzo 2025, di un importo una tantum omnicomprensivo, pari al 6% del trattamento economico annuo lordo riconosciuto nel 2024, per i dirigenti che: risultino inquadrati come tali almeno dal 1° gennaio 2019; fruiscano di un trattamento economico annuo lordo fino a 100.000 euro lordi; nel periodo di vigenza del precedente rinnovo e fino alla stipula non abbiano ricevuto aumenti retributivi o compensi di altra natura.

 

Altro aspetto di assoluto rilievo è l’obbligo, oggi generalizzato, di definire sistemi di retribuzione variabile collegati a indici o risultati (MBO), che secondo quanto previsto dall’art. 6-bis, dovrà considerar anche i periodi di congedo obbligatorio e parentale.

 

Vengono previsti miglioramenti in termini di coperture assicurative in caso di morte o invalidità permanente, ma anche rispetto alla contribuzione al Previndai (il fondo di previdenza complementare di settore), che dal 1° gennaio 2025 sarà composta, riguardo al trattamento minimo, da: contributo a carico impresa del 4% della retribuzione globale lorda effettivamente percepita ( per un minimo di 4.800 euro ed entro i 200.000 euro/anno – in precedenza, 180.000 euro/anno); un’ulteriore quota del 2% fino al limite dei 200.000 euro/annui; un minimo del 2% (in precedenza: 4%) a carico dei dirigenti. Entro il complessivo 8%, l’azienda potrà farsi carico della metà del contributo del dirigente.

 

Parte normativa

 

La modifica di maggior rilievo, anche sul piano sistematico, pare essere quella intervenuta all’art. 1 del CCNL, con l’estensione del campo di applicazione. Il CCNL si applicherà ora anche alle «figure professionali di più elevata qualificazione e consolidata esperienza tecnico-professionale, che concorrono a definire e realizzano in piena autonomia gli obiettivi dell’impresa o di un suo ramo autonomo».

 

Se è vero che il primo comma dell’articolo in commento già faceva riferimento a lavoratori con un «elevato grado di professionalità» ed orientati agli obiettivi d’impresa, il nuovo inciso introdotto contribuisce ad esplicarne i contenuti, sembrando andare oltre il semplice posizionamento gerarchico nell’impresa, nell’ottica di una riconducibilità più ampia nell’alveo della categoria legale. La novella, apprezzabile se si pensa alle nuove professionalità emergenti ed alle tendenze di sviluppo orizzontale delle organizzazioni, non sarà certamente esente da problematiche interpretative e rivendicazioni, per le quali, peraltro, esiste storicamente un’apposita procedura negoziale (art. 21, co. 2-4).

 

Di non poco conto è anche l’estensione (da 12 a 18 mesi) del periodo di conservazione del posto in caso di malattia o infortunio non sul lavoro, prevista all’art. 11, co. 1, nella sua nuova formulazione, per lavoratori affetti da malattie oncologiche. I 6 mesi aggiuntivi saranno riconosciuti unicamente per il primo triennio d’insorgenza della patologia, ove debitamente certificata e comunicata all’azienda.

 

Non mancano interventi in materia di congedi di maternità e paternità (art. 11-bis), con l’innalzamento dell’indennità per il congedo parentale per il primo mese di fruizione (dall’80% al 100%) e la previsione di un supporto al rientro dal periodo di astensione, anche mediante incontri calendarizzati di aggiornamento, anche durante il congedo.

 

Parte obbligatoria

 

Con riferimento alla parte obbligatoria, si segnalano alcuni impegni assunti dalle parti, vuoi in materia di divario di genere, con la raccolta di relative best practice (art. 11), vuoi per l’aggiornamento di determinati elementi tecnici (come la ricerca di soluzioni assicurative per le coperture di cui agli artt. 12 e 15 di CCNL) e per l’aggiornamento del sistema di copertura del Fasi (assistenza sanitaria integrativa). Oppure ancora, nel supporto all’attività di monitoraggio su talune novità contrattuali, come i percorsi di reinserimento al lavoro dopo un periodo di congedo.

 

Merita in questa sede un cenno circa il maggior rilievo dato dalle parti al welfare aziendale a favore dei dirigenti, tanto da dedicargli un nuovo articolo (18-ter), seppure di contenuto programmatico, impegnandosi a proporre iniziative di sensibilizzazione delle imprese sul tema.

 

Infine, nel solco della diffusa pratica interconfederale sul punto, all’accordo di rinnovo viene allegato l’accordo sulle molestie e la violenza dei luoghi di lavoro, con relativi impegni d’attuazione.

 

Valutazione d’insieme

 

Se è vero che il rinnovo giunge a quasi un anno dalla scadenza del contratto collettivo, non sono mancati strumenti di copertura del periodo di vacanza contrattuale, sebbene non generalizzato ma secondo un articolato meccanismo di proporzionalità rispetto ai trattamenti economici individuali e di requisiti stringenti. E neppure elementi di assoluta novità.

 

Al di là delle clausole relative al trattamento economico e ad altri istituti, preme sottolineare in questa sede due profili di maggiore innovazione, ricchi di implicazioni tutte da verificare e monitorare: da un lato, l’estensione del campo di applicazione, che appare oggi più convintamente rivolgersi anche a figure aziendali non solo gerarchicamente apicali ma anche professionalmente attrezzate a raggiungere obiettivi d’impresa; dall’altro, una (prima) estensione del periodo di comporto per soggetti affetti da patologie oncologiche, sulla scia di pronunciamenti giurisprudenziali (di più ampia portata) in via di consolidamento.

 

Marco Menegotto

Ricercatore ADAPT

@MarcoMenegotto

 

La contrattazione decentrata in Francia nel 2023: il punto di vista della Dares

La contrattazione decentrata in Francia nel 2023: il punto di vista della Dares

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

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Bollettino ADAPT 11 novembre 2024, n. 40

 

Nel mese di ottobre 2024, la Dares, vale a dire il servizio di analisi statistica al servizio del Ministero del lavoro francese, ha fornito i dati relativi alla contrattazione collettiva d’impresa svoltasi nel corso dell’anno 2023.

Si tratta di un’analisi che, in aggiunta al report sulla contrattazione collettiva pubblicato annualmente dalla Direzione generale del lavoro del ministero, offre un focus su quello che è stato il dialogo sociale nel livello di contrattazione di maggiore prossimità.

 

L’analisi statistica condotta dà contezza dei risultati raggiunti dalla contrattazione collettiva in termini numerici, ma anche in termini qualitativi, di quali sono state le tematiche prevalentemente oggetto di negoziazione nel contesto d’azienda.

 

Al fine di comprendere la rilevanza dell’analisi fornita va precisato che il campione di riferimento, sono i testi frutto di contrattazione depositati attraverso la piattaforma Téléaccord presso le direzioni dipartimentali dell’impiego, del lavoro e della solidarietà (Dreets) entro il 31 dicembre dell’anno oggetto di studio, in questo caso il 31 dicembre 2023. Si tratta dunque di uno studio basato su dati parziali che potranno essere rivisti più avanti facendo un ricalcolo basato su quei testi siglati nel 2023 ma depositati successivamente al mese di dicembre.

 

Volendo offrire una panoramica precisa e che possa risultare utile, anche in un’ottica comparata col sistema italiano, va precisata la metodologia seguita dalla Dares nella stesura: viene dapprima fornita una panoramica generale della contrattazione d’impresa andando a verificare se ci sia stato un ampliamento od una contrazione del fenomeno rispetto agli anni precedenti. Una volta forniti i dati complessivi vengono posti in evidenza quelli che sono risultati essere gli istituti e i temi giuslavoristici maggiormente discussi dalle parti sociali e anche in questo caso viene evidenziata la tendenza avutasi rispetto agli anni passati.

 

Altro elemento che permette una piena comprensione del tenore del dialogo sociale è il fatto che viene ben reso chiaro se i testi sottoscritti sono nuovi contratti oppure delle semplici clausole addizionali che vanno ad integrare accordi preesistenti.

Altro importante dato su cui l’istituto di statistica pone l’attenzione è la modalità di adozione con la quale i vari accordi sono stati adottati, se si tratta, cioè, di contratti collettivi venuti ad esistenza e sottoscritti dai delegati sindacali presenti a livello d’azienda, ovvero la cui adozione è successiva allo svolgimento di un referendum sindacale.

 

Relativamente all’istituto del referendum sindacale nel contesto francese è necessario compiere un breve excursus esplicativo, che chiarisca il motivo per cui è rilevante il fatto che l’analisi condotta dalla Dares ci tenga a fornire delle percentuali precise circa la modalità di adozione degli accordi collettivi d’impresa. L’istituto del referendum sindacale, così come applicato oggi, è stato introdotto in Francia con legge n. 1088/2016; si tratta di uno strumento a cui può ricorrere il datore di lavoro e/o i sindacati nell’ambito del processo di contrattazione. A seconda della tipologia d’impresa interessata dalla procedura referendaria vi sono delle differenze nelle modalità di applicazione: nel caso di un’impresa con meno di 11 dipendenti è possibile ricorrere al referendum al fine di adottare un contratto collettivo in assenza di delegati sindacali, qualora invece si tratti di una realtà aziendale che occupa tra gli 11 e i 20 dipendenti è possibile ricorrere al referendum al fine di negoziare un accordo collettivo in mancanza di eletti all’interno del Comitato sociale e economico (CSE), vale a dire la rappresentanza sindacale in azienda; per tutte le altre imprese, invece, è possibile ricorrere al referendum soltanto per l’adozione di accordi minoritari.

 

Tornando ora al perché dei dati forniti dalla Dares sulla modalità di adozione dei vari contratti collettivi aziendali, è chiaro che si tratta di un dato che ci permette di comprendere in che contesto aziendale, dunque se si tratta di grandi o piccole imprese, si è svolta la contrattazione in modo maggiormente proficuo e riguardo a cosa.

 

Volendo entrare adesso nel merito del lavoro realizzato dalla Dares, il dato di partenza è che nell’anno 2023 l’attività di contrattazione di secondo livello si è tradotta nella sottoscrizione di 107.980 testi, registrando un lieve calo rispetto al 2022, ma comunque mantenendo un livello superiore alle cifre raggiunte prima dell’esplosione della crisi sanitaria COVID-19.

Di questi centomila e passa testi conclusi, ben 84.990 sono nuovi contratti collettivi e clausole addizionali, di cui 29.240 adottati all’interno di realtà aziendali con meno di 50 dipendenti, anche questo dato in lieve calo.

 

Di particolare rilevanza è il fatto che, sebbene più della metà di questi quasi 85.000 accordi sia stata sottoscritta da delegati sindacali, ben un quarto è stato frutto dello svolgimento di un referendum. Viene infatti riportato come nelle imprese con meno di 50 lavoratori dipendenti cresca il numero di testi adottati tramite procedura referendaria rispetto al numero dei testi adottati tramite la mediazione delle rappresentanze sindacali in azienda.

Si tratta di una tendenza che si conferma anche con riferimento ai temi centrali del dialogo sociale svoltosi nel 2023.

 

Il maggior numero di accordi conclusi a livello di contrattazione di secondo livello ha avuto ad oggetto il risparmio salariale. Si tratta del tema affrontato dal 40,3% degli accordi conclusi, i quali sono, per l’appunto, entrati in vigore principalmente a seguito di referendum. Questi numeri così elevati vengono giustificati dal pressante fenomeno inflazionistico e dalla conseguente normativa entrata in vigore a protezione del potere d’acquisto dei lavoratori, che inevitabilmente indirizza il dialogo sociale.

 

A dimostrazione di ciò è infatti possibile osservare come il secondo maggior numero di accordi conclusi si sia avuto in tema di salari e premialità.

Unico tema su cui, dalle statistiche fornite, è invece possibile rilevare un aumento rispetto al 2022, è quello del diritto sindacale e della rappresentanza, che è stato oggetto dell’11.9% degli accordi conclusi. Anche in questo caso si tratta di un risultato giustificato dal rinnovo dei componenti degli organi di rappresentanza sindacale a livello d’impresa, trascorsi cinque anni dall’ultima elezione.

 

È evidente, dallo studio statistico appena analizzato, come l’elemento di maggior valore che contraddistingue il lavoro portato avanti dalla Dares sia un punto di vista il più omogeneo ed esaustivo possibile che dà la possibilità ai protagonisti del sistema di relazioni industriali di avere una panoramica valida sul contesto della contrattazione di secondo livello. In tal senso, si tratta di tassello chiave di evoluzione e crescita del contesto giuslavoristico che in Italia risulta ad oggi assente. Come osservato recentemente (si veda M. Tiraboschi, Contrattazione decentrata: un mondo ancora da esplorare, in Boll. ADAPT 3 giugno 2024, n. 22), risulta chiaro come la disorganicità delle fonti di archiviazione e monitoraggio del fenomeno della contrattazione decentrata rappresenti un grande limite all’interno dell’odierno mercato del lavoro in Italia e in questo senso l’esempio francese appena analizzato potrebbe rappresentare un modello a cui fare riferimento come punto di partenza per un’evoluzione dell’oggi carente conoscenza del mondo della contrattazione di secondo livello nel nostro Paese.

 

Marta Migliorino

ADAPT Junior Fellow

@martamigliorino

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/240 – Un nuovo accordo per Italnext, verso orizzonti di flessibilità, agevolazioni e sviluppi sostenibili

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/240 – Un nuovo accordo per Italnext, verso orizzonti di flessibilità, agevolazioni e sviluppi sostenibili

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 4 novembre 2024, n. 39

 

Oggetto e tipologia di accordo

 

Il 4 ottobre 2024 è stato firmato il primo contratto integrativo aziendale tra Italnext S.r.l. e la delegazione sindacale delle RSA di Società Reale Mutua di Assicurazioni e Italiana Assicurazioni S.p.A. L’importanza della sottoscrizione risiede soprattutto nella discontinuità rispetto alla situazione precedente, in cui non erano previste tutele riconosciute al livello aziendale che integrassero quelle disposte dal contratto collettivo nazionale di ANIA per le agenzie assicurative.

 

Questa firma rappresenta, inoltre, un importante passo avanti verso l’omogeneità di trattamento tra le diverse anime del Gruppo Reale, molte delle quali già disponevano di una contrattazione aziendale dedicata.

 

Il nuovo contratto aziendale, che avrà validità sino al 31 dicembre 2026, introduce diverse novità in materia di trattamento normativo ed economico, delineando complessivamente orizzonti di sviluppo e crescita per il settore assicurativo.

 

In generale, quanto emerge dalla lettura globale delle disposizioni del nuovo accordo aziendale in prospettiva integrata con il contesto nazionale è una salda volontà di attuare e, se possibile, migliorare le disposizioni del CCNL assicurativo, soprattutto per quanto attiene ai temi della flessibilità dell’orario di lavoro, della previdenza complementare, dei premi aziendali e dei benefit concessi ai dipendenti operanti nel settore.

 

Temi trattati / punti qualificanti / elementi originali o di novità

 

Entrando nel merito dell’accordo, è possibile ripartire gli aspetti trattati dalle parti in una serie di macroaree tematiche.

 

In primis, vi è quella dell’orario di lavoro e della flessibilità oraria che nel contratto in questione ha assunto un ruolo centrale.

 

Per quanto attiene all’orario di lavoro settimanale la contrattazione Italnext 2024 ha introdotto l’orario ridotto di 37 ore e 30 minuti in attuazione dell’art. 29 del vigente CCNL.

 

Rispetto al contratto nazionale, però, è sul tema della flessibilità dell’orario che è ravvisabile una discontinuità, poiché mentre la disciplina di categoria era improntata ad una gestione “centralizzata” della flessibilità mediante fasce orarie di ingresso e uscita e l’utilizzo della banca ore, con un limite annuale di straordinari, il nuovo contratto aziendale ha previsto maggiore adattabilità alle esigenze dei lavoratori, permettendo ai dipendenti di gestire i propri orari in accordo con i propri responsabili, senza limiti strutturali, promuovendo un approccio orientato alla reciproca fiducia e all’adattabilità e personalizzazione dei tempi di lavoro.

 

Le parti quindi si sono preoccupate di delineare i punti cardine della disciplina attraverso la definizione delle “buone prassi” in materia di orario di lavoro, che definiscono chiaramente i requisiti, le tipologie, la durata e tutte le altre disposizioni in materia.

 

In particolare, possiedono i requisiti di accesso all’orario personalizzato due gruppi di lavoratori: il primo formato da lavoratori e lavoratrici con figli minori a carico oppure familiari non autosufficienti, il secondo da tutti i lavoratori con almeno un anno di anzianità aziendale maturata tramite un contratto a tempo indeterminato.

 

Le tipologie di personalizzazione possono riguardare la collocazione delle ore di lavoro, attraverso la quale il/la dipendente full time ha la possibilità o di mantenere le ore settimanali con diversa distribuzione o di optare per una riduzione dell’orario, e la Banca del Tempo, che consente di fruire permessi orari aggiuntivi fino a 32 ore, recuperabili mensilmente o quadrimestralmente, in accordo con il responsabile.

 

Sono poi previsti specifici limiti percentuali per l’adozione della personalizzazione: essa potrà riguardare non oltre il 13% dei dipendenti, con un massimo del 30% nei piccoli uffici.

 

La procedura di richiesta di personalizzazione dell’orario prende avvio su iniziativa degli stessi dipendenti, i quali, se interessati, dovranno confrontarsi con i rispettivi responsabili, valutare insieme l’opportunità di adozione e darne informazione all’azienda compilando un modulo comunemente concordato. Il responso finale è posto in capo alla stessa Italnext che prenderà in esame la richiesta sulla base anche della percentuale di domande presentate dalle varie direzioni.

 

Sono disposte specifiche misure per regolare il binomio formato da maternità e flessibilità oraria. Nello specifico, l’azienda e le organizzazioni sindacali hanno concordato sull’importanza di stabilire condizioni di base favorevoli a una gestione più efficiente dell’evento di maternità, tenendo in considerazione sia le esigenze del personale che rientra al lavoro, sia le necessità organizzative aziendali.

 

A tal fine le parti hanno implementato un programma di accoglienza e reinserimento che tuteli il potenziale professionale della lavoratrice-madre e rafforzi il suo legame con l’azienda. Tale programma rientra in una strategia più ampia volta a promuovere le pari opportunità e a favorire l’instaurazione di un rapporto più “personalizzato” tra dipendenti e azienda.

 

In particolare, per agevolare il reinserimento delle lavoratrici nel contesto aziendale, Italnext si è impegnata ad attivare misure di supporto alla ripresa lavorativa e a valutare le aspettative e il percorso professionale della dipendente tramite colloqui e attività di formazione o addestramento. Si sottolinea inoltre che le medesime disposizioni troveranno pari applicazione anche nei confronti dei lavoratori che usufruiranno del congedo parentale in caso di paternità.

 

Attenzione particolare è stata poi prestata dagli stipulanti anche alla c.d. work life balance con la possibilità di accesso al lavoro a tempo parziale a determinate condizioni. Il personale con contratto a tempo indeterminato può richiederedi passare dal tempo pieno al part-time se si trova in determinate situazioni e può dimostrarlo, fermo restando che il numero complessivo dei/le lavoratori/lavoratrici a tempo parziale non può superare il 15% del numero totale dei rapporti di lavoro disciplinati dal contratto aziendale. Le condizioni includono l’essere genitori di figli fino a 16 anni, dover assistere parenti malati o non autosufficienti, essere studenti che vogliono terminare gli studi o impegnarsi in attività di volontariato regolamentate dalla legge. Tuttavia, ci sono alcune eccezioni: non possono fare richiesta coloro che sono inquadrati in una posizione di coordinamento o nell’Area Professionale A, oppure chi ha meno di un anno di servizio. In casi particolari, l’azienda può comunque valutare richieste da parte di dipendenti esclusi, purché ci siano motivi gravi e comprovati e compatibilità con le esigenze aziendali.

 

A corollario di un orizzonte di completa adesione al sano bilanciamento fra vita lavorativa ed extralavorativa le parti hanno inserito, in linea con gli altri accordi presenti nelle altre società del gruppo, un pieno adeguamento alla disciplina sul lavoro agile e sulla flessibilità oraria (come suddetto) nonché la contrattualizzazione della normativa relativa allo smart working.

 

Infine, in materia di formazione del personale, l’azienda riconosce l’importanza della formazione per il successo dell’Impresa e la crescita professionale dei dipendenti. Italnext, pertanto, nel selezionare i dipendenti da inviare ai corsi di addestramento e formazione, considera le esigenze tecniche, organizzative e produttive, le attitudini personali dei lavoratori, nonché eventuali richieste degli stessi e tramite gli accordi si impegna a garantire pari opportunità di partecipazione a tutti i dipendenti. I corsi di formazione si svolgeranno, di norma, per almeno il 50% durante l’orario di lavoro.

 

Rispetto al tema delle pari opportunità, si esplicita il reciproco impegno degli stipulanti ad avvalersi della “Commissione Mista per le Pari Opportunità” per analizzare eventuali ostacoli allo sviluppo professionale delle donne e per affrontare questioni legate alle pari opportunità, incluse quelle per persone con disabilità. La Commissione è incaricata anche di proporre una normativa aziendale sul mobbing dopo l’emanazione di una legge in merito. In tal modo le parti riconoscono altresì l’importanza di prevenire violenze morali e persecuzioni psicologiche sul lavoro, attraverso monitoraggio, questionari e iniziative di sensibilizzazione nonché di ridurre le disparità di trattamento e a concentrarsi su problemi come il gender pay gap e le molestie di genere, con incontri annuali per valutare i progressi.

 

Incidenza sul trattamento retributivo e sulle misure di welfare

 

Sulla parte economica l’intesa rimodula il premio aziendale di produttività correlato ad incrementi annui di redditività, produttività ed efficienza aziendale assicurando ai dipendenti un raddoppio dei parametri dei minimi e massimi previsti antecedentemente dal CCNL, rispettivamente da 192 ma a 384 euro per i minimi e da 306 a 612 euro per i massimi.

 

Sul tema della premialità va sottolineata anche la presenza di un premio fisso anno in welfare pari a 1200 euro e la previsione di un’erogazione straordinaria nel novembre 2024 “una tantum” pari a 1.300 euro per ogni livello di riferimento.

 

Anche la materia dei buoni pasto è stata oggetto di una revisione economica, la quale ha previsto un’integrazione e una parziale modifica dell’art. 29, punto 8 del CCNL ANIA, stabilendo che il valore del buono pasto giornaliero sia fissato in 8 euro, con un incremento a 8,50 euro a partire dal 1° gennaio 2026. Tale importo sarà considerato onnicomprensivo, ovvero includente eventuali aumenti che potrebbero essere introdotti da futuri rinnovi del CCNL.

 

Un’altra rilevante area di intervento del nuovo contratto aziendale è dedicata alle misure di agevolazione per i lavoratori e lavoratrici del settore. In particolare, il contratto intende agevolare l’accesso al mutuo-casa con Banca Reale e garantire l’accesso a una scontistica sull’acquisto di prodotti assicurativi di Italiana Assicurazioni.

 

In accordo con una prospettiva di un sempre più accorto taking care del lavoratore da parte dell’azienda, si inserisce la scelta delle parti di inserire aumenti della previdenza integrativa. I contraenti infatti hanno disposto una disciplina migliorativa di quanto previsto dall’articolo 75 del CCNL ANIA relativo alla previdenza integrativa, con un contributo dell’azienda pari al 2% (2,25% dall’anno 2025) nel caso di versamento almeno pari al 2% a carico del lavoratore, oppure dell’1% a carico dell’impresa (1,25% dall’anno 2025) in assenza di versamento o con versamento inferiore al 2% a carico del lavoratore.

 

Un ruolo tutt’altro che marginale è stato poi riservato al tema della promozione della mobilità sostenibile fra i dipendenti al fine di incentivare l’adozione di mezzi di trasporto ecologici, riducendo l’uso dell’automobile privata e favorendo la sostenibilità ambientale. A tal fine, l’accordo ha previsto il rimborso spese per l’utilizzo di mezzi di trasporto a basso impatto ambientale. In particolare, l’impresa si impegna a rimborsare il 50% del costo sostenuto dai dipendenti per l’acquisto di un abbonamento annuale nominativo ai mezzi pubblici, con un tetto massimo di 200 euro, nonché un rimborso parziale per l’abbonamento al servizio di bike sharing “BikeMi” per i dipendenti con sede di lavoro a Milano, con un contributo pari a 18 euro. Inoltre, le parti contraenti concordano sulla partecipazione congiunta a iniziative pubbliche riguardanti la mobilità sostenibile, comprese quelle finanziate tramite bandi pubblici, subordinatamente all’ottenimento di finanziamenti da parte delle autorità competenti e si impegnano a collaborare nella ricerca e implementazione di soluzioni innovative o alternative volte a ridurre le emissioni di CO2 nei tragitti casa-lavoro, con un’attenzione particolare alle modalità di trasporto che contribuiscono al benessere dei lavoratori.

 

Valutazione d’insieme

 

In un contesto globale di forte mutamento della visione “tradizionale del lavoro” il nuovo contratto aziendale si inserisce indubbiamente come un elemento di regolazione dei lavoratori del comparto assicurativo flessibile e in linea con le principali normative attualmente vigenti.

 

Dalla dettagliata normativa relativa alla flessibilità e personalizzazione dell’orario di lavoro nonché alle diverse accortezze in tema previdenziale e tutela delle parti opportunità è ravvisabile da parte dei contraenti una certa sensibilità ai bisogni ed esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici che non si riducono al segmento lavorativo, ma lo travalicano al fine di garantire il benessere del lavoratore in altri ambiti, a partire da quelli ambientale e familiare.

 

Non solo quindi il nuovo contratto aziendale ha segnato un primo tassello verso un percorso di regolamentazione ad hoc per la realtà Italnext, ma, da un’analisi di sistema condotta in prospettiva integrata tra il livello nazionale e aziendale, si può ravvisare su diversi punti (dalla personalizzazione dell’orario allo smart working sino al tema della mobilità sostenibile) una tendenza alla previsione di disposizioni migliorative rispetto a quelle disposte dal contratto nazionale che fa ben sperare per gli scenari futuri del settore.

 

Virginia Pezzoni
ADAPT Junior Fellow Fabbrica dei Talenti

 

Conciliazioni sindacali (anche) “da remoto”: brevi note su un recente accordo sottoscritto a Treviso

Conciliazioni sindacali (anche) “da remoto”: brevi note su un recente accordo sottoscritto a Treviso

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Bollettino ADAPT 28 ottobre 2024 n. 38

 

Il 22 ottobre 2024 è stato sottoscritto a Treviso un accordo collettivo territoriale «per l’individuazione delle sedi e delle modalità per le conciliazioni delle controversie di lavoro (artt. 411 e 412-ter c.p.c.)», anche qualora queste si svolgano “da remoto”. Firmatari dell’accordo risultano essere la Confindustria Veneto Est e le confederazioni sindacali locali CgilCisl e Uil. Scopo dell’accordo è quello di «individuare le sedi e le modalità idonee alla stipulazione di conciliazioni individuali in materia di lavoro» in sede sindacale, al fine di sottrarre gli accordi conciliativi dal regime di impugnazione previsto dall’art. 2113, comma 2 c.c. (come prevede espressamente l’art. 2113, comma 4 c.c.).


 
L’interesse a definire e individuare con un accordo collettivo quali siano gli spazi che possono essere intesi alla stregua di una “sede sindacale” – competenza che sulla materia la contrattazione ha per espressa delega della legge (art. 412-ter c.p.c.) – è dettato da (non meglio precisate) «ragioni organizzative e logistiche». L’accordo prevede espressamente che per “sede sindacale” deve intendersi «qualunque luogo e/o locale», inclusi i locali dell’impresa, o quelli dell’associazione datoriale firmataria, «che sia concordemente individuato quale sede di stipulazione della conciliazione da parte del lavoratore, dell’organizzazione sindacale che lo assiste, del datore di lavoro e di Confindustria Veneto Est», se coinvolta.


 
Inoltre, l’accordo prevede espressamente che la conciliazione si intenderà validamente stipulata ai sensi dell’art. 2113, comma 4 c.c. “in sede sindacale” anche quando questa «sia conclusa in modalità “da remoto”, ovvero per il tramite di piattaforme telematiche che mettano in contatto le parti non fisicamente presenti in uno stesso locale, purché tali piattaforme consentano la identificabilità delle parti stesse».


 
Infine, l’accordo definisce alcuni requisiti che la conciliazione in sede sindacale deve presentare ai fini della produzione degli effetti di cui all’art. 2113, comma 4 c.c. (cioè l’inoppugnabilità) tra i quali: a) l’effettiva assistenza da parte del sindacalista affinché il lavoratore, una volta reso consapevole del contenuto dell’accordo, sia messo in condizione di poter valutare l’opportunità di sottoscrivere il verbale di conciliazione; b) la contestuale presenza del sindacalista nel medesimo luogo in cui si trova il lavoratore al momento della conciliazione, anche quando questa si svolga da remoto; c) la necessità di dare atto nel verbale di conciliazione della consapevolezza da parte del lavoratore del luogo prescelto per negoziare l’accordo di conciliazione e della assistenza sindacale ricevuta; d) nel caso di conciliazioni da remoto, è necessario che il verbale sia sottoscritto dalle parti «tramite firma autografa su copia analogica» dell’accordo condiviso tramite scansione, escludendo così la possibilità di poter utilizzare la firma digitale certificata.


 
L’accordo territoriale solleva inevitabilmente alcuni interrogativi, non solo per diversi aspetti legati al suo contenuto ma anche perché sottoscritto nel bel mezzo dell’iter parlamentare riguardante il DDL Lavoro n. 1532-bis che tra le tante cose detta anche una specifica disposizione per le conciliazioni da remoto (cfr. G. Piglialarmi, N. Serrani, Le conciliazioni in materia di lavoro: le novità del DDL Lavoro, in Bollettino speciale ADAPT 18 ottobre 2024, n. 5).


 
Procedendo con ordine, un primo nodo che la prima lettura dell’accordo solleva riguarda l’efficacia soggettiva dello stesso: per espressa volontà delle parti, questo si applica «senza limiti di tempo, alle conciliazioni tra lavoratori che siano assistiti da funzionari delle organizzazioni sindacali» sottoscriventi e «datori di lavoro associati a Confindustria Veneto Est» o assistiti comunque da quest’ultima. Dunque, il presupposto per poter invocare il rispetto delle modalità conciliative stabilite in questo accordo è che le parti diano mandato di farsi assistere alle organizzazioni sindacali (dei lavoratori e dei datori di lavoro) sottoscriventi.


 
Viene da chiedersi, però, come si concilia il contenuto di questo accordo territoriale – che legittimamente si inserisce in uno spazio regolativo che la legge demanda all’autonomia collettiva (art. 412-ter c.p.c.) – con le specifiche previsioni dei CCNL sottoscritti dalle federazioni di categoria aderenti a Confindustria e le rispettive federazioni sindacali dei lavoratori di categoria aderenti alle tre confederazioni Cgil, Cisl e Uil. A titolo di esempio, l’art. 80 del CCNL Industria Alimentare (codice E012) prevede espressamente che in caso di controversia tra le parti inerente allo svolgimento del rapporto di lavoro, queste dovranno obbligatoriamente sottoporre la questione «a commissioni costituite dalle strutture territoriali di Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil» con la collaborazione delle associazioni datoriali per espletare il tentativo di conciliazione in sede sindacale prima di adire l’autorità giudiziaria.


 
Lasciando da parte la questione relativa al fatto che il CCNL ritenga ancora sussistere un obbligo che non è più tale per la legge (art. 410 c.p.c.), trattandosi solo di una facoltà salvo i casi espressamente previsti – aspetto, questo, che pure meriterebbe qualche riflessione – il CCNL Industria Alimentare individua una specifica commissione territoriale presso la quale esperire il tentativo di conciliazione; commissione, peraltro, che deve essere costituita e gestita da federazioni di categoria (datoriali e sindacali) e non a livello confederale-territoriale. Da questo punto di vista, dunque, si pone un problema di carattere endo-sindacale poiché occorre comprendere se un lavoratore e un’impresa dell’industria alimentare operanti a Treviso e che applicano al rapporto di lavoro il CCNL E012, possano conciliare seguendo l’iter stabilito nel CCNL dalle federazioni di categoria o quello definito nell’accordo territoriale sottoscritto dalle confederazioni sindacali.


 
Il problema potrebbe essere affrontato prendendo le mosse da diversi punti di vista. Per un verso, l’accordo territoriale potrebbe essere applicabile in via residuale, cioè laddove i CCNL ricadenti nel sistema contrattuale di Confindustria non contemplino una specifica disciplina al riguardo. Diversamente, laddove il CCNL applicato nell’impresa detti una specifica disciplina – come nel caso sopra richiamato – le modalità conciliative stabilite dall’accordo territoriale non possono avere alcun seguito, salva l’ipotesi in cui si inquadri il suddetto accordo territoriale nel prisma della contrattazione di prossimità (art. 8 del d.l. n. 138/2011). Come è noto, gli accordi di prossimità – che possono essere sottoscritti sia a livello aziendale che territoriale – possono dettare specifiche disposizioni legate ad alcuni aspetti del rapporto di lavoro, anche in deroga alla legge o al CCNL, purché siano espressamente individuati nel testo dell’accordo – oltreché la volontà di avvalersi di un accordo ex art. 8 – alcuni obiettivi da raggiungere o esigenze da soddisfare.


 
Da questo punto di vista, se l’accordo territoriale interviene su una “materia” che può essere oggetto di un contratto di prossimità (perché inerisce gli aspetti legati, sia pure non direttamente, al recesso dal rapporto di lavoro; cfr. art. 8, comma 2, lett. e) del d.l. n. 138/2011), risulterebbe però assente il riferimento alla disposizione normativa e anche scarsamente motivato sotto il profilo delle esigenze che giustificano una simile pattuizione nel territorio di Treviso (evocare, infatti, una non meglio precisata “ragione logistica” sarebbe poca cosa rispetto ad una giustificazione molto più pregnante che la consolidata giurisprudenza in materia richiede ai fini della legittimità dell’accordo di prossimità).


 
Un altro aspetto controverso riguarda la possibilità di considerare come “sede sindacale” anche i locali aziendali, previo accordo tra le parti e le organizzazioni sindacali. Anche in questo caso, si pone un grosso interrogativo: come si concilia questa scelta delle parti sindacali rispetto a quella “austera” giurisprudenza che ritiene la conciliazione conclusa presso i locali aziendali impugnabile, nonostante questa sia avvenuta in presenza del sindacalista (salvo prova contraria fornita dal datore di lavoro)? Proprio di recente, infatti, è stato escluso che la sede aziendale possa assurgere a “sede protetta” per espletare un tentativo di conciliazione e sottoscrivere un accordo ex art. 2113, comma 4 c.c. giacché questa non ha «il carattere di neutralità indispensabile a garantire, unitamente alla assistenza prestata dal rappresentante sindacale, la libera determinazione della volontà del lavoratore» (Cass. Civ. Sez. Lav. 15 aprile 2024, n. 10065). In altri termini, il fatto che l’art. 412-ter c.p.c. abiliti la contrattazione a definire “sedi” e “modalità” della conciliazione in sede sindacale, non si tradurrebbe in una sorta di “delega in bianco” per cui il contratto o l’accordo collettivo possa poi “eleggere” qualsiasi luogo a sede sindacale. L’approccio del formante giurisprudenziale sembra prediligere, invece, una interpretazione molto più restrittiva, nel senso che il contratto collettivo può definire quali siano le sedi sindacali presso le quali esperire il tentativo di conciliazione purché queste siano idonee a non condizionare la libertà decisionale del lavoratore.


 
Last but not least, viene da chiedersi come si coordinino le disposizioni dell’accordo territoriale relative alle conciliazioni “da remoto” con l’art. 20 del DDL Lavoro che, oltre ad abilitare anche le sedi sindacali a ricorrere alle conciliazioni telematiche, affida ad un decreto ministeriale la competenza a stabilire «le regole tecniche per l’adozione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione» nelle conciliazioni in materia di lavoro che si svolgeranno “a distanza”. Da un lato, è opportuno specificare che ad ora le modalità definite nell’accordo sindacale trevigiano sono ancora del tutto valide ed efficaci posto che l’art. 20, comma 4 del DDL fa salve le modalità e le prassi vigenti fino all’emanazione del decreto ministeriale, che dovrà avvenire nei 12 mesi successivi all’entrata in vigore del DDL. Dall’altro, è pur vero che l’accordo collettivo territoriale registra l’impegno delle parti a modificare l’articolato nel caso di «interventi normativi o giurisprudenziali» riguardanti l’oggetto dell’accordo.


 
Tuttavia, giova precisare che a fare da sfondo a tutti gli aspetti tecnico-giuridici sopra accennati vi sarebbe la volontà dell’autonomia collettiva di voler cominciare a regolare una prassi già molto diffusa  quella delle conciliazioni da remoto, appunto – allo scopo di definire delle misure di garanzia in favore del lavoratore e, allo stesso tempo, fornire maggiori rassicurazioni per le imprese circa la inoppugnabilità dei verbali di conciliazione sottoscritti attraverso la modalità telematica. In questo senso, l’accordo territoriale può essere inteso come un primo passo verso la regolazione di una procedura (tendenzialmente) rispettosa dei principi giurisprudenziali in materia, onde evitare che tutto venga lasciato all’informalità con non poche conseguenze sulla validità delle conciliazioni in sede sindacale (per alcuni rilievi critici sulle conciliazioni da remoto e i relativi rischi di impugnabilità, sia consentito il rinvio a G. Piglialarmi, Contributo allo studio della certificazione nei rapporti di lavoro, ADAPT University Press, 2024, cap. V).


 
Giovanni Piglialarmi

Ricercatore Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

ADAPT Senior Fellow

@Gio_Piglialarmi