Documenti home

i post visualizzati nella sezione “in evidenza” della home

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/272 – Il rinnovo del CCNL per il personale dipendente da imprese esercenti l’attività funebre

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/272 – Il rinnovo del CCNL per il personale dipendente da imprese esercenti l’attività funebre

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 26 maggio 2025, n. 20

 

Il 20 maggio 2025 Feniof, Federazione Nazionale Imprese Onoranze Funebri con l’assistenza di Confcommercio Imprese per l’Italia, e le organizzazioni sindacali dei trasporti Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti hanno sottoscritto l’Ipotesi di Accordo di rinnovo per il CCNL per il personale dipendente da imprese esercenti l’attività funebre. Il contratto disciplina i rapporti di lavoro tra le imprese esercenti l’attività funebre e ricomprende gli addetti alle pratiche amministrative, la vendita di articoli funebri e il trasporto funebre in occasione del decesso.

 

Il CCNL, scaduto in data 31 dicembre 2024, avrà una durata quadriennale dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2028.

 

Parte economica

 

Nell’ambito della durata quadriennale del rinnovo è stato disposto un aumento a regime pari a 200 euro al IV livello di riferimento (da riparametrare per i successivi livelli) con le seguenti tranche: 30 euro a decorrere dal 1° agosto 2025, 50 euro dal 1° agosto 2026, 50 euro dal 1° settembre 2027, 70 euro dal 1° ottobre 2028. Non è stata prevista indennità di vacanza contrattuale o una tantum.

 

Bilateralità, welfare e previdenza complementare

 

Analogamente a quanto fatto in altri CCNL del sistema Confcommercio sono stati rafforzati gli elementi di welfare e bilateralità prevedendo all’art. 66 del CCNL rinnovato un aumento, a decorrere dal 1° luglio 2025, pari a 3 euro a carico del datore di lavoro quale contributo obbligatorio a favore di Fondo Est per l’assistenza sanitaria integrativa dei dipendenti del settore.

 

Con l’obiettivo di monitorare l’apporto dei Quadri,  presenti nel settore soprattutto nelle imprese più strutturate, le Parti hanno previsto delle apposite dichiarazioni di intenti con cui si impegnano a realizzare adeguati investimenti formativi tramite Quadrifor (l’Istituto bilaterale per la crescita e la formazione di Quadri del Terziario) e dall’altro con Quas per quanto riguarda l’assistenza sanitaria integrativa.

 

Mercato del lavoro: causali di assunzione con contratto a tempo determinato e lavoro stagionale

 

Molteplici le novità introdotte riguardo ai contratti a tempo determinato e più in generale alla disciplina del mercato del lavoro.

 

In conformità a quanto previsto dall’art. 19, comma 1 del D.Lgs. n. 8/2015 e s.m.i. sono state stabilite causali di legittima apposizione del termine, da dettagliare specificatamente nell’ambito del contratto individuale di lavoro. In particolare sulla base del nuovo art. 12 bis è stata stabilita la stipulazione di contratti a tempo determinato con una durata superiore a 12 mesi, ma non eccedente i 36 mesi.

 

Quali causali di legittima apposizione del termine del contratto individuale di lavoro sono state stabilite le seguenti condizioni:

 

– riduzione impatto ambientale: lavoratori assunti con specifiche professionalità e impiegati direttamente nei processi organizzativi e\o produttivi che abbiano l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale dei processi medesimi;

– digitalizzazione: lavoratori assunti con specifiche professionalità per lo sviluppo di metodologie e di nuove competenze in ambito digitale;

– nuove aperture: lavoratori assunti per aperture di nuova unità produttiva/operativa e ristrutturazioni nel periodo massimo di 36 mesi a far data dal giorno della nuova apertura di unità produttiva/operativa o nel periodo massimo di 36 mesi nella fase di ristrutturazione di unità produttive/operative. In tal caso, come previsto dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 81/2015, saranno esclusi dai li-miti percentuali solamente i rapporti di lavoro instaurati nei primi 12 mesi dalla nuova apertura;

– incremento temporaneo: lavoratori assunti per progetti o incarichi temporanei conseguenti all’ottenimento di incarichi/commesse/appalti per l’impresa funebre di durata superiore ai 12 mesi o prorogati oltre i 12 mesi continuativi, per una durata massima di 36 mesi;

– fusione/aggregazione/acquisizione di imprese funebri per i primi 36 mesi dall’avvio della nuova attività, aggregazione o fusione;

– necessità derivanti dall’intensificazione dell’attività lavorativa ove non sia possibile sopperire con il normale organico.

 

Un ampia casistica di causali che consente di andare incontro alle esigenze di flessibilità delle imprese funebri.

 

È stata fissata inoltre la durata del periodo di prova dei contratti a tempo determinato recependo così le disposizioni del c.d. “Collegato Lavoro” (L. 13 dicembre 2024, n. 203): il nuovo art. 12 bis prevede che la durata sia pari ad un giorno di effettiva prestazione per ogni quindici giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro ed in ogni caso la durata non potrà essere inferiore a due giorni né superiore a quindici giorni, per i rapporti di lavoro aventi durata non superiore a sei mesi, e a trenta giorni, per quelli aventi durata superiore a sei mesi e inferiore a dodici mesi.

 

Contestualmente, in virtù dell’andamento dei decessi che mostra una marcata stagionalità nei mesi estivi ed invernali, sono state confermate tutte le disposizioni in materia di lavoro stagionale con possibilità di assunzione con contratti a tempo determinato ai sensi dell’art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015, nei periodi 1° novembre – 28 febbraio (29 febbraio negli anni bisestili) e dal 1° giugno al 31 agosto (cfr. Per una storia della Contrattazione Collettiva in Italia/9 – La “stagionalità” nel CCNL Feniof , bollettino ADAPT del 22 febbraio 2021, n. 7).

 

Inquadramento del personale

 

Nell’ambito del V livello di inquadramento del personale è stata inserito un nuovo profilo professionale: “i movimentatori manuali del feretro sigillato per i quali non è prevista una particolare preparazione e formazione specifica” e contestualmente è stato stabilito di costituire un’apposita commissione tecnica di confronto sugli aggiornamenti del sistema classificatorio. L’inserimento della figura del c.d. “spallatore” permetterà alle imprese di fare ricorso a lavoratori per i quali non è prevista appunto un’apposita formazione specifica, il cui compito è destinato alla movimentazione manuale del feretro già sigillato.

 

Indennità di reperibilità, lavoro domenicale e permessi

 

Importante chiarimento normativo è stato posto alla disciplina della reperibilità, molto utilizzata nell’ambito del settore funebre, che aveva dato adito ad incertezze interpretative. Si è stabilito che, ai sensi dell’art. 8 comma 3 del d.lgs. n. 66/2003, per periodo intercorrente tra la chiamata a prestare l’attività lavorativa e l’inizio della stessa si applica la regola generale secondo cui il tempo impiegato per recarsi sul posto di lavoro non si considera come orario di lavoro effettivo.

 

È stata posto  un adeguamento all’indennità del lavoro domenicale da 4,65 euro a 6,15 a far data dalla sottoscrizione del CCNL.

 

Malattia, permessi e tutele della genitorialità

 

L’art. 39 del CCNL sulla malattia, nel confermare la misura dell’indennità di malattia per le assenze dal 1° al 180 giorno, ha previsto che l’integrazione dell’indennità Inps dovrà raggiungere il 70% della retribuzione per i periodi di malattia dal 181 giorno al 270.  Inoltre, a maggior tutela delle categorie di lavoratori con grado di invalidità superiore al 67% è stato previsto il prolungamento del periodo di conservazione del posto fino a 18 mesi nell’arco dei 36 mesi consecutivi.

 

Ulteriore chiarimento normativo ha riguardato la fruizione del congedo matrimoniale specificando che i 15 giorni spettanti siano di calendario e non lavorativi: l’assenza di specifica aveva dato adito a numerose incertezze per le aziende e per i lavoratori che ne facessero richiesta.

 

Sono stati previsti, inoltre, 12 giorni di permessi per i lavoratori studenti finalizzati al conseguimento del diploma di laurea.

 

È stato inoltre completamente adeguato l’art. 44 sulla genitorialità alle nuove disposizioni normative del d.lgs. 26 marzo 2001 n. 151 ed è stato recepita contrattualmente la possibilità per il padre lavoratore dipendente di fruire dei 10 giorni di congedo obbligatorio ai sensi dell’art. 27 bis del suddetto d.lgs..

 

Parità uomo-donna nel lavoro, contrasto alle molestie sessuali, congedi per le vittime di violenza di genere (art. 8, art. 9, art. 46)

 

Le Parti hanno rafforzato l’art. 9 del CCNL prevedendo ulteriori azioni strategiche demandate al Comitato Pari Opportunità: diffusione delle informazioni e aumentare la visibilità di tutte le forme di violenza contro le donne anche attraverso la partecipazione concreta a campagne ed attività; formazione e l’informazione di lavoratori e lavoratrici sui diversi strumenti e meccanismi disponibili per prevenire la violenza e le molestie nel mondo del lavoro e la predisposizione di linee guida per la gestione di casi di violenza di genere.

 

È stato, inoltre, previsto all’art. 46 un periodo di 60 giorni di congedo retribuito per le donne vittime di violenza di genere in aggiunta al congedo già previsto dall’art. 24 c. 1 del d.lgs. 80/2015.

 

L’art. 8, tra i compiti dell’Osservatorio Nazionale, ha previsto il monitoraggio dei risultati istituzionali afferenti il corretto recepimento della Convezione ILO n. 190/2019 relativa alle diverse forme di violenza sul lavoro nonché il consolidamento della cultura del rispetto e della valorizzazione delle differenze di genere territoriali ed etniche.

 

Infine, in applicazione dell’art. 9 della L. n.4/2021 è stato previsto che nell’ambito dell’elaborazione del Documento di valutazione dei rischi le imprese saranno tenute ad adottare misure di prevenzione e di controllo volte ad includere le violenze e le molestie, come pure i rischi psicosociali correlati, nella gestione della salute e della sicurezza sul lavoro.

 

Salute, sicurezza sui luoghi di lavoro e attività usuranti

 

In applicazione degli art. 167 e 168 del d.lgs. 81/2008, con particolare riferimento alla sulla movimentazione Manuale dei Carichi (MMC), è stata disposta l’adozione di misure organizzative necessarie e il ricorso a mezzi e attrezzature idonee ad evitare a lavoratori, impiegati in attività ad alta frequenza e ripetitive, rischi inerenti alla MMC e patologie da sovraccarico biomeccanico, considerando, in modo integrato anche l’allegato XXXIII del d.lgs.81/08, predisponendo adeguati percorsi continuativi d’informazione, formazione e addestramento.

 

Nell’ambito dell’Avviso Comune (Allegato 3 al CCNL) in materia di attività particolarmente usuranti di cui all’ art. 2 del decreto interministeriale del 19 maggio 1999 le Parti hanno condiviso di far rientrare tra le predette attività anche quelle relative agli impiegati addetti all’organizzazione diurna e notturna dei servizi funebri.

 

Valutazione d’insieme

 

La sottoscrizione del CCNL del 20 maggio 2025 avviene a circa 4 anni dall’ultimo rinnovo del settore avvenuto nel 2021: all’epoca le imprese di pompe funebri avevano subito moltissimo l’impatto della pandemia dal momento in cui tramite DPCM erano state vietate le celebrazioni e l’attività era relegata al solo trasporto funebre. Con spirito di responsabilità le Parti hanno rinnovato puntualmente e celermente il CCNL, senza necessità di dover gestire periodi “scoperti”, permettendo così una piena ripresa del potere di acquisto, anche con l’apporto del welfare, adeguando la normativa contrattuale alle più recenti novità in tema di mercato del lavoro, e prendendo doverosi posizionamenti su tematiche sociali

 

Andrea Zoppo

Settore Lavoro, Contrattazione e Relazioni Sindacali-Confcommercio Imprese per l’Italia

@AndreaZoppo

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/271 – Il CIA di AgeControl s.p.a.: solidarietà, conciliazione vita-lavoro e PDR

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/271 – Il CIA di AgeControl s.p.a.: solidarietà, conciliazione vita-lavoro e PDR

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 26 maggio 2025, n. 20

 

Oggetto e tipologia di accordo

 

Il 24 Febbraio 2025 è stato firmato il contratto integrativo aziendale (di seguito CIA), firmato tra l’agenzia pubblica per i controlli in agricoltura, Agecontrol S.p.A., e FAI-CISL, FLAI CGIL e UILA UIL. Le premesse dell’accordo chiariscono la volontà delle parti di promuovere delle negoziazioni nell’ambito di un rinnovato contesto legislativo che ha interessato l’Agenzia, rendendo quindi necessaria l’adozione di nuove linee strategiche. Il risultato delle negoziazioni ha quindi portato alla stipula di un nuovo contratto aziendale, allineato al  CCNL dell’Industria Alimentare, che nello specifico ha introdotto un premio di risultato, l’istituto della banca del tempo solidale, nuove misure di conciliazione vita-lavoro e salute e sicurezza. Oggetto centrale dell’accordo sono le relazioni sindacali, che assumono forme particolarmente strutturate tramite l’introduzione di un coordinamento nazionale.

 

Parti firmatarie e contesto

 

Agecontrol s.p.a è un organismo di controllo che, per conto dell’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA), prima 2023 svolgeva principalmente verifiche di conformità in agricoltura rispetto alle norme di commercializzazione applicabili nel settore degli ortofrutticoli freschi. Secondo quanto ricostruito all’interno delle premesse del CIA, in un processo di riorganizzazione tramite articolo 30 del D.L. n.75/23, sono state attribuite alla società nuove attività in materia di controlli e di contrasto alle frodi agroalimentari. Data il progressivo incremento dei compiti in capo all’azienda, le parti sociali hanno quindi avviato una fase di rinnovo del CIA. A questo proposito, le parti sindacali, tramite comunicato congiunto delle segreterie nazionali, hanno espresso grande soddisfazione per la sottoscrizione del rinnovo del contratto, sottolineando le importanti novità introdotte sia sotto il profilo normativo sia per le disposizioni in materia di conciliazione vita-lavoro.

 

Temi trattati / punti qualificanti / elementi originali o di novità

 

L’accordo introduce numerosi nuovi temi al suo interno. Innanzitutto, come già anticipato, all’art. 1 le parti riconoscono il ruolo strategico e centrale delle relazioni sindacali,  impegnandosi a consolidarlo attraverso numerose attività quali lo scambio preventivo di informazioni, lo svolgimento di confronti negoziali e la definizione di intese per condividere obiettivi comuni. Per attuare tali scopi, le parti individuano il “Coordinamento Nazionale” come centrale istituto di dialogo fra le parti sociali  e titolare della contrattazione aziendale, istituto composto da sei membri individuati dalle segreterie nazionali FAI-FLAI-UILA tra i componenti delle RSU, e dalle Segreterie Nazionali delle organizzazione sindacali. Si prevede che il Coordinamento si debba riunire due volte l’anno con la parte datoriale al fine di affrontare le tematiche relative al CCNL Industria Alimentare.

 

All’art. 3 del CIA le parti introducono inoltre l’istituto della banca del tempo solidale, previsto dal D.lgs. n. 151/2015 e considerato dalle parti uno strumento importante ai fini della promozione di valori di solidarietà tra colleghi, ai quali viene affidato un ruolo più attivo e partecipativo all’interno dell’azienda.

 

Viene invece dedicato un intero articolo (art. 5 CIA) al tema della formazione, soprattutto in funzione della riqualificazione professionale e al fine di allineare le disposizioni a quelle del CCNL di riferimento. Le parti chiariscono infatti la necessità di creare nuovi piani formativi improntati a realizzare una formazione trasversale, di base e continua. L’obiettivo dichiarato è l’aggiornamento delle competenze della forza lavoro per mantenere il passo con l’evoluzione tecnologica. In quest’ottica,  si prevede l’inserimento anche di piani di alta formazione specialistica. Si dispone inoltre che la RSU individui un componente delegato all’alta formazione, e l’introduzione di nuovi sistemi di inquadramento infra-livelli, nonché la definizione di criteri per le corrispondenti progressioni di carriera.

 

Incidenza sul trattamento retributivo e sulle misure di welfare

 

Il CIA prevede misure di welfare dall’art 11 all’art 14. Vengono riconosciuti in particolare buoni pasto elettronici dell’importo di 8 euro giornalieri, spettanti al lavoratore sia in presenza che in modalità di lavoro agile, e i rimborsi sui pasti per i lavoratori che eseguono attività lavorative esterne. Le disposizioni riguardano anche il rimborso chilometrico (art. 12) e i rimborsi per le “missioni”, ossia “attività di servizio svolta dal personale ispettivo fuori dalla sede di lavoro nello svolgimento dei controlli istituzionalmente affidati all’ Agecontrol ovvero per le altre attività ispettive svolte fuori dalla sede di appartenenza”.

 

All’art.14 le parti convengono di stipulare un nuovo accordo per il miglioramento delle prestazioni del fondo sanitario integrativo di categoria, ossia il Fondo FASA, per i dipendenti e i loro familiari iscritti. Viene definito all’interno del CIA solamente l’ammontare delle risorse da destinare al fondo, ossia pari a quello dell’anno 2024.

 

Di grande rilevanza è invece l’istituzione di un premio di risultato, incentivo economico che viene erogato ai dipendenti di Agecontrol S.p.A. in base al raggiungimento di obiettivi aziendali. Il premio è suddiviso in una quota fissa annua di 309,84 euro lordi e una quota variabile che dipende dal raggiungimento di specifici obiettivi aziendali, con un valore di riferimento per l’attribuzione del premio individuale pari a 1.700,00 euro lordi.

 

Gli indici contrattati dalle parti per la definizione del premio di risultato sono tre:

– Produttività aziendale: Misurata in base alle ore di presenza medie annue pro capite (PMA), con un peso del 40% sul valore del premio;

– Redditività aziendale: Misurata in base al valore del margine operativo lordo (MOL) e con un peso del 30%.

– Efficienza produttiva aziendale: Definita come EP aziendale e misurata in base al rapporto tra il numero di controlli svolti e il numero di ore impiegate. Peso del 30%.

 

La liquidazione del premio avviene entro il 31 maggio dell’anno successivo all’esercizio di riferimento, previa misurazione degli indicatori e approvazione del bilancio di esercizio. Il premio viene riconosciuto a tutti i dipendenti, anche al personale a tempo determinato in forza nell’anno 2025 e con durata inferiore all’intero anno  così come ai dipendenti a tempo parziale, in maniera riproporzionata in base alla durata della prestazione lavorativa o del rapporto di lavoro.

 

Valutazione di aspetti di innovazione rispetto al nazionale

 

Il CIA introduce nuove disposizioni in materia di salute e sicurezza, con una particolare attenzione alla partecipazione e formazione dei dipendenti sul tema, e alla figura del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS). Nello specifico all’RLS vengono riconosciuti maggiori permessi (8 ore retribuite in più rispetto alle 40 previste per l’espletamento delle proprie funzioni), oltre a 10 ore di formazione ulteriori rispetto alle 32 ore previste dal CCNL di riferimento. Si promuovono inoltre incontri cadenzati fra le figure dell’RLS, RSPP e medico competente.

 

Le parti pongono l’accento sulla formazione anche all’art.4, riguardante la promozione delle pari opportunità nell’ambito delle assunzioni, dell’evoluzione della carriera, dell’accesso alla formazione e dell’uguaglianza della retribuzione a parità di prestazione. A tal proposito la disposizione in esame  prevede l’istituzione di giornate di formazione sul tema, insieme a un programma di mentoring aziendale. Lo stesso metodo viene utilizzato dalle parti per affrontare il tema della violenza di genere all’art. 8, istituendo in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, momenti di confronto sulla tematica. Si riconoscono inoltre 3 mesi di permessi retribuiti ulteriori per dipendenti vittime di violenza.

 

Tra gli aspetti di maggiore innovazione rispetto al CCNL di riferimento vi è l’art. 9 del CIA, in cui le parti promuovono una serie di disposizioni riguardanti la conciliazione tra vita privata e vita lavorativa. In particolare, vengono introdotti una serie di permessi retribuiti e congedi che migliorano quando già previsto dal contratto nazionale per la nascita/adozione/affidamento e cura del figlio. Questi strumenti vengono estesi anche per la cura dei genitori anziani, per cui viene prevista anche la possibilità di utilizzo dello smart-working, nelle modalità previste dall’art.10 del CIA. Si riconoscono inoltre maggiori tutele per i dipendenti colpiti da patologie gravi a livello di retribuzione e di conservazione del posto di lavoro. Da sottolineare anche l’equiparazione delle disposizioni e trattamenti tra coniugati e unioni civili dello stesso sesso.

 

Le parti introducono, infine, nel sopracitato art.10 il lavoro agile come modalità di lavoro strutturale all’interno dell’azienda riconoscendolo come strumento di incremento della produttività e conciliazione vita-lavoro. Proprio al fine di garantire un’applicazione efficace e trasparente delle nuove modalità di lavoro, viene istituita una commissione di verifica e confronto con la RSU. Tale commissione avrà il compito di monitorare e valutare, nei primi sei mesi di attività, l’introduzione e l’applicazione delle modalità di telelavoro, identificando eventuali criticità e proponendo soluzioni migliorative.

 

Valutazione d’insieme

 

Il contratto integrativo della società Agecontrol S.p.A., come precedentemente illustrato, nasce dall’esigenza di rinegoziare le condizioni contrattuali a seguito della riorganizzazione della società operata dall’agenzia pubblica AGEA. Questa ristrutturazione ha assegnato ad Agecontrol nuove funzioni di controllo nel settore agroalimentare, rendendo necessario un adeguamento contrattuale al CCNL dell’Industria Alimentare per garantire coerenza con le nuove mansioni assegnate.

 

Il CIA introduce diverse disposizioni, sia dal punto di vista del welfare e della retribuzione, sia con l’inserimento di nuove tutele, agendo inoltre sull’ambiente lavorativo tramite una grande attenzione sui temi della sicurezza e della violenza di genere, promuovendo insieme a ciò una cultura delle pari opportunità.

 

Il contratto si pone dunque come innovativo su numerosi aspetti, soprattutto per la sua attenzione alla formazione continua e all’adeguamento verso l’avanzamento tecnologico.

 

Emanuele Ligas

ADAPT Junior Fellow Fabbrica dei Talenti

@LigasEmanuele

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/270 – L’accordo di rinnovo del CCNL Energia e Petrolio: tra aumenti economici e novità normative

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/270 – L’accordo di rinnovo del CCNL Energia e Petrolio: tra aumenti economici e novità normative

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 19 maggio 2025, n. 19

 

Contesto del rinnovo

 

Il 16 aprile 2025 è stato sottoscritto il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i lavoratori dell’Industria dell’Energia e del Petrolio, scaduto il 31 dicembre 2024. L’intesa è stata raggiunta tra Confindustria Energia, in rappresentanza della parte datoriale, e le organizzazioni sindacali FILCTEM-CGIL, FEMCA-CISL e UILTEC-UIL, e sarà in vigore dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2027.

 

Il contratto coinvolge circa 40.000 lavoratori e 34 imprese operanti in un ampio spettro di attività strategiche per il sistema energetico nazionale: dall’esplorazione e produzione di idrocarburi alla raffinazione, dalla distribuzione e vendita di prodotti petroliferi al trasporto e rigassificazione del gas, fino alla cogenerazione, produzione di energia elettrica e attività di ricerca su fonti fossili e rinnovabili, nonché alla logistica integrata.

 

Il rinnovo si inserisce in un quadro contrattuale dinamico, distinguendosi per la rapidità con cui è stato raggiunto: a meno di due mesi dall’avvio ufficiale delle trattative, avvenuto il 26 febbraio 2025. Le Parti hanno affrontato il negoziato con senso di responsabilità e attenzione congiunta alla dimensione sociale e industriale, con la consapevolezza che il CCNL debba essere uno strumento stabile e aggiornato capace di rispondere alle esigenze dei lavoratori e delle imprese in un contesto economico caratterizzato da forti elementi di incertezza e trasformazione.

 

Parte economica

 

L’ipotesi di rinnovo per il triennio 2025–2027 introduce un incremento del TEM pari a 311 euro, articolato in più tranche.

 

In particolare, 134 euro sono destinati al recupero dello scostamento inflattivo registrato nel biennio 2022–2023 (in aggiunta a quanto già previsto dall’accordo del 31 luglio 2024), e verranno corrisposti entro il primo trimestre del 2025 con le seguenti modalità: 100 euro di aumento sui minimi, erogati a partire da gennaio 2025, e 34 euro a titolo di EDR IPCA (Elemento Distinto della Retribuzione) da marzo 2025.

 

Gli adeguamenti retributivi relativi al nuovo periodo di vigenza contrattuale, subordinatamente all’approvazione dell’ipotesi di accordo da parte delle assemblee dei lavoratori, seguiranno le seguenti decorrenze: 30 euro sui minimi da dicembre 2025; 20 euro sui minimi e 7 euro sull’EDR da gennaio 2026; 55 euro sui minimi da luglio 2026; 65 euro sui minimi da luglio 2027.

 

Infine, il rinnovo contrattuale prevede altresì un rafforzamento del sistema di assistenza sanitaria integrativa attraverso un incremento di 5 euro mensili del contributo al Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa FASIE, con l’obiettivo di potenziare le tutele sanitarie a favore dei lavoratori del settore.

 

Parte normativa

 

Il rinnovo contrattuale per il triennio 2025–2027 introduce un pacchetto articolato di novità normative che rispondono alle trasformazioni del contesto produttivo, sociale e tecnologico, con l’obiettivo di rafforzare la tutela del lavoro, promuovere l’equità, valorizzare le competenze e migliorare le condizioni complessive del personale del settore.

 

Innanzitutto, viene modificata la disciplina relativa al contratto di lavoro a tempo determinato, stabilendo che la sua durata sia di 12 mesi, in conformità alla normativa vigente. Le parti, tuttavia, concordano sull’istituzione di una commissione bilaterale incaricata di definire, entro dicembre 2025, le condizioni previste dall’art. 19, comma 1, lettera a) del d.lgs. 81/2015. Fino a suddetta data, le parti condividono la possibilità di apporre un termine sino a 24 mesi ai contratti a tempo determinato per “aumentate esigenze temporanee connesse allo svolgimento di attività specifiche e determinate, anche connesse alla realizzazione di commesse/progetti/impianti”.

 

Un’altra delle innovazioni di maggiore rilievo è l’esclusione dal computo del periodo di comporto per i lavoratori affetti da patologie oncologiche e degenerative. La misura, coerente con un approccio di maggiore attenzione al benessere e alla dignità delle persone, mira a garantire la continuità occupazionale per i lavoratori che affrontano situazioni sanitarie particolarmente complesse, garantendo così al lavoratore la conversazione del posto di lavoro oltre i limiti temporali previsti dal CCNL.

 

Il contratto interviene inoltre sulla disciplina delle ferie, anticipando il periodo di maturazione per l’accesso al successivo scaglione di ulteriori cinque giorni di ferie per gli addetti del settore. Il requisito di anzianità, precedentemente fissato a sette anni, viene ridotto a cinque anni a partire dalla vigenza del nuovo accordo, e sarà ulteriormente anticipato a tre anni a decorrere dal 1° gennaio 2028.                                                                                         In parallelo, viene regolamentato in modo più strutturato l’istituto della cessione a titolo gratuito delle ferie eccedenti le quattro settimane, promuovendo la solidarietà interna nei luoghi di lavoro e rafforzando le misure di sostegno ai lavoratori in condizioni di fragilità sociale o familiare. Infatti, il nuovo contratto stabilisce che i lavoratori possano cedere volontariamente le proprie ferie residue ad altri colleghi che si trovino in particolari situazioni di bisogno, quali: genitori di figli minori che necessitano di cure costanti, genitori di figli maggiorenni affetti da gravi patologie, donne vittime di violenza. Il CCNL specifica la procedura da seguire per l’attivazione di tale istituto, con la possibilità di definire ulteriori modalità regolative in sede aziendale.

 

Il rinnovo dedica una parte centrale alla formazione, riconosciuta come leva strategica per la competitività del settore e per l’occupabilità dei lavoratori. A tal fine, viene istituito il libretto formativo del lavoratore, uno strumento che certifica le competenze acquisite sia tramite percorsi formativi sia attraverso esperienze professionali maturate nel tempo. Questo strumento dovrà diventare uno strumento di certificazione della formazione eseguita dal singolo lavoratore e quindi esigibile ed utilizzabile anche per la valorizzazione dei processi di accrescimento professionale ed operativo utili alla determinazione delle schede di valutazione ai fini del CREA. Viene inoltre promossa la diffusione della formazione su temi di diversity, equity e inclusion, nonché la formazione congiunta di HSE manager, RSPP, ASPP, RLSA sui temi di salute e sicurezza, dunque favorendo il confronto e la condivisione di esperienze fra tutti i soggetti coinvolti sul tema.

 

Il nuovo contratto, inoltre, aumenta il monte ore annuo di permessi a disposizione dell’RLSA per svolgere le funzioni del ruolo, alzandolo da 72 a 80 ore e introduce l’RLSA di sito, definito anche RLSP, con l’obiettivo di rafforzare il presidio della salute e sicurezza nei contesti produttivi complessi. A tale figura viene riconosciuto un ampliamento delle ore annue a disposizione, che passano da 16 a 24, e un ruolo rafforzato nella partecipazione ai processi aziendali legati alla prevenzione, alla formazione e alla gestione del rischio. Come specificato dal rinnovo stesso, infatti il RLSP potrà intervenire nelle riunioni di coordinamento, confrontarsi con la funzione HSE del sito per l’approfondimento di tematiche specifiche, accedere ai luoghi di lavoro e ai documenti relativi alla valutazione dei rischi del sito, nonché collaborare con le altre figure della rappresentanza alla sicurezza e ricevere informazioni su eventuali ispezioni o verifiche da parte degli organi di vigilanza.

 

Parallelamente, viene introdotta la figura del Rappresentante per la Diversity, Equity & Inclusion, con il compito di promuovere politiche aziendali improntate all’inclusione, al rispetto delle pari opportunità e al superamento di eventuali discriminazioni, con un’attenzione specifica al monitoraggio e al contrasto del divario salariale di genere. Questa nuova figura si inserisce nel più ampio impegno contrattuale verso la costruzione di ambienti di lavoro equi, diversificati e inclusivi.

 

Nella direzione di garantire la giusta attenzione per i lavoratori, sono state migliorate le previsioni contrattuali in materia di orario di lavoro. Le parti, infatti, hanno concordato una riduzione dell’orario di lavoro per i turnisti, prevedendo una riduzione del numero annuo di giornate lavorative, che passa da 231,5 a 231 giornate annue. Inoltre, è stato prevista la trasformazione di due mezze giornate in due giornate intere di permesso per il 24 e 31 dicembre.

 

Ancora, il diritto allo studio viene ulteriormente potenziato ed esteso, riconoscendo a un numero maggiore di lavoratori la possibilità di richiedere permessi retribuiti. Viene inoltre promossa la genitorialità, incentivando la stipula di accordi aziendali che prevedano condizioni più favorevoli rispetto a quanto stabilito dalla normativa vigente. In materia di disabilità, si favorisce l’adozione di accomodamenti ragionevoli per garantire alle persone con disabilità una piena parità di trattamento rispetto agli altri lavoratori.

 

Infine, viene istituita una commissione paritetica con il compito di valutare la coerenza e l’adeguatezza dell’attuale sistema classificatorio. L’obiettivo è definire un nuovo modello capace di riconoscere e valorizzare le competenze emergenti, le nuove professionalità e le trasformazioni organizzative in atto nel settore, rendendo il sistema di inquadramento più flessibile e orientato al futuro.

 

Parte obbligatoria

 

Nel rinnovo del CCNL Energia e Petrolio 2025–2027, la premessa è stata ampiamente rivista, assumendo un tono strategico e programmatico che riflette la complessità del contesto attuale. Le parti hanno sottolineato come il contratto venga rinnovato in una fase storica segnata da profonde trasformazioni: la crisi energetica internazionale ha messo in luce la fragilità del sistema europeo e nazionale, mentre la transizione verso un’economia decarbonizzata e la rivoluzione digitale stanno ridefinendo profondamente l’organizzazione del lavoro. In questo scenario, al centro del cambiamento viene posta la persona, riconosciuta non più come semplice esecutore ma come attore consapevole e partecipe delle trasformazioni.

 

Il contratto ha quindi rafforzato il ruolo della partecipazione dei lavoratori, riaffermandone l’importanza tanto sul piano organizzativo quanto su quello strategico. In coerenza con i principi del Patto per la Fabbrica del 2018, che ha ridefinito il modello contrattuale italiano valorizzando il secondo livello di contrattazione e il ruolo attivo delle parti sociali, il CCNL riconosce la necessità di consolidare strumenti e sedi di confronto che permettano ai lavoratori e alle loro rappresentanze di contribuire in modo consapevole alle scelte aziendali fondamentali. In un contesto segnato da profonde trasformazioni legate all’innovazione tecnologica, alla digitalizzazione e alla transizione ambientale, le parti hanno rilanciato con decisione il tema della bilateralità e del dialogo strutturato tra rappresentanze datoriali e sindacali, con l’obiettivo di costruire un sistema partecipativo.

 

Interessante, infine, come le parti, riconoscendo la complessità della questione e le recenti trasformazioni organizzative, abbiano deciso di istituire una commissione bilaterale con il compito di esaminare le specificità dei lavoratori con contratto estero, concentrandosi sulla tutela dei diritti sindacali, sulle forme di rappresentanza, nonché sulle modalità di comunicazione e accesso alle informazioni sindacali. L’obiettivo è identificare soluzioni condivise che garantiscano un’adeguata protezione e valorizzazione del loro ruolo nel contesto internazionale.

 

Valutazione d’insieme

 

Nel suo impianto normativo complessivo, il rinnovo del CCNL Energia e Petrolio adotta un approccio pragmatico e inclusivo, orientato a rafforzare il legame tra persone e imprese. Le Parti firmatarie hanno definito una serie di strumenti finalizzati a rendere l’organizzazione del lavoro sempre più attenta alle esigenze sociali, con particolare riguardo ai lavoratori fragili, ai giovani e al benessere complessivo dei dipendenti. In questa direzione si collocano misure significative, come l’esclusione del periodo di comporto per i lavoratori affetti da patologie oncologiche, il potenziamento delle tutele in materia di orario di lavoro e l’anticipo, dal settimo al quinto anno di anzianità, dell’accesso al nuovo scaglione di ulteriori cinque giorni di ferie. A completare il quadro, l’incremento delle risorse destinate al Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa FASIE, che testimonia l’impegno a rafforzare il welfare contrattuale, nella prospettiva di una maggiore sostenibilità sociale e coesione all’interno del settore.

 

Alice Cireddu

Apprendista di ricerca presso Edison S.p.A.

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/269 – Il rinnovo del CCNL edilizia – industria e cooperative

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/269 – Il rinnovo del CCNL edilizia – industria e cooperative

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 19 maggio 2025, n. 19

 

Contesto del rinnovo

 

È stato siglato lo scorso 21 febbraio, tra le associazioni datoriali Ance, Legacoop Produzione e Servizi, Confcooperative Lavoro e Servizi, Agci Produzione e Lavoro e le organizzazioni sindacali Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil, l’accordo di rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro per i lavoratori delle imprese edili e affini e delle cooperative, il cui codice CNEL è F012.

 

L’accordo trova applicazione dal 1° febbraio 2025 fino al 30 giugno 2028.

 

Molti gli aspetti innovativi di un rinnovo contrattuale che conferma il buono stato di salute delle relazioni industriali di settore, attraverso il quale le parti sociali mirano a favorire la semplificazione e la regolarità, impegnandosi a promuovere congiuntamente, presso le competenti sedi istruzionali, ogni intervento normativo finalizzato a supportare le misure introdotte con il rinnovo stesso.

 

Nell’accordo sulle istanze del settore, infatti, le parti hanno ribadito l’importanza di riconoscere ulteriori garanzie ai lavoratori, puntando al miglioramento dei percorsi di formazione professionale e dei livelli di sicurezza in cantiere e valorizzando le imprese virtuose e regolari del settore.

 

Proprio nell’ottica di promuovere la regolarità del sistema, le parti sociali hanno concordato sulla necessità di intervenire congiuntamente per richiedere, con riferimento alla valutazione dell’equivalenza dei contratti collettivi, il riconoscimento del vincolo derivante da tutte le tutele offerte dai contratti collettivi nazionali di lavoro comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale, comprese quelle che riconoscono un ruolo al sistema bilaterale nell’ambito della normativa antimafia, della legalità e della regolarità di impresa, dell’erogazione di prestazioni economiche, normative e di welfare contrattuale, nonché in materia di formazione e sicurezza e quelle proprie della previdenza e della sanità integrative.

 

Parte economica

 

L’intesa sulla parte economica era stata già raggiunta lo scorso 28 gennaio e prevede, per i lavoratori inquadrati al 1° livello (parametro 100), un incremento complessivo del minimo di paga base e di stipendio pari a 180 euro, di cui 80 euro a decorrere dal 1° febbraio 2025, altri 50 euro dal 1° marzo 2026 e altri 50 euro dal 1° marzo 2027.

 

Parte normativa

 

Per quanto riguarda la parte normativa del contratto, l’innovazione più importante concerne la disciplina della trasferta nazionale, che è stata regolamentata attraverso un apposito accordo basato sul principio del c.d. “cantiere in trasferta”. La nuova disciplina troverà applicazione sull’intero territorio nazionale e sostituirà, a decorrere dal 1° ottobre 2025, tutti gli accordi territoriali in materia di trasferta regionale, fatto salvo quanto previsto dal decreto-legge n. 189/2016 per i lavori di ricostruzione delle aree territoriali colpite dagli eventi sismici del 2016.

 

L’applicazione del principio del “cantiere in trasferta” comporterà una sostanziale semplificazione delle procedure, poiché le parti hanno definito una specifica disciplina delle contribuzioni tra la Cassa Edile di appartenenza, ossia la Cassa presso cui è iscritto il lavoratore, e la Cassa Edile del luogo di svolgimento dei lavori, volta a realizzare uno snellimento del sistema di compensazione tra le stesse. La Cassa Edile di appartenenza resta, infatti, l’unica referente per l’impresa che, per tutta la durata della trasferta, continuerà a compiere gli adempimenti previsti dalla contrattazione nazionale e territoriale presso la Cassa Edile medesima, a cui competeranno gli adempimenti nei confronti della Cassa Edile del luogo dei lavori.

 

Inoltre, nell’ottica di digitalizzarne il funzionamento, il nuovo sistema sarà gestito tramite l’implementazione di un apposito applicativo informatico, che sarà predisposto dalla Commissione nazionale paritetica per le Casse edili (CNCE), attraverso il quale, con un unico adempimento, l’impresa comunicherà preventivamente, sia alla Cassa di appartenenza che alla Cassa del luogo dei lavori, l’apertura del cantiere/avvio dei lavori.

 

Alla nuova disciplina della trasferta si lega l’accordo sottoscritto per l’introduzione, a partire dal 1° ottobre 2025, del sistema di denuncia unica edile. L’accordo prevede la costituzione di un’apposita commissione paritetica che, con il supporto della CNCE, avrà il compito di dare attuazione a quanto previsto dall’Allegato VII del CCNL del 2018, definendo un modello di denuncia unica finalizzato a ridurre gli effetti negativi derivanti dai fenomeni di evasione ed elusione contributiva e dumping contrattuale.

 

Quanto all’orario di lavoro, le parti hanno modificato la disciplina del lavoro straordinario prevedendo che 100 ore, delle 250 ore annuali previste per il ricorso al lavoro straordinario, saranno ammesse a prescindere dal consenso del lavoratore, come richiesto dal vigente CCNL.

 

Ulteriore disposizione di interesse è la norma che ribadisce il principio della non sovrapponibilità nell’anno dei cicli negoziali in forza della quale i contratti integrativi territoriali da rinnovare negli anni 2024 e 2025 avranno efficacia non anteriore al 1° febbraio 2026.

 

Parte obbligatoria

 

Al fine di dare attuazione alle code contrattuali del precedente rinnovo, le parti sociali hanno approvato il Catalogo Formativo Nazionale (CFN), definito con il supporto del Formedil-Ente unico nazionale formazione e sicurezza, e il relativo accordo illustrativo.

 

La formazione dei lavoratori rappresenta da sempre una priorità per le parti, che hanno concordato di suddividere il CFN in tre specifiche sezioni dedicate, rispettivamente, ai corsi professionalizzanti, ai corsi obbligatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro e ai corsi di formazione rivolti agli impiegati. In particolare, nella sezione “corsi professionalizzanti”, sono stati individuati i corsi di formazione per gli operai, che dovranno essere effettuati presso gli Enti bilaterali di settore, per i quali soltanto trova applicazione la normativa contrattuale sulla progressione nei livelli di inquadramento, sussistendo specifici requisiti di anzianità del lavoratore nel settore e nell’impresa. Inoltre, nel CFN le parti hanno individuato i corsi che dovranno essere erogati gratuitamente alle imprese che applicano i CCNL di settore, ovvero quelle che versano il contributo formazione e sicurezza, nonché quello al Fondo territoriale per la qualificazione.

 

In materia di salute e sicurezza sul lavoro, con l’obiettivo di rafforzare il sistema di prevenzione delle malattie professionali e degli infortuni, le parti sociali hanno concordato l’avvio di un progetto sperimentale di sorveglianza sanitaria a cui le imprese regolari, iscritte in Cassa edile, potranno aderire su base volontaria.  Le parti hanno, infatti, previsto la possibilità per il datore di lavoro di avvalersi di un medico competente convenzionato con il Formedil o, alternativamente, del proprio medico competente, prevedendo appositi rimborsi per i costi sostenuti dall’impresa per l’effettuazione delle visite.

 

Il progetto sarà attuato con il supporto degli Enti nazionali Formedil, CNCE e Sanedil (Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa). Quest’ultimo, in particolare, stipulerà apposite convenzioni per l’effettuazione di esami sanitari quali, ad esempio, analisi ematochimiche, audiometrie e spirometrie.

 

Le parti hanno, inoltre, previsto la costituzione di un Osservatorio per il monitoraggio dei dati, gestito congiuntamente da Formedil e Sanedil. Il Formedil, in particolare, raccoglierà periodicamente i dati anonimi e aggregati della sorveglianza sanitaria, inviati dal medico competente all’Ente Unico Formazione e Sicurezza territoriale, affinché il Sanedil possa definire pacchetti di assistenza mirati alla prevenzione e alla riduzione delle malattie professionali.

 

Di non minore importanza l’accordo raggiunto dalle parti sociali per l’individuazione dei criteri volti ad istituire un sistema di premialità a favore di enti bilaterali, imprese e lavoratori, da applicarsi in via sperimentale per la durata dell’accordo di rinnovo del CCNL.

 

Le parti hanno inteso valorizzare innanzitutto l’operato degli enti bilaterali territoriali che si distinguono per l’impegno e l’efficienza nei compiti a loro assegnati dalle parti sociali, in linea con quanto dettato dagli Enti nazionali.

 

Di particolare rilevo l’attribuzione alle Casse Edili del compito di rilasciare alle imprese attestazioni riguardanti i versamenti effettuati, nell’anno Cassa edile precedente, in termini di welfare contrattuale, assistenza sanitaria complementare e previdenza integrativa, ai fini della misurazione della conformità di un’impresa ai criteri ambientali, sociali e di governance (rating di sostenibilità – ESG).

 

Per quanto riguarda, invece, le premialità destinate alle imprese, sono stati definiti parametri volti a valorizzare attività quali, a titolo esemplificativo, l’asseverazione e/o mantenimento del Modello di organizzazione e gestione della salute e sicurezza conforme; la richiesta di un numero minimo annuale pari a 2 visite tecniche da parte dell’Ente unificato territoriale in cantieri dell’impresa, effettuate nell’ arco temporale di 12 mesi; l’anzianità di sistema, data dalla sommatoria di tutte le Casse Edili/Edilcasse alle quali l’impresa risulti iscritta da almeno 5 anni.

 

È stata, invece, demandata alle parti sociali territoriali la definizione delle premialità per i lavoratori.

 

È stata, infine, prevista la costituzione di un’apposita commissione paritetica per la revisione dell’art. 77 del CCNL, che disciplina il sistema di classificazione dei lavoratori.

 

Valutazione di insieme

 

Le parti sociali hanno espresso soddisfazione per la sigla di un rinnovo contrattuale che mira a tutelare gli aspetti legati alla regolarità, alla formazione e alla sicurezza, al fine di salvaguardare imprese e lavoratori di un settore fondamentale per la crescita economica del Paese.

 

Si conferma con questo accordo il valore importante delle relazioni industriali del settore.  Ancora una volta le parti sociali scelgono la strada della regolarità e legalità attraverso lo strumento delle casse edili” – hanno dichiarato congiuntamente le sigle datoriali e sindacali.

 

Silvia Rigano

Dottoressa di ricerca in apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

 

Partecipazione dei lavoratori: cronaca di una legge di attuazione della Costituzione (art. 46)

Partecipazione dei lavoratori: cronaca di una legge di attuazione della Costituzione (art. 46)

Bollettino ADAPT 19 maggio 2025, n. 19

 

Mercoledì 14 maggio 2025 il Senato della Repubblica ha approvato in via definitiva il disegno di legge sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese (qui il fascicolo iter del provvedimento). Si tratta di una delle pochissime leggi di iniziativa popolare ad aver ricevuto l’approvazione da parte del parlamento: sono solo 5 nelle ultime 7 legislature.

 

Rinviando ad altra sede la valutazione tecnica del testo di legge varato dal Parlamento (qui un primo commento articolo per articolo a cura dei ricercatori di ADAPT) pare di un certo interesse fornire un resoconto del dibattito parlamentare. Fatte le debite proporzioni, tornano infatti temi, problemi e conflitti che erano già emersi nel dibattito alla Assemblea costituente quasi ottanta anni fa in merito alla formulazione dell’articolo 46 della Costituzione (ne abbiamo dato conto in S. Zuccoli, Verso l’attuazione dell’articolo 46 Cost. Appunti di un dibattito in seno alla Assemblea costituente che torna attuale, in Bollettino ADAPT 5 maggio 2025, 17).

 

Dopo una fredda e molto elementare relazione del provvedimento il primo intervento è stato quello della senatrice Furlan (Italia Viva) che, pur sostenendo l’approvazione della legge e il suo significato per il mondo del lavoro, ha evidenziato le criticità delle modifiche apportate al disegno legge originario della CISL, e in particolare: l’indebolimento del ruolo della contrattazione collettiva a vantaggio degli statuti aziendali; l’esclusione della partecipazione dei lavoratori nel settore bancario e nelle aziende pubbliche.

 

In linea con questa posizione, anche il senatore Lombardo (Misto-Azione) ha evidenziato la necessità di intervenire nuovamente sul testo per rafforzare gli articoli dedicati alla contrattazione collettiva che non garantiscono l’obbligatorietà della partecipazione. Il partito (Azione) ha espresso comunque il suo convinto sostegno alla legge, considerandola un passo importante verso la realizzazione del primo articolo della Costituzione, secondo cui “l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”.

 

Ad ogni modo, come correttamente osservato dal senatore Spagnolli (Gruppo per le Autonomie), le questioni ancora irrisolte toccano aspetti che vanno oltre la contrattazione collettiva. La legge avrebbe dovuto rafforzare la contrattazione collettiva, invece di demandare la regolamentazione della partecipazione agli statuti aziendali con il rischio, dunque, che l’applicazione rimanga limitata, soprattutto nelle piccole e medie imprese. Inoltre, la partecipazione economica non è stata regolata adeguatamente nemmeno dal punto di vista fiscale e questo potrebbe comportare effetti negativi su strumenti fiscali come l’ISEE, rendendola svantaggiosa per i lavoratori. A completare il quadro, manca anche un sistema di formazione professionale che permetta ai lavoratori di svolgere un ruolo attivo e non meramente simbolico nella gestione dell’impresa. Il Gruppo per le Autonomie ha riportato in modo puntuale quanto del testo iniziale è stato eliminato: la quota minima di rappresentanza nei consigli di sorveglianza, in origine prevista al 20%, è stata sostituita da una generica previsione di uno o più rappresentanti; la figura del garante per la sostenibilità sociale delle imprese; la previsione di forme partecipative anche negli istituti bancari. Si spiega dunque la scelta del Gruppo per le Autonomie di subordinare il suo voto favorevole alla prospettiva di un successivo intervento legislativo più incisivo, pur riconoscendo il valore complessivo della proposta.

 

I successivi interventi sono stati decisamente più critici evidenziando, in particolare, la natura non impositiva del provvedimento, che mira a sostenere la contrattazione collettiva ma non obbliga le imprese ad adottare meccanismi di partecipazione. Per chi ha votato a favore, sarà infatti la contrattazione collettiva il punto di svolta che darà piena attuazione alla legge, seguendo gli esempi europei come quello tedesco, per chi ha votato contro, l’articolo 46 non è stato realmente attuato.

 

La principale ragione di chi ha votato contro è la mancata realizzazione dell’iniziativa popolare così come era sorta e voluta dai cittadini, le parole del senatore Mazzella rendono chiara l’idea un tradimento dell’iniziativa popolare, un’occasione storica sprecata in quanto fondata su dichiarazioni altisonanti ma prive di sostanza. Il carattere volontaristico di questa legge è quanto più ha sollevato perplessità. Il Movimento 5 Stelle nel pronunciare il suo voto contrario, testo di legge alla mano, ha evidenziato l’assenza di obblighi o strumenti vincolanti che possano offrire garanzie concrete per i lavoratori, avendo affidato il tutto alla contrattazione collettiva, in un paese dove essa è disomogenea e molti lavoratori sono privi di un’effettiva rappresentanza. Mancherebbe dunque una visione strategica di lungo periodo, gli incentivi fiscali e i piani di partecipazione finanziaria sono irrisori e inefficaci. Le commissioni aziendali tematiche (welfare, formazione, parità) così come la Commissione nazionale per la partecipazione istituita presso il CNEL, sono viste come figure meramente simboliche, prive di reali poteri di intervento.

 

Anche il senatore Magni (Misto – Alleanza Verdi e Sinistra) e la senatrice Camusso (Partito Democratico) nell’esprimere la sua posizione fortemente contraria alla legge hanno sostenuto che il testo non realizza una vera partecipazione dei lavoratori, in quanto non garantisce loro effettivi strumenti di intervento. Il senatore Magni, portando la sua personale esperienza, come sindacalista ed ex operaio, ha evidenziato come la vera partecipazione si realizza, da decenni, attraverso la contrattazione di secondo livello e il confronto diretto su organizzazione del lavoro, dei bilanci e degli investimenti. Pertanto, il tentativo di imitare i modelli europei come quello tedesco non è pensabile senza l’adozione anche dell’intero impianto giuridico, istituzionale e sindacale di quei paesi. Il senatore ha sottolineato che la precarietà che oggi contraddistingue molte realtà lavorative impedisce l’esercizio effettivo dei diritti sindacali.

 

Riprendendo molte delle critiche sopra esposte, la senatrice Camusso (Partito Democratico) ha giudicato il provvedimento come deludente e svuotato di significato, sottolineando la distanza tra l’intento iniziale della CISL, di indubbio interesse, e il risultato finale raggiunto. Il testo approvato mostra chiaramente una partecipazione più che altro orientata a finalità economiche e finanziarie, mentre non valorizza le esperienze di contrattazione già esistenti, ma anzi rappresenta un arretramento rispetto alle normative che già prevedevano meccanismi di confronto.

 

Di tutt’altro avviso gli interventi dei partiti di maggioranza che si sono invece espressi in favore della legge vista come importante strumento di modernizzazione delle relazioni industriali.

 

La senatrice Gelmini (Cd’I–UDC–NM–MAIE–CP) ha parlato di una “svolta storica” nelle relazioni tra lavoratori e imprese, che punta alla responsabilità condivisa e alla contrattazione collettiva, per garantire la produttività e competitività del Paese. Ha inoltre sottolineato l’importanza di allinearsi con i modelli europei (Germania, Paesi Bassi, Francia), dove la partecipazione dei lavoratori ha prodotto effetti positivi. Al tal proposito, la senatrice Silvestro (FI – Berlusconi Presidente – PPE) ha difeso il disegno di legge citando esperienze aziendali virtuose già praticate in Italia (Poste Italiane, Luxottica, FCA, Ferrari, Lamborghini), dove il coinvolgimento dei dipendenti ha portato a migliori risultati aziendali. Il modello non dirigista della legge, incentrato sulla volontarietà è in linea con i migliori esempi europei.

 

Il senatore Murelli (Lega) e il senatore Berrino (Fratelli d’Italia) hanno risposto alle principali critiche degli oppositori, sottolineando come il provvedimento introduce forme di partecipazione sì volontarie, ma trasparenti e sostenibili attraverso accordi aziendali o territoriali, agevolazioni fiscali per premi di risultato e strumenti di welfare, nonché la possibilità di una partecipazione azionaria. In particolare hanno evidenziato come l’impianto originario della legge sia stato salvaguardato richiamando sul punto la posizione espressa della stessa CISL in audizione al Senato.

 

Quello che emerge con chiarezza, come esito del dibattito parlamentare, sono almeno due elementi.

 

Il primo è la portata storica dell’approvazione della legge: lo dimostra, in termini simbolico, la corsa del Presidente del Senato, Ignazio La Russa, a riprendere la postazione delle sue funzioni – temporaneamente affidata alla Vice-Presidente Licia Ronzulli durante gli interventi dei parlamentari – per presiedere personalmente il voto finale, a sottolineare l’eccezionalità dell’evento e il suo significato istituzionale.

 

Il secondo riguarda la pluralità delle posizioni emerse, che riflettono differenze profonde non solo sui profili tecnici della disciplina, ma soprattutto sulle visioni valoriali e ideologiche intorno al rapporto tra capitale e lavoro, inevitabilmente sottese al tema della partecipazione. Differenze che – almeno questo è l’auspicio sotteso all’intervento legislativo – potranno a questo punto trovare sintesi e traduzione operativa nella contrattazione collettiva e nel dialogo tra le parti sociali, nei territori, negli enti bilaterali, nelle imprese.

 

Sara Zuccoli

Apprendista di ricerca ADAPT

 

Retribuzioni contrattuali in crescita nel primo trimestre del 2025

Retribuzioni contrattuali in crescita nel primo trimestre del 2025

Bollettino ADAPT 12 maggio 2025 n. 18

 

Sono del 29 aprile i dati Istat relativi all’andamento delle retribuzioni contrattuali nel primo trimestre del 2025, dai quali emerge un graduale miglioramento della dinamica retributiva in Italia, con incrementi sia congiunturali che tendenziali. A livello di trimestre, nel complesso dell’economia, le retribuzioni crescono dell’1% rispetto al periodo precedente e del 3,9% su base annua.

 

Restringendo l’analisi a marzo 2025, l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie mostra un aumento dello 0,4% rispetto a febbraio e del 4% rispetto a marzo dell’anno scorso. La crescita tendenziale risulta poi particolarmente robusta nel settore privato (+4,7%), con un incremento delle retribuzioni contrattuali orarie del 4,9% nell’industria e del 4,3% nei servizi.

 

Andando a guardare i singoli comparti, spiccano incrementi tendenziali significativi nell’alimentare (+7,8%), nella metalmeccanica (+6,3%), nel commercio (+6,1%) e nella DMO (+6%). Variazioni più contenute si osservano invece nei servizi di informazione e comunicazione (+0,4%), nel settore della gomma-plastica (+0,8%) e nel comparto chimico (+1%).

 

Le proiezioni dell’indice delle retribuzioni contrattuali indicano un ulteriore miglioramento della dinamica retributiva, con un incremento del 2,6% per il periodo aprile-settembre 2025 e con una crescita media annua che dovrebbe attestarsi intorno al 2,7%.

 

Va tuttavia sottolineato come la dinamica retributiva, pur mostrando segnali positivi, risenta ancora degli effetti dell’inflazione. Tra gennaio 2021 e marzo 2025, le retribuzioni contrattuali nel settore privato sono aumentate del 10,6% in termini nominali; tuttavia, tenendo conto della crescita dei prezzi al consumo, il potere d’acquisto dei lavoratori si è ridotto del 6,8%. Negli ultimi mesi la dinamica dei prezzi ha rallentato, ma l’impatto del picco inflazionistico registrato tra il 2022 e il 2023 continua a pesare, comprimendo significativamente i benefici degli aumenti salariali.

 

Emergono anche dati interessanti sul fronte della copertura contrattuale: a fine marzo risultano in vigore 40 contratti collettivi che regolano il trattamento economico di circa 6,9 milioni di dipendenti, corrispondenti al 50,7% del monte retributivo complessivo nazionale. Nel settore privato, la copertura raggiunge il 65,9%, con variazioni importanti tra i diversi comparti: 100% in agricoltura, 42,4% nell’industria e 84,6% nei servizi privati.

 

A marzo 2025, la quota di dipendenti in attesa di rinnovo contrattuale è pari al 47,3%, in calo rispetto al mese precedente (48,5%) ma in aumento rispetto a marzo 2024 (34,9%). Nel settore privato, la quota si abbassa al 32,6%, in diminuzione rispetto a febbraio (34,2%) ma significativamente superiore rispetto all’anno precedente (16,7%).

 

In generale, i dati Istat segnalano un rafforzamento della dinamica retributiva, soprattutto nel settore privato dove gli aumenti contrattuali riflettono gli sforzi della contrattazione collettiva. Il potere d’acquisto delle retribuzioni contrattuali resta tuttavia inferiore ai livelli pre-inflazione. Il rallentamento della crescita dei prezzi e le previsioni sulla dinamica retributiva per il 2025 offrono comunque segnali incoraggianti, così come il miglioramento della copertura contrattuale.

 

Jacopo Sala
ADAPT Research Fellow

@_jacoposala

 

Cronaca sindacale (29 aprile – 12 maggio 2025)

Cronaca sindacale (29 aprile – 12 maggio 2025)

Bollettino ADAPT 12 maggio 2025, n. 18

 

Contrattazione collettiva

 

Nelle ultime due settimane è emerso con insistenza il tema dei mancati rinnovi dei contratti collettivi e dei tempi necessari alla sigla di nuove intese. I dati Istat diffusi il 29 aprile relativi alla Contrattazione Collettiva per il primo trimestre 2025 testimoniano come il tempo medio di attesa del rinnovo per i lavoratori con contratti scaduti sia diminuito, passando da 29 a 23,1 mesi. Anche le retribuzioni orarie crescono timidamente, con un aumento del 1% rispetto al periodo precedente e del 3,9% su base annua (per approfondire, si veda l’articolo di Jacopo Sala sulle retribuzioni contrattuali).

 

Il 23 aprile, il CNEL ha approvato il rapporto annuale sull’andamento del mercato del lavoro e della contrattazione collettiva. Dal documento emerge che, su oltre 1.000 contratti depositati, soltanto 385 risultano sottoscritti da organizzazioni rappresentate all’interno del Consiglio. In particolare, i 214 contratti firmati da Cgil, Cisl e Uil coprono da soli il 96% dei lavoratori del settore privato. Questo dato conferma la solidità del sistema di relazioni industriali italiano e l’efficacia della contrattazione collettiva basata sulla rappresentanza (fonte).

 

Il 6 maggio è stato sottoscritto il testo definitivo del Ccnl Tessile Abbigliamento Moda SMI. Il Presidente di Confindustria Moda Sergio Tamborini e i Segretari Generali dei sindacati di categoria Marco Falcinelli della Filctem-Cgil, Nora Garofalo della Femca-Cisl e Daniela Piras della Uiltec-Uil hanno riaffermato l’interesse per rilanciare la filiera produttiva del tessile abbigliamento moda., recependo nel contratto nazionale le modifiche definite nell’accordo di rinnovo di novembre 2024. È stato poi firmato l’accordo istitutivo del nuovo ente di settore Ente Bilaterale Moda (E.B.M.), gestito in modo paritetico tra le parti, con l’obiettivo di supportare strategie e iniziative di sviluppo per il settore e realizzare progetti di formazione e assistenza per aziende e lavoratori. (qui per il comunicato stampa congiunto).

 

È dell’8 maggio il rinnovo Ccnl Gas-acqua per il triennio 2025-2027 firmato da Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil e le rappresentanze delle associazioni datoriali di Anfida, Proxigas, Assogas e UtilItalia. Il Ccnl era scaduto lo scorso 31 dicembre e riguarda quasi 50mila addetti in quasi 600 imprese in Italia. (qui il comunicato stampa condiviso).

 

Nella stessa giornata, i sindacati di categoria FenealUil, Filca-Cisl, Fillea-Cgil e la parte datoriale Federbeton hanno firmato l’ipotesi per il rinnovo del Ccnl Cemento, calce, gesso. Il contratto era arrivato a scadenza il 31 dicembre scorso e interessa oltre 8000 addetti. È previsto un aumento di 175 euro, che fanno seguito ai 120 euro corrisposti a dicembre scorso grazie al recupero dell’inflazione ex post, per un totale di 295 euro (fonte).

Dopo due settimane di mobilitazione e sciopero dei lavoratori dei servizi di consegna per conto di Esselunga, arriva un’intesa tra le tre imprese – Brivio & Viganò, Cap Delivery e Deliverit – e Filt Cgil. Il sindacato ha definito questa intesa provvisoria: sono infatti previsti una serie di incontri da qui a giugno per definire le questioni ancora aperte. È da subito prevista un’indennità una tantum di 250€ (fonte).

 

Scioperi

 

Si prospetta un maggio di scioperi con 30 scioperi annunciati sul sito della Commissione di garanzia della legge sulla attuazione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, senza considerare quelli già revocati. È significativo che solo 8 di questi 30 scioperi siano stati proclamati anche da sigle dei sindacati confederali.

 

Il 6 maggio si è registrata una massiccia adesione di lavoratori e lavoratrici delle ferrovie e degli appalti ferroviari allo sciopero nazionale di 8 ore, indetto per il mancato rinnovo del contratto collettivo mobilità attività ferroviarie e per il rinnovo del contratto aziendale del Gruppo Fs, entrambi scaduti il 31 dicembre 2023. A maggio i lavoratori dei trasporti sciopereranno in tutta Italia a livello locale, con scioperi che hanno coinvolto e coinvolgeranno mezzi pubblici, autostrade e trasporto aereo (fonte).

 

È stato poi confermato lo sciopero per il 22 maggio delle lavoratrici e dei lavoratori della Sanità privata e delle Rsa per il rinnovo dei Ccnl. I sindacati segnalano i mancati passi avanti da parte delle associazioni datoriali Aiop e Aris, per il rinnovo dei contratti che riguardano 200mila professionisti del settore (fonte).

 

Politica e rappresentanza

 

La Festa dei Lavoratori quest’anno ha visto il governo e le parti sociali intervenire unitamente sul tema della sicurezza sul lavoro. Lo slogan della manifestazione del Primo Maggio di quest’anno, che vede coinvolti i 3 sindacati maggioritari, è infatti “Uniti per un lavoro sicuro” a sottolineare l’urgenza di questo tema. Anche dal governo arriva in questa giornata un impegno a stanziare risorse per la sicurezza sul lavoro e la premier Meloni ha convocato i sindacati l’8 maggio a Roma per discutere i fondi e il tema (650 milioni, oltre ai 600 milioni già stanziati dai bandi Inail). (fonte) Un elemento fondamentale emerso dal vertice è stata la nomina di Stefano Caldoro, ex governatore della Campania, a consigliere di Palazzo Chigi alle Relazioni con le parti sociali, un nuovo ruolo che segnala la volontà di mantenere un dialogo aperto tra governo e parti sociali. Durante la giornata di giovedì da parte del governo è stata anche annunciata l’apertura di 5 tavoli, di cui uno sulla riprogrammazione del Pnrr e altri su temi ancora da determinare, gestiti anche con i ministri Calderone e Foti. Un’ulteriore proposta è stata quella di rivedere le norme sui subappalti, tema di uno dei quesiti del referendum dell’8 e 9 giugno.

 

Prima dell’incontro di giovedì, i sindacati avevano espresso posizioni contrastanti, con un’apertura positiva della segretaria generale della Cisl Daniela Fumarola, mentre si attestavano su posizioni differenti sia Maurizio Landini (segretario generale Cgil), che temeva un incontro finito nel nulla e preannunciava una mobilitazione, sia il segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri, che aveva espresso un certo scetticismo. (G. De Rosa, Landini sbaglia, in Il Foglio, 4 maggio 2025, p.20; la Repubblica; La Stampa) A seguito del vertice dell’8 maggio, le opinioni dei principali leader sindacali erano invece tutte di segno positivo: Landini ha sottolineato la disponibilità del governo ad affrontare i temi della sicurezza sul lavoro, seppur rimanendo in attesa di azioni concrete, anche Daniela Fumarola ha definito l’incontro come una bella pagina di relazioni con il governo, così come Bombardieri che  si è ritenuto soddisfatto dell’incontro. (fonte) Erano presenti all’incontro anche Ugl, Usb, Cida, Cisal, Confedir, Confintesa, Confsal, Ciu, Cse.

 

Si alza l’attenzione sui referendum dell’8 e 9 giugno, che vedono, oltre alla massiccia campagna della Cgil per portare attenzione verso il sì, anche le prime indicazioni di voto dal governo. È del 5 maggio, infatti, la comunicazione che emerge da Fratelli d’Italia di dare indicazione di astenersi dal voto, ripresa anche da Forza Italia e dalla Lega. L’idea è quella di esprimere il proprio dissenso nei confronti di un’iniziativa proposta dalla sinistra, a cui il partito di governo è contrario (L. De Cicco, FdI ha scelto: niente urne, stiamo a casa, in La Repubblica, 5 maggio 2025, p.17). Anche la segretaria generale Cisl Daniela Fumarola si esprime in senso contrario ai referendum, definendoli come strumenti non risolutivi e proponendo invece di puntare su competenze e innovazione. (I salari fissati per legge sono inutili. Serve rafforzare gli accordi esistenti, in La Stampa, 5 maggio 2025, p.18) Pierpaolo Bombardieri, segretario generale Uil, mantiene la sua linea sul referendum: per quanto condivida almeno in parte la posizione della Cgil sui temi, non concorda sullo strumento del referendum.

 

Nonostante le maggiori attenzioni sul voto, dal 28 aprile si sono tenute nelle piazze italiane le manifestazioni promosse dalla Cgil contro il silenzio dei media sul referendum, che non starebbero – secondo il sindacato – garantendo un adeguato livello di informazione sui quesiti (fonte).

 

L’indicazione di astensione e la bassa attenzione dei media, nonché le divisioni anche interne al centro sinistra, suggeriscono che la questione del raggiungimento del quorum possa essere un nodo centrale. Infatti, come evidenziato dalla Stampa, non è chiaro quanti cittadini si recheranno alle urne. Gli elettori di 117 comuni italiani voteranno per le amministrazioni locali nel weekend del 25 e 26 maggio e non si sa ancora in quanti di questi comuni si andrà ai ballottaggi nel fine settimana dell’8 e 9 giugno, favorendo quindi il voto anche per il referendum.

 

Vicende associative

 

Si è festeggiato il 30 aprile l’anniversario dei 75 anni dalla nascita della Cisl, durante il quale si sono ribaditi i principi dello statuto di integrazione europea, promozione della persona con i suoi bisogni intellettuali, materiali e morali. (I. Storti, La nascita del sindacato nuovo che lotta per la dignità della persona, in Conquiste del Lavoro, 5 maggio 2025, p.2).

 

Un altro anniversario di questi giorni è quello degli 80 anni di Confcooperative, festeggiato sabato 3 maggio con un dibattito tra la costituzionalista Melina Decaro e il presidente di Confcooperative Maurizio Gardini, sull’art. 45 della Costituzione che riconosce il valore sociale della cooperazione.

 

In occasione del Primo Maggio sono state numerose le riflessioni sui quotidiani relative al ruolo del sindacato oggi. Un editoriale non firmato su Il Foglio si esprime duramente contro le politiche dei sindacati, incapaci secondo l’autore di promuovere la produttività e contrari al Jobs Act, che viene invece visto come una delle principali cause dell’aumento dell’occupazione in Italia. Le critiche a Cgil, Cisl e Uil arrivano anche da un altro articolo de il Foglio, questa volta a firma di Di Vico, che punta il dito contro le spaccature fra le sigle sindacali, in particolare sui referendum di giugno. Di segno opposto è invece la riflessione di Sinopoli su l’Unità, che riflette sul ruolo centrale del sindacato nell’avanzamento democratico, anche lui facendo riferimento agli imminenti referendum, ma questa volta evidenziandone il potenziale di abbattimento del precariato.

 

Crisi aziendali

 

Lunedì 5 maggio si è raggiunto un accordo tra Ratti Spa Società Benefit, Filctem Cgil e Femca Cisl dei Laghi che comporterà la perdita di 55 posti, dopo che l’azienda comasca aveva esaurito tutti gli ammortizzatori sociali possibili. Si tratta di un accordo favorevole, che si basa su uscite volontarie e indennità, ma che si tradurrà comunque una massiccia riduzione del personale, da 470 a 420 dipendenti (fonte).

 

Anche per i lavoratori di STMicroelectronics di Catania si è raggiunto un accordo di sviluppo con il ministero delle Imprese e del Made in Italy. L’intesa prevede investimenti per 5 miliardi di euro con agevolazioni pubbliche superiori a 2 miliardi per il periodo 2023-2037. Un accordo che va nella direzione opposta rispetto alle prospettive dei lavoratori di STMicroelectronics di Agrate Brianza per cui sono previsti 800 licenziamenti. (qui la Cronaca Sindacale del 28 aprile per saperne di più).

 

Demetra, l’Unità di Crisi aziendali di Veneto Lavoro, Confindustria Verona e la FIOM CGIL hanno raggiunto un’intesa riguardo alla procedura di licenziamento collettivo che era stata avviata a febbraio scorso per 22 dei 53 dipendenti della sede di Nogara.

 

La scorsa settimana 67 lavoratori di Flexilog Italia sono stati licenziati dopo che Conad ha annullato il contratto d’appalto con l’azienda, che si è dunque trovata senza la sua unica commessa in Emilia. Sicobas ha dichiarato lo stato di agitazione e ha richiesto l’apertura di un tavolo di confronto (fonte).

 

È stato infine confermato l’accordo per 1.000 uscite in Stellantis, distribuite fra gli stabilimenti di Termoli, Melfi, Pomigliano e Pratola Serra. L’accordo sindacale non è stato firmato da Fiom che denuncia un progressivo svuotamento degli impianti in Italia. La produzione auto nel primo trimestre 2025 è scesa del 35% rispetto al già basso 2024.

 

Maria Carlotta Filipozzi

ADAPT Junior Fellow

@MCFilipozz

Il settore telecomunicazioni tra il (mancato) rinnovo contrattuale e il dissenso sindacale: cosa sta succedendo?

Il settore telecomunicazioni tra il (mancato) rinnovo contrattuale e il dissenso sindacale: cosa sta succedendo?

Bollettino ADAPT 5 maggio 2025, n. 17

 

 

Da tempo sugli organi della stampa sindacale – e anche nelle piazze, dati i continui scioperi dei lavoratori che si sono susseguiti tra il 2024 il 2025 – si sta discutendo del mancato rinnovo contrattuale nell’ambito del settore delle telecomunicazioni: si tratta del CCNL sottoscritto dall’associazione datoriale Assotelecomunicazioni e dalle organizzazioni sindacali Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil, giunto a scadenza il 31 dicembre 2022.

 

Dopo l’avvio delle trattative per il rinnovo del suddetto CCNL (iniziate con la presentazione della “Piattaforma Unitaria per avvio rinnovo del CCNL telecomunicazioni 2023-2025”), il negoziato è fermo al palo da quasi due anni, come comunicato di recente dalla CGIL (Tlc, tutti fermi per il contratto, in Collettiva, 17 febbraio 2025). Nel frattempo, però, Assocontact – associazione datoriale che rappresenta le aziende di call center in outsourcing e che aveva preso parte al negoziato – ha abbandonato le trattative a metà 2024 e a dicembre dello stesso anno ha sottoscritto un nuovo CCNL per il settore telecomunicazioni con l’organizzazione sindacale Cisal Comunicazione (si tratta del CCNL per dirigenti, quadri, impiegati e operai dei servizi di business process outsourcing, digital experience e data management). A seguito della “condotta” tenuta da Assocontact, si sono scatenate non poche reazioni da parte di diverse organizzazioni sindacali impegnate, direttamente o indirettamente, nelle fasi di rinnovo del CCNL TLC.

 

Anzitutto, le federazioni di categoria dei sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil (e cioè Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom) hanno pubblicato un comunicato (Comunicato Stampa “Assocontact/Cisal ed il nuovo contratto per i lavoratori dei contact center”, 18 dicembre 2024) volto non solo a criticare le scelte di Assocontact di abbandonare improvvisamente il negoziato e l’atteggiamento (ritenuto “di comodo”) della Cisal – che vista la difficoltà e lo stallo del rinnovo si è dichiarata disponibile ad accogliere con un comunicato pubblico le rivendicazioni dell’associazione datoriale avviando così un nuovo percorso contrattuale (Assocontact annuncia l’uscita dal CCNL: l’intervento di Cisal Comunicazione, 2 maggio 2024) – ma anche a mettere in luce come il “nuovo contratto” contribuisca ad abbattere il costo del lavoro del 15%, oltre a non consentire ai lavoratori di recuperare tutto il potere di acquisto che il salario ha perso non solo per la fiammata inflazionistica dell’ultimo triennio ma anche a causa del mancato rinnovo (Tlc, la crisi corre sul filo, in Collettiva, 14 gennaio 2025).

 

Più specifica è la critica di Slc-Cigl al “nuovo contratto” (Assocontact annuncia l’applicazione del contratto siglato con Cisal, 30 gennaio 2025): secondo l’organizzazione sindacale, questo nuovo contratto è stato sottoscritto in concomitanza della revisione dell’art. 11 del Codice degli appalti pubblici (d.lgs. n. 36/2023) ad opera del d.lgs. 209/2024 e “pensato” appositamente per innescare dinamiche di dumping salariale nelle gare di appalto per l’affido dei servizi di telefonia. Una strategia, peraltro, che è finalizzata ad “inquinare” anche la committenza degli appalti privati, visto l’abbattimento del costo del lavoro. E, provocatoriamente, il sindacato Slc-Cgil si chiede come i grandi committenti intendano ora comportarsi rispetto all’art. 53 del CCNL TLC (Asstel), che, in caso di cambio-appalto, impone al nuovo appaltatore di convocare le organizzazioni sindacali per discutere delle tempistiche e delle modalità di assorbimento del personale alle dipendenze del precedente appaltatore.

 

È abbastanza evidente che in questa fase potrebbero nascere non pochi attriti – dentro e fuori le aule di giustizia – tra l’appaltatore entrante, che magari applica il nuovo CCNL Assocontact-Cisal, e le organizzazioni sindacali confederali. Insomma, una “possibile pioggia” di ricorsi per condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 St. Lav. non può dirsi certamente una ipotesi remota.

 

Anche USB da tempo segnala come il CCNL Assocontact-Cisal rischi di minare ancora di più la tutela salariale dei lavoratori (già erosa a causa dell’inflazione e di certo non recuperata con la sottoscrizione di questo “nuovo contratto”; CCNL Assocontact/Cisal: tagliano salario e diritti e lo chiamano contratto, 29 gennaio 2025) e così ha chiesto, già da qualche mese, l’intervento, ritenuto improrogabile, dell’attore pubblico per una mediazione, cioè il Ministero del Lavoro (Contratto Assocontact/Cisal, il tavolo ministeriale non è più rinviabile. I lavoratori tornano in piazza il 21 marzo 2025, 12 marzo 2025). Intervento che non è di certo mancato. Il 24 aprile 2025, infatti, in occasione del vertice ministeriale per discutere delle misure a sostegno del settore delle telecomunicazioni, anche alla presenza del Ministro delle Imprese e del Made in Italy, il Ministro del Lavoro ha confermato l’assoluta centralità del CCNL TLC sottoscritto da Asstel e da Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil, ritenendolo come unico contratto applicabile nel settore (Comunicato stampa incontro MIMIT/MDL Settore Telecomunicazioni, 24 aprile 2025). Una dichiarazione che di certo non è passata inosservata per Assocontact che, tramite il Presidente Lelio Borgheree, ha espresso un chiaro disappunto sulla posizione assunta dal Ministero del lavoro (Call center, Assocontact: Dal Ministero del Lavoro decisione preoccupante sul settore Bpo, in Gazzetta di Genova, 29 aprile 2025).

 

E’ estremamente chiara e netta anche la posizione del COBAS, che accusa la Cisal di essere un sindacato di comodo (Assocontact esce dal contratto delle TLC e la Cisal da “bravo” sindacato firma il contratto capestro!, 8 gennaio 2025), perché, avendo colto le difficoltà in cui era incappato il processo di rinnovo del CCNL TLC, ha attirato l’attenzione di Assocontact “distraendola” dal tavolo negoziale per condurre l’associazione datoriale a firmare un “contratto capestro”, condannando così “alla povertà legale” molti lavoratori del settore.

 

In effetti, che il mancato rinnovo del CCNL TLC e la conseguente sottoscrizione di un nuovo contratto “concorrente” dipenda largamente dalla questione salariale lo si desume anche dal comunicato di Assocontact con il quale l’associazione datoriale annunciava a fine 2024 l’importanza di aver “negoziato” un contratto per rispondere ai bisogni del settore, esposto ad un calo dei volumi di affari e alla necessità per gli outsourcer di ridurre i costi del servizio di telefonia esternalizzato (Assocontact: il CRM/BPO ha un nuovo contratto nazionale, 13 dicembre 2024).

 

Non è passata inosservata, poi, la posizione dell’UGL sulla questione, volta ad evidenziare non solo le disparità salariali e normative tra il CCNL TLC e il CCNL Assocontact-Cisal ma tesa a far rilevare anche come in questo “nuovo contratto” l’organizzazione della titolarità dei diritti sindacali (anche) di natura negoziale sia “riservata” alla sola organizzazione che sottoscrive il CCNL, marginalizzando il ruolo delle altre organizzazioni e contravvenendo alle chiare indicazioni della giurisprudenza della Corte costituzionale (Ugl boccia il contratto Assontact-Cisal, 9 marzo 2025).

 

Per il momento, il percorso per il rinnovo del CCNL TLC non sembra essere giunto al termine; infatti, non cessano gli scioperi dei lavoratori che il 31 marzo 2025 si sono nuovamente mobilitati per rivendicare e difendere la piattaforma sindacale (CCNL TLC: rinnovo per chi innova l’Italia, in Il Corriere Nazionale, 31 marzo 2025). E la comparsa di un “nuovo contratto” sembra oltremodo aumentare lo stato di agitazione sindacale, vista la contestazione da parte della maggioranza delle organizzazioni sindacali, che si preparano a dare battaglia con tutti gli strumenti previsti dall’ordinamento.

 

Giovanni Piglialarmi

Ricercatore Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

ADAPT Senior Fellow

@Gio_Piglialarmi

 

Intersind e Asap: un’esperienza (forse) dimenticata troppo in fretta

Intersind e Asap: un’esperienza (forse) dimenticata troppo in fretta

Bollettino ADAPT 5 maggio 2025, n. 17  

 

L’approvazione in prima lettura della proposta di legge di iniziativa popolare promossa dalla CISL in materia di partecipazione dei lavoratori ha il merito, tra gli altri, di riaprire la discussione sul ruolo dei corpi sociali intermedi come possibili agenti di modernizzazione non solo del rapporto Lavoro-Capitale ma dell’intera Costituzione economica del Paese. Non casualmente l’articolo 1 della proposta fa riferimento “all’allargamento e al consolidamento di processi di democrazia economica e di sostenibilità delle imprese” e alla necessità di “rafforzare la collaborazione tra i datori di lavoro e i lavoratori, preservare e incrementare i livelli occupazionali e valorizzare il lavoro sul piano economico e sociale”.

 

A fronte di tali ambiziosi obiettivi pare legittima la domanda se  un processo di tale portata possa essere agito, se si come, dalle attuali organizzazioni di rappresentanza visto che si tratta di “attuare determinati obiettivi di sviluppo economico e di avanzamento sociale, […] agevolare il formarsi di un clima di positiva collaborazione in seno alle aziende […], creare le condizioni più opportune affinché la vita sindacale, pur nella dialettica ad essa propria, sia sensibile adeguatamente ai rapporti tra gli interessi particolari e di categoria, da una parte, e gli interessi generali, dall’altro canto”. 

 

Corsi e ricorsi. Quelli sopra richiamati sono solo alcuni dei passaggi della lettera indirizzata l’8 giugno del 1962 (riportata integralmente in calce a questo scritto) dal democristianissimo Ministro delle Partecipazioni statali di allora, Carlo Bo, alle Aziende pubbliche. La missiva fu la logica conseguenza di una precisa scelta del Legislatore che, in una fase di profondo cambiamento della società e dell’economia del Paese, dispose, nell’ambito dell’istituzione del Ministero delle Partecipazioni Statali, il c.d. “sganciamento” (art. 3 legge n. 1589/1956) delle aziende a prevalente partecipazione dello Stato dalle organizzazioni sindacali degli altri datori di lavoro: nascevano in questo modo l’Intersind (Associazione sindacale datoriale delle Aziende del Gruppo Iri ed Efim) e l’Asap (Gruppo Eni). 

 

In una fase di profondi mutamenti economici e sociali la politica scelse di avviare e poi sostenere il processo di riforma, correttamente percepito a quel tempo come ineludibile, agendo sulla rappresentanza delle Aziende pubbliche. In sorprendente analogia metodologica con la proposta Cisl (chiaramente improntata ad una logica promozionale ed incentivante “dal basso”) con la creazione delle rappresentanze datoriali pubbliche non si agì sul piano ordinamentale mediante interventi diretti sulla disciplina del mercato del lavoro ma si crearono i presupposti affinché il dialogo sociale potesse esprimersi, come si diceva allora, alla ricerca di “equilibri più avanzati”. Solo in un secondo momento il Legislatore avrebbe seguito a ruota, in diverse occasioni, con la c.d. “legislazione di sostegno”.

 

I frutti di quella stagione, che si esaurì agli inizi degli anni novanta, furono oggettivamente rilevanti.

 

Con il Protocollo del 5 luglio 1962 venne introdotta l’articolazione dei differenti livelli contrattuali (settoriali o aziendali) finalizzata all’attuazione concreta dei principi affermati ai livelli superiori e nacquero le c.d. clausole di tregua (nucleo della legge di regolamentazione dello sciopero nei servizi pubblici che interverrà quasi 30 anni dopo).

 

Con il primo rinnovo della metalmeccanica pubblica (1962) vennero disciplinati i “nuovi” diritti sindacali (affissione di comunicazioni, trattenuta dei contributi sindacali a mezzo di deleghe esplicite dei lavoratori, concessione di permessi orari retribuiti ai lavoratori membri di organi direttivi dei sindacati) gettando anche qui le basi di quello che diventerà poi lo Statuto dei lavoratori del 1970.

 

Nell’ambito di quel sistema maturò progressivamente il passaggio dai “diritti sindacali” alle tematiche ben più complesse delle “relazioni sindacali”: nel rinnovo della metalmeccanica pubblica del 1966  furono  introdotte la comunicazione dell’azienda nei casi in  cui l’attuazione di innovazioni  tecnologiche comportasse conseguenze rilevanti per l’occupazione o per l’orario di lavoro  e la possibilità di dare luogo a studi ed esami congiunti dei sistemi di classificazione del personale al fine della loro definizione e del loro perfezionamento nella naturale sede del rinnovo contrattuale.

 

Anche il tema della gestione del conflitto trovò una sintesi – dopo la lunga stagione della conflittualità permanente – con l’accordo del 22 gennaio 1983 che stabilì che «al fine di contribuire ad una rimozione delle cause di microconflittualità, le categorie potranno prevedere procedure aziendali di definizione di vertenze sulla applicazione dei contratti ed eventualmente di arbitrati collegati anche a pause di raffreddamento».

 

A ben vedere il sistema contrattuale di informazione, consultazione e regolamentazione del conflitto che nasce in quegli anni in seno al sistema di rappresentanza delle aziende “pubbliche” tende non solo alla mera determinazione di “regole del gioco” ma getta le basi per affrontare il tema del più complesso meccanismo di partecipazione concernente non la singola impresa ma lo stesso modello di impresa considerata nel più ampio quadro economico-istituzionale.

 

Quella lunga traiettoria culminò nel 1998 con l’unica vera, e probabilmente prematura visti gli esiti infelici, esperienza di azionariato dei dipendenti realizzata su larga scala mediante l’accordo quadro sulla partecipazione azionaria dei lavoratori delle società del gruppo Alitalia (Alitalia, Alitalia Team, Alitalia Express e Atitech). Attuata sulla base di due intese sindacali sottoscritte nel 1996 e nel 1998 venne concordata la sottoscrizione di azioni ordinarie al valore nominale per un ammontare complessivo di 520 miliardi finalizzata ad una partecipazione non inferiore al 20 per cento delle azioni ordinarie, la non trasferibilità delle azioni prima di tre anni dal momento dell’attribuzione e la gestione delle stesse da parte di un organismo ad hoc.

 

La stagione delle privatizzazioni degli anni novanta e la soppressione del (per molti) famigerato Ministero delle Partecipazioni statali che aveva generato (anche, ma non solo) inefficienti commistioni tra politica e gestione delle società pubbliche determinò la sottovalutazione del valore generato da quel sistema sul piano della costruzione di una moderna democrazia economica del Paese. Capita quando si getta via il bambino con l’acqua sporca.

 

Ma come sempre accade quando si esauriscono gli effetti di approcci giacobini, di qualsiasi natura essi siano, dopo la stagione della (giusta) stigmatizzazione ma anche della (strumentale) criminalizzazione di un intero sistema ne è seguita un’altra. L’insieme delle c.c. “partecipazioni statali” – modificato, smagrito e alleggerito dei famosi “panettoni di Stato della Sme” – è sopravvissuto con un modello alternativo di governo delle aziende strategiche partecipate dallo Stato basato su un corpus normativo articolato e complesso che, nei fatti, ne ha preservato in buona sostanza l’autonomia e l’efficienza manageriale oggi resa tangibile, in alcuni casi, anche dalle performances di borsa.

 

L’interrogativo al quale oggi occorre dare una risposta è quale contributo questo “ecosistema” di aziende possa offrire al Paese, sulla falsariga di quanto avvenuto nel secondo dopoguerra ma senza riprodurne le storture, in un contesto come quello attuale che vede il rapido aumento delle componenti critiche della competizione economica, commerciale (dazi ma non solo), tecnologica, energetica e, purtroppo, militare.

 

Se da un lato è vero che la natura globale dei trends in atto vede come principali protagonisti soggetti che hanno una percezione di sé come “imperiali” (Cina, USA, India, Russia) o aggregazioni sovranazionali di singole Nazioni – stabili (EU) o tattiche che siano (Cina-Russia) – ciò non esenta i singoli Paesi dalla necessità di una profonda riflessione sulla “messa in sicurezza” dei rispettivi sistemi Paese. La magnitudo dello scontro geopolitico in atto richiede infatti risposte capaci di mobilitare integralmente, velocemente ed in coerenza con l’indirizzo politico le migliori articolazioni economiche e sociali a sostegno della crescita economica, della competitività delle imprese e della loro produttività salvaguardando i livelli salariali e difendendo la coesione sociale del Paese. Se questo è vero è del tutto evidente come la costruzione di un modello economico/sociale e di politica dei redditi capace quantomeno di limitare gli shock esterni derivanti da un contesto instabile e iper competitivo investa, oggi più di ieri, il sistema di relazioni industriali e il dialogo sociale.

 

La “sfida del lavoro” è oggi al centro del futuro delle nostre società come non lo è mai stata in passato.

 

Mitigazione degli effetti della glaciazione demografica, gestione dell’immigrazione legale e connessi processi di inclusione socio-economica, sostenibilità dei nostri sistemi di welfare, riduzione del disallineamento delle competenze rispetto alle richieste del mercato del lavoro, sostegno ai processi di riorganizzazioni delle imprese anche per far fronte all’evoluzione tecnologica ed agli impatti dell’AI, engagement e retention delle nuove generazioni portatrici di un quadro valoriale che ha radicalmente mutato i canoni del rapporto lavoro-vita di relazione, valorizzazione della contrattazione di tutti i livelli ivi compresa quella individuale e di prossimità per sostenere la crescita e le difesa dei salari anche legandoli alla produttività, sviluppo di forme partecipative e sostegno delle modalità di gestione delle transizioni (non solo politiche attive) sono solo alcune delle sfide da affrontare in un contesto di  radicale scomposizione-ricomposizione dei processi di  globalizzazione per come li abbiamo sinora conosciuti.

 

Vincere o perdere queste sfide farà la differenza per il nostro modello di democrazia economica, per le nostre aziende, per i lavoratori e i loro redditi e probabilmente per il sistema Paese chiamando inevitabilmente in causa le modalità di esercizio delle responsabilità associative.

 

Agostino Di Maio

ADAPT Professional Fellow

 

Allegato

 

Ministero delle Partecipazioni Statali Ispettorato Generale

Prot. n.23756

Roma, 8 giugno 1962

 

Aziende a partecipazione statale Rapporti sindacali

 

– All’Istituto per la Ricostruzione Industriale – R.I.

– All’Ente Nazionale Idrocarburi-N.I.

– All’Ente Autonomo di Gestione per le Aziende Termali

– All’Ente Autonomo di Gestione per il Cinema

– All’Ente Autonomo di gestione delle partecipazioni del fondo per il I.M.

– A tutte le aziende ed enti a partecipazione statale diretta

 

Questo Ministero ha già in altre occasioni sottolineato l’esigenza di curare con particolare attenzione e sollecitudine i rapporti tra le aziende a partecipazione statale ed i lavoratori da esse dipendenti. Tale esigenza merita di essere presa in considerazione soprattutto nel momento presente, essendo evidente che la possibilità di attuare determinati obiettivi di sviluppo economico e di avanzamento sociale dipende in larga misura da una sempre maggiore estensione dei consensi nell’opinione pubblica e dall’atteggiamento delle masse lavoratrici.

 

In passato, allo scopo di agevolare il formarsi di un clima di positiva collaborazione in seno alle aziende, il Ministero delle Partecipa­ zioni statali non ha mancato di prendere alcune iniziative innovatrici rispetto alla politica del lavoro (come ad esempio, l’abolizione della clausola del nubilato, alla quale si riferiscono le direttive emanate con la circolare del 26 giugno 1961), né ha omesso di sollecitare le direzioni delle imprese a agevolare il formarsi di un clima di positiva collaborazione in seno alle aziende. Nel medesimo spirito è stato seguito costantemente lo svolgimento delle controversie di ordine sindacale, al fine di facilitarne la conclusione secondo un metro confo1me alla natura e al carattere delle aziende a partecipazione statale.

 

Nel momento attuale le necessità ora richiamate devono essere tenute presenti in vista della politica di piano verso la quale intende orientarsi l’attività dell’attuale Governo. Anche in relazione a tale prospettiva va considerata l’importanza della creazione delle condizioni più opportune affinché la vita sindacale, pur nella dialettica ad essa propria, sia sensibile adeguatamente ai rapporti tra gli interessi particolari e di categoria, da una parte, e gli interessi generali, dall’altro canto.

 

Poste tali premesse, si ritiene opportuno di invitare gli enti e le aziende cui lo scrivente si rivolge a voler esaminare con la maggiore cura alcuni problemi concernenti i rapporti di lavoro fermando l’attenzione sopra i punti qui di seguito indicati, che possono costituire un primo orientamento suscettivo di ulteriori approfondimenti ed allarga­ menti, sulla base dei risultati delle esperienze, che in parte integre­ ranno analoghe iniziative già attuate in diverse aziende industriali.

a) Possibilità di consentire alle organizzazioni sindacali di usare di appositi locali nell’interno delle aziende, compatibilmente con la mate­ riale disponibilità di spazi adatti nei singoli stabilimenti.

b) Facoltà per le organizzazioni sindacali di affiggere nei locali del­ l’impresa appositi albi per le comunicazioni ai propri dipendenti.

c) Esonero dal lavoro, per alcune ore della settimana, di un diri­ gente di ciascun sindacato, al fine di consentirgli di assolvere i propri .

d) Riscossione per conto dei sindacati, mediante trattenute sul salario e sullo stipendio, delle quote di A tal fine, data la necessità di tutelare la libertà di decisione dei singoli lavoratori, riguardo all’attuazione delle trattenute che interessano ciascuno di essi, potrebbe ricorrersi al metodo delle deleghe individuali, da rimettersi alle direzioni aziendali da parte delle varie associazioni sindacali.

 

L’accoglimento di queste istanze e di altre analoghe che potranno essere indicate successivamente, mentre non dovrebbe influire sull’ordine e sulla regolarità della vita aziendale, potrebbe facilitare l’auspicato inizio di un dialogo costruttivo tra i sindacati e le direzioni delle aziende a partecipazione statale.

 

Si confida che quanto precede sarà preso in attenta considerazione e si resta in attesa di conoscere le determinazioni che verranno assunte di volta in volta e di ricevere comunicazioni di eventuali valutazioni o esperienze.

 

IL MINISTRO                                                                f.to: BO

 

Di cosa parliamo quando parliamo di contrattazione di produttività? Parte I – La normativa di incentivazione

Di cosa parliamo quando parliamo di contrattazione di produttività?  Parte I – La normativa di incentivazione

Bollettino ADAPT 5 maggio 2025, n. 17

 

Da un punto di vista fisiologico tutto il processo di contrattazione collettiva persegue, più o meno direttamente, obiettivi di produttività. Non è tuttavia sempre chiaro, neppure tra gli operatori e gli attori del nostro sistema di relazioni industriali, cosa si intenda con il termine «produttività» (vedi P. Tomassetti, Di cosa parliamo quando parliamo di produttività?, in Bollettino ADAPT dell’8 marzo 2017) e, soprattutto, come questo obiettivo venga di fatto perseguito tanto dalle parti sociali che dal legislatore. È pertanto opportuno, periodicamente, fare il punto della situazione su una tematica così centrale per la crescita e, conseguentemente, anche per i relativi processi redistributivi che in Italia, come mostra il trascinarsi da decenni della questione salariale, non trovano allo stato risposte soddisfacenti (vedi già le osservazioni critiche raccolte in Contrattazione e produttività: analisi e proposte del gruppo FareContrattazione, in Bollettino ADAPT del 19 ottobre 2016).

 

In questa direzione un primo contributo, oggetto di questo breve intervento, può essere rivolto alla normativa di sostegno e incentivazione economica alla contrattazione di produttività intesa in senso lato. Non fosse altro per tornare a ribadire, come gruppo di ricerca di ADAPT, l’assenza nel nostro Paese di un affidabile sistema di monitoraggio e verifica degli effetti delle ingenti risorse pubbliche destinate a questo obiettivo attraverso il sostegno della contrattazione di secondo livello.

 

All’obbligo di deposito del testo contrattuale, come condizione per il godimento del beneficio fiscale o contributivo, non fa infatti seguito alcun monitoraggio di tipo qualitativo, tanto a livello macro che micro, sugli effetti delle misure di incentivazione. Nessun attore istituzionale ha sviluppato analisi sistematiche sui testi contrattuali e anche i soggetti che seguono, attraverso una periodica reportistica, la materia della contrattazione aziendale non hanno sin qui realizzato vere e proprie indagini campionarie sul fenomeno, seppure tutti convengano che i nodi del nostro sistema di relazioni industriali restino quelli della bassa produttività e dei bassi salari. A mancare è anche la chiarezza sulle diverse misure e sui rispettivi obiettivi fissati dal legislatore.

 

Il fenomeno non ha origini recenti. Accanto a isolate esperienze aziendali e settoriali (vedi diffusamente il numero monografico di Diritto delle Relazioni Industriali del 1991 sulla retribuzione ad incentivi) il tema entra a pieno titolo nella riforma degli assetti contrattuali avviata con il Protocollo Ciampi-Giugni del 23 luglio 1993 che assegna al livello decentrato la funzione di stabilire «erogazioni (…) strettamente correlate ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi, concordati tra le parti, aventi come obiettivo incrementi di produttività, di qualità ed altri elementi di competitività (…) nonché ai risultati legati all’andamento economico dell’impresa».

 

È tuttavia il rapporto finale del 1997 della Commissione incaricata del monitoraggio del protocollo del 1993 a segnalare persistenti limiti allo sviluppo della contrattazione aziendale e la difficoltà nel nostro Paese di avviare una vera contrattazione di produttività. Nel rapporto si legge, in particolare: «viene unanimemente riconosciuto che questo assetto contrattuale ha conseguito, in larga misura, gli obiettivi che si era prefisso in termini macroeconomici. In particolare, il contratto collettivo nazionale di lavoro (ccnl) ha garantito le retribuzioni in termini reali redistribuendo anche, a seconda dei settori o dei comparti, una quota della produttività prodotta dal sistema. Questo risultato si è combinato con un più stretto controllo a livello centrale della contrattazione decentrata finalizzato a raggiungere gli obiettivi di politica dei redditi e a difendere l’occupazione, particolarmente in una fase di ristrutturazione dell’apparato produttivo del nostro Paese. Insufficienti appaiono invece i risultati ottenuti a livello microeconomico. La contrattazione decentrata (aziendale o territoriale) che doveva accrescere la variabilità della retribuzione, concorrendo così ad una maggiore flessibilità del sistema, è stata quantitativamente e qualitativamente insufficiente ed insoddisfacente, anche per la tardiva e limitata applicazione dell’incentivazione contributiva prevista. Il contratto decentrato è stato in larga misura caratterizzato da erogazioni di tipo tradizionale, non collegate a parametri oggettivi di produttività, redditività, qualità per diverse ragioni: vischiosità delle prassi precedenti, impreparazione “culturale” dei soggetti negoziali decentrati, resistenza ad allargare le materie oggetto di contrattazione (ad es., all’organizzazione del lavoro), mancanza di strutture – anche organizzative – adeguate (si pensi alla contrattazione territoriale)».

 

Da qui un ripensamento delle misure di incentivazione della contrattazione di produttività rispetto alla originaria previsione di cui al decreto legge n. 499 del 1996 che conteneva un primo esempio di incentivazione della contrattazione decentrata, stabilendo l’esclusione dalla retribuzione imponibile delle «erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali, (…) delle quali sono incerti la corresponsione o l’ammontare e la cui struttura sia correlata dal contratto collettivo medesimo alla misurazione di incrementi di produttività, qualità ed altri elementi di competitività assunti come indicatori dell’andamento economico dell’impresa e dei suoi risultati» (art. 5). Ulteriori sgravi contributivi erano poi stati definiti, ma anche in questo caso senza un reale impatto sulle dinamiche della contrattazione collettiva, con la legge n. 247 del 2007 che prevedeva, per l’incentivazione della contrattazione di secondo livello, la decontribuzione di quelle stesse erogazioni già citate nel 1996 (si vedano in questo senso anche L. n. 92/2012, D.M. 27 dicembre 2012, circolare INPS n. 73 del 2012; per le modalità di concreta fruizione dello sgravio, invece, il messaggio INPS del 20 settembre 2013, n. 14855).

 

Una svolta si ha, almeno sul piano della tecnica normativa, soltanto a partire dal 2009 quando si stabilisce una riduzione dell’imposta Irpef e delle addizionali per le somme erogate a livello aziendale «in relazione a incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa e altri elementi di competitività e redditività legati all’andamento economico dell’impresa» (decreto-legge n. 93/2008, convertito poi nella L. n. 126 del 24 luglio 2008, Legge di Stabilità 2009, art. 2 co. 1 lett. c).

 

Con questa proposta, presentata in via sperimentale, viene disciplinata per la prima volta una forma di agevolazione fiscale delle somme di ammontare variabile previste per i lavoratori al livello aziendale dei contratti collettivi. In questa fase, il totale annuo detassabile si attesta su 3.000 euro ed il vantaggio viene garantito esclusivamente ai lavoratori in possesso, nell’anno precedente a quello nel quale si usufruisce della tassazione agevolata, di un reddito da lavoro dipendente inferiore a 30.000 euro. È però dal 2010 che queste misure vengono strutturate in maniera più stabile e precisa, indicando la contrattazione decentrata come sede elettiva per concordare l’erogazione di premi di risultato assoggettabili ad una tassazione di favore (aliquota del 10%). Infatti, il d.l. n. 78/2010 (art. 53, co. 1, poi convertito nella L. n. 220/2010) prescrive una vera e propria detassazione dei premi di risultato.

 

Anche nel 2011 la normativa è stata oggetto di proroghe, che non ne hanno alterato la struttura normativa ma solo le quantità economiche, ad esempio il reddito da lavoro dipendente necessario per accedere alla misura, che viene innalzato a 40.000 euro. Nel 2012 con la legge n. 183 del 2011 (legge di Stabilità 2012) questo istituto viene nuovamente prorogato abbassando però a 2.500 euro annui l’importo detassabile e stabilendo in 30.000 euro il reddito da lavoro dipendente di riferimento. Nel 2013 l’impianto normativo subisce, invece, significative modifiche migliorative: il comma 481, dell’articolo 1, della L. n. 228 del 2012 (legge di Stabilità 2013) prevede uno stanziamento pari a 950 milioni di euro nel 2013 e 600 nel 2014. Salvo poi l’anno 2015, nel quale l’agevolazione non è stata finanziata e quindi è rimasta inattiva, a partire dal 2016 il legislatore ha continuato a prorogare annualmente questi vantaggi fiscali.

 

Già in questa fase erano tuttavia persistenti le denunce circa la scarsa effettività ed efficacia della misura a partire dalla assenza di un reale meccanismo di monitoraggio. Bastava in effetti scorrere i principali accordi di detassazione sottoscritti in questa fase per rendersi conto di come il provvedimento, pur contribuendo positivamente a ridurre il peso del cuneo fiscale sulle buste paga dei lavoratori, non avesse sostenuto veri e propri incrementi di produttività concordati a livello territoriale o aziendale. La gran parte degli accordi oggetto di analisi sono anzi risultati fotocopie l’uno dell’altro (vedi F. Fazio, M. Tiraboschi, Una occasione mancata per la crescita Brevi considerazioni a proposito della misura di detassazione del salario di produttività, in Bollettino ADAPT del 19 dicembre 2011)

 

Il quadro  non cambia con l’ultima innovazione normativa, che corrisponde alla attuale configurazione della misura, contenuta nell’articolo 1, ai commi da 182 a 191, della Legge n. 208 del 2015 (Legge di stabilità 2016) per cui – secondo le ultime modifiche apportate (si veda la Tabella 1) – «sono soggetti a una imposta sostitutiva dell’imposta, sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 5 per cento (triennio 2025-2027), entro il limite di importo complessivo di 3.000 euro lordi, i premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili (…), nonché le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa» (comma 182). Che questi incentivi economici non abbiano inciso in modo rilevante rispetto all’obiettivo di strutturare a livello collettivo una forma di retribuzione variabile legata ad obiettivi specifici (produttività, redditività, qualità, efficienza, innovazione) lo dimostrano le successive verifiche empiriche fatte dal gruppo di ricerca di ADAPT (vedi in particolare P. Tomassetti, Detassazione 2016: il ritorno degli accordi “fotocopia”di livello territoriale, in Bollettino ADAPT del 19 ottobre 2016) e documentate puntualmente con i Rapporti ADAPT sulla contrattazione in Italia.

 

Da qui l’urgenza di riprendere in mano il tema della contrattazione incentivata di produttività non solo per meglio capire, con ulteriori verifiche empiriche, utilità e impatto delle ingenti misure premiali previste dal Legislatore, ma anche per valutare l’esistenza di possibili soluzioni alternative ovvero l’adozione di accorgimenti tecnici utili ad ancorarle in modo più perentorio ai condivisibili obiettivi contenuti nella astratta previsione normativa.

 

Giulia Comi

PhD Candidate – ADAPT Università di Siena

@giulphil

 

Michele Tiraboschi

Università di Modena e Reggio Emilia

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è X-square-white-2-2.png@MicheTiraboschi