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Una breve riflessione su rincari energetici e gestione dei tempi di lavoro

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

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Bollettino ADAPT 19 settembre 2022, n. 31

 

Il rischio di scarichi di lavoro, imputabili al maggiore costo di produzione derivante dagli attuali rincari dell’energia, è stato affrontato dal D.M. n. 67 del 31 marzo 2022 con l’integrazione, come è noto, delle causali legittimanti il ricorso alla cassa integrazione guadagni ordinaria. L’inserimento, nell’articolo 5 del D.M. n. 95442 del 15 aprile 2016, del comma 1-bis ha infatti comportato la precisazione che “la fattispecie mancanza di materie prime o componenti (…) sussiste anche quando sia riconducibile a difficoltà economiche, non prevedibili, temporanee e non imputabili all’impresa, nel reperimento di fonti energetiche, funzionali alla trasformazione delle materie prime”. Una formulazione che la circolare Inps n. 97 del 10 agosto 2022, al paragrafo 8.2, ha circoscritto riferendola alle sole imprese “energivore” ovvero a forte consumo di energia elettrica e di gas naturale. L’appartenenza è dimostrata con l’iscrizione in apposito elenco predisposto dalla Cassa dei servizi energetici ed ambientali (CSEA) e deve essere dichiarata nella relazione tecnica allegata all’istanza di autorizzazione del trattamento di integrazione salariale.  Secondo le attuali indicazioni Inps, oltre al necessario possesso dei requisiti previsti da specifici decreti del MISE e del MITE del 21 dicembre 2017, occorre: a) l’avvenuta esecuzione formale della procedura di accreditamento all’elenco, che peraltro per le imprese a forte consumo di gas ancora non è operativa: b) la dimostrazione di sopravvenute difficoltà finanziarie, temporanee e contingenti, dovute all’aumento dei costi dell’energia, con uno scostamento medio degli oneri superiore al 30% nel trimestre precedente l’attivazione della CIGO rispetto al medesimo trimestre del biennio precedente; c) la prospettazione di un adeguato novero di azioni finalizzate al superamento delle difficoltà riscontrate a seguito del caro energetico, oggetto di verifica discrezionale da parte delle sedi territoriali dell’Istituto previdenziale. Si tratta di requisiti stringenti, che possono contenere significativamente l’ambito dei destinatari della nuova misura, precludendone l’applicazione come rimedio per la generalità delle imprese coinvolte nella crisi energetica.

 

Tuttavia il superamento, sia nel breve che nel medio periodo, delle contingenti criticità produttive dovute al costo dell’energia e, più in generale, alla carenza di materie prime e componenti, potrebbe non essere correlato solo all’efficacia di questa misura né ad una, seppure importante, maggiore disponibilità di altri specifici ammortizzatori sociali. Si consideri infatti che sono già praticabili, anche all’esito del riordino operato dalla Legge n. 234 del 30 dicembre 2021, art.1 commi 191 e ss, trattamenti di integrazione salariale ordinari e straordinari imputabili a causali ampie, relative a situazioni di crisi temporanea o strutturale, a riorganizzazioni o comunque a situazioni di rischio occupazionale. Se adeguatamente impostati, questi interventi possono probabilmente coprire, con ragionevole attendibilità, anche la maggior parte delle situazioni di difficoltà indotte dalla crisi energetica. Si consideri in particolare la disciplina del contratto di solidarietà, di cui all’art.21 del D.Lgs. n.148 del 14 settembre 2015, revisionata dal comma 199 nel senso di una maggiore flessibilità: tale intervento può trovare applicazione a prescindere dalla contingenza che determina l’esigenza di contrazione dell’orario, rilevando solo la finalizzazione ad evitare riduzioni di personale. Inoltre il generale ricorso nel biennio 2020/2021 alla speciale CIG con causale Covid-19, nelle varie modalità decretate in costanza di emergenza sanitaria, ha determinato per la maggior parte delle imprese, trattandosi di un intervento in deroga ai limiti massimi di utilizzo degli ammortizzatori ordinari e straordinari (36 mesi nell’ultimo quinquennio ed altri limiti specifici per i singoli istituti), il riaccredito di un notevole quantitativo di ore/settimane di CIG.

 

Non sembrano pertanto in genere prevedibili, nei prossimi mesi, rischi diffusi di esaurimento della disponibilità di ammortizzatori sociali. Considerando poi:

– la ricorrente esigenza aziendale di preservare il capitale di competenze professionali del personale in forza, per la generale difficoltà di reperimento, nel mercato del lavoro, di competenze ed esperienze adeguate alle necessità delle imprese, quindi l’interesse ad evitare penalizzanti sospensioni/riduzioni di orario con applicazione della CIG, che potrebbero indurre esodi spontanei;

– la probabile propensione delle imprese a ridurre i margini di redditività preservando la continuità della produzione, evitando quindi il ricorso alla CIG per non perdere quote di mercato difficilmente recuperabili in ragione della competitività del mercato.

 

Forse per molte imprese il percorso più efficace per la gestione della contingente crisi energetica, quando non induttiva di criticità insormontabili, potrebbe essere un altro.  Si considerino infatti le agevoli procedure che molti CCNL già attualmente prevedono, per la variazione dell’articolazione dei tempi di lavoro, incrementatesi negli ultimi anni in quanto i negoziati nazionali di categoria, intervenendo negli ambiti consentiti dalla regolamentazione legale di cui al D.Lgs. n.66 del 8 aprile 2003 e s.m.i. hanno frequentemente cercato di trovare soluzioni alle esigenze aziendali di flessibilità. Molti gli istituti attivabili: orari plurisettimanali, turnazioni, banca delle ore, pianificazione di permessi e ferie, distribuzioni orarie disomogenee, variazione dei giorni di distribuzione settimanale dell’orario o modifica degli orari di ingresso/uscita giornaliera etc. Sovente la loro gestione è consentita con modalità oramai molto dinamiche e nel rispetto di limiti non costrittivi. Queste procedure dettate dai CCNL potrebbero allora risultare particolarmente utili nell’attuale contingenza, permettendo ad esempio la contrazione della prestazione ordinaria settimanale su 4 giorni settimanali, per consentire 3 giorni consecutivi di chiusura degli impianti,  la variazione dei giorni di riposo settimanale per farli coincidere con i periodi di minore disponibilità di energia, l’incremento delle prestazioni notturne per favorire la fruizione di riduzioni tariffarie, l’applicazione dell’orario plurisettimanale per contrarre l’attività in attesa di approvvigionamenti energetici ed incrementarla poi rapidamente, a regime ordinario, per non perdere produzione. C’è tuttavia un potenziale rischio. Un fattore di debolezza potrebbe essere rappresentato dai contenuti del confronto sindacale preventivo all’adozione di queste soluzioni, solitamente previsto dalle discipline di CCNL, seppure con diverso grado di pervasività nei differenti comparti. Il consueto scambio tra maggiori disagi indotti da orari non ordinari e maggiori compensazioni dirette, che frequentemente rappresenta l’esito delle negoziazioni aziendali sui tempi di lavoro, orientate all’identificazione di un punto di equilibrio sostanzialmente economico, non può ragionevolmente rappresentare, nell’attuale contesto di costi crescenti e di ricorso a modifiche di orario difensive, una dinamica adeguata.

 

Occorrerà prevedibilmente, in molte situazioni, uno sforzo negoziale più strutturato, di mediazione tra flessibilità e tutele occupazionali, pause e riposi, informazione e formazione adeguata in tema di sicurezza del lavoro, erogazioni variabili condizionate dal recupero di redditività aziendale, altre compensazioni non retributive. La prospettiva non appare semplice, se contrastante con abitudini negoziali consolidate, ma un tentativo di contrattazione in tal senso potrebbe rappresentare forse l’occasione, in molte situazioni, per un affinamento delle relazioni industriali aziendali, orientandole in senso più maturo, ampio ed adeguato al contesto, creando meno antagonismo e più consapevolezza e capacità di condivisione di limiti e obiettivi. Questo approccio negoziale evoluto, se adeguatamente declinato potrebbe allora originare, per alcune aziende, un lascito positivo, utile anche per le dinamiche negoziali post emergenziali, se gli interlocutori aziendali e sindacali coinvolti sapranno dimostrarsi sufficientemente attenti e disponibili.

 

Stefano Malandrin

Confindustria Bergamo

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/118 – Il rinnovo del CCNL “Farmacie Speciali”: incrementi salariali e nuovi modelli di flessibilità contrattata

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 12 settembre 2022, n. 30

 

Contesto del rinnovo

 

Dopo quasi 7 anni di vacanza contrattuale e diverse iniziative di mobilitazione, il 7 luglio 2022 è stata raggiunta l’intesa per il rinnovo del CCNL dei dipendenti delle c.d. “farmacie speciali”, ovvero le farmacie caratterizzate dalla gestione o dalla partecipazione degli enti locali.

Il CCNL – siglato dall’associazione datoriale Assofarm e dai sindacati di categoria Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil – è applicato direttamente a quasi 6mila lavoratori impiegati nelle farmacie speciali e scadrà il 31 dicembre 2024, per una vigenza complessiva di 2 anni e mezzo.

 

Parte economica

 

Per quanto riguarda la parte economica, le risorse sono state stanziate sia sull’adeguamento dei minimi tabellari, sia sulle quote di finanziamento della bilateralità.

Quanto all’incremento salariale, il rinnovo prevede un aumento pari a 113 euro a regime per il I livello da riparametrare per gli altri livelli e da corrispondere in tre tranches con decorrenze differenziate: 80 euro dal 1° luglio 2022, 18 euro dal 1° luglio 2023 e 15 euro dal 1° luglio 2024, per una massa salariale complessiva pari a 3.283 euro sulle 35 mensilità comprese nella vigenza (ivi comprese 13esime e 14esime). Si è inoltre provveduto ad incrementare l’indennità di funzione dei Quadri (20 euro per il 1° livello Q e il 1° livello super e 15 euro per1° livello C, per 14 mensilità).

 

Parallelamente, a copertura della vacanza contrattuale intervenuta tra il 31 dicembre 2015 e il 1° luglio 2022, l’intesa prevede una indennità una tantum pari a 500 euro sul I livello (da riparametrare per gli altri), da erogare in due tranche da 250 euro, a luglio 2022 e a gennaio 2023.

Il rinnovo interviene anche sulle quote di finanziamento da destinare alla bilateralità: in particolare, in materia di previdenza complementare, è previsto un incremento dello 0,50% del contributo a carico dell’azienda – che passa dall’1% della retribuzione all’1,5% – in caso di adesione del lavoratore al fondo di previdenza complementare Previambiente.

 

Parte normativa

 

Diverse sono le novità che rilevano sulla parte normativa del rapporto di lavoro.

Per quel che riguarda il lavoro a termine, le parti hanno concordato formule di flessibilità contrattata finalizzate a gestire i picchi di lavoro nelle località a prevalente vocazione turistica.

In particolare, per le farmacie che operano nelle suddette località e debbono, in determinati periodi dell’anno, fronteggiare picchi di lavoro, le parti hanno concordato che i contratti a tempo determinato stipulati per gestire detti picchi siano riconducibili a ragioni di stagionalità, e dunque esonerati dal rispetto delle limitazioni quantitative previste dall’art. 3, co. 2, lett. c), del D. Lgs. n.81/2015.

Tale materia è comunque rinviata alla contrattazione di II livello, a cui il CCNL affida il compito di individuare le località a prevalente vocazione turistica e i periodi dell’anno in cui poter effettuare assunzioni a tempo determinato come sopra disciplinato.

 

Il contratto apporta alcuni aggiornamenti normativi anche sul part-time: in particolare, in materia di clausole elastiche, ovvero di quelle clausole che consentono la variazione in aumento della prestazione lavorativa per i part-time verticali o misti, il limite delle ore settimanali viene esteso da 30 a 40. Inoltre, sempre in materia di esercizio del datore di poter variare in aumento la prestazione lavorativa o di poterne modificare la collocazione temporale (in attuazione, rispettivamente, di clausole elastiche e flessibili), con l’ultimo rinnovo è stato abrogato l’obbligo di preavviso di 7 giorni lavorativi posto in capo al datore e il diritto del lavoratore a percepire una maggiorazione del 10% per i primi 3 mesi dell’intervenuto incremento o variazione dell’orario di lavoro o della collocazione temporale.

 

Parallelamente, tuttavia, il contratto interviene anche rafforzando il diritto di recesso del lavoratore dall’adesione di clausole elastiche o flessibili: infatti, se prima del rinnovo tale diritto poteva essere esercitato solo in presenza di determinate causali (motivazioni presenti nell’art. 12 bis del D. Lgs. n.61/200, instaurazione di altra attività lavorativa, maternità e paternità, inabilità del coniuge/figlio/genitore/convivente, motivi di studio), ora l’esercizio del recesso è libero, con l’unica limitazione dei 15 giorni di preavviso e decorsi 6 mesi dalla modificazione del rapporto.

 

Ulteriore elemento di novità riguardano lo ius variandi in melius, vista l’introduzione – per via contrattuale – del limite temporale dei 6 mesi oltre i quali l’assegnazione a mansioni superiori diventa definitiva.

 

Infine, sul “fronte sociale” è apprezzabile l’introduzione dei congedi particolari per i dipendenti inseriti in percorsi di protezione relativi a violenza di genere, ai quali viene riconosciuto un periodo aggiuntivo di 3 mesi di congedo retribuito rispetto a quanto previsto dalle norme di legge, così estendendolo da 3 a 6 mesi. Ai dipendenti vittime di violenza di genere è inoltre riconosciuta la facoltà di richiedere l’esonero dal lavoro notturno per i successivi 6 mesi.

 

Parte obbligatoria

 

Con riferimento alla parte obbligatoria dell’intesa, le novità più rilevanti riguardano diverse materie.

In tema di classificazione del personale, alla luce delle significative riforme in ordine alle attività che possono essere esercitate nell’ambito della “farmacia dei servizi” e alla conseguente necessità di assecondare lo sviluppo delle professioni nel perimetro del sistema d’inquadramento, le parti hanno assunto l’impegno a costituite una Commissione Paritetica che avrà il compito di proporre alle organizzazioni stipulanti eventuali modifiche della classificazione del personale, nell’ottica di adeguare sempre di più il CCNL alla realtà produttiva di riferimento.

 

Altro aspetto rilevante che obbliga le parti stipulanti riguarda il rafforzamento della contrattazione di II livello tramite l’eliminazione del c.d. “periodo di raffreddamento” tra contrattazione nazionale e aziendale. Tale principio stabiliva, infatti, che la contrattazione aziendale avrebbe potuto attivarsi solamente trascorsi 12 mesi dal rinnovo del CCNL.

 

Valutazione d’insieme

 

La sottoscrizione del CCNL Farmacie Speciali restituisce vitalità alle relazioni industriali del settore, il cui contratto nazionale era scaduto il 31 dicembre 2015.

L’emergenza sanitaria – così come il rinnovo del CCNL Farmacie Private del 7 settembre 2021 – sono elementi che hanno certamente contribuito a sbloccare le lunghe trattative di rinnovo, iniziate ufficialmente il 19 ottobre 2021 e caratterizzate dalle ampie distanze formatesi sin dalla prima presentazione della piattaforma sindacale, avvenuta nel 2016.

 

Come si legge dalle note ufficiali diramate da Assofarm, Filcams, Fisascat e Uiltucs, l’intesa è stata valutata positivamente da tutte le parti, specie se tenuto conto delle iniziali distanze. Oltre al salario, che in periodi di elevata inflazione assume importanza primaria, gli aspetti rimarcati sono stati la valorizzazione della professionalità dei farmacisti e il potenziamento della contrattazione di II livello. Rileva, infine, la capacità delle parti di aver costruito, a livello nazionale, un sistema di flessibilità contrattata che risulta attivabile solo su impulso della contrattazione decentrata: un passaggio che testimonia la volontà di individuare soluzioni condivise e partecipate idonee a gestire le oggettive esigenze delle imprese.

 

Jacopo Saracchini

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@JacopoSaracchi1

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/117 – Il rinnovo del CCNL imprese radiotelevisive, multimediali e multipiattaforma: tutele salariali e novità sugli appalti

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 5 settembre 2022, n. 29

 

Contesto del rinnovo

 

Lo scorso 26 maggio si è tenuta in modalità mista, presso la sede di Roma di Confindustria Radio Televisioni, la riunione di chiusura delle trattative per il rinnovo del CCNL per le imprese radiotelevisive private multimediali. Tale riunione ha portato alla sottoscrizione di una specifica intesa, da parte di Confindustria Radio Televisioni sul fronte datoriale, e da Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil sul fronte sindacale, in cui sono stati definiti gli elementi innovativi che verranno adottati nel prossimo CCNL. Il nuovo CCNL di settore avrà durata di 4 anni a far data dalla sottoscrizione dello stesso fino al 31 dicembre 2024, e prevede la revisione di alcuni istituti sia sul piano economico che sul piano normativo.

 

Parte economica

 

In merito alla parte economica, le Parti hanno innanzitutto stabilito la corresponsione di € 250.00 lordi, non riparametrati, a titolo di una tantum per il settore, televisivo e radiofonico, che verranno erogati con la retribuzione del mese di settembre 2022.

 

Per quanto riguarda l’aumento concordato a regime per il periodo che va dal 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2024, per il comparto televisivo la somma complessiva di € 115.00 lordi, riparametrati al 5° livello della classificazione del personale, sarà corrisposta in 3 tranches rispettivamente di:

1) € 40.00 lordi con la retribuzione del mese di luglio 2022;

2) € 35.00 lordi con la retribuzione del mese di novembre 2023;

3) € 40.00 lordi con la retribuzione di ottobre 2024.

Per il comparto radiofonico, invece, è stato stabilito un aumento contrattuale di € 80.50 lordi, riparametrati al 3° livello della classificazione del personale, che saranno corrisposti in 2 tranches:

1) la prima pari ad € 40.00 lordi con la retribuzione di luglio 2022;

2) la seconda tranche pari ad € 40.50 lordi corrisposta con la retribuzione di novembre 2023.

 

Infine, per quanto riguarda la valorizzazione del c.d. welfare contrattuale per tutto il settore, le parti hanno confermato la somma di € 10.00 a totale carico delle aziende quale costo per l’iscrizione dei lavoratori alla polizza contrattuale sanitaria Salute Sempre ed è stato inoltre stabilito di elevare all’1.20% il contributo a carico dell’azienda (a fronte di un contributo del lavoratore almeno pari all’1%) per il fondo di previdenza negoziale Byblos, a partire dal 1° gennaio 2023.

 

Parte normativa

 

Quanto alla parte normativa, sono state previste innanzitutto alcune novità riferite a specifiche tipologie contrattuali, nell’ottica di bilanciare le esigenze di flessibilità delle aziende e la tutela dei lavoratori.

 

Con riferimento ai rapporti di lavoro a tempo determinato e di somministrazione a tempo determinato, alla luce delle novità normative sulla materia, nel nuovo articolo 24 sono state previste alcune causali integrative rispetto a quelle di cui al D.Lgs. 81/2015, sulla base delle quali le Aziende potranno prorogare i contratti a tempo determinato e somministrati a tempo determinato fino a un massimo di 48 mesi. Contestualmente è stato altresì previsto un percorso di stabilizzazione al raggiungimento dei 48 mesi di contratto sia per i lavoratori con contratto a tempo determinato sia per i lavoratori con contratto di somministrazione a tempo determinato, che coinvolga almeno il 40% di tali lavoratori.

 

Inoltre, è stata introdotta a livello nazionale una specifica clausola relativa al lavoro agile, che rimanda alle previsioni di cui alla L. n. 81/2017 e all’accordo interconfederale del 17 dicembre 2021, e inserisce la possibilità, per la contrattazione aziendale, di integrare tali previsioni al fine di garantire una migliore esecuzione della prestazione lavorativa.

 

Per quanto riguarda la disciplina del trattamento di malattia, le parti hanno concordato il superamento della disciplina transitoria precedentemente prevista all’ art. 53, stabilendo, tra i vari aspetti, che al termine del primo semestre di malattia, nei successivi 6 mesi il lavoratore avrà diritto ad un’indennità pari alla metà della retribuzione oraria netta, che opererà esclusivamente per i periodi non coperti dall’intervento economico dell’INPS.

 

Infine, con riferimento agli appalti di tutta la filiera radiotelevisiva, viene previsto l’obbligo di verifica, da parte dei committenti, dell’utilizzo dei contratti sottoscritti dalle organizzazioni maggiormente rappresentative nelle società in appalto da loro contrattualizzate. Viene inoltre stabilito che, in caso di gravi crisi occupazionali, collegate a cambio di appalti tecnici strutturali e di lunga durata, in caso di richiesta delle organizzazioni sindacali nazionali stipulanti il CCNL, l’impresa committente sarà tenuta a convocare un incontro entro 30 giorni dalla ricezione della richiesta, finalizzato ad approfondire le ragioni della decisione e ad individuare eventuali soluzioni risolutive.

 

Parte obbligatoria

 

Per quanto riguarda la parte obbligatoria, sempre con riferimento alla tematica degli appalti, viene istituita una specifica commissione paritetica di studio, composta da 3 componenti per ciascuna delle parti stipulanti, con il compito di verificare la possibilità di integrare le informazioni dei titoli di coda, con riferimento all’apporto degli operatori interessati.

 

Valutazione d’insieme

 

In tempi non facili per il dialogo sociale e i rinnovi contrattuali, Confindustria Radio Televisioni e i sindacati di settore sono riusciti portare a termine la sottoscrizione del nuovo CCNL, in seguito ad una trattativa durata oltre un anno.

 

Sostanziali sono stati gli adeguamenti salariali previsti sia per il settore radiofonico sia per il comparto televisivo, mentre dal punto di vista normativo andrà osservato con particolare attenzione lo sviluppo delle novità in materia di appalti, vista anche l’ampia diffusione degli stessi all’interno del settore.

 

Gioele Iacobellis

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@GioeleIacobell1

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/116 – Premio di risultato e welfare aziendale in Tecnica Group S.p.a.

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

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Bollettino ADAPT 20 luglio 2022, n. 28

 

Oggetto e tipologia di accordo

 

Lo scorso 4 maggio 2022, in Giavera del Montello (TV), è stato sottoscritto dalle parti sociali il contratto collettivo aziendale di Tecnica Group S.p.a.

 

L’accordo, richiamando e rimandando in svariati punti alla disciplina contrattuale (specie per la parte normativa) del CCNL per l’industria delle calzature, si pone l’obiettivo di valorizzare il contributo di ciascun lavoratore al conseguimento dei risultati aziendali mettendo in campo nuove ed articolate risorse economiche migliorative delle prestazioni nazionali, pur evidenziando comunque una certa flessibilità nei riguardi delle disposizioni normative.

 

Parti firmatarie e contesto

 

L’accordo, che si applica ai lavoratori occupati presso le unità produttive di Giavera del Montello, vede la sottoscrizione di Tecnica Group, con l’assistenza di Assindustria Venetocentro per parte datoriale, e le RSU aziendali coadiuvate dalle organizzazioni territoriali Filctem-Cgil e Femca-Cisl sul lato sindacale e avrà validità per gli anni 2022, 2023 e 2024.

 

Il verbale viene sottoscritto in un periodo storico in cui, come si evince dalla stessa premessa dell’accordo, la forte inquietudine ed incertezza economiche date dai perduranti effetti della pandemia e dalla crisi russo-ucraina, devono essere gradualmente recuperate ed “ammortizzate” da un rinnovato clima di fiducia, con un modello di relazioni industriali partecipative; e ciò è particolarmente vero per il comparto economico in cui opera Tecnica Group, azienda leader nel settore delle calzature sportive che ha subito, a causa degli eventi prima richiamati, un forte incremento dei costi generali e di fornitura.

 

Temi trattati / punti qualificanti / elementi originali o di novità

 

L’accordo contiene importanti novità tanto sul piano normativo quanto su quello economico.

 

Dal punto di vista normativo, vengono ribaditi ed evidenziati istituti che favoriscono un modello partecipativo di relazioni industriali: ne sono alcuni importanti esempi gli incontri periodici della RSU con il management al fine di valutare le prospettive di mercato ed il piano di investimenti, nonché quelli in materia di formazione professionale dei lavoratori, riconosciuta bilateralmente come una decisiva chiave strategica per lo sviluppo aziendale.

Altre importanti dimostrazioni del clima partecipativo sono i meeting, anch’essi con cadenza periodica, destinati a valutare le misure di sicurezza sul luogo di lavoro e la sostenibilità ambientale a livello generale, e le riunioni che hanno lo scopo di verificare la classificazione contrattuale del personale rispetto alle disposizioni del CCNL.

 

Sempre sul piano normativo, dopo una prima sperimentazione preliminare conclusasi positivamente, viene confermata la flessibilità oraria in entrata ed in uscita, il lavoro agile e l’impegno a favorire, tramite differenti soluzioni contrattuali flessibili (ad esempio si cita la possibilità del lavoro a tempo parziale) quella che viene definita “staffetta generazionale”.

 

È tuttavia la parte economica che vede le principali e più sofisticate novità dell’accordo aziendale: viene infatti istituito un premio di risultato parametrato a differenti indicatori quali-quantitativi, legato poi ad un piano welfare interno che prevede la possibilità per il lavoratore di convertire in prestazioni di welfare la stessa misura premiale.

 

Incidenza sul trattamento retributivo e sulle misure di welfare

 

Innanzitutto l’accordo fissa l’ammontare del premio di risultato, che è pari a 1.000,00 € lordi annui per il 2022, 1.050,00 € per l’anno 2023 e 1.100,00 € per il 2024.

Si pone anche una soglia minima di attivazione della misura premiale, una sorta di “clausola di salvaguardia” di indicatore economico globale che protegge la redditività aziendale dal rischio di erogare premi di risultato non in linea rispetto allo stato di salute economico dell’organizzazione.

In particolare, condizione minima di erogazione del 100% della prestazione, è che il valore dell’EBITDA (margine reddituale che misura l’utile aziendale prima degli interessi, delle imposte, delle tasse, delle componenti straordinarie, delle svalutazioni e degli ammortamenti) espresso in percentuale, non sia inferiore di oltre il 5% rispetto al suo valore medio nel triennio precedente.

Nello specifico si prevede tale differenziazione:

 

  • se l’EBITDA è inferiore del 5% e fino al 10% del suo valore medio del triennio precedente l’importo è dimezzato;
  • se è inferiore di più del 10% l’importo non viene erogato in nessuna misura;
  • se invece è superiore del 5%, l’importo viene incrementato del 10%.

 

Nel caso di Tecnica Group l’EBITDA medio per gli anni 2019, 2020 e 2021 e quindi utile al calcolo per l’erogazione del 2022, è del 4,55%.

 

Per quel che riguarda gli indicatori di performance, l’accordo ne individua due tipologie, riguardanti tutti i lavoratori e ciascuno concorrente al determinare il 50% della misura premiale complessiva: un indicatore di redditività (rapporto tra il valore della merce spedita e il costo del lavoro), ed uno di efficienza (puntualità nell’evasione degli ordini ricevuti).

 

L’indicatore di redditività è dato dal rapporto in percentuale fra totale fatturato (da gestionale aziendale interno) e costo del lavoro (quest’ultimo comprensivo di tutti i vari costi, compresi i lavoratori in somministrazione), e l’importo lordo del premio è individuato come da tabella riportata:

 

VALORE MERCE SPEDITA/COSTO DEL LAVORO VALORE LORDO 2022 VALORE LORDO 2023 VALORE LORDO 2024
≤ 10,8% 500 525 550
da > 10,8% a ≤ 11% 350 367,5 385
da > 11% a ≤ 11,2 % 200 210 220
da > 11,2 % 0 0 0

 

L’indice di efficienza è dato dalla misurazione della puntualità nell’evasione degli ordini ricevuti (lead time), avendo a riferimento la data di evasione dell’ordine rispetto a quella comunicata al cliente. Anche qui l’importo del premio lordo è così riassunto:

 

PUNTUALITA’ VALORE LORDO 2022 VALORE LORDO 2023 VALORE LORDO 2024
≥ 68% 500 525 550
da ≥ 63% a < 68% 350 367,5 385
da ≥ 58% a < 63 % 200 210 220
< 58% 0 0 0

 

Il premio individuale così parametrato è poi definito dividendo l’importo del valore complessivo del premio per il numero di ore lavorabili, e poi moltiplicando il risultato ottenuto per il numero di ore di assenza.

L’accordo specifica inoltre, con ulteriori clausole individuali, cosa si intenda sia per ore lavorabili sia per ore di assenza: a titolo esemplificativo per le prime si intendono le ore teoricamente lavorabili nell’anno in corso; per le seconde si intendono le ore di malattia, eccezion fatta per le prime 40 ore che, a qualsiasi titolo, non sono conteggiate nel computo relativo al tasso di assenteismo.

 

Per quanto riguarda i destinatari delle relative misure premiali, l’accordo stabilisce che il premio di risultato sarà riconosciuto, assieme alla retribuzione di giugno dell’anno solare successivo a quello di riferimento, ai soli lavoratori (anche somministrati) della società, con esclusione dei dirigenti e di coloro che sono già contrattualmente legati ad un piano individuale di MBO. Regole peculiari sono previste in caso di cessazione del rapporto di lavoro, nei casi di nuova assunzione o utilizzazione, nonché per i lavoratori a tempo parziale.

 

Circa la misurazione degli indicatori e dei relativi importi, il verbale prevede incontri trimestrali fra management e RSU.

 

Infine, il contratto aziendale considera la possibilità di convertire le misure premiali in prestazioni di welfare. Al riguardo, il lavoratore che volontariamente eserciti il “diritto di opzione”, da comunicare entro e non oltre il giorno 15 maggio dell’anno solare successivo rispetto a quello di riferimento, avrà diritto automatico ad un importo del premio di risultato maggiorato del 12%, da fruire poi attraverso l’apposita piattaforma welfare.

Nel caso di mancata indicazione sul quantum da “welfarizzare”, si considera l’importo totale del premio di risultato.

 

Valutazione d’insieme

 

L’accordo aziendale Tecnica Group rappresenta un emblematico esempio di relazioni industriali partecipative.

In particolar modo, la stessa parte economica del contratto porta con sé la logica win-win di erogare prestazioni di miglior favore al lavoratore senza tuttavia rinunciare ad un controllo economico (indicatori di perfomance) che tutela lo stato di salute finanziario dell’organizzazione.

In definitiva, si tratta di un buon esempio di valorizzazione e gestione del capitale umano, che non sono fini a sé stesse, bensì legate ad una più ampia ratio di conseguimento degli obiettivi di business.

 

Gabriele Ansani

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@GabrieleAnsani

Risoluzione delle crisi d’impresa e relazioni industriali. Appunti per un’indagine

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

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Bollettino ADAPT 11 luglio 2022, n. 27

 

A gennaio 2022 la struttura per le crisi d’impresa del Ministero dello sviluppo economico informava la stampa che l’anno si apriva con 69 tavoli di crisi ed un totale di circa 80mila lavoratori coinvolti. Secondo i numeri che circolano in Via Veneto negli ultimi 10 anni, solo nei tavoli di confronto aperti al MiSE negli ultimi dieci anni sono state coinvolte oltre 500 medio-grandi aziende (il 20% circa delle quali interessate da procedure di amministrazione straordinaria, dati riportati da Giampiero Castano in Relazioni industriali e contrattazione collettiva nella gestione delle crisi aziendali, in Working Paper ADAPT n. 2/2022).

 

Si tratta di un dato meramente indicativo del numero e della tipologia delle crisi aziendali o dei processi di riorganizzazione aziendale che si sono svolti nel nostro Paese negli anni più recenti.

Sul sito ufficiale del Mise si possano consultare i verbali relativi alle singole sedute, ma ad oggi non sono reperibili dati rielaborati in merito alla natura delle crisi, al numero di lavoratori coinvolti e alla soluzione individuata (o meno).

 

Non tutte le casistiche di crisi giungono inoltre ai vertici nazionali di confronto con le Istituzioni. Molte si svolgono a livello regionale e altre si risolvono per un verso o per l’altro senza nemmeno sperimentare il coinvolgimento delle istituzioni oltre il livello comunale.

Una premessa fondamentale per inquadrare il fenomeno delle crisi aziendali e dei processi di riorganizzazione riguarda dunque un’estrema eterogeneità nella loro. Il 10 giugno scorso i dottorandi della Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro ADAPT ed Università degli Studi di Siena e i partecipanti al corso di specializzazione ADAPT in Diritto delle Relazioni Industriali hanno avuto l’opportunità di  su questo argomento attraverso il  seminario dal titolo “Teoria e pratica delle crisi aziendali. Profili giuridici, previdenziali e sindacali”. In merito alla varietà di tipologie di processi di crisi/riorganizzazione, è intervenuto in particolare il Dottor Giampietro Castano, responsabile dell’area Gestione crisi d’Impresa presso il Ministero dello Sviluppo Economico da novembre 2007 a gennaio 2019, durante svoltosi a Bergamo il 10 giugno 2022, una prima distinzione si può operare fra le crisi determinate da necessità di ristrutturazioni ma che non mettono in discussione la continuità dell’impresa e quelle nelle quali le aziende risultano insolventi, non in grado pertanto di assolvere agli obblighi economici e patrimoniali. (sul punto, cfr. G. Castano, Relazioni industriali e contrattazione collettiva nella gestione delle crisi aziendali, in Working Paper ADAPT n. 2 2022).

Nei casi di crisi per necessità di ristrutturazione o riorganizzazione le procedure giuridiche a cui generalmente si ricorre sono quelle per richiedere la cassa integrazione straordinaria (L. 148/2015), quale sostegno al reddito per i lavoratori delle aziende che devono affrontare una crisi temporanea.

 

Ove poi si verificasse l’impossibilità a continuare l’attività dell’impresa si fa riferimento al codice delle crisi d’impresa (Dlgs. 14/2019), che prevede strumenti giuridici quali il Concordato preventivo (art.84), la Liquidazione giudiziale (art.121), il Concordato nella liquidazione giudiziale (art.240), la Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa (Recentemente introdotta da D.l. 118/2021). Ci si può poi avvalere delle procedure relative ai licenziamenti collettivi (L.223/1991) o al trasferimento d’azienda (L. 428/1990).

La diversa natura delle crisi implica il coinvolgimento di stakeholder differenti, in grado di influenzare le sorti della vicenda. Ove non si tratti di casistiche di riorganizzazione, infatti, ciò che risulta centrale è un solido sistema di relazioni industriali, sono chiamati a trattare e sono i soggetti direttamente interessati i rappresentanti dell’azienda, quelli delle segreterie sindacali ai vari livelli (nazionale, regionale e di territorio) i rappresentanti dei lavoratori (RSU o RSA) e le Istituzioni (nazionali o regionali).

 

Ove, invece, si consideri un caso di insolvenza la platea degli stakeholder si allarga notevolmente, si tratta di vicende regolate da procedimenti giuridici che coinvolgono giudici, organi delle procedure, istituzioni governative. Inoltre l’insolvenza genera spesso la necessità di ricorrere ad investitori o a procedure di trasferimento d’azienda e, dunque, a nuovi imprenditori. Infine, vi sono procedimenti giuridici i quali comportano la presenza di creditori, dal cui voto può dipendere la continuità aziendale (ad esempio nel caso del concordato).

In un contesto caratterizzato da una tale pluralità di attori si innescano naturalmente dei processi comunicativi, interni ed esterni, attraverso i quali le parti esercitano pressione le une sulle altre. Il tutto in un ambiente della comunicazione pubblica nel quale, nel corso dell’ultimo decennio, le notizie relativa ai casi di crisi e riorganizzazioni aziendali hanno trovato sempre maggiore eco.

 

Protagonisti indiscussi di questi processi sono senza dubbio i sindacati, ossia le organizzazioni maggiormente interessate ad utilizzare la leva del potere comunicativo e mediatico per controbilanciare il potere decisionale del management; il quale agisce invece spesso ricercando la minore esposizione pubblica possibile.

 

Per quanto concerne i profili della comunicazione pubblica le organizzazioni sindacali hanno a disposizione numerosi strumenti e canali attraverso cui esprimersi ed esercitare pressione nei confronti dell’azienda e delle istituzioni: comunicati stampa, iniziative pubbliche (cortei, picchetti, presidi), post sui canali social.

 

La comunicazione è poi interna, nei confronti dei propri iscritti al fine di creare un interesse condiviso da portare avanti nei confronti dell’azienda.

Il libero confronto tra le parti è altresì giuridicamente codificato sia da una normativa che lo regola quale momento fisiologico fra le aziende e le Organizzazioni sindacali (L.25/2097) sia da un apparato di norme riguardante le procedure di informazione e consultazione obbligatorie in momenti di “crisi” patologica (Si pensi alla procedura di mobilità ex 223/1991 Art. 4, alla Cassa Integrazione Straordinaria ex L. 148/2015 Art. 24, al Trasferimento d’azienda ex L. 428/1990 Art. 47 ed infine alla composizione negoziata della crisi d’impresa D.l. 118/2021 Art. 4 comma 8).

Le tecniche comunicative messe in campo attraverso la comunicazione pubblica ed interna, in particolare da parte dei sindacati, si intrecciano dunque con i procedimenti giuridici previsti dal nostro ordinamento per la risoluzione delle crisi favorendo o ostacolando la possibilità di giungere ad intese.

Le Organizzazioni Sindacali possono dunque ricorrere a strategie comunicative con lo scopo di influenzare l’esito delle questioni vertenziali e, in alcuni casi, di indurre la controparte ad assumere decisioni differenti da quelle di partenza. In questo senso l’esposizione mediatica risulta sicuramente una delle tecniche più efficaci, ma si consideri altresì l’attenzione che si può ottenere da parte delle Istituzioni. Tale pressione sui diversi soggetti coinvolti, in particolare azienda ed istituzioni, si esercita tramite l’organizzazione di iniziative che vengono poi raccontate a mezzo stampa o più recentemente sui social media, fra queste si annoverano i presidi, i cortei, i picchetti e lo sciopero.

Come ha mostrato un’analisi già pubblicata sul VII Rapporto ADAPT sulla Contrattazione collettiva in Italia svolta su un campione di 338 casi di crisi aziendali consumatesi nell’ultimo decennio, non è possibile individuare una relazione biunivoca tra l’esposizione mediatica delle vertenze e il livello di centralità della sede all’interno del quale si svolge il relativo tavolo di confronto. Sono in altre parole frequenti, benché minoritari, casi di crisi e riorganizzazioni aziendali che sono state gestite al MiSE, ma che non hanno goduto di un’eco mediatica particolarmente ampia (si veda F. Nespoli Tra conflitto e contrattazione: dieci anni di crisi aziendali in VII Rapporto sulla Contrattazione Collettiva p. 4 e ss.). Come ha osservato lo stesso dott. Castano, non è difficile menzionare casi in cui non si è registrata una proporzionalità tra il numero di lavoratori coinvolti dalla vertenza e l’esposizione mediatica della vicenda. Ciò a dimostrazione di come sulla comunicazione pubblica di queste vicende influiscano processi di simbolizzazione e strumentalizzazione politica che seguono dinamiche ancora da esplorare.

In questo senso la direttiva relativa alla gestione della crisi d’impresa siglata dal ministro Giorgetti nell’ottobre 2021 stabilisce i parametri attraverso i quali si valuta se le crisi vertenziali possano approdare sui tavoli del ministero. Le questioni considerate di interesse nazionale sono quelle che riguardano imprese che hanno più di 250 dipendenti assunti in Italia, sono localizzate in una regione italiana in cui la crisi dell’impresa può comportare effetti significativi su livelli occupazionali o sistema produttivo, svolgono un’attività di particolare rilevanza in termini di indotto per il sistema economico- produttivo e infine imprese titolari di marchi storici di interesse nazionale iscritti nell’apposito registro (reperibile qui). Sarà dunque interessante poter effettuare un confronto tra i processi comunicativi innescati nell’ambito della gestione delle crisi pre e post approvazione di questa direttiva.

Non meno interesse destano le conseguenze giuridiche che l’interlocuzione tra le parti produce quando si addiviene ad una soluzione negoziale: accordi siglati dalle parti, attraverso i quali si giunge alla risoluzione della vertenza. Talvolta questi ultimi sono il frutto dei procedimenti di informazione e consultazione giuridicamente normati menzionati pocanzi, in altri casi si tratta dell’esito della negoziazione avvenuta sui tavoli istituzionali regionali, al Mise o presso le aziende. Gli effetti derivanti dalla stipula di accordi non sono solo giuridici, gli impegni assunti dalle parti hanno infatti anche un valore di tipo reputazionale e contribuiscono alla creazione di narrative con le quali si interpreteranno le vicende successive alla crisi.

Il contenuto di tali accordi copre un ventaglio molto ampio di soluzioni, andando dall’attivazione della cassa integrazione, con l’obiettivo di contenere gli esuberi, all’utilizzo di politiche attive e di ricollocamento, creando ad esempio reti di territorio con altre aziende (vedi Lombardo F. Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/2 – Accordo Laika: verso relazioni industriali di territorio? In Bollettino ADAPT 18 gennaio 2021, n. 2) sino alla condivisione di un vero e proprio piano industriale.

Recentemente il legislatore ha tentato di riformare l’accesso alla CIG con la legge n. 234/2021 [commi 191-223] che ha modificato in più punti la normativa in materia di CIGS e di Fondi Bilaterali di sostegno al reddito. Sul punto durante il già citati seminario si è soffermato il prof. Domenico Garofalo, già professore ordinario di Diritto del Lavoro presso l’università di Bari, il quale ha sottolineato che l’essenza della riforma del 2021 (entrata in vigore il 1° gennaio 2022) potrebbe essere identificata nella volontà di acceleratore il processo di collegamento tra politiche passive e politiche attive. Un processo da lungo tempo auspicato ma ancora lontano dal realizzarsi (per un approfondimento sistematico sul panorama degli strumenti di tutela dei lavoratori coinvolti nelle crisi aziendali e nei processi di riorganizzazione, si veda il WP a firma dello stesso prof. Garofalo, dal titolo Gli strumenti di gestione della crisi di impresa. Un quadro d’insieme. pubblicato nel Bollettino ADAPT n. 27/2022). Per questo motivo si tratta di una sfera di pertinenza, quella delle politiche attive, alla quale la comunicazione pubblica del sindacato dovrà prepararsi a dare la giusta risonanza.

Ad ogni modo, con riferimento al contenuto degli accordi siglati nei contesti di gestione di crisi aziendali e ristrutturazioni, le questioni aperte, ad avviso di chi scrive, sono innanzitutto relative alla portata giuridica di tali accordi. Ossia sono relative agli obblighi o impegni assunti dalle parti e delle conseguenze derivanti dal mancato rispetto di questi ultimi. La comunicazione si rivela in questo senso un’arma a doppio taglio: è capace di influenzare i processi di produzione degli accordi attraverso la leva reputazionale, ma al contempo può trattarsi di accordi che non vincolano giuridicamente i comportamenti delle parti, soprattutto a distanza di tempo e comunque garantendo l’effettività delle tutele dal punto di vista del diritto. Col rischio che accordi declamati oggi possano tramutarsi in vittorie di Pirro domani.

Infine si segnala un ultimo spunto di riflessione. Come sostenuto sia dal Professor Domenico Garofalo sia dal Dottor Castano, durante il già citato seminario del 10 giugno, esiste una responsabilità politica nella costruzione di norme relative al confronto. Vi sono talune casistiche in cui la procedimentalizzazione del confronto risulta insufficiente. Si consideri ad esempio la “misura anti-delocalizzazione” (art. 1, commi 224-236, l. n. 234/2021) Indubbiamente un buon primo risultato è costituito dalle sanzioni previste in caso di mancata presentazione alle organizzazioni sindacali di un piano per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura, ci si domanda tuttavia se non sarà necessario nel caso specifico restringere ulteriormente la libertà di impresa.

Il confronto dunque fra parti sociali ed istituzioni che mira ad influire sulla gestione delle crisi si estende anche ad aspetti di sistema, influenzati dal lobbying politico istituzionale. La comunicazione pubblica nella gestione dei processi di crisi e riorganizzazioni aziendali si configura così come un’attività a 360 gradi per il sindacato, un’attività in espansione, da curare e sviluppare attraverso la formazione di professionalità specifiche. Una sfida dunque non solo comunicativa, ma anche organizzativa.

 

Serena Bergamaschi

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@SerenaBergamas1

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/115 – Il nuovo CCNL del credito cooperativo, tra aumenti salariali e valorizzazione del welfare

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/115 – Il nuovo CCNL del credito cooperativo, tra aumenti salariali e valorizzazione del welfare

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 11 luglio 2022, n. 27

 

Contesto del rinnovo

 

L’11 giugno 2022 è stato siglata l’ipotesi di accordo di rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro per i quadri direttivi e il personale delle aree professionali delle banche di credito cooperativo casse rurali, che interessa circa 36.000 lavoratori. L’intesa è stata raggiunta tra Federcasse e Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca-Uil e Ugl Credito, con scadenza prevista per il 31 dicembre 2022.

 

Le parti hanno espresso un giudizio particolarmente positivo rispetto ai risultati raggiunti, sottolineando la particolare attenzione del rinnovo verso le esigenze di organizzazione del lavoro, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, le tematiche della sostenibilità ambientale e la valorizzazione delle professionalità.

 

Parte economica

 

Per quanto concerne il trattamento economico, l’accordo di rinnovo prevede un incremento salariale pari a 190,00 euro lordi mensili, scaglionato in due tranches (agosto e ottobre 2022), parametrato alla figura professionale della terza area professionale, quarto livello retributivo.

 

Inoltre, l’accordo prevede un aumento della contribuzione alla cassa mutua pari allo 0,50 %, di cui 0,35% a carico delle aziende e 0,15% a carico del lavoratore; per quanto riguarda il fondo pensione, invece, l’incremento sarà dello 0,30% per i “vecchi iscritti” (0,20% a carico aziendale e 0,10% a carico lavoratore) e 0,40% per i “nuovi iscritti”, cioè per i lavoratori assunti successivamente all’anno 2000 (0,30% a carico aziendale e 0,10% a carico lavoratore). Nello specifico, gli aumenti dei contributi aziendali per i sopracitati istituti partiranno dal mese di maggio 2022, mentre per i dipendenti la nuova contribuzione decorrerà da ottobre 2022.

 

Infine, con riguardo al premio di produttività, lo stesso sarà disciplinato attraverso la contrattazione di 2° livello e verrà determinato – in ogni caso – in base a due quote differenti: una prima quota, pari all’80%, sarà calcolata tramite il bilancio di ogni singola BCC. La restante parte, pari al 20%, sarà decisa in base al bilancio del gruppo di pertinenza.

 

Parte normativa

 

Per quanto riguarda le novità sul piano normativo, il testo di rinnovo provvede in primis a ridefinire la disciplina dei permessi: vengono introdotti 3 giorni retribuiti in caso di ricovero dei figli, coniugi/conviventi, genitori, limitatamente ai giorni di effettivo ricovero.

Inoltre, le aziende dovranno valutare con particolare attenzione, con riferimento alla concessione dei permessi, periodi di congedo e di aspettativa non retribuita, le situazioni familiari che comportino la necessità di assistenza di figli in condizioni di disagio (es: bullismo, tossicodipendenza, anoressia e bulimia). In aggiunta a ciò, si stabiliscono 5 giorni di permesso, fruibili anche ad ore, per genitori con figli affetti da patologie legate all’apprendimento, con un preavviso di 10 giorni. Si aumenta poi a 24 mesi l’aspettativa per gravi patologie.

 

Su altro piano, per quanto concerne le ipotesi di malattia, alle lavoratrici e ai lavoratori affetti da malattie oncologiche e gravi patologie cronico-degenerative che si sottopongono a terapie salvavita, competono uno specifico regime di flessibilità di orario in entrata e uscita, oppure permessi ad hoc attraverso una riduzione della prestazione giornaliera e successivo recupero con prolungamento di tale prestazione, da effettuarsi non oltre un mese dalla fruizione di ciascun permesso.

 

Inoltre, con riguardo alla formazione, si incrementano le ore per i corsi di formazione professionale, che passano da 50 a 60 all’anno; per di più, per il rientro in servizio dopo lunghe assenze sarà previsto uno specifico “aggiornamento professionale”.

 

Con il presente accordo viene, poi, disciplinato il lavoro agile: le parti promuovono l’utilizzo di tale disciplina, ritenendo che tale modalità di svolgimento della prestazione lavorativa possa concorrere, in termini di inclusione, quale veicolo di armonizzazione dei tempi di vita e lavoro della persona, alla realizzazione dei valori identitari del Credito Cooperativo. A tal fine, viene recepito integralmente il protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile, sottoscritto tra Confindustria e Cgil, Cisl, Uil in data 7 dicembre 2021. Inoltre, viene stabilito il limite massimo di giornate mensili di lavoro agile, pari a 10, salvo diversa disciplina eventualmente prevista dalla contrattazione di secondo livello.

 

Oltre a ciò, è soggetta a cambiamenti anche la disciplina del lavoro a tempo parziale: questo potrà essere concesso a 1 lavoratore su 20 (precedentemente il rapporto era 1 a 25), senza alcun distinguo circa le dimensioni aziendali. Sullo stesso argomento, si prevede il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time per gli addetti con figlio convivente portatore di handicap, ex art. 3, comma 3 della l. 104/1992. A loro richiesta il rapporto di lavoro part-time potrà essere trasformato di diritto in rapporto di lavoro a tempo pieno.

 

Parte obbligatoria

 

In merito alla parte obbligatoria del rinnovo, le parti – in coerenza con i principi di non discriminazione diretta o indiretta – costituiscono la Commissione Politiche per l’inclusione, che avrà tra i suoi compiti quelli di:

– stimolare – nel settore del Credito Cooperativo – la cultura di pari opportunità e inclusione attraverso la promozione di iniziative volte a dare attuazione alla normativa comunitaria e nazionale;

– promuovere piani di azioni finalizzate alla rimozione di tutto ciò che ostacola la cultura delle diversità o impedisce l’affermarsi delle pari opportunità;

– sviluppare momenti di raccordo e azioni di monitoraggio relativamente ai dati raccolti a livello aziendale.

 

Inoltre, l’Ente bilaterale della Categoria, già istituito con l’Accordo di rinnovo del 9 gennaio 2019, assume la denominazione di Ente Bilaterale del Credito Cooperativo – EnBiCC.

 

Tale Ente, in particolare, avrà il compito di valorizzare le attività formative di supporto alle esigenze e alle specificità della Categoria, di promuovere le pratiche contro la discriminazione, nonché di supportare le politiche di pari opportunità e di certificazione di contratti di lavoro e di regolarità contributiva.

 

Valutazione d’insieme

 

Le innovazioni introdotte dal testo dell’accordo si sono rese necessarie per far fronte ai numerosi mutamenti che hanno attraversato il settore del credito cooperativo nell’ultimo periodo.

Le Parti Sociali, al termine delle negoziazioni, hanno sottolineato come tale accordo sia stato raggiunto a seguito di un confronto spigoloso ma trasparente: un ulteriore indice di tutela e garanzia per i lavoratori del settore, che trovano oggi un nuovo valido riferimento sul piano economico e normativo.

 

Aniello Abbate

ADAPT Junior Fellow

@anycharisma

L’accordo tra parti sociali europee per una direttiva condivisa sul telelavoro: una occasione per riportare il dibattito italiano sullo smart working sul giusto binario

L’accordo tra parti sociali europee per una direttiva condivisa sul telelavoro: una occasione per riportare il dibattito italiano sullo smart working sul giusto binario

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Bollettino ADAPT 4 luglio 2022, n. 26

 

A poco meno di vent’anni dall’Accordo quadro sul telelavoro del 16 luglio 2002, le parti sociali europee – nell’ambito del programma per il dialogo sociale europeo 2022-2024 – hanno deciso di riprendere in mano il processo di definizione di un quadro comune per tutti i Paesi dell’Unione in materia, dopo che, soprattutto negli ultimi anni, le discipline nazionali hanno cominciato a discostarsi da una cornice normativa che cominciava a mostrare i segni del tempo rispetto al c.d. telelavoro di terza generazione (E. Dagnino, What does telework mean in the 21st century? Face to face with Jon Messenger). Esempio eclatante è stato certamente quello italiano, dove il tentativo di assecondare le nuove forme di lavoro da remoto è passato attraverso una disciplina, quella del lavoro agile, che non pochi dubbi ha lasciato con riferimento alle sovrapposizioni e alle deviazioni rispetto al quadro normativo definito dall’accordo quadro europeo e alle discipline contrattual-collettive di recepimento interno (M. Tiraboschi, Il lavoro agile tra legge e contrattazione collettiva: la tortuosa via italiana verso la modernizzazione del diritto del lavoro).

 

In questo senso, la volontà delle parti sociali europee risulta di particolare interesse sia nel metodo che nel merito rispetto a un tema di particolare complessità che non può certo essere affrontato attraverso inutili scorciatoie o trascurando problemi centrali come il tema della salute e sicurezza nei nuovi contesti di lavoro. Al primo punto dell’intesa raggiunta il 28 giugno 2022 si legge che, al fine di adattare la disciplina del telelavoro alle nuove esigenze connesse alla digitalizzazione del lavoro (lavoro ibrido, diritto alla disconnessione, organizzazione del lavoro, salute e sicurezza e trattamento dei dati, tra gli altri aspetti), la strada da perseguire è quella della «revisione e aggiornamento dell’Accordo autonomo sul telelavoro del 2002 da approntare per l’adozione tramite un accordo giuridicamente vincolante implementato attraverso una direttiva».

 

Dal punto di vista del metodo, rispetto a quanto avvenuto nel 2002 e in termini analoghi a quanto avvenuto in materia di contratto a termine, la strada prescelta è quella della stipulazione di un accordo in vista di una sua attuazione da parte delle istituzioni europee (c.d. statutory agreements) e non «secondo le procedure e le prassi proprie delle parti sociali e degli Stati membri» (c.d. non-statutory agreements), con conseguenze di estremo rilievo in punto di vincoli per il legislatore interno, dal momento che l’efficacia diretta degli accordi autonomi è esclusa dalla dottrina maggioritaria e quantomeno dubbia (in tema F. D’Addio, Considerazioni sulla complessa disciplina del telelavoro nel settore privato alla luce dell’entrata in vigore della legge n. 81/2017 e della possibile sovrapposizione con il lavoro agile, in DRI, 2017, 4, 1012-1015), mentre l’attuazione tramite direttiva garantisce piena cogenza nei confronti del legislatore. Peraltro, considerando che il nuovo accordo avrà ad oggetto, per espressa previsione delle parti, anche il diritto alla disconnessione, la scelta è destinata a superare la Risoluzione del Parlamento del 2021 (Risoluzione del Parlamento europeo del 21 gennaio 2021 recante raccomandazioni alla Commissione sul diritto alla disconnessione (2019/2181(INL))) in cui si invitava la Commissione a presentare una proposta di direttiva in materia col rischio di comprimere il ruolo degli attori asociali rispetto a questo diritto di nuova generazione.

 

Passando ai profili sostanziali della proposta, pur nella stringatezza dei contenuti, il programma 2022-2024 offre alcuni elementi di estremo interesse anche in prospettiva interna, considerando che proprio sul lavoro da remoto “all’italiana”, ossia il c.d. lavoro agile, è in corso un dibattito parlamentare in vista della sua revisione (su cui M. Menegotto, Lavoro agile: prospettive accidentate di riforma). Sul punto, infatti, emerge la corretta posizione delle parti sociali europee di ricondurre ad unità le nuove forme di “lavoro da remoto” (un po’ come già fatto in Italia dall’articolo 3, comma 10, del testo unico di salute e sicurezza che ha un campo di applicazione uniforme e generalizzato) adattando la disciplina alla nuova realtà del telelavoro, senza proporre segmentazioni più o meno sostenibili giuridicamente rispetto alla definizione di cosa sia il telelavoro e senza inseguire le mode manageriali del momento che spesso si reggono su ipotesi giuridicamente infondate (es. che il telelavoro imponga una postazione fissa ovvero che il telelavoro sia strutturalmente incompatibile con la presenza in alternanza in azienda). Oltre alla esigenza di rispondere alle problematiche sollevate dalla esperienza del lavoro da remoto pandemico e dalla intensificazione del controllo tecnologico (si parla di vera e propria sorveglianza) e della invasività del lavoro nella vita privata, l’intesa fa espresso riferimento al lavoro ibrido, mostrando una diversa sensibilità, invero già propria dell’accordo del 2002 (vedi M. Biagi, T. Treu, Lavoro e Information Technology: riflessioni sul caso italiano, in Diritto delle Relazioni Industriali, 2002), rispetto a un legislatore nazionale ancorato alla subordinazione e denotando la consapevolezza che per il telelavoro del futuro non è tanto la semplificazione degli oneri (le denunciate rigidità su costi e misure prevenzionistiche del telelavoro d’antan), ma una ridefinizione del lavoro da remoto nella nuova organizzazione del lavoro, «in particular the management of online workers and the link with working-time, health and safety, work life balance, surveillance, privacy, and data protection».

 

Date queste premesse, non si devono sottostimare i potenziali effetti di tale processo normativo sul fronte interno: ancora una volta ci si può attendere che sia il legislatore sovranazionale, questa volta vestendo i panni delle parti sociali europee, a correggere le incoerenze del quadro normativo italiano in materia di lavoro da remoto che da tempo si denunciano e a riallineare il nostro ordinamento alle buone pratiche europee in materia. Rispetto all’intenso attivismo in materia di lavoro agile – il testo unificato al momento in discussione fa sintesi di dieci diverse proposte di legge – sarebbe quindi preferibile mettersi nella prospettiva di una ridefinizione del quadro di riferimento coerente con le istanze europee.

 

Emanuele Dagnino

Ricercatore di diritto del lavoro,

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

@EmanueleDagnino

 

Michele Tiraboschi

Ordinario di diritto del lavoro,

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

@MicheTiraboschi

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/114 – Accordo Hitachi Energy Italy S.p.A.: flessibilità, competitività e partecipazione

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/114 – Accordo Hitachi Energy Italy S.p.A.: flessibilità, competitività e partecipazione

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 4 luglio 2022, n. 26

 

Parti firmatarie e contesto

 

Martedì 7 giugno 2022, a Lodi, Hitachi Energy Italy S.p.A., assistita da Assindustria Venetocentro, le RSU, e  le OOSS territoriali di FIOM-CGIL, UILM-UIL e FIM-CISL hanno siglato il loro primo contratto integrativo aziendale, dopo la sottoscrizione, risalente al 20 maggio, degli accordi sul premio di risultato e sulla quota di Welfare.

 

Come noto, Hitachi è un’importante società giapponese attiva in diversi settori, dall’elettronica alle costruzioni ferroviarie. Nata nel 1910, questo colosso del mondo imprenditoriale asiatico conta oggi 32.000 dipendenti in tutto il mondo. Negli ultimi anni, Hitachi è stata protagonista di un’importante riorganizzazione, che ha portato le 11 attività del Gruppo nell’alveo di una sola società, denominata One Hitachi. Questa rimodulazione organizzativa ha comportato un percorso di armonizzazione e integrazione tra tutte le entità presenti sul territorio italiano.

 

Hitachi Energy si inserisce in questo panorama, dedicandosi al settore dell’energia con la costruzione di trasformatori e sezionatori. Questo nuovo ramo di Hitachi, che sorge da una cessione di ramo d’azienda di ABB, ha una popolazione di 740 lavoratori e ha sedi a Lodi, Padova e Roma.

 

Oggetto e tipologia dell’accordo

 

La totalità degli accordi analizzati in questa sede compongono il contratto di secondo livello di Hitachi Energy Italy. Attraverso queste intese, l’incremento di competitività aziendale è ricercato mediante un aumento di flessibilità sia in termini di turnazioni attivabili sia come possibilità di declinare a livello locale, pur conservando una generale unità di approccio, gli istituti normati, in modo tale da incrementare la partecipazione dei lavoratori e i risultati organizzativi.

 

Temi trattati / punti qualificanti / elementi originali o di novità

 

Un esempio di questo secondo significato di flessibilità è rilevabile all’interno del primo accordo siglato tra le Parti, ossia il testo relativo al premio di risultato.

 

L’accordo sul premio di risultato disciplina  questo istituto per il quadriennio 2022-2025. La priorità della sua normazione , mediante l’intesa del 20 maggio, rispetto al resto dei documenti sottoscritti segnala la volontà delle Parti di non lasciare l’anno corrente sprovvisto del  rinnovo della parte economica del contratto integrativo, per poi proseguire con il resto della negoziazione.

 

La struttura del premio di risultato risulta composta da tre elementi: un indicatore relativo agli ordini, pari al rapporto tra consuntivo e budget, un parametro legato alla profittabilità dell’unità operativa o della BU e un terzo fattore composto da indici capaci di rilevare il miglioramento della performance dell’area considerata. Se il primo fattore, di basso peso percentuale sul payout, non interessa il livello locale, gli altri due elementi costituiscono parti strutturali del calcolo del premio da declinare e decidere a livello di unità produttiva. Si tratta di una scelta capace di evidenziare e valorizzare le specificità locali e di dare rilievo alle interlocuzioni di sito. Con questo accordo, le Parti introducono, inoltre, la  convertibilità in welfare del premio in parte o nella totalità della cifra finale erogata.

 

Oltre alla welfarizzazione di questo istituto premiale, i firmatari istituiscono una quota di welfare annuale aggiuntiva rispetto a quella prevista dal CCNL Metalmeccanici per il quadriennio 2023-2026. Per quanto concerne l’anno corrente, invece, non si prevede una cifra destinata ai servizi welfare, bensì, mediante specifico accordo, viene introdotta l’erogazione di buoni carburante, nelle modalità previste dalla Legge n. 51 del 2022.

 

L’accordo del 7 giugno include la parte obbligatoria e normativa della contrattazione integrativa di Hitachi Energy, proseguendo sul filo conduttore ispiratore del testo relativo alla struttura del premio di risultato. Con la volontà di coniugare le peculiarità delle unità produttive e dell’unità complessiva, la parte obbligatoria ribadisce l’importanza dei confronti a livello di sito, introducendo, allo stesso tempo, un incontro annuale, di carattere informativo, relativo all’andamento e alla politica industriale del Gruppo.

 

In coerenza con la riforma dell’inquadramento del CCNL Metalmeccanici del 5 febbraio 2021, le Parti istituiscono specifiche commissioni paritetiche, a livello di stabilimento, con l’obiettivo di effettuare un approfondimento inquadramentale sulla base delle declaratorie e dei criteri di professionalità enunciati dall’ultimo rinnovo del contratto nazionale, con la possibilità di provvedere a eventuali adattamenti anche attraverso la creazione di sistemi di bilancio delle competenze dei lavoratori. L’istituzione di queste commissioni va letta in parallelo rispetto alla volontà delle Parti di impegnarsi a un esame delle esigenze formative dei lavoratori, al fine di individuare congiuntamente specifici percorsi finalizzati ad  accrescerne le competenze, anche in materia di sicurezza, come testimonia l’impegno all’organizzazione di una sessione annuale di sensibilizzazione su temi HSE.

 

Oltre a esprimere la declinazione di flessibilità come possibilità di variazione, a livello locale, delle materie trattate nei testi sottoscritti, l’accordo del 7 giugno realizza anche il primo dei significati di flessibilità citati in precedenza, ossia flessibilità come ampiezza di turnazioni attivabili a fronte di esigenze gestionali e produttive, il quale rappresenta  il vero e proprio nucleo di questo contratto di secondo livello.

 

Con questo accordo, infatti, vengono introdotti nuovi modelli di orario di lavoro la cui attivazione segue a un aumento o a una contrazione dei volumi di produzione. Nel primo caso, questi nuovi sistemi orari si traducono in un aumento dei turni settimanali fino ad arrivare al ciclo continuo, circostanza a cui corrispondono nuove indennità. In caso di una contrazione della produzione, invece, la riduzione dell’orario di lavoro sarà effettuata attraverso la fruizione della quota di PAR utilizzabile per le chiusure collettive, nelle modalità previste dal CCNL. Si tratta di una soluzione che garantisce all’azienda una pronta risposta alle dinamiche di mercato, all’interno di tutte le unità operative del Gruppo.

 

L’accordo in questione completa, inoltre, il quadro delle misure di welfare di Hitachi Energy con due importanti integrazioni ai servizi previsti dal contratto nazionale: l’assegnazione del c.d. “Piano Sanitario Integrativo A” di Metasalute alla totalità della popolazione aziendale e una quota aggiuntiva a carico dell’azienda per gli iscritti al fondo Cometa, che va a sommarsi a quanto già deciso in sede di contrattazione nazionale.

 

Valutazione d’insieme

 

L’accordo Hitachi esprime la convinzione delle Parti che l’istituzione di nuovi strumenti di flessibilità debba essere accompagnata da una crescente partecipazione ai risultati dell’organizzazione. A tal fine, la parte obbligatoria dell’accordo del 7 giugno e la struttura del premio di risultato, insieme alle molteplici misure di welfare incluse all’interno delle intese, evidenziano la volontà dei firmatari di valorizzare il fattore partecipativo e la cura del dipendente come parte integrante della strategia di incremento della competitività dell’organizzazione.

 

Filippo Reggiani

Scuola di Dottorato di ricerca in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@FilippoReggian3

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