Sindacati e contrattazione: perché due CCNL non bastano a parlare di spaccatura

 

Bollettino ADAPT 24 febbraio 2025, n. 8

 

Davvero i sindacati sono divisi anche nella contrattazione perché Cgil e Uil non hanno firmato i CCNL Funzioni Centrali e Sanità? Si continuano a siglare rinnovi unitari negli altri settori e quei due CCNL hanno un’evidente valenza politica: la controparte è, in sostanza, il Governo.
 

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A seguito dell’endorsment della Presidente del Consiglio – e di altri membri del Governo – verso il metodo e il merito delle proposte della Cisl, il tema della divisione tra il sindacato di via Po e la CGIL ha appassionato editorialisti e opinionisti di pressoché tutti i giornali italiani. Per diversi giorni.

 

Michele Tiraboschi ha già scritto dell’errore di prospettiva commesso da alcune analisi che attribuiscono a questa divisione il colore di una inconciliabilità patologica, anziché ricondurla alle sue ragioni culturali, ossia a un pluralismo sindacale strettamente legato alla storia politica e istituzionale italiana (La contesa “politica” tra Cgil e Cisl e una guerra di posizione che non aiuta a superare lo stallo, in Bollettino ADAPT 23 febbraio 2025).

 

Questa semplificazione che equipara la divisione sindacale a una – vera o presunta – debolezza della rappresentanza è accompagnata da una complementare distrazionese sul piano politico le sigle confederali – ma le forza della rappresentanza in generale – sono ben lontane dal poter siglare un patto sociale su qualsivoglia punto dell’agenda, i sindacati confederali non sono invece certo divisi sul terreno della contrattazione. Eppure i giornali, quando vogliono parlare delle divisioni in campo, includono anche due esempi eminenti di separazione sui tavoli negoziali: quella sul rinnovo del CCNL sanità e quella sul rinnovo del CCNL per i dipendenti pubblici delle Funzioni Centrali.

 

Come è noto, Cgil, Uil e Usb hanno criticato quest’ultima intesa, firmata da una maggioranza risicata (53% delle sigle rappresentative), ritenendolo insufficiente per affrontare l’aumento del costo della vita. E hanno indetto una consultazione per coinvolgere lavoratori e lavoratrici nel giudicare il rinnovo. Parimenti, nella sanità Cgil, Uil e Nursing Up hanno deciso di non firmare la preintesa per il nuovo contratto 2022-2024 del comparto sanità, mentre Nursind, Fials e Cisl hanno approvato l’intesa.

 

Ma davvero sulla base di questi due casi possiamo dire che i sindacati confederali siano divisi anche nella contrattazione? Un paio di dati, che è impossibile trascurare, consentono di smentire fondamentalmente questa conclusione: di mese in mese, si continuano a siglare rinnovi unitari negli altri settori; e la vicenda legata a quei due CCNL ha un’evidente valenza politica giacché la controparte è, in sostanza, il Governo.

 

Quanto al primo punto, come testimoniano gli aggiornamento presenti sul sito FareContrattazione.itnei primi due mesi scarsi del 2025 (al momento in cui scrivo, febbraio non è ancora terminato) le sigle di settore dei sindacati confederali hanno firmato unitariamente con le relative controparti datoriali ben 9 CCNL: il CCNL della Somministrazione, il nuovo CCNL Edilizia ANIEM, il rinnovo del CCNL Consorzi e Cooperative Agricole, il rinnovo per i dirigenti delle imprese cooperative, il rinnovo del CCNL Dipendenti Agenzie Marittime, il rinnovo del CCNL Industria Armatoriale, il rinnovo del CCNL delle Fondazioni Lirico Sinfoniche, il rinnovo del CCNL Terme e il nuovo CCNL Artigianato – Area Comunicazione. C’è poi il tavolo al momento fermo per il rinnovo dei metalmeccanici, dove però non paiono intravedersi particolari divisioni sul fronte sindacale.

 

Quanto al secondo punto, non si può non considerare che questa battaglia contrattuale sia legata alla contrapposizione all’esecutivo sul piano politico. Tant’è che i sindacati che non hanno firmato addebitano al governo la responsabilità di aver stanziato per il rinnovo risorse troppo scarse. Non voglio dunque qui affermare che siano negoziazioni scevre di un contenuto contrattuale (la disponibilità a firmare ruotava appunto attorno a due condizioni: aumenti tabellari significativamente maggiori e lo sblocco del salario accessorio), ma sono negoziazioni giocoforza condizionate dal (o, se si vuole, funzionali al) posizionamento nei confronti dell’esecutivo. D’altronde potrebbero le sigle che hanno scioperato contro la legge di bilancio firmare coerentemente contratti in cui la partita salariale dipende da stanziamenti pubblici?

 

Le divisioni nel pubblico sono poi, certo, un segnale importante; foriero di preoccupazioni espresse dagli esperti. Per esempio, secondo alcune interpretazioni, la mancata firma del CCNL Funzioni Centrali da parte di Cgil e Uil rischia di impedire la firma di accordi integrativi e, quindi, di compromettere il metodo negoziale nelle PA (così Mainardi intervistato da Claudio Tucci,  Pa, con gli altolà di Cgil e Uil a rischio i contratti integrativi, Il Sole 24 Ore, 30 gennaio 2025). Ma da qui ad assumere queste due vicende come un segno della divisione del mondo sindacale nella contrattazione ne passa.

 

Probabilmente a produrre questa semplificazione è la difficoltà a capire le ragioni della diversa dinamica con cui le differenze culturali si articolano sul piano politico e su quello contrattuale (il tema è stato posto anche da Cazzola sul Sussidiario.net “La divaricazione crescente tra chi firma contratti e chi fa slogan”, 18 febbraio 2025). Il punto è che la contrattazione è un terreno di esercizio pratico e concreto, condotto dalle sigle di settore, le quali firmando unitariamente i rinnovi fanno evolvere i sistemi di relazioni contrattuali mantenendoli al contempo. Mentre l’agone politico è uno strumento di posizionamento ideologico, e quando orientato a obiettivi di risultato legislativo tende a muoversi d’anticipo, cercando pur minime conquiste di innovazione o, al contrario, evitando l’approvazione di provvedimenti che possano aprire brecce verso futuri indesiderati. Va da sé che advocacy e relazioni istituzionali abbiano tempi e modi diversi rispetto alla contrattazione; che, ad oggi, rimane viva e vegeta nella confederalità Italiana.

 

Francesco Nespoli
Ricercatore Università di Roma LUMSA

ADAPT Senior Fellow

@Franznespoli

 

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