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Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/245 – Il rinnovo del CCNL Logistica, trasporto merci e spedizioni: maggiore flessibilità e inclusione per affrontare le sfide operative

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/245 – Il rinnovo del CCNL Logistica, trasporto merci e spedizioni: maggiore flessibilità e inclusione per affrontare le sfide operative

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 9 dicembre 2024, n. 44

 

Contesto del rinnovo

 

Il 6 dicembre 2024 è stata sottoscritta l’ipotesi di accordo di rinnovo del CCNL Logistica, trasporto merci e spedizioni, che interessa oltre un milione di lavoratori. Un accordo che ha visto la luce dopo 9 mesi di trattative tra i protagonisti del complesso sistema di relazioni industriali che caratterizza il settore: 24 associazioni datoriali (tra cui Assologistica, e Fedit assistite da Confetra) e 3 sigle sindacali (Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti).

L’accordo – che ha portato al ritiro da parte delle OO.SS dello sciopero previsto per il 9 e 10 dicembre 2024 – scadrà il 31 dicembre 2027.

 

Parte economica

 

È previsto un aumento contrattuale complessivo di 260 euro per il personale viaggiante (livello B3) e di 230 euro per il personale non viaggiante (livello 3s). Entrambi gli aumenti sono composti da 140 euro di minimo tabellare e la restante parte di EPA (Elemento Professionale d’Area), il quale avrà effetto su tutti gli istituti contrattuali e di legge.

L’incremento retributivo verrà erogato attraverso la seguente scansione temporale:

– per il personale viaggiante, 1° gennaio 2025 (90 euro minimo tabellare e 40 euro EPA), 1° gennaio 2026 (40 euro minimo tabellare), 1° gennaio 2027 (40 euro EPA), 1° giugno 2027 (10 euro minimo tabellare e 40 euro EPA);

– per il personale non viaggiante, 1° gennaio 2025 (90 euro minimo tabellare e 30 euro EPA), 1° gennaio 2026 (40 euro minimo tabellare), 1° gennaio 2027 (30 euro EPA), 1° giugno 2027 (10 euro minimo tabellare e 30 euro EPA).

 

A decorrere dal 1° gennaio 2025, cesserà di essere corrisposta l’ICE (Indennità di Copertura Economica) prevista dall’accordo del 19 marzo 2024.

 

Contestualmente le Parti, con l’obiettivo di salvaguardare il potere delle retribuzioni dei lavoratori del settore riferito al periodo di vigenza contrattuale del rinnovo in commento, si danno atto che, ai fini del prossimo rinnovo della parte economica la nuova base di computo su cui calcolare gli aumenti sarà pari a euro 2.207,00 mensili riferita al 3° livello super e a euro 2.237,00 mensili riferiti alla qualifica 3 parametro B per il personale viaggiante.

 

Come si legge dall’accordo, le Parti si impegnano inoltre a correggere tempestivamente eventuali errori materiali presenti nelle tabelle allegate nonché a definire le tabelle aggiornate del costo del lavoro del personale viaggiante e non viaggiante derivante dal presente CCNL e a darne tempestiva comunicazione al Ministero del Lavoro per la pubblicazione del relativo decreto.

 

Parte normativa

 

La parte normativa del rinnovo disciplina alcuni e diversi importanti aspetti. Innanzitutto, nel Capitolo I dedicato alle Relazioni Industriali, prima della già prevista “Commissione nazionale per le pari opportunità” viene introdotto un paragrafo rubricato “Pari Opportunità” in cui, riconoscendo la necessità di un cambiamento culturale diretto a garantire la valorizzazione delle diversità, promuove l’introduzione di misure, anche tramite gli Enti bilaterali previsti dal CCNL, finalizzate a riconoscere pari opportunità e tutele. Tra queste rilevano: forme di flessibilità degli orari e organizzazione del lavoro, part-time reversibile; progetti di formazione per reinsediamento di lavoratrici madri o lavoratori padri dopo il periodo di congedo nel rispetto della professionalità acquisita; costituzione dei comitati pari opportunità territoriali; iniziative volte a ridurre l’entità del divario di genere quali ad esempio la certificazione ai sensi della norma UNI/PdR125:2022.

 

Emblematica, rispetto all’evoluzione tecnologica che sta subendo da anni il settore, è la revisione dei profili professionali, contenuti nell’art. 6 del CCNL rubricato “Classificazione del personale”. A tal proposito, infatti, i principali interventi di modifica sono diretti all’introduzione di figure con competenze informatiche e tecnologiche, dai responsabili (a mero titolo esemplificativo: Responsabile ICT, Responsabile dei sistemi di elaborazione e delle nuove tecnologie, Responsabile informatico dell’automazione, Responsabile acquisti tecnologici, Responsabile e-commerce, Responsabile big-data, etc) all’operaio addetto alla risoluzione di problematiche relative ai mezzi di movimentazione e ai sistemi tecnologici. Tra i nuovi profili professionali di particolare interesse risultano altresì il c.d. Logistic engineer, in quanto responsabile della gestione del controllo del flusso delle merci e del ciclo produttivo e dell’organizzazione dei magazzini nonché la figura del Mediatore culturale al fine di favorire la comprensione e la comunicazione tra individui e gruppi, spesso appartenenti a diverse culture, lingue e religioni.

 

Particolare spazio viene dato all’introduzione delle misure dirette ad una maggiore flessibilità, con l’obiettivo di affrontare le complesse sfide operative cui il settore è quotidianamente esposto. In questa prospettiva non mancano interventi sull’orario di lavoro sia per il personale non viaggiante (art. 9) che viaggiante, per il quale viene rivista la procedura di applicazione del regime orario di 47 ore di lavoro ordinario settimanale nel caso di impiego in mansioni discontinue (artt. 11bis e 11 quinquies).

In particolare, per il personale non viaggiante (art. 9) viene prevista la possibilità di modificare l’orario di lavoro per esigente tecniche, organizzative, produttive aziendali, al termine del trimestre o del maggior periodo inizialmente comunicato attraverso ulteriore esame preventivo fra azienda e RSA/RSU, OO.SS stipulanti il CCNL e territorialmente competenti. Inoltre viene introdotto il c.d. “ritmo rotativo” continuo o discontinuo, il quale comporta la necessità di compiere un lavoro a ore differenti su un periodo determinato di giorni o di settimane, per i lavoratori turnisti. Interventi volti ad una maggiore flessibilità e inclusione possono essere rintracciati anche nella disposizione inerente alle assenze, permessi e congedo matrimoniale (art. 20). Il riferimento è, nello specifico, alle misure volte a riconoscere permessi retribuiti in caso di decesso o grave infermità del convivente more uxorio entro il II grado (logica che ritroviamo anche nell’art. 20bis in merito alle ferie solidali) nonché all’inclusione dell’affido e dell’azione tra le cause che permettono di fruire di permessi in occasione della nascita. Viene inoltre esteso il preavviso necessario (da 10 a 30 giorni) per richiedere il congedo matrimoniale (che resta di 15 giorni di calendario).

 

Ancora in una prospettiva di maggiore flessibilità, nella sezione dedicata al “Mercato del lavoro”, fin dalle premesse viene disciplinata, in aumento, la percentuale del 41% come soglia massima di lavoratori assunti con contratti atipici (tempo determinato, somministrazione, tempo parziale) rispetto ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato al livello aziendale (resta invece ferma la soglia massima del 47% al livello di ogni unità produttiva / sito aziendale). Tuttavia, come disciplinato dall’art. 55 in materia di contratto di lavoro a tempo determinato, viene inserita una deroga rispetto alla percentuale del 41% di cui sopra, prevedendo che in fase di start up per i primi due anni di avvio della nuova attività lavorativa tali limiti possono essere elevati con accordo sindacale con le OO.SS territoriali stipulanti il CCNL in parola congiuntamente alle RSU in funzione delle specifiche esigenze aziendali (ulteriore deroga con possibilità di aumentare tale percentuale fino al 44% o 48% viene disciplinata a fronte di specifiche condizioni anche per la stipula di contratti a tempo parziale ai sensi dell’art. 56). Ulteriori interventi sono stati effettuati in materia di contratto a tempo determinato, tramite la disciplina delle attività di autotrasporto con carattere di stagionalità (a mero titolo esemplificativo: attività legate al settore agricolo, a incrementi di volumi concentrati in particolari periodi dell’anno, al turismo, etc) per le quali viene prevista una durata complessiva massima di sei mesi per ogni singolo contratto, ivi comprese eventuali proroghe. In tal caso, il periodo di prova per tali lavoratori (che mantengono il diritto di precedenza) è ridotto del 50% rispetto a quello stabilito dal CCNL per la generalità dei lavoratori.

 

Non sono mancati, inoltre, interventi volti a migliorare il sistema – tanto complesso quanto discusso – in merito alla gestione degli appalti e, più in generale, delle esternalizzazioni.

A tal proposito viene modificato l’art. 42 rubricato ora “Appalto di lavori di logistica, facchinaggio, movimentazione – cambi appalto – clausola sociale – qualificazione della filiera”. Oltre ad aggiungere la locuzione “qualificazione della filiera” in virtù dei frequenti processi di esternalizzazione cui è esposto il settore in parola, viene modificata la disposizione, contenuta nel comma 2, inerente agli affidamenti tra consorzio e consorziata. Nel caso di specie la previsione per cui l’affidamento tra i due soggetti appena richiamati non costituisce subappalto viene estesa anche alle imprese facenti parte dello stesso gruppo societario ai sensi degli artt. 2359 e 2497 c.c. purché l’impresa controllata venga indicata in modo esplicito e stabile al momento della stipula del contratto di appalto e che la stessa possegga tutti i requisiti previsti dal CCNL per i soggetti economici affidatari, fermo restando la responsabilità solidale ex art. 29, d.lgs. n. 276/2003. A tal proposito, con l’obiettivo di aumentare il livello di qualificazione dei soggetti coinvolti, gli appaltatori dovranno possedere determinati requisiti, tra cui: idoneità tecnica e professionale (che comprende non solo la necessità di disporre di attrezzature e mezzi adeguati e idonei ma anche l’assenza di provvedimenti sospensivi, interdittivi e condanne passate in giudicato per reati connessi all’esercizio dell’attività imprenditoriale, oltre al possesso della certificazione antimafia); capacità finanziaria-economica ed adeguati assetti organizzativi e amministrativi; documentazione comprovante il rispetto della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro (DVR, indicazione delle figure del sistema prevenzionistico, etc.) nonché della regolarità contributiva e fiscale (DURC e DURF). Inoltre, in caso di cambio appalto, se l’azienda appaltante non applica il CCNL Logistica, trasporto merci e spedizione, il rinnovo contrattuale prevede la necessità che la comunicazione alle OO.SS stipulanti il presente CCNL dovrà essere inviata dall’azienda cessante e/o da quella subentrante. Limitatamente ai commi da 3 a 10, l’art. 42 si applica anche in caso di cambio di fornitore dei servizi di distribuzione urbana delle merci mediante contratto di trasporto (art. 11 quinquies).

 

Un importante intervento di sistema è stato apportato all’art. 46 in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, precedentemente rubricato “Rappresentante per la sicurezza”. Nel caso di specie, tenuto conto dell’eterogeneità delle filiere e della compresenza di molteplici attività legate anche a diverse organizzazioni del lavoro, come nel caso di appalti e subappalti, le Parti istituiscono una nuova figura prevenzionistica: il c.d. RLS di sito (nuovo art. 46 bis). Oltre a sottolineare l’importanza dell’aggiornamento della informazione e della formazione dei lavoratori e delle lavoratrici, anche in relazione all’insorgenza di nuovi rischi, particolare attenzione viene dedicata a temi innovativi legati tanto all’ambiente quanto al benessere dei lavoratori in una concezione olistica, come nel caso della previsione, all’interno dei DVR delle temperature elevate a fronte degli effetti dei cambiamenti climatici e dello stress lavoro-correlato. In questa prospettiva si inseriscono anche gli interventi di revisione dell’art. 48 (Molestie sessuali sui luoghi di lavoro – violenza di genere), in cui viene dedicata particolare attenzione a quelle che vengono considerate molestie prevedendo dei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, tra cui l’astensione dal lavoro per un periodo massimo di cinque mesi (congedo retribuito), nonché l’adozione di campagne di formazione mirate a prevenire e contrastare comportamenti indesiderabili, connotabili come discriminazioni, violenze e molestie sessuali, psicologiche e morali.

 

Un altro fenomeno centrale per il settore in parola è l’assenteismo (disciplinato all’art. 54 bis), su cui sono stati effettuati perlopiù interventi di razionalizzazione della materia. Nel caso di specie tramite il rinnovo del CCNL rimane un’unica misura volta a disincentivare tale fenomeno prevedendo che per le assenze dovute a malattia che iniziano il giorno precedente o successivo a giornate non lavorative, a partire dal 1° gennaio 2025, il trattamento economico complessivo della malattia riguardante i primi tre giorni prevedrà una riduzione progressiva dell’integrazione cui è tenuta l’azienda al verificarsi dal quarto evento di malattia (computato in un anno di calendario) che inizia il giorno successivo a giornate non lavorative (fermo restando specifici eventi morbosi certificati tramite documentazione ufficiale redatta da un medico o un ente sanitario autorizzato).

 

Di particolare interesse risulta essere l’introduzione di un articolo dedicato al lavoro agile ai sensi della l. 81/2017, precedentemente non disciplinato, in cui si richiamano alcuni concetti centrali per l’istituto: dalla necessità di garantire una alternanza tra lavoro in struttura e lavoro da remoto, alla flessibilità organizzativa del lavoro e al bilanciamenti dei tempi di vita e di lavoro, fino al rispetto delle normative in materia di trattamento dati e salute e sicurezza sul lavoro, ivi comprese le disposizioni di cui al d.lgs. n. 81/2008 in relazione alle prestazioni rese al di fuori dei locali aziendali. Parallelamente all’introduzione della nuova disciplina in materia di lavoro agile, fermo restando l’esplicita indicazione che restano in vigore tutti gli accordi sottoscritti in materia di Smart Working – Lavoro agile, viene prevista altresì una disposizione sul diritto alla disconnessione, specificando che la fascia di disconnessione inizia al termine della prestazione lavorativa e termina con la ripresa dell’attività lavorativa del giorno seguente nonché durante la pausa pranzo, nei giorni festivi o in occasione del godimento di assenze retribuite e non previste dal CCNL e dalla legislazione vigenze (salvo il personale con funzioni direttive, compresi i quadri e i proposti alla direzione tecnica o amministrativa, il personale viaggiante nonché quanto previsto dagli artt. 67 e 76 in materia di reperibilità).

 

Da ultimo, sono state apportate modifiche alla disposizione del CCNL inerente ai “Diritti e doveri del lavoratore – provvedimenti disciplinari – licenziamento” (art. 32) nonché al “Preavviso di licenziamento e di dimissioni (art. 36), introducendo altresì, in capo alle aziende, un onere di comunicazione verso le RSA/RSU, OO.SS stipulanti il CCNL, sul tipo di assicurazione stipulata, i relativi importi delle franchigie per danno ed eventuali clausole di contratto.

 

Valutazione d’insieme

 

Fermo restando la centralità della parte economica e dei relativi aumenti ivi disciplinati, le modifiche introdotte alla parte normativa sembrano rispondere – almeno in parte – a molte delle esigenze segnalate da tempo nel settore Logistica, trasporto merci e spedizioni. Se infatti il settore è caratterizzato da un alto tasso di complessità ed eterogeneità a partire dall’ampia gamma di soggetti coinvolti (basti pensare alle molteplici sigle datoriali che sottoscrivono il CCNL e alla complessa struttura dello stesso che si compone di una parte generale e di una parte speciale con quattro diverse sezioni: Trasporto merci, Assologistica, Cooperazione, Artigiana) appare ormai innegabile il ruolo strategico che tale settore, ormai da molti anni, riveste nell’economia italiana e che, sempre più frequentemente, necessità di maggiore flessibilità al fine di gestire le quotidiane sfide operative.

 

In tal senso appare peculiare, oltre ai richiamati interventi normativi su quella che potremmo definire “pura flessibilità” (dall’orario di lavoro al ricorso a contratti di lavoro atipici) e che cercano di rispondere ad un crescente e attuale bisogno di regolarizzare il settore (il riferimento è in particolare agli appalti e alle esternalizzazioni, spesso oggetto di contestazioni), il tentativo di ampliare il campo di applicazione dello stesso CCNL, includendo tra le stesse anche le attività svolte dai corrieri espresso, dalle imprese svolgenti attività soggette all’autorizzazione postale generale, dalle aziende di trasloco, dalle aziende svolgenti attività di consegna e montaggio arredi e delle altre attività di logistica al di fuori della filiera del trasporto e della movimentazione merci.

 

Rimangono, tuttavia, degli aspetti che, pur essendo notoriamente percepiti come critici dagli addetti ai lavori, sembrano non trovare una ferma risposta nell’ambito del rinnovo in commento: sarà ora compito della contrattazione collettiva aziendale – nonostante la complessità delle relazioni industriali che caratterizzano il settore a questo livello – rispondere a tali sfide, come nel caso del contrasto all’assenteismo.

 

Giada Benincasa

Coordinatrice della Commissione di certificazione DEAL dell’Università di Modena e Reggio Emilia

@BenincasaGiada

 

La regolamentazione dell’apprendistato nei contratti collettivi nazionali di lavoro

La regolamentazione dell’apprendistato nei contratti collettivi nazionali di lavoro

 

Bollettino ADAPT 9 dicembre 2024, n. 44

 

Le disposizioni di legge in materia di apprendistato riconoscono da tempo un ruolo centrale all’azione delle parti sociali. Il decreto legislativo n. 81 del 2015 opera specifici rinvii alla contrattazione collettiva su una pluralità di materie e, in considerazione di ciò, l’INAPP nel compiere la sua attività di monitoraggio verso i contratti collettivi (vedi, in tema, M. Colombo, G. Impellizzieri, M. Tiraboschi, Dove va l’apprendistato? Osservazioni e proposte a partire dall’ultimo rapporto Inapp-Inps, Bollettino ADAPT 25 novembre 2024) verifica se ed in che modo le Parti sociali hanno sfruttato gli spazi di regolamentazione aperti dalla legge.

 

L’apprendistato tra legge e contrattazione collettiva

Gli spazi regolatori che il legislatore riconosce alle parti sociali in materia di contratto di apprendistato, salvo il rispetto di alcuni principi inderogabili, sono piuttosto ampi, ai sensi dell’art. 42, co. 5 secondo il quale la disciplina di questo istituto «è rimessa ad accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative». All’autonomia collettiva è affidata, soprattutto, la definizione dei moduli e formulari dei piani formativi individuali, i livelli retributivi degli apprendisti e le quote di stabilizzazione. Nel regolare la materia, devono comunque essere rispettati i principi stabiliti dall’art. 42, comma 5, d.lgs. 81/2015 che – fra gli altri – regola aspetti legati alla retribuzione (come il divieto di retribuzione a cottimo per l’apprendista), limita il sottoinquadramento (al massimo fino a due livelli inferiori rispetto a quello di destinazione) e impone almeno la presenza di un tutor o referente aziendale. La legge, inoltre, riconosce la facoltà alla contrattazione collettiva di individuare, «esclusivamente per i datori di lavoro che occupano almeno cinquanta dipendenti» (art. 42, comma 8, d.lgs. 81/2015), limiti di contingentamento diversi da quelli legali. In ogni caso, titolari della contrattazione sono le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

 

Sono questi, del resto, gli ambiti rispetto ai quali il rapporto Inapp, al capitolo 3.5 dedicato a “La regolamentazione dell’apprendistato nei contratti collettivi nazionali di lavoro”, indaga se e come sono intervenuti i 148 rinnovi dei CCNL sottoscritti nel 2022. Sul punto, peraltro, va segnalata la scelta dell’Istituto di monitorare non solo gli accordi collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, cioè quelle selezionate dal legislatore per l’integrazione del dato di legge, ma l’universo dei rinnovi sopraggiunti nel 2022, senza distinguere le organizzazioni sindacali e datoriali firmatarie né indicando il codice alfanumerico Cnel che pur avrebbe permesso di “pesare” le tendenze della contrattazione collettiva così come individuate dal rapporto.

 

Il rapporto si limita ad indicare due settori prevalenti che si occupano dell’apprendistato. La maggiore diffusione della regolazione collettiva dell’apprendistato si registra soprattutto nel settore del Commercio, con 30 CCNL rinnovati in materia, seguito poi dal settore di Enti ed Istituzioni private (22 CCNL), dove a incidere non pare tanto l’attenzione degli attori della rappresentanza nei confronti dell’istituto quanto la (ben nota) proliferazione, non sempre genuina, di contratti collettivi di categoria in questi settori.

 

Cionondimeno, una segnalazione interessante di Inapp sul fenomeno emerge in ordine al dato della diminuzione del numero di contratti collettivi che non citano alcuna normativa inerente l’apprendistato o che rimandano a normative non più in vigore. Per contro, si rivela comunque in aumento il numero di CCNL che non regolano in alcun modo l’apprendistato (il numero da 33 è passato a 41). Questi CCNL identificano un’ampia percentuale pari al 28% del campione scelto dal Rapporto.

 

Larga parte di questi contratti collettivi (74 su 148) si occupano di disciplinare l’apprendistato professionalizzante e questo dato non ci stupisce affatto, poiché da anni ormai la tendenza del mercato del lavoro italiano mostra una netta prevalenza dell’utilizzo di questa forma di apprendistato sopra le altre due previste dalla legge.

L’apprendistato duale, cioè quello di primo e terzo livello, è regolato soltanto in 25 contratti sul totale del campione), tanto che una buona parte di questi contratti analizzati dà conto di una disciplina minima degli apprendistati duali e la totalità di questi non si discosta dalla percentuale di retribuzione prevista per legge a favore degli apprendisti.

 

La regolazione collettiva del rapporto di apprendistato

 

Il rapporto di monitoraggio si focalizza altresì su alcuni aspetti del rapporto di lavoro, evidenziando dove ed in che modo la contrattazione collettiva è intervenuta in maniera robusta ovvero ha provveduto ad effettuare semplici rinvii alle disposizioni nazionali o regionali che regolano la materia. Un primo elemento preso in considerazione è rappresentato dai sistemi di retribuzione prescelti dove si registra una presenza costante della disciplina predisposta dai CCNL.

L’art. 42, comma 5, lettera b, del d.lgs. n.81/2015, come anticipato, prevede la possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto a quello spettante in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro ai lavoratori addetti a mansioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al cui conseguimento è finalizzato il contratto di apprendistato (c.d. sotto-inquadramento) oppure in modo alternativo e non cumulativo, di stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale e proporzionata all’anzianità di servizio (c.d. percentualizzazione). Dall’analisi dei contratti collettivi presi a campione è emerso come per l’apprendistato scolastico o di primo livello e l’apprendistato professionalizzante o di secondo livello le parti sociali abbiano prediletto il sistema della percentualizzazione mentre al contratto di apprendistato di ricerca e alta formazione, o di terzo livello, venga applicato il sotto-inquadramento.

 

Indipendentemente dal meccanismo prescelto, si rileva come i CCNL esaminati prevedano una suddivisione in sottoperiodi, del periodo inerente alla formazione, a cui corrispondono o il sotto-inquadramento o la percentualizzazione; elementi questi che variano in aumento secondo il passare del tempo. I sottoperiodi sono considerati il più delle volte in annualità ma non mancano le ipotesi che si riferiscono invece a mesi o semestri.

La percentuale viene determinata sulla base di alcuni parametri come, ad esempio, la durata del percorso di apprendistato, e comunque va da un minimo del 45 % per i primi due anni ed un massimo del 70% per l’ultimo periodo, in caso di apprendistato di primo livello; mentre in caso di apprendistato professionalizzante si registrano percentuali più alte (in alcuni casi nell’ultimo periodo si arriva al 100%, ma non mancano anche casi contrapposti come un CCNL noleggio auto con conducente e le relative attività correlate, di cui non si conoscono le parti firmatarie, che stabilisce una percentuale minima del 20 % ed una massima del 50 %. Per quanto attiene all’erogazione del trattamento economico riferibile alla formazione interna, nessun contratto collettivo si discosta dalla percentuale del 10% di quella dovuta normalmente.

 

Altro profilo oggetto di attenzione in sede di negoziazione collettiva è rappresentato dalle clausole di stabilizzazione. Un grande numero di contratti collettivi non le disciplina, limitandosi a rinviare alla normativa di rango nazionale e a confermare la percentuale del 20 % di assunzione degli apprendisti il cui periodo di apprendistato si sia concluso nei 36 mesi precedenti. Fanno eccezione due CCNL del trasporto e uno del commercio che applicano rispettivamente le percentuali del 60%, 30% e 30% per le imprese che hanno alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori.

 

Residuale, invece, è l’attenzione verso i profili formativi dell’apprendistato. Sebbene il contratto di apprendistato sia uno schema contrattuale che si discosta dagli ordinari rapporti di lavoro subordinato in virtù delle finalità economiche ed occupazionali che persegue e soprattutto per essere un contratto a fasi successive dove la formazione riveste un ruolo determinante, si evidenzia come la figura del tutor o referente aziendale ed anche il profilo della formazione nella quasi totalità dei CCNL presi in esame vengano scarsamente disciplinate e la materia venga demandata alla regolazione normativa di rango nazionale. Tuttalpiù, si è evidenziato che nell’apprendistato professionalizzante il monte ore della formazione aziendale viene definito in base al livello di inquadramento oltre che alla durata del percorso di apprendistato. In argomento si è visto che ai livelli più bassi corrisponde un incremento del numero di ore di formazione.

 

Omogenea ed uniforme è la disciplina riferibile al part time in apprendistato dove tutti i CCNL, ad eccezione del settore alimentare che stabilisce la percentuale del 50 %, richiamano la regola per cui il part time non può essere inferiore al 60 % dell’orario normale.

Infine, si è registrato un incremento da parte della contrattazione collettiva nel valorizzare il ruolo degli enti bilaterali, anche se sul punto non si registrano particolari novità ad esclusione del CCNL Edilizia che fra i compiti assegnati all’ente prevede, oltre al monitoraggio delle esperienze di apprendistato, anche quello di divulgazione delle esperienze più rilevanti.

 

Conclusioni

 

In conclusione, l’analisi condotta evidenzia il ruolo centrale, ma ancora non pienamente sviluppato, della contrattazione collettiva nella regolamentazione del contratto di apprendistato. Sebbene il legislatore offra ampi spazi di intervento alle parti sociali, molti CCNL si limitano a recepire le norme di legge senza introdurre significative innovazioni, con una prevalenza di attenzione all’apprendistato professionalizzante rispetto alle altre tipologie. Tuttavia, emergono problematiche rilevanti, tra cui la crescita dei contratti che non disciplinano affatto l’apprendistato e l’assenza di un’effettiva attenzione ai profili formativi e al ruolo del tutor aziendale, elementi centrali per il valore educativo dell’istituto.

 

È comunque complesso, se non azzardato, sviluppare ulteriori riflessioni sui risultati del rapporto in commento alla luce dell’opacità della contrattazione collettiva presa in considerazione, degli attori i firmatari e del numero di lavoratori e imprese coinvolte, che rende praticamente impossibile valutare l’effettività e l’impatto delle regolamentazioni collettive.

 

Federica Chirico

Apprendista di ricerca ADAPT

@fedechirico

 

Giulia Comi

Apprendista di Ricerca ADAPT

@giulphil

 

Nicoletta Serrani

ADAPT Labour Lawyers associate

@Nicserrani

 

Le conciliazioni in sede sindacale tra “formalismi”, oneri probatori e contrattazione collettiva

Le conciliazioni in sede sindacale tra “formalismi”, oneri probatori e contrattazione collettiva

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Bollettino ADAPT 2 dicembre 2024 n. 43

 

Non sono passate di certo inosservate le recenti pronunce della Corte di Cassazione riguardanti i presupposti affinché una conciliazione esperita in sede sindacale possa sortire gli effetti previsti dall’art. 2113, comma 4 cod. civ. e cioè l’inoppugnabilità delle rinunce e delle transazioni concordate dalle parti. I nuovi approdi giurisprudenziali, infatti, stanno facendo discutere tutti gli attori coinvolti nei processi di negoziazione dei c.d. verbali tombali, cioè quegli accordi in cui le parti del rapporto di lavoro dirimono in via definitiva ogni lite in occasione della relativa cessazione.

 

Con ordinanza 18 gennaio 2024, n. 1975, la Corte di Cassazione ha ritenuto che non sia necessario che la conciliazione sia sottoscritta presso una sede sindacale intesa nella sua dimensione “materiale”, essendo piuttosto sufficiente che il lavoratore (o la lavoratrice) sia pienamente informato e reso consapevole da un sindacalista circa le conseguenze giuridiche derivanti dalla sottoscrizione dell’accordo. In altri termini, ciò che è essenziale, ai fini della validità di una conciliazione in sede sindacale e della produzione degli effetti previsti dall’art. 2113, comma 4 cod. civ., è che il sindacalista aiuti il lavoratore a comprendere e valutare la convenienza dell’accordo rispetto all’oggetto della lite, accertandosi che la sua volontà non sia stata coartata o condizionata (anche) dal datore di lavoro. In tale quadro, nell’ordinanza la Corte precisa che la sede sindacale nella sua accezione fisico-topografica non rappresenterebbe un requisito formale ma solo “funzionale” ad assicurare al lavoratore l’esercizio di un libero convincimento, senza alcun condizionamento (cfr. punto 5 dell’ordinanza). Se, però, il lavoratore ha effettivamente ricevuto una adeguata assistenza sindacale, il fatto che poi l’accordo sia stato sottoscritto presso la sede aziendale (nel caso di specie, uno studio oculistico) non rileva, con conseguente idoneità dell’accordo a produrre l’effetto dell’inoppugnabilità previsto dall’art. 2113, comma 4 cod. civ.

 

Sennonché, qualche mese dopo, la Suprema Corte è ritornata sulla questione: nella ordinanza 15 aprile 2024, n. 10065, gli ermellini hanno sostenuto che la conciliazione in sede sindacale non può essere validamente conclusa presso la sede aziendale, non potendo quest’ultima essere annoverata tra le sedi protette. Secondo la Corte, i luoghi designati dall’art. 2113, comma 4 cod. civ.  sono tassativi e non ammettono alternative, «sia perché direttamente collegati all’organo deputato alla conciliazione e sia perché in ragione della finalità di assicurare al lavoratore un ambiente neutro» (cfr. punto 18 dell’ordinanza). Pertanto, la sede sindacale alla quale farebbe riferimento tanto l’art. 2113, comma 4 cod. civ. che l’art. 411, comma 3, cod. proc. civ., non va intesa solo come “luogo virtuale di protezione” del lavoratore, integrata dalla sola presenza del sindacalista, bensì anche come “luogo fisico-topografico”.

 

Nel registrare l’esistenza di due orientamenti tra loro parzialmente in contrasto – rispetto ai quali sarebbe auspicabile un intervento nomofilattico da parte della stessa Corte – v’è però da notare, in prima battuta, che l’eventuale verbale di conciliazione sottoscritto in una sede che non sia quella “fisica” dell’associazione sindacale non darebbe luogo automaticamente ad una invalidità dell’atto, essendo sempre possibile dimostrare che, in realtà, il lavoratore (o la lavoratrice) sia stato messo nelle condizioni di poter maturare il suo libero convincimento grazie ad una effettiva assistenza del sindacalista. È questa, del resto, la conclusione alla quale perviene l’ordinanza 18 gennaio 2024, n. 1975: se la conciliazione è stata conclusa nella sede sindacale intesa in senso “materiale”, posto che la prova della piena consapevolezza dell’atto dispositivo del lavoratore può dirsi in re ipsa o desumersi in via presuntiva «graverà sul lavoratore l’onere di provare che, ciononostante, egli non ha avuto effettiva assistenza sindacale»; diversamente, laddove la conciliazione sia stata conclusa in una sede diversa, l’onere della prova grava sul datore di lavoro, il quale deve dimostrare che, nonostante l’assenza di una sede protetta intesa in senso “fisico”, il lavoratore, grazie all’effettiva assistenza sindacale, ha comunque avuto modo di comprendere contenuto ed effetto delle dichiarazioni negoziali sottoscritte.

 

Posta in questi termini, dunque, la questione si sposterebbe semmai sull’eventuale ripartizione degli oneri probatori, anche perché non è sempre detto che per il solo fatto che la negoziazione dell’accordo si sia svolta presso una sede sindacale il lavoratore sia stato adeguatamente assistito ai fini del compimento delle dovute valutazioni che occorre fare in una fase in cui si sta per rinunciare definitivamente all’accertamento dei diritti connessi al rapporto di lavoro, molti dei quali inderogabili e quindi indisponibili. Pertanto, anche laddove dovesse accertarsi che la conciliazione sia stata conclusa non presso la sede sindacale ma in presenza di un sindacalista che abbia effettivamente assistito il lavoratore, l’accertamento dell’invalidità della conciliazione dipenderebbe dalla capacità del datore di lavoro di dimostrare che il lavoratore non ha subito alcun condizionamento e che sia stato adeguatamente assistito.

 

Inoltre, a non convincere del tutto il rigido orientamento assunto dalla Corte nella ordinanza 15 aprile 2024, n. 10065, sovviene la lettera della legge la quale, proprio con riferimento alla conciliazione in sede sindacale, riconosce un significativo spazio di regolazione alla contrattazione collettiva. L’art. 412-ter cod. proc. civ., infatti, prevede che la conciliazione può essere esperita «altresì presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative». Dunque, il contratto collettivo – a qualunque livello esso sia sottoscritto (nazionale, territoriale o aziendale) posto che la norma nulla dice al riguardo – ha il potere di definire delle modalità conciliative proprie, che possono anche prescindere dalla fisicità del luogo, purché idonee a tutelare la posizione di debolezza negoziale del lavoratore, dati gli effetti che scaturiscono da un accordo di conciliazione ex art. 2113, comma 4 cod. civ. È in questa cornice concettuale che deve essere ricondotto il recente accordo collettivo territoriale sottoscritto a Treviso il 22 ottobre 2024, da Confindustria Veneto Est e le confederazioni sindacali locali Cgil, Cisl e Uil. Coltivando legittimamente il rinvio che l’art. 412-ter cod. proc. civ. depone in favore della contrattazione collettiva, l’accordo prevede espressamente che per “sede sindacale” deve intendersi «qualunque luogo e/o locale», inclusi i locali dell’impresa, o quelli dell’associazione datoriale firmataria, «che sia concordemente individuato quale sede di stipulazione della conciliazione da parte del lavoratore, dell’organizzazione sindacale che lo assiste, del datore di lavoro e di Confindustria Veneto Est», se coinvolta.

 

Allo scopo di garantire un adeguato livello di tutela al lavoratore, l’accordo prevede che l’organizzazione sindacale che assiste il lavoratore debba poter essere messa al corrente del luogo ove si svolgerà la conciliazione, in modo tale da poter verificare preventivamente se vi siano i rischi di particolari condizionamenti del lavoratore. Non solo; a presidio di una maggiore tutela del lavoratore, l’accordo prescrive anche la necessaria e contestuale presenza del sindacalista nel medesimo luogo in cui si trova il lavoratore al momento della conciliazione, anche quando questa si svolga da remoto. L’accordo, dunque, definisce una procedura nel pieno rispetto degli spazi di regolazione che la legge affida all’autonomia collettiva, senza che da questa possano desumersi particolari vincoli spaziali o procedurali. È in questo senso che si giustifica la scelta delle organizzazioni sindacali di non porre l’accento sulla dimensione fisica del luogo ma sulle procedure, evidentemente consapevoli anche del fatto che l’unico precedente giurisprudenziale a propendere per una concezione anche “fisica” di sede sindacale riguarda un caso in cui le parti del rapporto avevano conciliato senza seguire delle procedure definite da alcun accordo o contratto collettivo, seguendo piuttosto la prassi (cioè conciliare presso i locali aziendali e in assenza di una disciplina collettiva di riferimento che autorizzi una tale procedura prevedendo delle contromisure).

 

Nicoletta Serrani

ADAPT Labour Lawyers associate

@Nicserrani

 

Salario minimo e contrattazione collettiva: spunti dal Rapporto UNI Europa “Time for action!”

Salario minimo e contrattazione collettiva: spunti dal Rapporto UNI Europa “Time for action!”

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

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Bollettino ADAPT 2 dicembre 2024 n. 43

 

Introduzione

 

L’articolo che segue si propone di analizzare il recente rapporto “TIME FOR ACTION!”, edito da UNI – Europa, la Federazione Sindacale Europea dei Servizi, che rappresenta in Europa 272 sindacati nazionali. Il report è inserito nell’ambito di un progetto più ampio, svoltosi da agosto 2022 ad agosto 2024 e coordinato dalla federazione, che è volto a individuare strategie per il rafforzamento della contrattazione collettiva nel settore dei servizi. Un obiettivo che, proprio con riferimento a questo ambito settoriale, assume una rilevanza centrale, considerato il tasso generalmente molto basso di copertura della contrattazione nei vari Paesi, in ogni caso ben al di sotto della soglia minima dell’’80% individuata dalla Direttiva UE 2022/2041 sui salari minimi adeguati.

 

Nel report è quindi fatta sintesi tra numerosi contributi di alcuni esperti nazionali sulla contrattazione collettiva e analisi di esperienze di policy attuate in diversi Stati europei, con l’obiettivo di arricchire il dibattito in merito alle strategie più efficaci da adottare a livello nazionale per lo sviluppo della contrattazione, nel solco degli obiettivi posti a livello eurocomunitario. Per fare ciò, sono individuati due macro – obiettivi: uno strutturale, cioè orientato all’apportare cambiamenti di policy volti a migliorare l’attività sindacale e i processi di sviluppo della contrattazione; uno culturale, volto allo sviluppo di una coscienza “comune”, nella società, sul valore del ruolo della contrattazione collettiva.

 

Il primo obiettivo è il più complesso da affrontare e si suddivide in tre ambiti d’intervento: l’incremento della capacità contrattuale degli attori coinvolti; la riforma dell’impianto normativo e organizzativo della contrattazione collettiva; l’efficacia e l’impatto degli accordi collettivi raggiunti. Tali ambiti sono a loro volta organizzati intorno a cinque aree tematiche, ricche di suggestioni e di proposte, su cui si sviluppa l’analisi. Parte delle misure suggerite dagli esperti sono riconducibili a un approccio più flessibile, il c.d. carrot approach (approccio della carota), altre invece a un approccio più incisivo, il c.d. stick approach (approccio del bastone).

 

Prima area d’intervento: capacità e forza contrattuale delle organizzazioni sindacali

 

Nella prima parte dell’analisi, vengono proposte alcune azioni di policy volte a rimuovere alcuni ostacoli che, attualmente, rendono più complesso l’esercizio delle attività delle organizzazioni sindacali.

 

In questa prospettiva, sono presentate alcune prime riflessioni in merito al requisito della rappresentatività, secondo il quale ai sindacati è riconosciuta la possibilità di negoziare i contratti collettivi nel caso in cui dimostrino di avere una certa consistenza e capacità di mobilitazione e di protezione degli interessi collettivi nel settore, territorio o azienda di riferimento. Il requisito della rappresentatività è disciplinato dai legislatori nazionali attraverso l’individuazione di soglie, le quali possono essere, a seconda dei casi, particolarmente stringenti (molto alte) o permissive (molto basse). Ognuna di queste eventualità può comportare problemi di natura diversa sul piano dell’azione sindacale: infatti soglie troppo alte renderebbero di fatto impossibile la partecipazione alla contrattazione delle organizzazioni; al contrario, soglie basse renderebbero troppo facile la costituzione di una rappresentanza e la partecipazione di questa al tavolo della contrattazione, aumentando così il rischio di yellow unions, ossia organizzazioni sindacali asservite agli interessi del datore di lavoro. Sulla scorta di alcune esperienze nazionali, vengono quindi suggeriti alcuni rimedi, che vanno dalla predisposizione di un sistema di rappresentatività automatica basato sulla firma di accordi collettivi (Croazia) alla creazione di un sistema di mutuo riconoscimento in cui gli accordi collettivi siano applicati a prescindere dal rispetto delle soglie di rappresentatività (Malta).

 

Una seconda questione problematica è rappresentata dalla presenza di discriminazioni sul luogo di lavoro: questo fattore può infatti ostacolare la partecipazione dei lavoratori alle organizzazioni sindacali, nel momento in cui vengano indotte le dimissioni o negate specifiche opportunità di carriera ai lavoratori sindacalizzati. Sono numerose le proposte di rafforzamento dei sistemi normativi che già prevedono sanzioni in merito, ad esempio attraverso l’estensione della protezione assicurata ai whistleblower e la predisposizione di politiche che portino alla stipulazione di patti a tutela della carriera.

 

Un terzo punto riguarda il tempo e le risorse a disposizione delle rappresentanze sindacali dei lavoratori per dirigere e organizzare le attività sindacali. In quest’ottica, si propone la disponibilità di utilizzo degli spazi e materiali aziendali (come uffici e computer), così come la previsione di aumenti salariali in virtù del numero di lavoratori rappresentati. È importante garantire ai rappresentanti l’incontro con i lavoratori, favorendone le condizioni, soprattutto in situazioni con un alto tasso di lavoratori da remoto, dispersi o mobili, ad esempio consentendo la presenza dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali al momento dell’assunzione, di modo da consentire la possibilità per il sindacato di farsi conoscere e da rendere consapevoli i lavoratori dei propri diritti.

 

Un quarto nodo problematico riguarda la costante presenza di forme di lavoro flessibile e precario, dato che i lavoratori assunti con tipologie contrattuali non standard sono disincentivati a unirsi alle organizzazioni sindacali.

 

Infine un tema critico che si riscontra in fase di applicazione degli accordi collettivi aziendali riguarda i soggetti beneficiari delle negoziazioni; di fatto gli accordi raggiunti ricadono sia sui lavoratori iscritti sia sui non iscritti, potendo così comportare una riduzione della partecipazione sindacale. Si tratta della questione dei c.d.free – riders, cioè dei lavoratori che non si iscrivono ai sindacati, potendo comunque beneficiare dei risultati delle negoziazioni. Per far fronte a questo nodo problematico, sono delineate tre possibili linee d’azione: limitare il costo dell’iscrizione ai sindacati, attraverso sgravi fiscali, indennità o rimborsi; prevedere “commissioni solidali” costituite da quote monetarie versate da ogni lavoratore e volte alla creazione di un fondo per la contrattazione collettiva che andrebbe a finanziare economicamente l’attività di contrattazione dei sindacati; prevedere l’applicazione degli accordi solo agli iscritti al sindacato firmatario, una soluzione che tuttavia sarebbe incostituzionale secondo gli ordinamenti di molti paesi. Infine una visione più stringente della tematica porterebbe alla creazione di un sistema obbligatorio d’iscrizione alle organizzazioni sindacali, così come attuato in Austria dove è prevista l’iscrizione obbligatoria dei lavoratori alla Camera del lavoro, la quale offre assistenza al lavoratore e fornisce servizi legali.

 

Seconda area d’intervento: il potere contrattuale e la partecipazione dei datori di lavoro alla contrattazione collettiva

 

Nell’ambito del report viene poi analizzata la questione del mandato delle organizzazioni datoriali, la cui mancanza mina la capacità (e volontà) dei datori di lavoro ad avviare le negoziazioni con le organizzazioni dei lavoratori. Problema urgente, soprattutto per le realtà multi –datoriali, che può essere risolto solo con l’intervento del’azione pubblica.

 

Su tale questione, sono suggerite due strategie di portata diversa.

 

L’approccio più morbido suggerisce l’introduzione di fondi, incentivi, co – finanziamenti, crediti fiscali e la possibilità di deroga ad alcune leggi, riconosciuti ai datori di lavoro che si impegnino attivamente nella contrattazione di settore. Tali incentivi hanno lo scopo di rendere disponibili maggiori risorse per i datori di lavoro, così che questi possano muoversi più liberamente nell’ambito delle regole poste attraverso la contrattazione collettiva. Inoltre, essendo necessaria la formazione dei soggetti coinvolti nelle trattative, soprattutto in ambiti multi – settoriali, è cruciale la previsione di corsi e la messa a disposizione di risorse, come la consulenza di esperti o il rimborso per i costi sostenuti in merito.

 

Diversamente si potrebbe prevedere l’obbligo di adesione obbligatoria alle organizzazioni datoriali, come accade in Austria e Slovenia, visione certamente più coercitiva che può avere l’effetto di richiedere un impegno maggiore ai soggetti coinvolti, senza predisporre risorse adeguate.

 

Terza area d’intervento: l’importanza della politica

 

In linea con quanto visto sopra, le politiche pubbliche possono rivestire un ruolo importante nello sviluppo dei processi di contrattazione collettiva, in particolare nell’ottica di favorire il raggiungimento di accordi compromissori. In questo senso la politica, oltre alla predisposizione di risorse conferite alle organizzazioni sindacali e finalizzate ad agevolare il loro operato, può assicurare la disponibilità di dati accurati e completi, supportando indagini statistiche settoriali, favorendo la trasparenza e ampliando il principio di buona fede cui s’ispirano le regole della contrattazione.

 

Secondo un approccio più flessibile, la politica può poi prevedere la creazione di “sedi” di negoziazione, finanziate e organizzate dallo Stato, dove i datori di lavoro e le organizzazioni sindacali possano incontrarsi per discutere; la messa a disposizione di esperti governativi, con un ruolo di mediazione; la previsione di benefit (es. sgravi fiscali) condizionati alla conclusione di un accordo collettivo. Inoltre, sempre la politica potrebbe obbligare le parti sociali a confrontarsi su determinati argomenti come salute, formazione e sicurezza, salario, equilibrio vita – lavoro, rischio occupazionale e schemi classificatori, come accade in Francia. D’altro canto, il processo di contrattazione può essere salvaguardato anche attraverso la previsione di obblighi in capo ai datori di lavoro, rendendo la contrattazione coercitiva, sia su determinati argomenti che in un’ottica generale, oppure attraverso la previsione di standard di settore, applicabili in caso di fallimento delle negoziazioni collettive (es. Nuova Zelanda, Australia). Inoltre in molti Paesi è stato introdotto il diritto unilaterale di ricorrere all’arbitrato, misura già applicata su richiesta di entrambe le parti, in caso d’impossibilità a raggiungere un accordo (es. Grecia).

 

Da ultimo, l’intervento della politica è cruciale in tema di diritto di sciopero, punto critico e fondamentale per il funzionamento del sistema e l’effettività della contrattazione collettiva. In questo senso, sarebbe auspicabile la previsione di minori restrizioni al suo esercizio, sia legislative, sia rimuovendo le barriere culturali: sempre più spesso, infatti, ciò che manca è la consapevolezza da parte dei lavoratori in merito al potere di questo strumento.

 

Quarta area d’intervento: riconoscimento ed efficacia degli accordi collettivi

 

La quarta area tematica sottolinea la necessità di rafforzare lo status giuridico degli accordi collettivi, soprattutto in relazione alle altre norme applicate in tema di diritto del lavoro. In questi termini, si parla di una necessaria chiarificazione del loro ruolo all’interno della gerarchia delle norme prevista nei vari ordinamenti e dell’introduzione del principio di favore, secondo cui in caso di concorso tra diverse norme, prevalgono quelle che prevedono un trattamento più favorevole al lavoratore.

 

Anche su questo aspetto, le strategie suggerite si distinguono tra carrot e stick approach.

 

Interventi più accomodanti incoraggiano l’ampliamento dell’ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali, rendendoli applicabili non solo ai soggetti firmatari, ma a tutti i lavoratori del settore attraverso la fissazione di standard minimi di lavoro con riguardo agli aspetti fondamentali del rapporto di lavoro, come l’ammontare degli stipendi e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Utile al fine sarebbe anche la previsione di clausole d’uscita e la restrizione nell’uso di clausole d’eccezione, in modo da rendere possibile derogare all’accordo solo con procedure e requisiti precisi, in maniera tale da limitare gli abusi. Inoltre potrebbero essere introdotti meccanismi pubblici che prevedano l’applicazione automatica degli accordi collettivi di settore in caso d’appalto pubblico o premiando la loro applicazione attraverso il sistema fiscale, estendendo la validità dei contratti collettivi applicati anche sui nuovi assunti (come nel caso tedesco). Nei Paesi dove non via sia un corpus normativo preesistente sul tema sul quale intervenire è auspicabile la stipula di accordi ex novo che applichino quanto descritto in precedenza.

 

Proposte più forti auspicano invece la creazione di corti del lavoro specializzate per rendere gli accordi collettivi obbligatori eil potenziamento dei servizi ispettivi del lavoro, al fine di monitorare con più efficacia lo sviluppo della contrattazione su alcuni temi cruciali.

 

Quinta area d’intervento: interventi culturali ed educativi

 

Infine, nel documento si sottolinea come sia fondamentale lo sviluppo di una consapevolezza culturale sul ruolo della contrattazione collettiva nei vari sistemi nazionali: per questo motivo, diversi esperti suggeriscono la creazione di meccanismi di controllo per monitorare l’estensione e il contenuto degli accordi collettivi, nonché l’introduzione di fondi alla ricerca, accademica e non, sui temi delle relazioni industriali, così che in questo modo si possa contribuire allo sviluppo del dialogo tra le parti sociali.

 

Per creare una “cultura” sul valore della contrattazione collettiva, non si può poi prescindere dall’ “educazione”: centrale, anche in questo campo, può essere il sostegno del sistema pubblico. Tra gli esempi virtuosi, si osserva come in alcuni Paesi siano stati istituiti servizi di avvio al lavoro, anche per migranti, e corsi di gestione aziendale per incentivare l’interesse alla contrattazione collettiva. Inoltre, è suggerito l’utilizzo di campagne pubbliche d’informazione sui benefici legati all’applicazione degli accordi collettivi.

 

Conclusioni

 

Il report analizzato chiarisce come la politica possa svolgere un ruolo cruciale nello sviluppo dei sistemi di contrattazione collettiva: essa può incoraggiare il confronto direttamente attraverso modifiche normative, ma anche indirettamente attraverso il sistema educativo. La creazione di spazi atti al dialogo tra parti sociali e la predisposizione di risorse ad hoc su questi temi, sono poi fattori imprescindibili al fine di sviluppare accordi collettivi che assicurino condizioni di lavoro dignitose ed eque per tutti i lavoratori.

 

Celeste Sciutto

ADAPT Junior Fellow Fabbrica dei Talenti

@celeste_sciutto

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/244 – Il rinnovo del CCNL Tessile Abbigliamento Moda: aumenti retributivi e welfare

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/244 – Il rinnovo del CCNL Tessile Abbigliamento Moda: aumenti retributivi e welfare

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 2 dicembre 2024, n. 43

 

Contesto del rinnovo

 

L’11 novembre 2024 è stato rinnovato il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per le imprese ed i lavoratori del settore Tessile Abbigliamento Moda con l’accordo sottoscritto da SMI SISTEMA MODA ITALIA, per il lato datoriale, e FILCTEM/CGIL, FEMCA/CISL, UILTEC/UIL, per il lato sindacale. Il contratto così rinnovato ha una durata concordata di tre anni. Infatti, ad eccezione dei singoli istituti modificati o introdotti dall’accordo (decorrenti dalla data di sottoscrizione), il rinnovo contrattuale decorre dal 1° aprile 2024 al 31 marzo 2027 ed il suo ambito di applicazione copre i circa 163.600 addetti del settore, impiegati in più di 7.161 imprese (dati UNIEMENS 2023, Archivio CNEL).

 

La trattativa fra le parti ha avuto ad oggetto principalmente le questioni salariali, il welfare contrattuale e i temi legati a formazione, salute e sicurezza, pari opportunità e contratti di lavoro a termine, così come già attenzionati nella piattaforma sindacale di rinnovo del 27 marzo 2024. Le parti sociali attraverso l’intesa raggiunta hanno quindi recepito le logiche e i contenuti dell’Accordo interconfederale tra Confindustria e CGIL CISL e UIL del 9 Marzo 2018, oltre che del Testo Unico sulla Rappresentanza del 10 gennaio 2014, confermando l’adesione ad una visione di politica dei redditi quale strumento indispensabile di politica economica finalizzato a conseguire una crescente equità nella distribuzione del reddito attraverso il contenimento dell’inflazione e il favore del dialogo sociale settoriale.

 

Parte economica

 

Il rinnovo prevede un significativo aumento salariale per ciascun anno di vigenza contrattuale, che raggiunge la quota finale di 200 euro nel triennio (per il 4° livello preso a riferimento). L’intesa prevede altresì l’aumento dell’importo erogato a titolo di “elemento di garanzia retributiva”, ossia quella somma riconosciuta a favore dei lavoratori dipendenti da aziende prive della contrattazione aziendale (articolo 12 lettera F, CCNL). Questa somma (E.G.R.), già pari a 300 euro lordi, viene innalzata fino a 350 euro lordi annui.

 

Guardando poi al welfare contrattuale, l’articolo 80 del CCNL prevede un importante aumento del contributo base a carico aziende di + 3 euro e dal 2026 + 6 euro mensili per il fondo integrativo sanitario Sanimoda, ossia il fondo bilaterale paritetico che si affianca al Servizio Sanitario Nazionale. Con decorrenza dal 2023, tramite Sanimoda è inoltre attiva, a beneficio di tutti i lavoratori del settore, un’assicurazione contro la non autosufficienza (cd. LTC), finanziata con un contributo a carico delle aziende pari a 2 euro mensili ogni anno. Similmente, per quanto concerne la previdenza complementare, il contributo a carico dell’azienda per il fondo bilaterale paritetico Previmoda viene elevato al 2,30% dell’E.R.N., con decorrenza da luglio 2026. Per chiudere la panoramica degli enti bilaterali di settore, viene annunciata la costituzione del nuovo Ente Bilaterale Moda (E.B.M.) (Protocollo n. 12), che opererà a supporto ed in sinergia con Previmoda e Sanimoda e con gli altri Organismi bilaterali.

 

Oltretutto, le parti concordano che le aziende metteranno a disposizione dei lavoratori strumenti di welfare del valore di 200 euro per ogni anno di vigenza contrattuale, spendibili su una gamma di beni e servizi individuata a seguito di un confronto con le RSU.  Questa forma di welfare nazionale si aggiunge a quanto sia già presente in azienda per effetto di accordi collettivi o regolamenti aziendali o concessi individualmente.

 

Parte normativa

 

Tra le varie disposizioni del rinnovo, la tutela della salute e sicurezza appare centrale nell’intesa, come si evince dall’innalzamento del livello di ore di permessi retribuiti utilizzabili dai Rappresentanti per la Sicurezza RLS per l’espletamento delle attività legate al loro ruolo, come da art. 50 del D.lgs. 81/2008, T.U. sulla sicurezza, (articolo 15 del CCNL). I permessi sono garantiti, in misura variabile a seconda delle dimensioni dell’impresa, fino ad un massimo di 72 ore. Con l’intento di promuovere idonee iniziative formative ed informative aziendali per tutti i lavoratori dedicate ai temi della salute, le parti sociali inseriscono anche una serie di accomodamenti ragionevoli, cioè l’adozione di tutti gli strumenti agevolativi previsti dalla legge 12 marzo 1999 n. 68 data l’importanza sociale del reinserimento del lavoratore con disabilità o divenuto non più idoneo alle mansioni per le quali è stato assunto, (articolo 32).

 

Inoltre, il CCNL aggiorna la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato integrando le c.d. causali ai sensi dell’art. 19 comma 1 lett. a) del d.lgs. 81/2015, come modificato nel recente Decreto Lavoro, d.l. n. 48/2023 (articolo 29 CCNL). Vengono così previste nuove ragioni giustificatrici dell’apposizione del termine al contratto di lavoro (oltre i 12 mesi e fino ad un massimo di 24), come ad esempio lo sviluppo straordinario delle attività di impresa, legate a ricerca, avvio e/o sviluppo di nuove attività, nonché per sperimentazioni tecniche o particolari lavori a carattere temporaneo. In ultimo, viene ristabilito il numero dei lavoratori che possono essere occupati a termine nel limite del 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato.

 

Per migliorare la conciliazione vita-lavoro, il rinnovo innalza il limite possibile di richieste di passaggio temporaneo da tempo pieno a tempo parziale (+4%), qualora queste siano avanzate da lavoratori genitori di figli fino a 3 anni di vita (articolo 40) e viene sancita la misura del lavoro agile (articolo 41) per come regolata dalle normative in vigore e dal “Protocollo sul lavoro in modalità agile” del 7 dicembre 2021. Si prevede un aumento dell’ammontare di ore che confluisce nella banca individuale delle ore di lavoro straordinario (da 32 a 40 ore annue, come da articolo 37), le quali, su richiesta dell’interessato, potranno essere recuperate sotto forma di riposi compensativi. Ad integrazione di quanto previsto dalla legge, ai genitori (in alternativa tra loro) vengono riconosciuti 10 giorni annui di permesso non retribuito per le malattie dei figli tra i tre e gli otto anni debitamente certificate. Nel rispetto di questo limite annuo, tali permessi sono estesi nei casi di decesso o grave infermità dei figli e nel caso di decesso dei genitori del coniuge, del partner dell’unione civile e del convivente di fatto. Tra le varie novità introdotte, vengono anche garantite tutele aggiuntive come l’aspettativa per le lavoratrici che intraprendono terapie di p.m.a. e permessi retribuiti per adozioni e donatori di midollo osseo, nonché permessi non retribuiti per chi assume la tutela volontaria di minori stranieri non accompagnati.  Più in generale, nell’ottica di promuovere iniziative che favoriscono la solidarietà collettiva le parti definiscono alcune Linee Guida per l’istituzione di una “Banca delle ore solidale” che potranno essere adottate sul piano aziendale. Altre importanti Linee Guida sono redatte in materia di partecipazione dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro (rappresentativa, diretta ed economica).

 

Una rilevante modifica è intervenuta anche in caso di malattia del lavoratore in materia di conservazione del posto, normalmente pari ad un periodo di 12 mesi, ma innalzato sia per persone con gravi patologie sia per i lavoratori con disabilità certificata nel limite di 15 mesi, pari a 456 giorni di calendario (articolo 62). Come indicato pure in piattaforma sindacale, sono state introdotte novità contrattuali anche sul fronte dei giorni di c.d. carenza malattia, prevista per gli operai ad integrazione dell’indennità di malattia a carico dell’INPS. Il trattamento economico del lavoratore malato viene infatti garantito al 100% della retribuzione normale dal 1° al 3° giorno di malattia, per tutti gli eventi di malattia con prognosi superiore a 5 giorni. Si introduce poi una misura lungimirante, che consiste nell’esclusione dagli eventi di malattia breve (con conseguente retribuzione al 100%) per le malattie oncologiche e/o degenerative che richiedono terapie salvavita debitamente certificate e le sindromi invalidanti attinenti al ciclo mestruale, debitamente certificate dal medico ginecologo. Si promuove infine una serie di iniziative volte alla sensibilizzazione degli attori ed alla prevenzione dei fenomeni di molestia o violenza nei luoghi di lavoro, accanto alla previsione di congedi per le donne vittime di violenza di genere per motivi connessi al percorso di protezione fino a 3 mesi.

 

Altro ambito di regolazione ampiamente trattato dalla piattaforma sindacale e dal rinnovo del CCNL, riguarda la formazione continua dei lavoratori, reputato come strumento strategico per affrontare i forti cambiamenti tecnologici e organizzativi in atto, (articolo 65). Sotto questo profilo le aziende del settore Tessile garantiranno ad ogni lavoratore (in aggiunta agli obblighi di legge) almeno 8 ore di formazione aggiuntive annue.

 

In ordine alla maturazione delle ferie, i lavoratori tutti hanno diritto a un periodo di riposo di 4 settimane all’anno, oltre che ad un ulteriore periodo di ferie aggiuntive (da 1 giorno a 1 settimana extra), garantito a coloro che abbiano lavorato per l’azienda da almeno 10 o 12 anni, a seconda della categoria (intermedi/impiegati).

 

Guardando al futuro del settore, in vista di una riforma dell’inquadramento contrattuale, le parti convengono di procedere ad un confronto sull’evoluzione dell’industria tessile derivante dai cambiamenti organizzativi e tecnologici del sistema produttivo e l’evoluzione del rapporto tra impresa e mercato. Queste trasformazioni, infatti, influiscono sulle prestazioni richieste ai lavoratori e rendono sempre più importante l’apporto individuale allo svolgimento dell’attività lavorativa. Pertanto, un’apposita Commissione Tecnica Paritetica, composta da 6 rappresentanti per ciascuna parte (datoriale e sindacale) avrà l’incarico di realizzare una ricognizione dei problemi che incidono sull’attuale organizzazione del lavoro, per poi valutare l’opportunità di proporre l’introduzione di nuovi criteri applicativi e/o regolamentazioni che prevedano il riconoscimento е la valorizzazione della professionalità.

 

Parte obbligatoria

 

Il nazionale si occupa anche di delegare una serie di materie alla contrattazione aziendale, fra le quali emergono in particolare le misure legate all’organizzazione e gli orari di lavoro o alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e i programmi formativi o specifici percorsi che favoriscano il ricambio generazionale e di progetti di innovazione tecnologica e organizzativa (articolo 12). A proposito del ruolo della rappresentanza aziendale, la RSU subentra alla RSA nella titolarità dei poteri e nell’esercizio delle funzioni ad essi spettanti e dunque risulta oggi riconosciuta quale soggetto negoziale a livello aziendale (articolo 13).

 

Le Parti hanno inoltre stabilito che le aziende si facciano carico di esporre nelle dichiarazioni Uniemens i dati necessari per la certificazione della rappresentanza sindacale in azienda, confermando l’adesione alle convenzioni sottoscritte a livello confederale con l’INPS. Il risultato di questa scelta permetterà finalmente la misurazione e certificazione della rappresentanza ai fini della definizione della titolarità e dell’efficacia della contrattazione collettiva di lavoro sia a livello nazionale che aziendale.

 

Valutazione d’insieme

 

Inserendosi in una prolifica stagione di rinnovi, l’intesa raggiunta nel settore tessile incide su versanti importanti della regolazione del lavoro, introducendo misure di rilievo, che in qualche modo compensano ciò che a livello normativo è assente o stenta a decollare, eppure risulta di grande interesse dei lavoratori. Le parti sociali si dicono soddisfatte dei risultati raggiunti con il presente rinnovo, definito “innovativo”, soprattutto per il riconoscimento di importanti misure di welfare e di tutele in materia di salute e sicurezza sul lavoro, “dando risposte certe alle lavoratrici e ai lavoratori, non solo in termini economici, ma anche normativi, con specifica attenzione alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.”

 

Giulia Comi

Apprendista di Ricerca ADAPT

@giulphil

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/242 – Il nuovo CCNL Fruitimprese: prospettive e novità per i lavoratori del settore ortofrutticolo

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/242 – Il nuovo CCNL Fruitimprese: prospettive e novità per i lavoratori del settore ortofrutticolo

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 25 novembre  2024, n. 42

 

Contesto del rinnovo

 

Il 19 luglio 2024 è stato firmato il rinnovo del CCNL per i lavoratori addetti al settore ortofrutticolo. Per la parte datoriale l’accordo di rinnovo è stato sottoscritto dall’associazione imprese ortofrutticole FRUITIMPRESE, mentre per la parte sindacale dalle sigle FLAI-CGIL, FISACAT CISL, UILTUCS UIL.

Il rinnovato accordo decorre dal 1° gennaio 2024 e avrà efficacia fino al 31 dicembre 2027.

 

Parte economica

 

È previsto un aumento contrattuale di 165 euro lordi per i lavoratori di quarto livello, ed applicato in percentuale anche agli altri livelli.

Il suddetto incremento retributivo viene erogato attraverso la seguente scansione temporale: 65 euro dal 1° settembre 2024, 20 euro dal 1° giugno 2025, 20 euro dal 1° giugno 2026, 60 euro dal 1°agosto 2027.

Il rinnovato CCNL interviene all’art. 70 analizzando la struttura della retribuzione dei lavoratori a tempo indeterminato e all’art. 70-bis analizzando quella dei lavoratori a tempo determinato.

Per i primi si distingue in paga base nazionale conglobata e scatti di anzianità; l’importo giornaliero della retribuzione si ottiene dividendo per 26 l’importo mensilmente erogato, l’importo orario è ottenuto dividendo l’importo mensile per 173 e, inoltre, le parti concordano che per il normale rinnovo della retribuzione, viene presa a riferimento per il calcolo degli aumenti la retribuzione di sesto livello.

Per i secondi, si rimanda all’art. 70 ma si specifica che, in caso di trasformazione del contratto a tempo indeterminato, la disciplina degli scatti di anzianità si conteggia partendo dalla prima data di assunzione a tempo determinato e seguendo i criteri di cui all’art. 81 disciplinati dal rinnovo del 20/11/2020.

Il CCNL pone anche l’attenzione sulla retribuzione personale stagionale garantendo il seguente trattamento economico per le ore di lavoro richieste ed effettivamente prestate: paga nazionale conglobata; trattamento economico relativo a festività nazionali ed infrasettimanali; tredicesima e quattordicesima mensilità; indennità sostitutiva di ferie, preavviso e dei permessi retribuiti da erogarsi all’atto del pagamento della retribuzione. Si specifica anche che l’elencato trattamento economico è assolto con il pagamento di una indennità pari al 34,45% della paga contrattuale nazionale conglobata corrisposta dalla ditta per tutta la durata del rapporto e con esclusione delle ore di lavoro straordinario.

In materia di retribuzione differita, il personale stagionale ha diritto anche al TFR nella misura del 7,40 % da computarsi su tutte le somme, incluse le prestazioni in natura, corrisposte in occasione del rapporto di lavoro a titolo non occasionale.

 

Per quanto concerne la tredicesima mensilità, la cui corresponsione è coincidente con la viglia di Natale di ogni anno, la disciplina è sostanzialmente invariata rispetto a quanto previsto dal rinnovo precedente.

Anche in materia di quattordicesima, il rinnovo del 2024 si rifà al precedente, aggiungendo, però, come previsto per la tredicesima mensilità, che nei periodi di assenza obbligatoria per gravidanza e puerperio la lavoratrice ha diritto a percepire dal datore di lavoro la quattordicesima mensilità limitatamente all’aliquota del 20% della retribuzione.

Un elemento di novità in materia retributiva è dato dall’art. 84 del rinnovato CCNL che regola le condizioni dei lavori c.d. disagiati – ossia, adibiti giornalmente ai lavori all’interno delle celle frigorifere –, stabilendo una maggiorazione del 10% sull’intera paga giornaliera, relativa alla base di calcolo per il lavoro straordinario.

In materia di assistenza sanitaria integrativa viene garantita, come nei rinnovi precedenti, a tutti i lavoratori a tempo indeterminato, determinato, e stagionale con un rapporto di durata almeno di 5 mesi, la fruizione del fondo EST. Più in generale, il lavoratore matura tale diritto nel caso in cui sia stato assunto per un periodo di 7 mesi, anche non continuativi, nell’arco dell’anno solare. Il contributo da versare da parte del datore di lavoro è pari ad euro 10 mensili per ogni singolo lavoratore, oltre l’una tantum prevista dal regolamento del fondo. È da precisare che dal 01/05/2027 l’importo della contribuzione passerà ad euro 13.

 

Parte normativa

 

Il rinnovo dedica attenzione, come fatto anche dai precedenti CCNL del settore, a molestie sessuali, mobbing, violenza di genere, diversità ed inclusione.

Alle donne lavoratrici vittime di violenza è consentito, come previsto dall’art 24 d.lgs. 81/2015, il congedo dal lavoro per motivi di protezione per un periodo massimo di 6 mesi fruibile sia su base giornaliera che oraria nell’arco dei 3 anni ed il diritto di essere trasferite ad altre unità produttive se l’azienda ne possiede più di una.

Il CCNL specifica anche che il congedo è fruibile dalle lavoratrici assunte a tempo determinato e stagionali entro il termine finale apposto al contratto di lavoro.

In materia di sicurezza sul lavoro si prevede con il rinnovo un aumento dei permessi concedibili agli RLS pari a 2 ore, a prescindere dal numero di dipendenti.

In merito all’indennità di malattia si prevede un anticipo del datore di lavoro e un conguaglio da parte dell’INPS.

Per i lavoratori a tempo determinato o stagionali, in caso di infortunio, le norme relative alla conservazione del posto ed al trattamento retributivo si applicano nei limiti della scadenza del contratto.

 

Per quanto concerne il trattamento di maternità e paternità sono previsti permessi per visite ed esami prenatali retribuiti. La lavoratrice gestante ha diritto a permessi retribuiti per effettuare esami e visite mediche specialistiche con obbligo di presentare documentazione giustificativa. In caso di gravidanza, prima dell’inizio dell’assenza obbligatoria, la lavoratrice è tenuta a presentare adeguata certificazione all’azienda e all’INPS, indicante la data presunta del parto oltre che, entro 30 giorni da quest’ultimo, il certificato di nascita o la dichiarazione sostitutiva. Per il periodo di assenza obbligatorio l’azienda anticipa alla lavoratrice l’indennità riconosciuta dall’INPS pari all’80% della retribuzione, mentre per il periodo di assenza facoltativo anticipa solo il 30%.

In caso di festività cadenti nel periodo di assenza per gravidanza e puerperio, la lavoratrice ha diritto ad un’indennità integrativa, rispetto a quella INPS, che deve corrisponderle il datore di lavoro in modo da raggiungere il 100% della retribuzione giornaliera percepita. In caso di dimissioni volontarie nel periodo di divieto di licenziamento o nel primo anno del minore, ha diritto al trattamento previsto per il licenziamento da parte dell’azienda. Anche in caso di interruzione della gravidanza, entro il 180° giorno di gestazione, è possibile fruire del trattamento di malattia.

Il trattamento di maternità è esteso altresì alle lavoratrici stagionali o a tempo determinato ma nei limiti della scadenza del contratto.  È previsto anche il congedo per il padre lavoratore con diritto dello stesso di astenersi dal lavoro e a ricevere il trattamento economico per tutta la durata del periodo di maternità della madre, previa presentazione di idonea certificazione, nei seguenti casi: morte, grave infermità, abbandono del bimbo da parte della madre, affido del bambino esclusivamente al padre.

 

Per entrambi i genitori si prevede un congedo parentale complessivo di 10 mesi con obbligo di preavviso di almeno 15 giorni per la fruizione fino ai primi 12 anni di età del bambino.

Nel caso di malattia del figlio tra i 3 e gli 8 anni, entrambi i genitori possono assentarsi alternativamente per un limite di 5 giorni annuali, derogabile a un periodo più lungo per i figli al di sotto dei 3 anni.

Questo periodo di assenza non è retribuito, viene scalato proporzionalmente dalle ferie e dalle retribuzioni con cadenza annuale ma è computato nell’anzianità di servizio. Le mamme lavoratrici con figli fino a 3 anni, in aziende con più di 20 dipendenti a tempo indeterminato, hanno anche diritto di passare a contratto part-time dopo la maternità ripristinandolo a full time dopo il terzo anno del figlio con preavviso di 60 giorni.

Alle donne in gravidanza e mamme, nei primi anni di vita del bambino, è vietato assegnare lavori notturni ed alla stessa regola soggiacciono anche i genitori che abbiano un figlio a carico con disabilità grave. I diritti suddetti sono garantiti anche alla madre e ai genitori adottanti.

 

In materia di rapporto di lavoro, il CCNL classifica i lavoratori ortofrutticoli in: a tempo indeterminato; determinato; determinati stagionali e a tempo indeterminato con prestazione ridotta annuale. Questi ultimi, svolgendo 190 giornate di lavoro con effettiva presenza, hanno diritto all’instaurazione di un contratto a tempo indeterminato previa richiesta al datore di lavoro.

Per ogni anno successivo, avranno diritto ad una garanzia di occupazione minima annua pari a 6 mesi complessivi di attività aziendale anche se svolta in maniera discontinua e hanno diritto di prestare un numero di giornate non inferiori a quelle dei dipendenti assunti a tempo determinato.

 

Il rinnovato accordo afferma che, di norma, le assunzioni devono avvenire a tempo indeterminato. Tuttavia, specifica, oltre ai casi già previsti dalla legge in materia di apposizione del termine al contratto di lavoro, alcuni casi tassativi non derogabili con altre tipologie e causali in presenza di RSU/RSA in azienda come previsto precedentemente, in cui è possibile apporre il termine tra cui: consegna, manutenzione, lavorazione, stoccaggio e gestione amministrativa dei prodotti con carattere stagionale; sostituzione di lavoratori temporaneamente inidonei alle mansioni assegnate, di lavoratori in ferie; attività connesse a progetti promo-pubblicitari sperimentazioni tecniche e produttive; esigenze produttive di carattere straordinario e altri casi regolamentati.

È disciplinata anche l’assunzione dei lavoratori stagionali a tempo determinato che deve essere effettuata tenendo in considerazione la durata presumibile dei cicli di lavorazione e garantendo il diritto di precedenza alla riassunzione per i lavoratori già impiegati con il presente contratto.

Nei casi di somministrazione di manodopera di personale impiegato a tempo determinato, rispetto a quanto previsto dall’art. 32 co. 2 del d.lgs. 81/2015, viene stabilito dalle parti il limite del 20% annuo rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato.

Il periodo di prova per i lavoratori a tempo indeterminato varia in base al livello (fino a 6 mesi per i quadri). Per i contratti a tempo determinato, la durata prevista è proporzionale alla durata del contratto stesso. Per gli stagionali non può superare 3 giorni nel caso di periodi di lavoro fino a 1 mese e 6 giorni per periodi superiori ad un mese.

È consentita anche la prestazione di lavoro in modalità agile, su base volontaria da parte dei lavoratori. Il CCNL in esame, inoltre, esclude totalmente l’applicabilità del rapporto di prestazione occasionale e degli istituti contrattuali afferenti a quest’ultimo.

 

In materia di apprendistato, premesse le classificazioni dei livelli previsti, si prevede che in considerazione della stagionalità del settore le aziende possano instaurare tale contratto anche a tempo determinato definito in c.d. cicli stagionali.

La durata dell’apprendistato non può essere inferiore a 6 mesi (4 per gli apprendistati in cicli stagionali) e superiore ai 36 mesi.

In tema di orario di lavoro è prevista la possibilità di lavoro a turni, di riduzione di orario in caso di casi di crisi, ristrutturazione aziendale ed esigenze organizzative ed economiche. Il lavoro straordinario non può essere effettuato salvo autorizzazione del datore di lavoro. In caso di effettuazione di quest’ultimo, la retribuzione dello stesso sarà pari alla paga normale conglobata maggiorata del 35%, nei giorni festivi del 42%, in orario notturno del 50% e in giorni festivi e orario notturno del 60%.

 

In materia di permessi retribuiti, viene concesso un periodo di 4 ore da fruire per assistenza verso i figli entro 14 anni di età, verso il coniuge, i parenti e gli affini con età pari o superiore ad anni 65 previa presentazione di certificato medico. I permessi previsti nel caso di decesso o infermità del familiare ammontano a 3 giorni, a cui se ne aggiungono due non retribuiti.

Per il personale a tempo indeterminato è concesso un periodo di ferie pari a 26 giorni lavorativi, da considerarsi in una settimana di 6 giorni lavorativi, e da cui vanno esclusi nel computo le domeniche, le festività nazionali e infrasettimanali. Inoltre, si precisa che è facoltà del datore di lavoro stabilire il periodo di ferie da maggio ad ottobre, cui si può derogare per accordo delle parti e mediante programmazione.

 

Infine, viene posta attenzione anche sui provvedimenti disciplinari, regolandoli in: richiamo verbale per i casi lievi; richiamo scritto per recidiva; multa non eccedente importo di 4 ore della retribuzione; sospensione da retribuzione e servizio per massimo 10 giorni; licenziamento disciplinare, senza preavviso e con conseguenze in ragione di legge.

 

Parte obbligatoria

 

Il CCNL Fruitimprese impegna le parti stipulanti alla salvaguardia della piena e completa proprietà del testo contrattuale e nella inibizione dell’inserimento totale o parziale di quest’ultimo in altri contratti, riservandosi ogni azione di salvaguardia.

È stabilito che la contrattazione del settore si attua in due livelli: uno nazionale, rappresentato dal rinnovato CCNL di durata quadriennale e uno di secondo livello.

Si occupa anche del diritto di assemblea prevedendo che, nelle unità produttive in cui sono occupati più di 15 dipendenti, i lavoratori hanno diritto di riunirsi tramite riunioni su convocazioni singole o unitarie delle RSA costituite dalle organizzazioni aderenti e facenti capo alle Associazioni Nazionali stipulanti; in assenza di sindacato in azienda resta ferma la possibilità di convocazione da parte delle organizzazioni sindacali locali stipulanti il CCNL.

Per avviarle occorre la comunicazione alla direzione dell’azienda entro la fine dell’orario di lavoro del secondo giorno antecedente la data di effettuazione, dotata dell’indicazione specifica dell’ordine del giorno. È consentito tenere le riunioni sia in orario di lavoro che al di fuori, per un limite massimo di 12 ore annue retribuite e di norma pari ad un’ora mensile con limite massimo di ulteriori due. Nelle unità produttive con meno di 15 dipendenti, invece, le ore spettanti retribuite ammontano a 4 da suddividere in 2 semestri.

 

Valutazione d’insieme

 

Genericamente, il rinnovo del CCNL per il settore ortofrutticolo del 2024 si presenta come ben strutturato e ben capace di rispondere alle esigenze economiche e sociali dei lavoratori.

La previsione in materia di assistenza sanitaria integrativa per i lavoratori a tempo determinato e stagionali e le altre tutele previste per gli stessi rappresentano un’ottima misura in loro favore viste anche le peculiarità temporali e logistiche del settore.

Non si possono certamente trascurare dall’essere citate le misure contro le discriminazioni e le molestie sui luoghi di lavoro e le misure verso il supporto alla genitorialità. Quest’ultima viene incentivata all’interno del rinnovato CCNL con le previsioni di permessi e congedi che consentono al lavoratore e alla lavoratrice di conciliare in molti casi le esigenze familiari con quelle lavorative.

Di rilievo è anche la varietà, oltre a quelli già citati, degli altri istituti previsti che pongono l’attenzione sui diritti sindacali, sulle tipologie del rapporto di lavoro, sul periodo di prova, sulla somministrazione di lavoro, sul diritto di precedenza all’assunzione, ecc.

Infine, molto interessante è la previsione in materia di lavoro agile che consente ai lavoratori del settore, anche congiuntamente ad altre misure previste, di conciliare ulteriormente i tempi di vita e di lavoro.

 

Mattia Maneli

ADAPT Junior Fellow Fabbrica dei Talenti

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Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/243 – Il nuovo accordo quadro Tagesmutter: tra sviluppo della professionalità e riconoscimento del valore sociale

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/243 – Il nuovo accordo quadro Tagesmutter: tra sviluppo della professionalità e riconoscimento del valore sociale

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 25 novembre 2024, n. 42

 

Contesto del rinnovo

 

Lo scorso 30 ottobre 2024, a Roma, è stato firmato il rinnovo dell’accordo quadro per le tagesmutter, da parte dell’associazione professionale Tagesmutter Domus e la Felsa Cisl Nazionale. Si tratta di un accordo ex art. 2, comma 2, lett. a) del d.lgs. n. 81/2015, che ha lo scopo di regolamentare il lavoro delle tagesmutter impiegate con contratti di collaborazione coordinata e continuativa presso le cooperative sociali/enti gestori aderenti all’associazione professionale Tagesmutter Domus. Più precisamente, secondo quanto stabilito nell’art. 1, l’accordo “si applica ad ogni forma di lavoro non subordinato e riconducibile ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa sottoscritti esclusivamente dagli Enti associati all’interno della rete nazionale riconosciuta dalla stessa associazione professionale Tagesmutter Domus e quindi tra i soci accreditati”.

 

La tagesmutter, definita anche “mamma di giorno”, è una figura professionale – dapprima diffusasi nei paesi del nord Europa e successivamente, a partire dal 2002, anche in Italia – che si occupa dell’educazione e della cura di bambini (tra gli 0 e i 14 anni d’età) presso il proprio domicilio o in un luogo altro adeguato alla cura. Si tratta di una figura, come esplicitato nelle premesse dell’accordo, “preziosa nell’ambito dei servizi di conciliazione e socio-educativi”. Come ulteriormente precisato da Francesca Piscione, segretaria nazionale della Felsa Cisl, che ha sottoscritto l’intesa sul lato sindacale “non è da sottovalutare l’importanza che queste professioniste hanno nell’ambito della crescita dei bambini tra gli 0 e i 14 anni. Dai racconti forniti da molte nostre associate emerge che molte di loro accudiscono i bambini durante l’asilo nido ma poi li accompagnano nella fase scolare; quindi, si innesca quel meccanismo di fiducia che noi crediamo debba essere riconosciuto sia a livello sociale che a livello economico”.

 

Nelle premesse del rinnovato accordo, così come nell’intesa del 2018, viene specificato che le tagesmutter domus e le organizzazioni/enti soci aggregati iscritti all’associazione professionale tagesmutter domus che intendono applicare il contratto sono vincolati a una serie di garanzie e previsioni così come stabilite dall’Associazione. Tra le azioni è esplicitata la necessità di “garantire la formazione permanente accreditata” che, come vedremo, è un elemento essenziale e ben chiarito nell’accordo. In aggiunta, al fine di dare conto al lettore della ricaduta sociale del presente rinnovo, utilizzando sempre le parole di Francesca Piscione, è bene specificare che “questo accordo raffigura in chiave negoziale quella che è la conciliazione vita-lavoro. In questo caso la conciliazione è bidirezionale; perché da una parte la tagesmutter assicura dei servizi alle mamme lavoratrici garantendo maggiore flessibilità perché, a differenza degli asili nido che hanno degli orari prestabiliti, le tagesmutter hanno una copertura oraria più ampia e, nel contempo, realizzano la conciliazione vita-lavoro per sé stesse perché possono accudire sia i loro figli che quelli di altre mamme”.

 

L’accordo ha decorrenza dal 1° gennaio 2025 e ha durata triennale.

 

Parte economica

 

Una novità rilevante del presente rinnovo riguarda la determinazione di una quota oraria minima lorda di compenso, che varia in base alla presenza del numero di minori da accudire. Sotto questo aspetto, il nuovo testo contrattuale si differenzia dal precedente accordo, che fissava un corrispettivo fisso indipendente dal numero di bambini compresenti. È infatti stabilito un numero minimo di bambini pari a tre e un limite massimo individuato nella presenza massima di 5 bambini, compresi i propri figli. Invero, il compenso minimo orario per la cura di tre bambini è ora pari a 11,50 euro lordi, mentre nel precedente accordo era di 9,75 euro (fino al 30/06/2019 era di 9,50 euro). Il compenso orario per 4 bambini è invece pari a 14 euro l’ora mentre per 5 minori è di 17,50 euro.

Un altro elemento di originalità dell’accordo risiede nell’individuazione di un extra bonus annuale (art. 5) che verrà erogato a titolo di gratifica contrattuale. L’accordo stabilisce che gli enti gestori dovranno accantonare una maggiorazione annuale sui compensi lordi della collaboratrice che sarà calcolata entro una specifica progressione temporale. Nel dettaglio dal 1° gennaio 2025 la quota prevista sarà pari all’1% con erogazione del bonus contrattuale entro il 31 marzo 2026; dal 1° gennaio 2026 la quota prevista sarà dell’1,50% con erogazione entro il 31 marzo 2027 e dal 1° gennaio 2027 sarà del 2% con una erogazione del bonus contrattuale entro il 31 marzo 2028.

 

Parte normativa

 

In linea con quanto stabilito nella precedente intesa, anche nel presente rinnovo contrattuale viene sancita l’importanza della formazione per queste figure (art. 9). È prevista sia la formazione iniziale, abilitante all’esercizio della professione, sia quella permanente che è obbligatoria per almeno 30 ore annue. La formazione continua deve essere erogata gratuitamente da parte dei singoli enti gestori in collaborazione con l’associazione professionale.

Rispetto all’accordo del 2018 il presente rinnovo identifica una percentuale superiore del contributo che i singoli enti gestori devono riconoscere alle associate che si autofinanziano il costo della formazione in ingresso pari a 200 ore d’aula e 50 ore di tirocinio/avviamento. Il rinnovo prevede che i singoli enti gestori si impegnano ad intervenire alle spese da sostenere nella misura non inferiore al 7% in qualità di contributo per l’avvio dell’attività, che si dettaglia – a titolo esemplificativo – nella fornitura di: manualistica di carattere pedagogico e di sicurezza del luogo di lavoro; lavoro del personale di coordinamento a supporto della tagesmutter per la predisposizione/preparazione della messa in sicurezza della casa; materiale promozionale per la diffusione nel territorio e pubblicazione sulle pagine social (…) eventuali attrezzature per l’allestimento degli spazi, quali materiali per le attività gioco nel contesto casa, per la cura del bambino, seggiolini, alzate da tavolo, pubblicazioni per bambini, anche usati se in disponibilità dell’Ente gestore e nella rete”. In aggiunta, rispetto al precedente accordo, tra le misure finanziabili da parte degli enti è stata inserita la “presenza dei referenti del servizio tagesmutter domus per incontri pubblici e istituzionali per la conoscenza del servizio”.

 

Parte obbligatoria

 

Per quanto riguarda la parte obbligatoria, nell’accordo sono contenuti continui rimandi alla contrattazione di secondo livello, alla quale è demandata la disciplina, migliorativa, di differenti istituti. Tale scelta, come testimoniato sempre da Francesca Piscione, “è ragionata e risiede nel riconoscimento della capacità della contrattazione di individuare e intercettare le specifiche esigenze dei territori e generare risposte sempre più pertinenti per le persone che rappresentiamo”. È il caso, per esempio, del rinvio a condizioni di miglior favore in merito al compenso, ma anche dell’utilizzo, destinazione e modalità di erogazione dell’extra bonus annuale (misure di welfare, previdenza complementare e/o polizze assicurative integrative di natura sanitaria), nonché della individuazione di ulteriori rimborsi e indennità di frequenza per le attività formative. Nell’alveo delle novità relative alla disciplina collettiva, nel nuovo art. 10  sui diritti sindacali viene precisato che “l’associazione professionale Tagesmutter Domus si impegna a comunicare alla struttura Felsa territorialmente competente, con almeno 15 giorni di preavviso, il periodo di svolgimento dei (…) momenti formativi (modulo di almeno 2 ore sui diritti e doveri delle lavoratrici), ovvero di natura preventiva e/o programmata, al fine di agevolare l’individuazione di una data condivisa in cui tenere il modulo sindacale”. Un’altra novità riguarda il rinvio alla contrattazione di secondo livello per l’eventuale definizione di tempi di preavviso diversi da quelli stipulati dalle parti, per i casi di recesso del contratto sia da parte del committente che della collaboratrice (art. 12). L’art. 6, così come l’accordo del 2018, considerata la particolarità dell’attività, prevede la definizione di eventuali accordi regionali tra gli enti gestori territoriali e le parti firmatarie.

 

Valutazione d’insieme

 

Il rinnovo del presente accordo rappresenta un passo avanti nel riconoscimento della professionalità e valorizzazione della tagesmutter che, pur essendo un profilo riconosciuto dalla legge 4/2013 non è ancora ampiamente diffusa e radicata omogeneamente su tutto il suolo nazionale.

 

In conclusione, preso atto di una condizione di svantaggio della maggior parte delle donne nel mercato del lavoro in Italia, dove spesso la maternità comporta una penalizzazione nello sviluppo delle carriere, unitamente alla scarsa diffusione di servizi per l’infanzia (sia pubblici che privati), la sottoscrizione di questo rinnovo e l’impegno dichiarato dalle parti a far conoscere la professione rappresentano strumenti che, congiuntamente, potrebbero disinnescare alcune delle difficoltà ancora esistenti nel binomio maternità e lavoro.

 

Stefania Negri

Ricercatrice ADAPT Senior Fellow

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L’accordo integrativo sull’apprendistato nel CCNL terziario, distribuzione e servizi: nuovi profili formativi e competenze

L’accordo integrativo sull’apprendistato nel CCNL terziario, distribuzione e servizi: nuovi profili formativi e competenze

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Bollettino ADAPT 18 novembre 2024, n. 41

 

Il 22 marzo 2024 è giunto il tanto atteso rinnovo del CCNL del Terziario, Distribuzione e Servizi (TDS). Una firma, immediatamente commentata nella rubrica “Per una storia della contrattazione collettiva” dai ricercatori Adapt, che ha aggiornato un contratto scaduto nell’ormai lontano 2019 e che interessa, a livello nazionale, circa 2,8 milioni di lavoratori. Si tratta, in assoluto, del contratto collettivo più applicato in Italia.

 

Pochi giorni dopo il rinnovo, le parti si erano accordate per delineare, attraverso un accordo integrativo, i profili formativi relativi alle nuove figure professionali inserite negli artt. 113, 115 e 115.1 del CCNL TDS, ai soli fini delle assunzioni in apprendistato professionalizzante. Dopo una breve proroga, l’accordo tra Confcommercio Imprese per l’Italia e Filcams CGIL, Fisascat CISL e Uiltucs è stato infine raggiunto lo scorso 31 ottobre.

 

Il testo dell’accordo integrativo, e quindi le figure professionali ed i profili formativi ad esse associate, non si discosta particolarmente rispetto a quanto già contenuto nell’accordo precedente. Il CCNL terziario, distribuzione e servizi rappresentava già un raro esempio in termini di articolazione e dettaglio dei profili professionali dell’apprendistato, in un contesto in cui spesso, come fatto notare da G. Impellizzieri in un procedente contributo, “la contrattazione collettiva ha mancato di iniziativa progettuale, non andando oltre la definizione di alcune regole essenziali, come i livelli retributivi, la durata del periodo formativo o altre norme di comportamento rivolte al singolo datore di lavoro e al singolo lavoratore”.

 

L’accordo si articola in “aree di attività”, “profili” e “qualifiche”. Le aree di attività sono di fatto delle macro-suddivisioni che aiutano ad orientarsi in un settore ampio e complesso come quello in oggetto che spazia dal commercio ai pubblici esercizi, dai trasporti alle comunicazioni fino ai servizi alle imprese ed alla ricerca. Per ogni area di attività vengono individuate, nel caso degli apprendisti, specifiche tipologie di profilo ad essa associate e per le quali vengono delineate le competenze a carattere professionalizzante da sviluppare durante il percorso formativo. Le qualifiche corrispondono al livello di competenze sviluppate dall’apprendista, più o meno approfondite, e in base a queste vengono delineati, di nuovo ma con maggiore dettaglio rispetto a quanto visto in precedenza, specifiche figure professionali. Viene indicato anche il monte ore di formazione che l’apprendista deve compiere, in base al relativo livello di inquadramento. Si tratta di un modello complesso e dettagliato, che dedica una grande attenzione alle specificità che caratterizzano ciascuna figura.

 

Alcune novità sono state introdotte riguardo alle qualifiche sviluppate dal profilo Addetto food e funzioni ausiliarie per gli addetti alla vendita ed alle qualifiche sviluppate dal profilo Addetto no food e funzioni ausiliarie, sempre con riferimento agli addetti alla vendita nell’area Front office e funzioni ausiliarie. Oltre a queste, sono anche state modificate, in parte, le qualifiche sviluppate dai profili di Addetto al servizio per l’area Promozione e commercializzazione, Addetto amministrativo e Addetto manutenzione per l’area Servizi generali, Gestione tecnica, Progettazione e supporto per l’area ICT. Nel merito, l’accordo integrativo interviene eliminando e, a volte sostituendo qualifiche e figure professionali ad esse collegate in massima parte ormai obsolete, come nel caso di quella di Sportellista nelle concessionarie di pubblicità o quelle di Steno dattilografo in lingue estere, Schedarista, Operatore di macchine perforatrici e verificatrici, oppure accorpando e semplificando qualifiche simili. È il caso delle tante tipologie di assistenti collegate al profilo di Addetto al servizio, che da quattro divengono una sola e trasversale.

 

A queste modifiche puntuali si aggiunge poi una novità importante: la presenza di una specifica area di attività aggiuntiva dedicata al cosiddetto settore del terziario avanzato, denominata “Servizi professionali alle imprese e ICT”. Un settore, detto anche quaternario per la particolare rilevanza e peculiarità che lo distacca decisamente dalle altre attività economiche comprese nel terziario, di grande importanza. Non è quindi un caso che le parti abbiano scelto di dedicare una specifica sezione aggiuntiva a queste tipologie di imprese, solitamente attive in aree ad alta intensità di lavoro e basate sulla conoscenza, e non su attività manuali e ripetitive. Aree quindi dove la professionalità dei lavoratori, sviluppata anche grazie ad una formazione di scrupolosa ed attenta può incidere fortemente sulla qualità del lavoro e sulla produttività delle imprese stesse. Una breve tabella riepilogativa contente aree di attività e tipologie di profilo è inserita in coda al testo, per facilitarne la comparazione tra quelle introdotte con l’accordo integrativo e quelle in vigenti in precedenza.

 

La particolarità che contraddistingue quest’area risiede nel fatto che le parti sociali hanno voluto operare un ulteriore step nel dettaglio delle tipologie di profilo: queste rientrano infatti, a loro volta, in tre cluster differenti: il primo è dedicato all’ambito Pubblicità, marketing, comunicazione e eventi, il secondo all’ambito Ricerche di mercato e il terzo ed ultimo a all’ambito Revisione e consulenza aziendale. Tra le qualifiche introdotte afferenti a questa nuova area Servizi professionali alle imprese e ICT si possono citare, tra i tanti esempi, quelli di Esperto in sicurezza informatica, Project manager di eventi, Specialista in marketing, Designer o Specialista in e-commerce per quanto riguarda. Sono tutte, queste, qualifiche legate al cluster Pubblicità, marketing, comunicazione e eventi. Con riferimento a quello denominato Ricerche di mercato, si possono citare quelli di Supervisore interviste CATI fieldwork, Esperto di elaborazione dati statistici o Ricercatore esperto. Infine, per il cluster Revisione e consulenza aziendale, si possono citare le qualifiche di Addetto alla revisione o Assistente revisore. Si tratta, come anticipato, di profili, figure e qualifiche fortemente diversificate e richieste nel settore, che necessitano di una particolare attenzione e programmazione formativa.

 

Una menzione particolare è dedicata, all’interno dell’accordo integrativo, alla figura del Farmacista di parafarmacia. Si tratta di una qualifica che rientra nel profilo Addetto no food e funzioni ausiliarie, all’interno dell’area Front Office e Funzioni Ausiliarie. In questo caso le parti hanno concordato che, in deroga a quanto previsto dall’art. 53 del vigente CCNL TDS, il livello di inquadramento professionale e il conseguente trattamento economico sono, per tutta la durata dei 36 mesi di apprendistato professionalizzante, quelli del secondo livello. Il più alto previsto.

 

L’accordo integrativo, nei contenuti “operativo” a partire dal 1° novembre 2024, rappresenta un esempio di come la contrattazione collettiva abbia un ruolo decisivo nella costante e attenta manutenzione di un istituto, l’apprendistato, che per la sua stessa natura formativa deve essere sempre aggiornato. Il presidio attivo delle parti sociali, chiamate a regolarlo sulla base delle specificità (anche in termini di profili e competenze richieste) del settore rappresentato, è determinante nel dare risposte concrete ai fabbisogni delle imprese e offrire percorsi di carriera adeguati ai giovani in ingresso nel mondo del lavoro.

 

CCNL  2019 CCNL 2024
Area di attività Tipologia di profilo Area di attività Tipologia di profilo
Front Office e Funzioni Ausiliarie Addetto food e funzioni ausiliarie Front Office e Funzioni Ausiliarie Addetto food e funzioni ausiliarie
Addetto no food e funzioni ausiliarie Addetto no food e funzioni ausiliarie
Promozione e Commercializzazione Addetto al servizio Promozione e Commercializzazione Addetto al servizio
Servizi generali Addetto amministrativo Servizi Generali Addetto amministrativo
Addetto manutenzione/assistenza Addetto manutenzione/assistenza
Addetto logistica/gestione magazzino food Addetto logistica/gestione magazzino food
Addetto logistica/gestione magazzino no food Addetto logistica/gestione magazzino no food
ICT Gestione business ICT Gestione business
Gestione tecnica Gestione tecnica
Progettazione Progettazione
Sviluppo Sviluppo
Supporto Supporto
Esercizio & Servizi Esercizio & Servizi
Servizi professionali alle imprese e ICT Pubblicità, marketing, comunicazione eventi (ambiti Comunicazione istituzionale e strategia, Marketing, Multimediale, Eventi)
Ricerche di mercato (ambiti Ricerche/analisi di mercato, field call center per ricerche di mercato, Field operations face to face per ricerche di mercato, Data processing)
revisione e consulenza aziendale (ambiti Audit, Servizio paghe payroll, Servizio contabilità accounting, Consulenza)

 

Michele Corti

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena

@michele_corti

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/241 – Il rinnovo per i dirigenti dell’industria

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/241 – Il rinnovo per i dirigenti dell’industria

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 18 novembre 2024, n. 41

 

Contesto del rinnovo

 

È stato firmato, in data 13 novembre 2024, l’accordo di rinnovo del CCNL per i dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi. L’intesa arriva dopo svariati incontri tenuti negli ultimi mesi, a seguito della scadenza del precedente contratto (31 dicembre 2023).

 

Il percorso di avvicinamento delle delegazioni trattanti ed i relativi incontri, iniziati a gennaio 2024, ha portato a sintesi le diverse posizioni iniziali, partendo – e si tratta di un elemento piuttosto peculiare nelle dinamiche classiche delle relazioni industriali – da “audizioni” di rappresentanti degli enti bilaterali (Fondirigenti, 4.Manager, Previndai, Fasi) anche per verificare possibili punti di riforma da analizzare nel corso della trattativa. Solo successivamente, si è entrati nel merito delle proposte, dal campo di applicazione sino alla revisione del trattamento economico, con la richiesta di recupero dell’inflazione posta sul tavolo da Federmanager, assieme a meccanismi di maggior incisività dei previsti trattamenti variabili.

 

L’accordo ha decorrenza 1° gennaio 2025 e scadenza il 31 dicembre 2027.

 

Parte economica

 

Le Parti hanno definito i valori del trattamento minimo complessivo di garanzia (TMCG) in 80.000 euro per il 2025 (contro i 75.000 del 2023) e 85.000 per il 2026, da confrontare – per operare gli eventuali opportuni conguagli – al 31 dicembre di ciascun anno, con il trattamento economico annuo lordo effettivamente riconosciuto al dirigente. Si badi come nel TMCG sono ricompresi tutti gli elementi retributivi previsti all’art. 3, co. 3 del CCNL, ivi comprese elementi precedentemente riconosciuti (ex meccanismo di variazione automatica, ex elemento di maggiorazione, aumenti di anzianità) ed i superminimi o assegni ad personam e tutti gli elementi della retribuzione mensile, anche in natura, corrisposti anche in forma non continuativa; fanno invece eccezione gli importi variabili, le gratifiche e l’importo aggiuntivo per rimborsi spese non documentabili.

 

L’art. 29, a copertura dell’anno 2024, prevede poi il riconoscimento, entro marzo 2025, di un importo una tantum omnicomprensivo, pari al 6% del trattamento economico annuo lordo riconosciuto nel 2024, per i dirigenti che: risultino inquadrati come tali almeno dal 1° gennaio 2019; fruiscano di un trattamento economico annuo lordo fino a 100.000 euro lordi; nel periodo di vigenza del precedente rinnovo e fino alla stipula non abbiano ricevuto aumenti retributivi o compensi di altra natura.

 

Altro aspetto di assoluto rilievo è l’obbligo, oggi generalizzato, di definire sistemi di retribuzione variabile collegati a indici o risultati (MBO), che secondo quanto previsto dall’art. 6-bis, dovrà considerar anche i periodi di congedo obbligatorio e parentale.

 

Vengono previsti miglioramenti in termini di coperture assicurative in caso di morte o invalidità permanente, ma anche rispetto alla contribuzione al Previndai (il fondo di previdenza complementare di settore), che dal 1° gennaio 2025 sarà composta, riguardo al trattamento minimo, da: contributo a carico impresa del 4% della retribuzione globale lorda effettivamente percepita ( per un minimo di 4.800 euro ed entro i 200.000 euro/anno – in precedenza, 180.000 euro/anno); un’ulteriore quota del 2% fino al limite dei 200.000 euro/annui; un minimo del 2% (in precedenza: 4%) a carico dei dirigenti. Entro il complessivo 8%, l’azienda potrà farsi carico della metà del contributo del dirigente.

 

Parte normativa

 

La modifica di maggior rilievo, anche sul piano sistematico, pare essere quella intervenuta all’art. 1 del CCNL, con l’estensione del campo di applicazione. Il CCNL si applicherà ora anche alle «figure professionali di più elevata qualificazione e consolidata esperienza tecnico-professionale, che concorrono a definire e realizzano in piena autonomia gli obiettivi dell’impresa o di un suo ramo autonomo».

 

Se è vero che il primo comma dell’articolo in commento già faceva riferimento a lavoratori con un «elevato grado di professionalità» ed orientati agli obiettivi d’impresa, il nuovo inciso introdotto contribuisce ad esplicarne i contenuti, sembrando andare oltre il semplice posizionamento gerarchico nell’impresa, nell’ottica di una riconducibilità più ampia nell’alveo della categoria legale. La novella, apprezzabile se si pensa alle nuove professionalità emergenti ed alle tendenze di sviluppo orizzontale delle organizzazioni, non sarà certamente esente da problematiche interpretative e rivendicazioni, per le quali, peraltro, esiste storicamente un’apposita procedura negoziale (art. 21, co. 2-4).

 

Di non poco conto è anche l’estensione (da 12 a 18 mesi) del periodo di conservazione del posto in caso di malattia o infortunio non sul lavoro, prevista all’art. 11, co. 1, nella sua nuova formulazione, per lavoratori affetti da malattie oncologiche. I 6 mesi aggiuntivi saranno riconosciuti unicamente per il primo triennio d’insorgenza della patologia, ove debitamente certificata e comunicata all’azienda.

 

Non mancano interventi in materia di congedi di maternità e paternità (art. 11-bis), con l’innalzamento dell’indennità per il congedo parentale per il primo mese di fruizione (dall’80% al 100%) e la previsione di un supporto al rientro dal periodo di astensione, anche mediante incontri calendarizzati di aggiornamento, anche durante il congedo.

 

Parte obbligatoria

 

Con riferimento alla parte obbligatoria, si segnalano alcuni impegni assunti dalle parti, vuoi in materia di divario di genere, con la raccolta di relative best practice (art. 11), vuoi per l’aggiornamento di determinati elementi tecnici (come la ricerca di soluzioni assicurative per le coperture di cui agli artt. 12 e 15 di CCNL) e per l’aggiornamento del sistema di copertura del Fasi (assistenza sanitaria integrativa). Oppure ancora, nel supporto all’attività di monitoraggio su talune novità contrattuali, come i percorsi di reinserimento al lavoro dopo un periodo di congedo.

 

Merita in questa sede un cenno circa il maggior rilievo dato dalle parti al welfare aziendale a favore dei dirigenti, tanto da dedicargli un nuovo articolo (18-ter), seppure di contenuto programmatico, impegnandosi a proporre iniziative di sensibilizzazione delle imprese sul tema.

 

Infine, nel solco della diffusa pratica interconfederale sul punto, all’accordo di rinnovo viene allegato l’accordo sulle molestie e la violenza dei luoghi di lavoro, con relativi impegni d’attuazione.

 

Valutazione d’insieme

 

Se è vero che il rinnovo giunge a quasi un anno dalla scadenza del contratto collettivo, non sono mancati strumenti di copertura del periodo di vacanza contrattuale, sebbene non generalizzato ma secondo un articolato meccanismo di proporzionalità rispetto ai trattamenti economici individuali e di requisiti stringenti. E neppure elementi di assoluta novità.

 

Al di là delle clausole relative al trattamento economico e ad altri istituti, preme sottolineare in questa sede due profili di maggiore innovazione, ricchi di implicazioni tutte da verificare e monitorare: da un lato, l’estensione del campo di applicazione, che appare oggi più convintamente rivolgersi anche a figure aziendali non solo gerarchicamente apicali ma anche professionalmente attrezzate a raggiungere obiettivi d’impresa; dall’altro, una (prima) estensione del periodo di comporto per soggetti affetti da patologie oncologiche, sulla scia di pronunciamenti giurisprudenziali (di più ampia portata) in via di consolidamento.

 

Marco Menegotto

Ricercatore ADAPT

@MarcoMenegotto

 

La contrattazione decentrata in Francia nel 2023: il punto di vista della Dares

La contrattazione decentrata in Francia nel 2023: il punto di vista della Dares

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

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Bollettino ADAPT 11 novembre 2024, n. 40

 

Nel mese di ottobre 2024, la Dares, vale a dire il servizio di analisi statistica al servizio del Ministero del lavoro francese, ha fornito i dati relativi alla contrattazione collettiva d’impresa svoltasi nel corso dell’anno 2023.

Si tratta di un’analisi che, in aggiunta al report sulla contrattazione collettiva pubblicato annualmente dalla Direzione generale del lavoro del ministero, offre un focus su quello che è stato il dialogo sociale nel livello di contrattazione di maggiore prossimità.

 

L’analisi statistica condotta dà contezza dei risultati raggiunti dalla contrattazione collettiva in termini numerici, ma anche in termini qualitativi, di quali sono state le tematiche prevalentemente oggetto di negoziazione nel contesto d’azienda.

 

Al fine di comprendere la rilevanza dell’analisi fornita va precisato che il campione di riferimento, sono i testi frutto di contrattazione depositati attraverso la piattaforma Téléaccord presso le direzioni dipartimentali dell’impiego, del lavoro e della solidarietà (Dreets) entro il 31 dicembre dell’anno oggetto di studio, in questo caso il 31 dicembre 2023. Si tratta dunque di uno studio basato su dati parziali che potranno essere rivisti più avanti facendo un ricalcolo basato su quei testi siglati nel 2023 ma depositati successivamente al mese di dicembre.

 

Volendo offrire una panoramica precisa e che possa risultare utile, anche in un’ottica comparata col sistema italiano, va precisata la metodologia seguita dalla Dares nella stesura: viene dapprima fornita una panoramica generale della contrattazione d’impresa andando a verificare se ci sia stato un ampliamento od una contrazione del fenomeno rispetto agli anni precedenti. Una volta forniti i dati complessivi vengono posti in evidenza quelli che sono risultati essere gli istituti e i temi giuslavoristici maggiormente discussi dalle parti sociali e anche in questo caso viene evidenziata la tendenza avutasi rispetto agli anni passati.

 

Altro elemento che permette una piena comprensione del tenore del dialogo sociale è il fatto che viene ben reso chiaro se i testi sottoscritti sono nuovi contratti oppure delle semplici clausole addizionali che vanno ad integrare accordi preesistenti.

Altro importante dato su cui l’istituto di statistica pone l’attenzione è la modalità di adozione con la quale i vari accordi sono stati adottati, se si tratta, cioè, di contratti collettivi venuti ad esistenza e sottoscritti dai delegati sindacali presenti a livello d’azienda, ovvero la cui adozione è successiva allo svolgimento di un referendum sindacale.

 

Relativamente all’istituto del referendum sindacale nel contesto francese è necessario compiere un breve excursus esplicativo, che chiarisca il motivo per cui è rilevante il fatto che l’analisi condotta dalla Dares ci tenga a fornire delle percentuali precise circa la modalità di adozione degli accordi collettivi d’impresa. L’istituto del referendum sindacale, così come applicato oggi, è stato introdotto in Francia con legge n. 1088/2016; si tratta di uno strumento a cui può ricorrere il datore di lavoro e/o i sindacati nell’ambito del processo di contrattazione. A seconda della tipologia d’impresa interessata dalla procedura referendaria vi sono delle differenze nelle modalità di applicazione: nel caso di un’impresa con meno di 11 dipendenti è possibile ricorrere al referendum al fine di adottare un contratto collettivo in assenza di delegati sindacali, qualora invece si tratti di una realtà aziendale che occupa tra gli 11 e i 20 dipendenti è possibile ricorrere al referendum al fine di negoziare un accordo collettivo in mancanza di eletti all’interno del Comitato sociale e economico (CSE), vale a dire la rappresentanza sindacale in azienda; per tutte le altre imprese, invece, è possibile ricorrere al referendum soltanto per l’adozione di accordi minoritari.

 

Tornando ora al perché dei dati forniti dalla Dares sulla modalità di adozione dei vari contratti collettivi aziendali, è chiaro che si tratta di un dato che ci permette di comprendere in che contesto aziendale, dunque se si tratta di grandi o piccole imprese, si è svolta la contrattazione in modo maggiormente proficuo e riguardo a cosa.

 

Volendo entrare adesso nel merito del lavoro realizzato dalla Dares, il dato di partenza è che nell’anno 2023 l’attività di contrattazione di secondo livello si è tradotta nella sottoscrizione di 107.980 testi, registrando un lieve calo rispetto al 2022, ma comunque mantenendo un livello superiore alle cifre raggiunte prima dell’esplosione della crisi sanitaria COVID-19.

Di questi centomila e passa testi conclusi, ben 84.990 sono nuovi contratti collettivi e clausole addizionali, di cui 29.240 adottati all’interno di realtà aziendali con meno di 50 dipendenti, anche questo dato in lieve calo.

 

Di particolare rilevanza è il fatto che, sebbene più della metà di questi quasi 85.000 accordi sia stata sottoscritta da delegati sindacali, ben un quarto è stato frutto dello svolgimento di un referendum. Viene infatti riportato come nelle imprese con meno di 50 lavoratori dipendenti cresca il numero di testi adottati tramite procedura referendaria rispetto al numero dei testi adottati tramite la mediazione delle rappresentanze sindacali in azienda.

Si tratta di una tendenza che si conferma anche con riferimento ai temi centrali del dialogo sociale svoltosi nel 2023.

 

Il maggior numero di accordi conclusi a livello di contrattazione di secondo livello ha avuto ad oggetto il risparmio salariale. Si tratta del tema affrontato dal 40,3% degli accordi conclusi, i quali sono, per l’appunto, entrati in vigore principalmente a seguito di referendum. Questi numeri così elevati vengono giustificati dal pressante fenomeno inflazionistico e dalla conseguente normativa entrata in vigore a protezione del potere d’acquisto dei lavoratori, che inevitabilmente indirizza il dialogo sociale.

 

A dimostrazione di ciò è infatti possibile osservare come il secondo maggior numero di accordi conclusi si sia avuto in tema di salari e premialità.

Unico tema su cui, dalle statistiche fornite, è invece possibile rilevare un aumento rispetto al 2022, è quello del diritto sindacale e della rappresentanza, che è stato oggetto dell’11.9% degli accordi conclusi. Anche in questo caso si tratta di un risultato giustificato dal rinnovo dei componenti degli organi di rappresentanza sindacale a livello d’impresa, trascorsi cinque anni dall’ultima elezione.

 

È evidente, dallo studio statistico appena analizzato, come l’elemento di maggior valore che contraddistingue il lavoro portato avanti dalla Dares sia un punto di vista il più omogeneo ed esaustivo possibile che dà la possibilità ai protagonisti del sistema di relazioni industriali di avere una panoramica valida sul contesto della contrattazione di secondo livello. In tal senso, si tratta di tassello chiave di evoluzione e crescita del contesto giuslavoristico che in Italia risulta ad oggi assente. Come osservato recentemente (si veda M. Tiraboschi, Contrattazione decentrata: un mondo ancora da esplorare, in Boll. ADAPT 3 giugno 2024, n. 22), risulta chiaro come la disorganicità delle fonti di archiviazione e monitoraggio del fenomeno della contrattazione decentrata rappresenti un grande limite all’interno dell’odierno mercato del lavoro in Italia e in questo senso l’esempio francese appena analizzato potrebbe rappresentare un modello a cui fare riferimento come punto di partenza per un’evoluzione dell’oggi carente conoscenza del mondo della contrattazione di secondo livello nel nostro Paese.

 

Marta Migliorino

ADAPT Junior Fellow

@martamigliorino