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Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/87 – Accordo ultimo miglio Amazon: flessibilità e nuove tutele per il personale viaggiante

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 7 marzo 2022, n. 9

 

Contesto del rinnovo

 

Il 16 febbraio 2022, alla presenza del Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, Assoespressi assistita dalla Confetra, per la parte datoriale, e le organizzazioni sindacali Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti hanno ratificato l’ipotesi di Accordo di secondo livello nazionale per le aziende aderenti ad Assoespressi che operano nella distribuzione dell’ultimo miglio per Amazon Italia Transport S.r.l., già raggiunta in data 23 novembre 2021 e validata dai lavoratori nel mese di dicembre 2021. La sua validità decorre dal 1° gennaio 2022, con scadenza il 31 dicembre 2024 e il campo di applicazione viene esteso anche a tutte le aziende che opereranno nell’ultimo miglio per Amazon Italia Transport s.r.l. ed entreranno a far parte di Assoespressi successivamente alla entrata in vigore dell’Accordo stesso.

 

Tale intesa, immediatamente fruibile a livello territoriale senza necessità di ulteriori accordi di armonizzazione, costituisce il primo patto sindacale a livello mondiale per il gruppo fondato da Jeff Bezos, volto alla realizzazione di un più avanzato sistema di relazioni sindacali che persegua la stabilità del lavoro e realizzi condizioni di competitività legate alla professionalità, alla qualità ed alla produttività, contemperando le esigenze aziendali con quelle di vita dei lavoratori.

 

Tale esigenza nasce proprio dallo sviluppo del settore dell’e-commerce, dovuto ai cambiamenti introdotti dalla nuova società digitale e alle nuove abitudini di acquisto, che ha sicuramente subìto una forte accelerazione durante la pandemia. Le Parti, pertanto, alla luce della crescita esponenziale dei volumi di ordini on-line e del significativo incremento occupazionale, si pongono, con questo Accordo, l’obiettivo di produrre un oggettivo miglioramento delle condizioni del personale viaggiante a cui è rivolto, definendo nel migliore dei modi ciò che riguarda l’organizzazione del lavoro, gli orari, i ritmi, i carichi di lavoro e il trattamento economico uniforme.

 

Parte economica

 

Le Parti, anzitutto, convengono che il personale viaggiante oggetto dell’Accordo è quello inquadrato nella qualifica “G”, parametro retributivo 1, del vigente CCNL Logistica, Trasporto Merci e Spedizione del 18 maggio 2021. In merito alle modifiche introdotte nell’ambito del trattamento economico, l’Accordo riconosce ai suddetti lavoratori oltre ad una indennità di trasferta anche una indennità aggiuntiva.

 

In particolare, ai sensi dell’art. 6 dell’Accordo in esame, l’indennità giornaliera di trasferta è prevista per il personale viaggiante che per svolgere le proprie mansioni si rechi fuori dal territorio comunale. A decorrere dal 1° gennaio 2022, l’indennità in questione ha un valore pari a Euro 18,00 per ogni giorno lavorato. Un aumento è previsto, invece, a decorrere dal 1° settembre 2023 (Euro 19,00 per ogni giorno lavorato). Detta indennità di trasferta viene erogata in via proporzionale anche ai lavoratori con contratto part-time orizzontale e viene invece riconosciuta integralmente ai lavoratori assunti con part-time di tipo verticale.

 

Quanto alla indennità aggiuntiva (prevista dall’art. 7), le Parti hanno pattuito che, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2022, al personale viaggiante che per lo svolgimento delle proprie mansioni operi, esclusivamente e in maniera continuativa, solo all’interno del comune, viene riconosciuta una indennità pari a Euro 10,00 lordi oltre che ad un ticket restaurant di Euro 8,00, sempre per ogni giornata lavorata. Anche in questo caso, a decorrere dal 23 settembre 2023, è previsto un aumento dell’importo di tale indennità (Euro 11,00 lordi per ogni giorno lavorato). Le Parti precisano, chiaramente, che detta indennità non viene corrisposta ai lavoratori part-time di tipo orizzontale con un orario contrattuale fino a 4 ore giornaliere e che, invece, spetta integralmente ai lavoratori part-time di tipo verticale.

 

Una importante previsione è contenuta, ancora, nell’art. 9. In particolare, le Parti riconoscono comunque la retribuzione al lavoratore che viene informato la mattina stessa dell’annullamento del carico e quindi è impossibilitato ad espletare la propria prestazione giornaliera per un evento improvviso e a lui non imputabile. Chiaramente, in questo caso, al lavoratore non vengono riconosciute le indennità sopra dette e contenute ai punti 6 o 7 dell’Accordo, a meno che allo stesso non venga richiesto di prestare servizio a supporto di altro driver.

 

Sempre con riferimento alla parte economica, l’Accordo contiene, all’art. 18, l’introduzione, a partire dal 1°gennaio 2022, in ogni azienda, di un premio di risultato di importo massimo lordo di Euro 1.100,00, da erogarsi sulla base di parametri collettivi e individuali oggettivamente misurabili in relazione alla qualità del servizio e al livello del servizio stesso.

 

Parte normativa

 

Per quanto riguarda le principali novità che interessano la parte normativa, l’Accordo interviene anzitutto sulla disciplina relativa all’orario di lavoro ordinario, al lavoro semifestivo e domenicale.

 

In particolare, le Parti convengono una diminuzione dell’orario settimanale di lavoro stante il carattere discontinuo della prestazione lavorativa del personale viaggiante, e stabiliscono che il limite dell’orario ordinario di lavoro sarà di 44 ore settimanali fino al 1° giugno 2022. Da tale data il limite dell’orario ordinario di lavoro viene diminuito a 43 ore settimanali, fino ad arrivare a 42 ore settimanali a partire dal 1° giugno 2023.

 

Il presente Accordo prende anche in considerazione la circostanza che la distribuzione dell’ultimo miglio per Amazon Italia Transport s.r.l. preveda la consegna della merce al cliente nelle giornate considerate attualmente semifestive (24 e 31 dicembre), prevedendo che, in tali date, il servizio venga effettuato esclusivamente dai lavoratori su base volontaria e venga retribuito, ove ricorresse, con le maggiorazioni previste per il lavoro festivo e straordinario.

 

Anche in relazione al lavoro domenicale, fermo restando quanto disciplinato dall’art. 11 del CCNL vigente, le Parti convengono che le aziende debbano fare ricorso prioritariamente alla disponibilità su base volontaria dei lavoratori interessati. Solo ove non fossero soddisfatte le necessità operative, potranno essere assegnati servizi domenicali, nella misura massima di 13 domeniche per anno solare, assicurando la rotazione di tutto il personale coinvolto e garantendo l’equità del trattamento.

 

Garanzie di stabilizzazione vengono, inoltre, riconosciute ai lavoratori con contratto a tempo parziale o a tempo determinato in caso di esigenze dell’azienda ad assumere. In particolare, nell’occasione di nuove assunzioni viene data priorità ai lavoratori con le medesime qualifiche ovvero a quelli cessati da altre aziende che operano nella distribuzione dell’ultimo miglio per Amazon e che abbiano esercitato contrattualmente il diritto di precedenza, nonché ai lavoratori somministrati che abbiano maturato una anzianità di lavoro complessiva di almeno sei mesi. Nel caso, invece, in cui l’azienda si trovi dinanzi ad esigenze di instaurare nuovi rapporti di lavoro a tempo pieno, sarà data precedenza a quelli già in forza con contratto part-time, sulla base di una valutazione delle richieste pervenute dagli stessi lavoratori; qualora vi fosse la necessità operativa di assumere a tempo indeterminato, l’azienda dovrà valutare le richieste pervenute dai lavoratori già in forza assunti con contratto di lavoro a tempo determinato.

 

Di rilevante importanza risulta, ancora, la procedura in caso di cambio di fornitore (art. 17): le Parti prevedono che l’impresa uscente debba includere nel contratto di subentro con l’impresa subentrante il passaggio diretto di tutti i lavoratori impiegati nello stabilimento da almeno sei mesi continuativi, purché ciò avvenga nel rispetto dell’autonomia organizzativa apicale dell’azienda subentrante e delle innovazioni tecnologiche, informatiche e di automazione intervenute.

 

Con riferimento al tema della salute e sicurezza sul lavoro e formazione continua, le aziende hanno assunto formalmente l’impegno di rispettare quanto previsto dal D.Lgs. 81\2008 (TU Sicurezza) e di promuovere corsi di formazione per migliorare la prestazione lavorativa e professionalizzante dei conducenti.

 

Da ultimo, all’art. 25, le Parti convengono che, per esigenze di organizzazione lavorativa e produttiva, i lavoratori debbano essere dotati di cellulari e mezzi con GPS per la geolocalizzazione e detti strumenti vengono considerati necessari allo svolgimento dell’attività lavorativa dei dipendenti. Onde evitare problemi legati al controllo a distanza dei lavoratori, l’Accordo prevede esplicitamente che tutti i dati rilevati dalle suddette strumentazioni, sebbene potranno essere utilizzati ai sensi dell’art. 4 della L. 300\1970, non potranno invece esserlo ai fini disciplinari, sempreché, in ogni caso, la gestione e la raccolta dei dati avvengano nel rispetto della normativa sulla privacy.

 

Parte obbligatoria

 

In riferimento alla parte obbligatoria, le Parti condividono la necessità di mantenere un corretto e continuo sistema di relazioni sindacali al fine di dare una soluzione alle problematiche che nel tempo si possono manifestare, data anche la continua evoluzione e innovazione che investe il settore dell’e-commerce, come quello di Amazon e della distribuzione correlata. A tale proposito si impegnano a migliorare i canali di comunicazione e confronto tra i rappresentanti delle aziende e le organizzazioni sindacali territoriali firmatarie dell’Accordo e, in caso di richiesta da parte delle stesse organizzazioni e delle loro RSA\RSU, verranno effettuati incontri periodici volti ad analizzare eventuali criticità operative, situazioni particolari inerenti ai carichi di lavoro e la compatibilità dei ritmi e tempi di lavoro con quelli della vita privata.

 

Al fine di verificare l’andamento dell’Accordo in oggetto, le Parti convengono, inoltre, la necessità di svolgere incontri periodici con cadenza semestrale, mentre le aziende, annualmente, si impegnano a fornire alle organizzazioni sindacali le informazioni riguardanti il numero dei lavoratori distinto per tipologia di contratto, anche a tempo pieno e parziale, nonché sull’equa distribuzione delle domeniche.

 

Valutazione d’insieme

 

Il presente Accordo risulta di portata mondiale, poiché per la prima volta Amazon riconosce la rappresentanza collettiva e il ruolo del sindacato. In particolare, le Parti affermano il duplice valore delle relazioni industriali, capaci, da un lato, di regolare e ordinare la dialettica tra le parti, e dall’altro, di rispondere alle mutevoli dinamiche sociali e di mercato. È alla luce di queste comuni convinzioni che Amazon Italia Transport s.r.l. e le organizzazioni sindacali si impegnano ad applicare il CCNL Logistica, Trasporto Merci e Spedizione e, nel rispetto degli spazi regolatori ivi definiti, a declinare un sistema di informazione, consultazione, analisi e contrattazione, che si riproduca a tutti e tre i livelli di interlocuzione (nazionale, regionale/territoriale e aziendale).

 

Tale accordo viene quindi visto come un primo passo importante nella direzione di un sistema di relazioni sindacali più moderno che, nell’ottica di tutelare il bilanciamento vita-lavoro dei lavoratori dell’ultimo miglio, tenga conto anche delle esigenze di flessibilità delle aziende per far fronte alle trasformazioni legate al mondo dell’e-commerce.

 

Graziana Ligorio

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@LigorioGraziana

 

Bilateralismo e sistemi bilaterali nel settore del commercio

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

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Bollettino ADAPT 7 marzo 2022, n. 9

 

Nel settore del commercio, i cui perimetri contrattuali sono tradizionalmente identificati nel c.d. “terziario della distribuzione e dei servizi”, la filosofia del bilateralismo ha iniziato a diffondersi attorno agli inizi degli anni ’80, seguendo un rapido percorso evolutivo per cui, già negli anni ’90, la grande maggioranza dei sistemi contrattuali presi in considerazione aveva provveduto ad istituire i propri organismi bilaterali.

Tale sensibile estensione si è poi consolidata con la riforma del mercato del lavoro operata dalla Riforma Biagi del 2003, la quale ha voluto offrire alla bilateralità una normativa promozionale e di sostegno individuando, negli Enti Bilaterali istituiti dalle parti comparativamente più rappresentative, le “sedi privilegiate per la regolamentazione del mercato del lavoro”, andando così oltre la tradizionale concezione della bilateralità come mero luogo di erogazione di servizi.

Grazie a questa rapida evoluzione, il commercio rappresenta oggi un ambito produttivo nel quale lo sviluppo degli Enti Bilaterali ha conseguito un elevato grado di strutturalità e di diffusione.

 

Definite in breve le tappe evolutive della bilateralità nel commercio, per impostare un ragionamento utile ad una “mappatura” degli Enti Bilaterali che operano in questo settore è indispensabile partire da una riflessione più ampia sul ruolo che la contrattazione collettiva assume nella bilateralità e nel bilateralismo, essendo il CCNL lo strumento principale attraverso cui l’autonomia collettiva si avvale per istituire un sistema bilaterale.

 

Partendo da questo assunto, è opportuno soffermarsi sull’individuazione delle parti sociali comparativamente più rappresentative che “governano” tale settore produttivo.

 

Sul lato sindacale, si rinviene una sostanziale omogeneità rappresentativa detenuta dalle Federazioni di categoria operanti nel terziario e aderenti al sistema confederale CGIL, CISL e UIL, ovvero, rispettivamente, Filcams, Fisascat e Uiltucs.
Sul fronte datoriale, le organizzazioni maggiormente rappresentative delle imprese dei settori del terziario della distribuzione e dei servizi sono la Confcommercio e la Confesercenti.

 

Di conseguenza, coesistono, all’interno del commercio, due contratti collettivi “gemelli”: uno sottoscritto da Filcams, Fisascat, Uiltucs e Confcommercio, l’altro siglato dalla medesima componente sindacale e dalla Confesercenti.

Sul piano formale, una prima interessante particolarità che storicamente contraddistingue questi contratti è che hanno natura “confederale”. Emerge infatti l’asimmetria organizzativa tra le parti firmatarie: se sul versante sindacale vi sono delle federazioni di categoria “verticali”, su quello datoriale intervengono direttamente le confederazioni “orizzontali”.

 

Passando ad un’analisi vera e propria dei sistemi bilaterali, i 2 CCNL istituiscono 2 diversi Enti: EBINTER, costituito sulla base dell’art. 18 del CCNL Confcommercio 30 marzo 2015 ed EBN.TER, costituito sulla base dell’art. 18 del CCNL Confesercenti 12 luglio 2016.

Come può evincersi da tutte le fonti istitutive (in primis i CCNL, ma anche Statuti e Regolamenti), i due organismi presentano le medesime caratteristiche di funzionamento, in particolare si osservano la natura giuridica di associazione non riconosciuta e soprattutto la gestione nel rispetto del principio della pariteticità, quintessenza della filosofia del bilateralismo.

 

Anche sul versante del finanziamento le norme contrattuali (Artt. 21-23 CCNL Confcommercio 30/07/19, artt.18-21 CCNL Confesercenti), dispongono identiche quote contributive in misura pari allo 0,15% su paga base e contingenza ripartito tra datore e lavoratore rispettivamente in 0,10 e 0,05%. In entrambi i casi è prevista, inoltre, una norma di chiusura che, nel rispetto del principio costituzionale di libertà sindacale negativa, qualora l’impresa intenda non aderire al sistema bilaterale, dispone l’obbligo in capo al datore di corrispondere ai lavoratori un importo retributivo aggiuntivo pari allo 0,30% di paga base e contingenza, per 14 mensilità.

 

Sotto il profilo organizzativo, gli Enti Bilaterali sono ramificati sul territorio nazionale tramite articolazioni di natura territoriale (regionale e/o provinciale) secondo un principio di sussidiarietà orizzontale che vede negli organismi decentrati i veri protagonisti della bilateralità del commercio: infatti, nel rispetto delle norme contrattuali, sono gli Enti Bilaterali Territoriali i soggetti autorizzati alla riscossione diretta dei contributi da parte di aziende e lavoratori iscritti, ed è sempre a questo livello che vengono erogate le prestazioni della bilateralità.

È dunque in ambito territoriale che gli organismi bilaterali sviluppano e gestiscono pariteticamente quelle azioni utili all’erogazione di prestazioni “calibrate” per il soddisfacimento di bisogni che, in un settore come quello del commercio, possono rispondere a esigenze localizzate differenziate.

 

Il rapporto tra Ente Nazionale ed Enti Territoriali è stato inoltre oggetto di specifici Accordi tra le Parti, a testimonianza di come l’autonomia collettiva possa intervenire sulla materia non solo per il tramite dei contratti collettivi.

In particolare, con l’Accordo sulla Governance e criteri di funzionamento degli Enti Bilaterali sottoscritto il 19 marzo 2014 con la Confcommercio e il 12 luglio 2016 con la Confesercenti, le parti hanno voluto orientare la gestione della bilateralità verso obiettivi di maggior efficienza e trasparenza, rafforzando in particolare il ruolo di monitoraggio che i due Enti Nazionali hanno nei confronti dei rispettivi Enti Territoriali tramite una maggior attività di raccordo che si sostanzia nella raccolta periodica dei bilanci e delle relazioni sulle attività. A compimento di tale disegno, con i suddetti accordi le parti hanno voluto dotare gli Enti Nazionali di poteri ispettivi e d’intervento nei casi di inadempienza degli Enti Territoriali.

 

Sul versante funzionale, emerge un nucleo di prestazioni erogate dalla maggior parte delle articolazioni territoriali degli Enti in analisi, che trovano la loro fonte nella legge (art. 2 d. lgs. n. 273/2003 lett. h), nell’autonomia collettiva (artt. 21-22 del CCNL Confcommercio e artt. 19-20 del CCNL Confesercenti) e negli Statuti (agli articoli “Scopi e funzioni”). Prestazioni che, per esigenze di sintesi, possono essere raggruppate in tre categorie:

 

1. Prestazioni di base, ovvero quelle attività “tipiche” che tradizionalmente contraddistinguono la funzione propria degli Enti Bilaterali, ovvero l’istituzione di Commissioni paritetiche tra cui spiccano quella per il mercato del lavoro, per la sicurezza sul lavoro, per la conciliazione delle vertenze di lavoro e quella per la certificazione dei contratti di lavoro.

 

2. Prestazioni a favore dei lavoratori, ove assumono un ruolo prevalente le iniziative formative finalizzate all’upskilling e reskilling, mentre sul versante “passivo” emerge il sostegno al reddito nei casi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, il quale assume un’importanza ancor più rilevante in un settore in cui il grado di protezione pubblica dei lavoratori è tradizionalmente più scarso rispetto ad altri.

 

Una terza categoria di prestazioni in favore dei lavoratori è quella dei “pacchetti di welfare” offerti dagli Enti Bilaterali, tra i quali sovente figurano, a titolo esemplificativo, agevolazioni per l’acquisto di testi scolastici, contributi per asilo nido, sussidi per figli disabili, buoni mensa scolastica, contributi per abbonamenti per attività sportiva, ecc.

 

3. Prestazioni a favore delle imprese, che si sostanziano in incentivi all’innovazione, servizi alle aziende e consulenze tecniche, seppure è opportuno specificare come anche la formazione dei lavoratori giovi all’intera organizzazione produttiva, specialmente in termini di produttività e competitività.

 

In conclusione, dal complesso delle funzioni analizzate, può evincersi il tentativo della bilateralità del commercio di orientare le relazioni industriali di settore verso un modello partecipativo/collaborativo, tramite un processo di progressivo allargamento degli scopi e delle funzioni che ha consentito alle organizzazioni datoriali e sindacali di gestire pariteticamente sempre più materie, intensificando la dialettica sindacale e indirizzandola anche all’infuori dei più tradizionali appuntamenti contrattuali.

 

Jacopo Saracchini

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@JacopoSaracchi1

 

La “Logistica Etica” riparte dalla sicurezza dei lavoratori e dalla catena (consapevole) degli appalti

La “Logistica Etica” riparte dalla sicurezza dei lavoratori e dalla catena (consapevole) degli appalti

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Bollettino ADAPT 7 marzo 2022, n. 9

 

Ormai da qualche anno il settore della logistica è al centro di numerose indagini spesso dirette a verificare l’(in)idoneità dei modelli organizzativi adottati nei processi di esternalizzazione di alcune aziende che vi operano e che, talvolta, ricorrono al sistema degli appalti al fine di trovare un risparmio nei costi e nell’aggravio organizzativo che comporterebbe l’internalizzazione di alcune attività (a tal proposito il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali ha recentemente costituito la task force “Settore logistico e trasporto merci”). Un settore, quello della logistica e del trasporto, che al livello nazionale conta – stando ai dati Istat 2020 – circa 90.000 imprese,1,5 milioni di lavoratori e 80 miliardi di euro di fatturato.

 

Se da un lato, dunque, si tratta di un settore spesso caratterizzato da appalti c.d. labour intensive con lavoratori privi di know how specialistico e una normativa di riferimento sempre più stratificata, comportando alcune criticità strutturate che nel corso del tempo stanno emergendo nell’intero settore, dall’altro lato, anche a seguito della impennata che la logistica ha avuto con la diffusione del Covid-19, sembra affiorare – talvolta timidamente – una trasformazione digitale, tecnologica e ambientale che incide anche sull’organizzazione del lavoro e, conseguentemente, sulla maggiore richiesta di lavoratori qualificati.

 

È in questa prospettiva che si inserisce la Carta metropolitana per la Logistica Etica realizzata a Bologna con il principale obiettivo di ostacolare il radicamento di organizzazioni mafiose e di imprese criminali nonché le forme di sfruttamento lavorativo e di caporalato, in continuità con i protocolli di legalità sottoscritti dalle associazioni di categoria, dalle organizzazioni sindacali, Interporto Bologna Spa, dagli enti locali e dai loro enti partecipati con la Prefettura di Bologna e con le altre articolazioni governative, oltre che con la legge regionale dell’Emilia Romagna n. 18/2016.

 

Ai fini della Carta appena richiamata (sottoscritta a Bologna il 27 gennaio scorso e della durata di 5 anni), “per logistica deve intendersi l’insieme delle attività organizzative, gestionali e strategiche che governano nell’azienda i flussi di materiali e delle relative informazioni dalle origini presso i fornitori fino alla consegna dei prodotti finiti ai clienti e al servizio post-vendita”. Per tale motivo, continua, “all’attività di logistica sono ricondotte esclusivamente le imprese che offrono servizi di trasporto, spedizione, magazzinaggio, movimentazione”.

 

Entrando nel merito, la Carta si occupa di alcuni temi specifici centrali per tutelare le imprese e i lavoratori del settore, tra cui: sicurezza sul lavoro, qualità del lavoro e catena degli appalti, formazione preventiva e continua, integrazione territoriale, innovazione, digitalizzazione, sostenibilità ambientale etc.

 

Con particolare riferimento ai profili di sicurezza sul lavoro, merita ricordare che nel 2020 in Emilia Romagna le denunce per gli infortuni (comprendendo dunque i dati epidemiologici, oltre agli infortuni stradali occorsi durante l’orario di lavoro) nel settore “trasporto e magazzinaggio” (Codice Ateco H) sono state circa il 5,95%. Di particolare interesse, per la natura del settore e della tipologia di lavoro svolto all’interno dei magazzini, risultano essere i c.d. rischi interferenziali causati dalla presenza di diverse aziende all’interno degli stessi locali che, a causa del flusso dei mezzi di trasporto e di movimentazione della merce nonché dei ritmi spesso elevati, possono generare rischi di investimento del personale e di scontro tra i mezzi stessi. Tra i principali elementi correttivi individuati nella Carta per la “Logistica Etica” vi è non soltanto il rispetto delle norme e delle condizioni lavorative ma, altresì, l’implementazione della formazione continua, i criteri di scelta dell’appaltatore e l’evoluzione tecnologica e digitale.

 

Nel tentativo di perseguire l’obiettivo appena richiamato, viene richiesto in primo luogo il potenziamento del coordinamento tra AUSL, Ispettorato del Lavoro, INAIL e INPS, quali soggetti istituzionali responsabili delle attività di vigilanza, controllo e prevenzione anche al fine di condividere informazioni nell’ambito del neo Comitato metropolitano per la Logistica Etica (all’interno del quale tutte le parti firmatarie della Carta si impegnano a condividere eventuali situazioni di pericolo e di “incidenti mancati”). Contestualmente, le parti sociali si impegnano a promuovere, anche nell’ambito delle esternalizzazioni, il rispetto dei minimi tabellari previsti dai CCNL sottoscritti dalle organizzazioni “maggiormente rappresentative” a livello nazionale, in modo da evitare fenomeni di dumping contrattuale: sul punto, tuttavia, sembra opportuno domandarsi se l’intenzione dei firmatari della Carta era quella di riferirsi alla nozione di “organizzazione comparativamente più rappresentativa” o se invece, il termine ivi utilizzato (cioè quello di “organizzazioni maggiormente rappresentative”) è stato scelto intenzionalmente nonostante i limiti che, nel corso del tempo, tale accezione ha palesato nella selezione degli attori sindacali ritenuti idonei per identificare un dato sistema contrattuale (per un approfondimento sul tema si veda P. Tomassetti, La nozione di sindacato comparativamente più rappresentativo nel decreto legislativo n. 81/2015).

 

Un altro elemento su cui merita porre attenzione è il coinvolgimento delle figure deputate alla gestione dei profili di salute e sicurezza sul lavoro, dagli RSPP ai Preposti alla sicurezza, incentivando altresì la presenza di RLS in ogni realtà produttiva. Inoltre, anche se non connesso direttamente ai profili di sicurezza sul lavoro ma rilevante per la salute e il benessere complessivo dei lavoratori, risulta centrale la figura del mobility manager (per aziende con più di 100 dipendenti) addetta alla redazione annuale del Piano degli spostamenti casa-lavoro.

 

Di particolare importanza risulta essere altresì il fattore “formazione”. A tal proposito, infatti, appare indispensabile la formazione professionale continua di tutti gli attori della filiera, al fine di sviluppare le nuove competenze richieste dai processi di digitalizzazione della logistica, dalle nuove tecnologie e dalle trasformazioni green anche mediante il coinvolgimento del sindacato. Tuttavia, tale formazione, se pensata come esclusivamente teorica, non appare sufficiente in un settore caratterizzato da un forte turnover con persone che, in ingresso e spesso straniere, necessitano di un vero e proprio apprendimento per conoscere gli ambienti e gli strumenti di lavoro.

 

Ancora, affrontando il tema della innovazione, digitalizzazione e sostenibilità ambientale nel settore della logistica e del trasporto, le parti si impegnano “a promuovere investimenti sia pubblici che privati volti a migliorare e potenziare l’utilizzo della sensoristica e dei big data (Industria 4.0) per migliorare la sicurezza dei lavoratori, l’efficientamento dei processi produttivi e il monitoraggio delle performance aziendali”, oltre a sensibilizzare le imprese sul concetto di “logistica condivisa” e sul tema del rinnovo del parco veicolare con veicoli a basso impatto ambientale.

 

In conclusione, merita particolare attenzione il focus dedicato alla “qualità del lavoro e catena degli appalti”, spesso nel mirino delle Autorità ispettive e al centro del dibattito pubblico. Se dunque, come recita la Carta, “la qualità del lavoro è il principio generale che deve essere perseguito mediante azioni parallele e complementari da parte di ciascun sottoscrittore, nella comune consapevolezza che la qualità crea valore, sia a livello economico sia a livello sociale, nonché personale per il lavoratore”, tra i principali obiettivi indicati nella Carta non vi è solo il rispetto del CCNL di settore sottoscritto da organizzazioni sindacali “maggiormente rappresentative” sul territorio nazionale ma anche dei contratti integrativi aziendali, laddove prevedano condizioni più favorevoli del CCNL (il settore di riferimento registra infatti una cospicua presenza di contratti integrativi aziendali sottoscritti dai sindacati c.d. di base). Ancora, di estrema utilità per evitare fenomeni patologici risulta essere tanto la brevità della catena degli appalti e dei subappalti, al fine di assicurare trasparenza nel monitoraggio delle attività e responsabilità a tutela dei lavoratori e delle imprese diligenti, quanto la informazione e la consapevolezza dei lavoratori coinvolti, ad esempio, nella cessazione (e/o cambio) di appalto, fermo restando il rispetto delle disposizioni di legge e di contratto.

 

Infine, ulteriori elementi da valorizzare al fine della realizzazione degli obiettivi individuati nella Carta per la “Logistica Etica” risultano essere l’utilizzo di forme contrattuali a tempo indeterminato, il rispetto della normativa sull’orario di lavoro (sia ordinario che straordinario), l’attivazione di percorsi di formazione e il miglioramento complessivo dell’ambiente di lavoro (compresa la messa a disposizione dei lavoratori di strumenti, attrezzi, macchinari e indumenti idonei al corretto svolgimento delle attività).

 

Giada Benincasa

Assegnista presso il Dipartimento di Economia Marco Biagi

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

@BenincasaGiada

 

Uno sguardo oltre confine su politiche attive e parti sociali

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Bollettino ADAPT 7 marzo 2022, n. 9

 

Le politiche attive sono da tempo al centro del dibattito pubblico, talvolta invocate per affrontare le trasformazioni dell’economia, talaltra per giustificare, a livello comunicativo, l’ingente spesa pubblica per il sostegno al reddito e il contrasto alla povertà (sul punto si veda da ultimo F. Nespoli, Tra povertà e lavoro, le oscillazioni del Reddito di cittadinanza comunicato, in Bollettino ADAPT, 28 febbraio 2022, n. 8). È molto più recente, invece, l’attenzione degli operatori e dei commentatori sul ruolo che può essere giocato dagli attori delle relazioni industriali nell’implementazione di un moderno sistema di servizi per il lavoro.

 

Dopo un silenzio durato oltre un decennio a seguito della riforma Biagi che abilitava un ruolo concreto del bilateralismo nel governo del mercato del lavoro, crescono infatti gli interventi degli esperti e degli stessi rappresentanti sindacali e delle imprese a sostegno di un pieno protagonismo dei corpi intermedi sul tema. Basti pensare al recente «Manifesto sindacale per una stagione di diritti e tutele nelle transizioni lavorative» lanciato dalla Fim-Cisl lo scorso 3 marzo, con il quale la federazione dei metalmeccanici si è proposta come parte attiva nel disegnare linee di azione e strategie per sostenere le transizioni occupazionali.

 

D’altronde, complici anche le novità contenute nell’ultima legge di bilancio (si veda L. Valente, Transizioni occupazionali, politiche attive del lavoro e ruolo del sindacato nell’era del Governo Draghi, in Bollettino ADAPT, 21 febbraio 2022, n. 7), il coinvolgimento diretto delle parti sociali sta diventando necessario per attivare un numero sempre crescente di politiche attive definite dal legislatore nazionale. A una prima ricognizione, possiamo contare l’accordo di ricollocazione ex art. 24-bis, d. lgs. n. 148 del 2015, il contratto di espansione introdotto dall’art. 26-quater, comma 1, d.l. n. 34 del 2019, il Fondo nuove competenze introdotto dall’articolo 88, d.l. n. 34 del 2020 convertito in l. n. 77 del 2020 e il recente accordo di transizione ex art. 22-ter, d. lgs. n. 148 del 2015, appena introdotto dalla l. n. 234 del 2021 e rispetto alle quali le parti hanno già dimostrato interesse (ad esempio nella gestione della oramai quasi dimenticata vicenda GKN).

 

Più estemporanee, e legate all’iniziativa di operatori locali o alle peculiarità di alcuni contesti territoriali e aziendali, sono invece le azioni di politica attiva ideate, avviate e gestite autonomamente dalle parti sociali, senza la combinazione con le (pur spesso necessarie) risorse pubbliche o le cornici normative predisposte dal legislatore. È il caso degli accordi aziendali che definiscono politiche di outplacement, anche con la collaborazione di associazioni imprenditoriali o altre imprese a livello locale, impegnandosi per la ricollocazione dei lavoratori nei casi di ristrutturazione (si veda G. Impellizzieri, F. Seghezzi, Politiche attive, i rischi di un (auto)GOL, in Bollettino ADAPT, 13 settembre 2021, n. 31).

 

Per mostrare però come la progettualità delle politiche del lavoro può avvalersi in maniera più strutturata e complementare sia dell’attore pubblico che delle parti sociali, vale la pena richiamare alcune esperienze internazionali che si sono sviluppate grazie alla forza e alla proattività delle associazioni di rappresentanza nonché, talvolta, al sostegno di idonee cornici istituzionali.

 

L’esempio tipico e più noto in questo ambito è certamente quello della Svezia, che già da diversi decenni, ad integrazione delle tutele offerte dalla Legge sulla protezione occupazionale, ha visto la collaborazione di associazioni sindacali e datoriali nella gestione delle misure di sostegno ai lavoratori in esubero. Operano infatti in Svezia i cosiddetti Consigli per la sicurezza dell’impiego (Trygghetsråden): si tratta di fondi, costituiti a livello settoriale dalle parti sociali e finanziati dai datori di lavoro, allo scopo di anticipare e gestire i cambiamenti strutturali. Così, in totale autonomia rispetto all’intervento pubblico, realizzando anzi quello che i commentatori internazionali hanno definito «uno shift dallo Stato alle parti sociali per la gestione dei problemi del mercato» (A. Scott, Collective bargaining’s contribution to employment skill and transition, Labour & Industry, 31, 3, 301-311),  gli attori delle relazioni industriali svedesi assicurano ai lavoratori in esubero misure di politica attiva (come la partecipazione a percorsi formativi, il sostegno nell’avvio di un’attività imprenditoriale o nella ricerca di un nuovo impiego) e la continuità reddituale in attesa di una nuova collocazione, con risultati occupazionali intorno al 90% (Eurofound, European Monitoring Centre on Change – Job Security Councils, 2021). Uno dei Consigli settoriali più importanti in quanto a imprese e lavoratori coperti è sicuramente il Fondo per le transizioni occupazionali (Trygghetsfonden – TSL), creato nel 2004 dalla Confederazione dei sindacati svedesi che rappresenta gli operai (Landsorganisationen i Sverige – LO) e dalla Confederazione delle imprese svedesi (Svenskt Näringsliv). Tra le altre cose, l’accordo collettivo che ha originato il TSL prevede (in linea del resto con le deleghe legislative) che contratti collettivi aziendali possano deviare dal principio “last in-first out” che, secondo la legge, dovrebbe orientare i licenziamenti per motivi economici, consentendo invece alle aziende di trattenere i lavoratori che, a prescindere dall’anzianità aziendale, sono in possesso delle competenze di cui più hanno bisogno per la continuazione delle attività. E proprio grazie al ruolo attivo che il sindacato ha potuto e saputo giocare nella gestione degli esuberi, si è costruito e giustificato l’impianto di tutele offerto dal TSL e dagli altri Consigli per la sicurezza dell’impiego. 

 

Un’esperienza più recente e in un certo senso vicina alla nostra proviene invece dal Belgio, dove a maggio 2021, alla luce della crescente domanda di maggiori competenze tecniche e trasversali per l’impatto della digitalizzazione, i principali sindacati e l’associazione di rappresentanza datoriale per l’industria metalmeccanica hanno deciso di riprogettare il fondo interprofessionale di settore, istituito negli anni ‘80. Il nuovo fondo, denominato Mtech+, è stato quindi creato per supportare i lavoratori nella valutazione delle proprie traiettorie di carriera e nell’adozione di percorsi di sviluppo professionale, anche non limitati all’attuale posizione lavorativa, e volti a valorizzare talenti e interessi. Il fondo intende promuovere presso le imprese l’adozione di politiche a lungo termine, con attenzione all’occupabilità sostenibile dei dipendenti (sia dentro che fuori l’azienda), allo sviluppo di una classe manageriale responsabile e a condizioni di lavoro dignitose. Il finanziamento di Mtech+ è contrattato ogni due anni dalle parti sociali della metalmeccanica. Attualmente, lo stanziamento è pari allo 0,32% della retribuzione lorda di ciascun lavoratore, cui si aggiungono i valori ulteriori solitamente pattuiti a livello locale. Le risorse di Mtech+ sono volte principalmente a finanziare iniziative formative e di coaching in favore di singoli lavoratori (sia operai che impiegati), gruppi di lavoratori, persone in cerca d’impiego e studenti, in modo da facilitare transizioni occupazionali di qualità e sviluppi di carriera. In quest’ottica, in aggiunta al finanziamento di specifici progetti presentati dalle aziende o concentrati su alcuni territori, Mtech+ contiene anche soluzioni estese all’intero settore, quali: il c.d. “conto di carriera” da 1000 euro, attribuito a ciascun lavoratore per pagare corsi e altre iniziative formative e di coaching, liberamente individuate dagli stessi lavoratori e frequentabili al di fuori dell’orario lavorativo; e un fondo totalmente dedicato alla riqualificazione dei lavoratori in vista delle future sfide del lavoro.

 

Infine, guardando a un contesto molto diverso da quello italiano per i bassi tassi di sindacalizzazione e di copertura della contrattazione collettiva, merita attenzione quanto sta avvenendo in Bulgaria, dove cresce il coinvolgimento delle parti sociali nel governo degli effetti sul mercato del lavoro della transizione digitale. In particolare, nel contesto del programma operativo “Sviluppo delle risorse umane” (2021-2027) finanziato con il sostegno del Fondo Sociale Europeo, la confederazione sindacale CITUB, alcune associazioni datoriali e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, hanno avviato, a partire dal 2021, un’azione progettuale congiunta, volta a creare, nel corso di 20 mesi, 170 nuovi profili professionali dotati di competenze digitali all’interno di 17 settori economici. I profili dovranno essere testati nell’ambito di sperimentazioni settoriali su almeno 500 lavoratori. Una volta che le competenze saranno state individuate, verranno elaborati i curricula e i percorsi formativi coerenti alle professioni identificate. Curricula e percorsi formativi saranno poi implementati dai centri di formazione professionale, facenti capo alla pertinente agenzia nazionale, NAVET, mentre si svilupperanno alcuni modelli di dialogo sociale e contrattazione collettiva per sostenere la progettazione congiunta di percorsi di sviluppo e aggiornamento delle competenze digitali nei luoghi di lavoro.

 

Ilaria Armaroli

ADAPT Research Fellow

@ilaria_armaroli 

 

Giorgio Impellizzieri

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@giorgioimpe

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/86 – Accordo Vera: un’intesa di secondo livello con una vocazione nazionale

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 28 febbraio 2022, n. 8

 

Parti firmatarie e contesto

 

L’11 febbraio scorso è stato raggiunto tra la direzione aziendale della società Vera s.r.l., assistita da FIPE nazionale, e le rappresentanze sindacali nazioni di Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs Uil l’accordo che ha portato all’importante sottoscrizione del Contratto Integrativo Aziendale Nazionale di una delle società leader del settore della ristorazione. Tale accordo decorrerà dal 1° febbraio 2022 fino al 31 gennaio 2026. Il contesto nel quale si inserisce tale intesa è quello di una condivisa volontà di armonizzazione, in un unico testo, delle discipline contrattuali previste a livello locale, il tutto mantenendo la cornice rappresentata dal CCNL Turismo Pubblici Esercizi. Si può quindi facilmente affermare che le parti si muovano con una piena consapevolezza del sistema di relazioni industriali che contribuiscono, con questa intesa, a valorizzare.

 

Da un punto di vista più sostanziale, lo scenario nel quale si conclude questa trattativa è caratterizzato da una instabilità economica e organizzativa, dovuta a vari fattori riconducibili al fenomeno pandemico, la quale necessita risposte innovative e soprattutto, a detta dei firmatari, condivise con i dipendenti e le loro rappresentanze. L’obiettivo comune che le parti si pongono è quindi quello di raggiungere una maggiore e migliore efficacia organizzativa, razionalizzando il costo del lavoro.

 

Oggetto e tipologia di accordo

 

Come detto, tale intesa si mostra nella forma di un accordo di secondo livello con una vocazione nazionale e la finalità di armonizzatore degli accordi sottoscritti a livello di sito, nei singoli punti vendita. Al fine di ribadire la volontà chiara delle parti di coordinare al meglio questa intesa con i restanti livelli contrattuali, si afferma in più punti, forse in maniera superflua, che tutti gli istituti non disciplinati troveranno la loro regolamentazione all’interno del CCNL di settore.

 

Temi trattati / punti qualificanti / elementi originali o di novità

 

A riprova della centralità riconosciuta al dialogo tra le parti al fine di raggiungere gli obiettivi posti in premessa, nel testo dell’accordo si nota un cospicuo insieme di impegni in materia di diritti di informazione, responsabilità sociale di impresa, agibilità sindacali, ambiente e sicurezza.

 

Partendo dai primi, viene strutturato un sistema di diritti di informazione su due livelli (nazionale e territoriale/punto vendita) al fine di garantire, almeno una volta all’anno, la condivisione di dati relativi all’andamento aziendale. Nello specifico al livello nazionale viene affidata l’informativa in merito all’andamento economico aziendale, ai processi di innovazione, alle attività di acquisizione/fusione/riorganizzazione, alle attività di formazione e in materia di pari opportunità, alle tipologie contrattuali utilizzate. A livello locale, invece, si prevede la condivisione di informazioni legata alla traduzione a livello locale delle tematiche approfondite a livello nazionale oppure relative all’organizzazione del lavoro, dell’orario di lavoro e della contrattazione di produttività.

 

Una seconda materia che compone questo ricco capitolo dedicato alle relazioni sindacali è quella della responsabilità sociale aziendale che si sviluppa in azioni più genericamente connesse al contrasto di discriminazioni, al sostegno al diritto allo studio e al rispetto della comunità sociale, e in azioni più focalizzate sul contrasto alla violenza di genere. Queste ultime presentano la doppia natura di campagne di formazione e di informazione e di sostegno alle vittime di violenza di genere. Nello specifico a queste ultime è riconosciuto, a carico azienda, un incremento di 2 mesi del congedo già previsto ex lege (pari a 3 mesi), a condizione di aver esaurito le proprie ferie e di essere inserite in un percorso di protezione. Inoltre, sempre a sostegno delle vittime di violenza, si riconosce il diritto di passaggio al regime orario part-time e alla priorità nelle richieste di trasferimento, anche temporaneo.

 

In seguito, le parti disciplinano le agibilità sindacali in maniera molto approfondita. In particolare, per quanto riguarda le assemblee sindacali viene stabilito che il monte ore di riferimento sia quello previsto dal CCNL con la possibilità di un incremento per esigenze particolari. Appare interessante la disposizione che riconosce la possibilità di fruire di ore compensative regolarmente retribuite nel caso in cui l’assemblea sia avvenuta fuori dal proprio turno di lavoro. Inoltre, sono richiamate molte pratiche di tipo organizzativo finalizzate a valorizzare lo strumento dell’assemblea anche attraverso, ad esempio, l’utilizzo di piattaforme online. Sempre nell’ambito delle agibilità sindacali è da evidenziare la costituzione di un Coordinamento Nazionale RSA/RSU. Questo organo sarà composto da 9 membri, tenendo conto della dislocazione geografica, e da 3 delegati per ciascuna organizzazione sindacale firmataria.

 

Infine, per concludere la parte dell’accordo dedicata alle relazioni sindacali, l’intesa disciplina la modalità di elezione degli RLS e pone delle deroghe alla normativa del d.lgs. 81/2008 in materia di riposo tra un turno smontante e montante, in caso di assenze non previste dell’addetto programmato in turno, comunicata nelle 24 ore precedenti e in caso di cambi turno richiesti dal lavoratore. Le ore di riposo non effettuate saranno oggetto di recupero entro le 48 ore successive.

 

Conclusa questa prima parte dedicata alle relazioni sindacali, le parti si concentrano sulla organizzazione del lavoro. Viene innanzitutto chiarito che, pur essendo Vera S.r.l composta da realtà molto differenti tra di loro, si intende predisporre un modello organizzativo unitario ed ispirato ai medesimi criteri. In questo senso, è affermato che il singolo punto vendita debba essere inteso come un “laboratorio” in grado di valorizzare la qualità del prodotto e la formazione delle risorse umane, oltre che la polifunzionalità dei lavoratori. L’obiettivo è infatti quello di coniugare esigenze di flessibilità organizzativa con nuove opportunità di professionalizzazione. Inoltre, una flessibilità di questo tipo permetterebbe di utilizzare proficuamente le ore eccedenti per una determinata attività. Inoltre, l’azienda si impegna a proporre rapporti di lavoro part-time che abbiano una precisa indicazione della collocazione giornaliera e settimanale della prestazione lavorativa con un massimo di tre varianti fisse. Allo stesso modo si prevede di implementare delle turnazioni sulla base di almeno 2 settimane e di comunicarle con un anticipo di una settimana. Infine, vista la situazione di emergenza, l’azienda si impegna, in caso di esuberi, prima di attivare la procedura di mobilità ad attivare un confronto preventivo con le Parti Sociali al fine di: proporre un posto di lavoro nel raggio di 40km, valutare un aumento del monte ore contrattuale del lavoratore trasferito, riconoscere il diritto di prelazione in occasione di nuove aperture e di altre opportunità organizzative e, nel caso di trasferimento, il rimborso delle spese di trasporto per un periodo di 6 mesi.

 

Sempre rimanendo all’interno dell’ambito organizzativo, è disciplinato il conto ore e l’orario di lavoro. Per quanto riguarda il primo elemento, le parti affidano al livello territoriale possibili modifiche e adattamenti. Per quanto riguarda invece l’orario di lavoro, la disciplina è più approfondita. Viene quindi chiarito che l’orario normale è di 40 ore settimanali distribuite su 6 giorni, i riposi previsti dal CCNL sono fruiti consecutivamente al giorno di riposo per chi ha più di un giorno di riposo e i cambi turno sono possibili nel rispetto della normativa sulla sicurezza e a parità di mansioni. Inoltre, per quanto riguarda il lavoro straordinario, si prevede una durata minima di 15 minuti, preventivamente autorizzata dal responsabile. Infine, viene chiarito che l’orario sarà pianificato con cadenza quindicinale.

 

Incidenza sul trattamento retributivo e sulle misure di welfare

 

L’intesa oggetto di commento è ricca anche di disposizioni aventi incidenza sul trattamento retributivo e sulle misure di welfare. Partendo da queste ultime, le parti disciplinano innanzitutto i percorsi formativi attivati a favore dei dipendenti tramite le fonti di finanziamento per la formazione, i fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua (Fondo For.Te) ed il Fondo Nuove Competenze. I percorsi formativi previsti hanno una durata massima di tre anni e sono volti ad accompagnare la persona fino al presidio completo del ruolo in autonomia per ogni attività di Vera. Si conviene inoltre che gli elementi sulla base dei quali stabilire il percorso, la durata, gli step e la crescita del personale debbano essere gestiti a discrezione dell’azienda e basati su criteri oggettivi quali le attitudini personali e la valutazione della prestazione. Infine, si riconosce in favore di quei lavoratori, i quali svolgano all’interno del percorso formativo delle mansioni superiori, una indennità della durata massima di 6 mesi.

 

Inoltre, sempre per quanto riguarda la componente di welfare in ottica prettamente organizzativa e conciliativa, è necessario segnalare una parte dell’intesa dedicata alla conciliazione vita-lavoro e al sostegno di situazioni di fragilità all’interno della popolazione aziendale. Innanzitutto, le parti si impegnano genericamente a valutare entro il 2022 l’inserimento di sistemi orari flessibili capaci di rispondere a particolari esigenze del personale. Più specificatamente le parti regolano l’istituto della banca ore solidale, predisponendo delle linee guida per il suo utilizzo. Tale istituto è inteso come sostegno a particolari situazioni di fragilità quali la necessità di usufruire di terapie salva-vita o di assistere familiari in situazioni similari. Come registrato in molti casi, l’azienda si impegna ad incrementare il monte ore creato dall’azione solidale dei colleghi secondo una modalità di calcolo definita da un accordo a latere. Infine, l’intesa introduce alcuni trattamenti migliorativi in merito ad alcuni istituti di welfare. Nello specifico, l’azienda si impegna a comunicare con 15 giorni di anticipo l’imminente esaurimento del periodo di comporto, a riconoscere ad ogni genitore il diritto ad astenersi dal lavoro senza retribuzione per 5 giorni all’anno per episodi legati alla malattia di ciascun figlio, ad erogare fino al 70% di anticipo del TFR al compimento del settimo anno di anzianità anche nel caso di separazione dal coniuge, spese pre-adottive, danneggiamento della propria abitazione, spese funebri e cura di animali domestici. Infine, si disciplina nel dettaglio l’utilizzo del buono pasto.

 

Infine, è essenziale delineare il sistema premiale previsto dall’intesa. Il premio di partecipazione è strutturato su due parametri. Come parametro di redditività, le parti intendono utilizzare il risultato di gestione, riconoscendogli un peso del 25% della quota solidale prevista dal CCNL (140 €). Invece, per il restante 75% della quota solidale verrà preso in considerazione il margine di contribuzione. La base di calcolo annuale è determinata dall’importo previsto dal CCNL e fino ad un tetto massimo del triplo dello stesso. Infine, sono definire le griglie con le singole fasce e le modalità di erogazione.

 

Valutazione d’insieme

 

L’accordo appena commentato rappresenta un buonissimo esempio di relazioni industriali evolute e strutturate. Queste caratteristiche si notano dalla complessità dell’accordo e della sua completezza in termini tematici: relazioni sindacali, organizzazione del lavoro, formazione, welfare, sistemi premiali sono i principali ambiti disciplinati dalle parti in maniera originale e innovativa. È, inoltre, necessario evidenziare un elemento di particolarità di questa intesa, ossia la sua vocazione ad essere disciplina nazionale. Infatti, pur trattandosi formalmente di un’intesa di secondo livello, le parti intendono svolgere una funzione di coordinamento tra le singole realtà locali e la disciplina collettiva nazionale, creando in questo modo un innovativo piano tra tali livelli.

 

Giacomo Pigni

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@PigniGiacomo

 

 

La capillarità del bilateralismo nell’artigianato

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

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Bollettino ADAPT 28 febbraio 2022, n. 8

 

Il bilateralismo è un principio fondante delle relazioni sindacali nell’artigianato ed è anche del tutto peculiare. Consapevole della complessità della tematica, dovuta anche al forte radicamento del bilateralismo nel mercato del lavoro nel settore dell’artigianato, il contributo ha lo scopo di raccogliere i punti salienti del sistema.

 

Il sistema bilaterale previsto dagli accordi interconfederali e dai CCNL dell’artigianato si è, infatti, strutturato sulla base delle peculiarità del settore interessato, colmandole, fino a giungere ad un livello di capillarità tale da coinvolge tutti i datori di lavoro aderenti e non aderenti alle associazioni di categoria artigiane comparativamente più rappresentative, erogando prestazioni di welfare contrattuale che sono indispensabili a completare il trattamento economico e normativo del lavoratore previsto all’interno dei CCNL di categoria.

 

Il sistema della bilateralità coinvolge tutte le imprese artigiane ai sensi della L. n. 443/1985, nonchè le imprese inquadrate ai fini previdenziali come artigiane ai sensi della L. 389/1989, ma applicanti altri CCNL (circolare INPS del 9 settembre 2016, n. 176) e le imprese non artigiane che applicano i CCNL dell’artigianato. Restano, invece, escluse le imprese edili.

 

La capillarità è estesa anche ai molteplici settori coperti dal campo di applicazione dei CCNL artigiani: legno e lapidei; metalmeccanica, oreficeria e odontotecnica; tessile moda chimica ceramica (ceramica, terzo fuoco, occhiali, tessile abbigliamento calzature, lavanderie, chimica gomma plastica vetro); alimentazione a panificazione; acconciatura ed estetica; comunicazione; pulizie e autotrasporto. Ed è proprio mappando i campi di applicazione del CCNL menzionati che emerge ancora di più la ramificazione del sistema bilaterale in essi previsto: i CCNL artigiani sottoscritti dalle OO.AA. e OO.SS. comparativamente più rappresentative si applicano, ad eccezione del settore della metalmeccanica, sia alle imprese artigiane che non artigiane.

 

Grazie alla bilateralità contrattualmente prevista viene, quindi, garantita l’erogazione di prestazioni su base contrattuale, modello particolarmente conveniente nei settori ad alta frammentazione, che affidano all’ente bilaterale attività che sarebbero troppe onerose per un singolo datore di lavoro.

 

Il settore dell’artigianato è caratterizzato da una “forte polverizzazione del tessuto imprenditoriale, da una instabilità dell’occupazione, da un elevato turn over della forza lavoro, da una consistente diffusione del lavoro atipico o irregolare, oltre che da una difficoltà di effettivo radicamento delle organizzazioni sindacali. Il bilateralismo è dunque affermato quale strategia condivisa per la stabilizzazione del mercato e la protezione dei lavoratori attraverso la gestione paritetica e il governo dell’intero mercato del lavoro nonché come nuovo modello di relazioni industriali cooperative e collaborative.” (M. Tiraboschi, Bilateralismo e enti bilaterali: la nuova frontiera delle relazioni industriali in Italia, in E. Massagli e R. Caragnano, Regole, conflitto, partecipazione, 2013, ADAPT, pp. 646 – 647). Le peculiarità del settore comportano che “perfino la gestione dei diritti sindacali di tipo organizzativo è demandata agli enti bilaterali. Essi sono utilizzati soprattutto per la gestione congiunta della sicurezza sui luoghi di lavoro” (M. Napoli, Gli enti bilaterali nella prospettiva di riforma del mercato del lavoro, in Jus, 2003, p. 239).

 

Sono queste le circostanze in cui si è sviluppo il bilateralismo artigiano il quale, attraverso la gestione paritetica del mercato del lavoro, rappresenta una strategia condivisa per la stabilizzazione del mercato, un valore aggiunto a favore delle imprese e dei lavoratori. La bilateralità si pone, infatti, come modello di relazioni industriali di tipo partecipativo, per migliorare le condizioni dei lavoratori all’interno e all’esterno dei luoghi di lavoro e per aumentare la competitività delle imprese artigiane e delle piccole imprese, consapevole del “fondamentale ruolo del comparto artigiano nel contesto economico e sociale, per volume del valore prodotto, per la qualità e quantità dell’occupazione assicurata, per capillare diffusione nel territorio e per lo sviluppo delle economie territoriali” (Accordo interconfederale 21 novembre 2008, Linee guida per la riforma del sistema di assetti contrattuali, delle relazioni sindacali e della bilateralità nell’artigianato).

 

Il bilateralismo artigiano nasce negli anni ‘80 del secolo scorso, la cui istituzione e regolamentazione è racchiusa negli accordi interconfederali nazionali, ad opera delle parti sociali dell’Artigianato comparativamente più rappresentative, ad oggi, per parte datoriale dalle confederazioni Confartigianato, CNA, Casartigiani, CLAAI e per parte sindacale dalle confederazioni Cgil, Cisl e Uil, a partire da quelli del 21 dicembre 1983, del 27 febbraio 1987 e del 21 luglio 1988, i quali rafforzano il ruolo e l’autonomia della contrattazione artigiana. Tali accordi costituiscono i presupposti per la stipula dell’accordo interconfederale del 3 agosto 1992, il quale assegna alla competenza della contrattazione confederale nazionale la definizione degli strumenti bilaterali.

 

L’accordo interconfederale del 23 luglio 2009 ha poi stabilito il contenuto economico delle prestazioni erogate dal sistema di bilateralità, articolato a livello nazionale e a livello regionale.

 

Esso ha, inoltre, fissato le quote di finanziamento del sistema bilaterale, poi rideterminate con accordo interconfederale del 18 gennaio 2016 e, più recentemente, dall’accordo interconfederale del 17 dicembre 2021.

 

Con gli accordi interconfederali del 30 novembre 2012, del 31 ottobre 2013 e del 29 novembre 2013, prima, e l’accordo interconfederale del 10 dicembre 2015, poi, le parti sociali dell’artigianato hanno adeguato le fonti normative e istitutive del proprio fondo di solidarietà bilaterale alternativo (FSBA): “questa funzione appartiene al codice genetico degli enti bilaterali che si sono sviluppati nell’autonomia collettiva dei settori produttivi tradizionalmente non coperti dalle legislazione sul sostegno al reddito”, come è nel caso dell’artigianato (V. Bavaro, Gli enti bilaterali nella legislazione italiana, in L. Bellardi (a cura di), La bilateralità tra tradizione e rinnovamento, 2011). In ragione di ciò, a far data dal 01 gennaio 2016 le imprese aderenti all’EBNA, ai sensi dell’art. 2 dello Statuto EBNA e dell’art. 1 comma 2 dello Statuto FSBA sono associate al Fondo di Solidarietà al fine di usufruire delle prestazioni di cui all’art. 27 del D.lgs 148/2015. Il suddetto Fondo, in conformità agli Accordi Interconfederali del 10 dicembre 2015 e 11 gennaio 2016 e a quanto previsto dallo Statuto che lo regola, ha lo scopo di erogare prestazioni di sostegno al reddito nei casi di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro, in costanza di rapporto di lavoro, a tutti i lavoratori dipendenti dell’artigianato e delle imprese che applicano i CCNL sottoscritti tra le Parti, non soggetti alla normativa in materia di integrazione salariale (Titolo I, D. Lgs., n. 148/2015), indipendentemente dai requisiti dimensionali dell’impresa.

 

Ai sensi dell’art. 2, lettera h, D. Lgs. n.276/2003, le attività del sistema bilaterale riguardano i sistemi di rappresentanza; la tutela in materia di salute e sicurezza (si pensi al servizio del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale, a cui possono accedere le aziende artigiane, nonchè le aziende non artigiane aderenti alle OO.AA. Confartigianato, CNA, CLAAI e Casartigiani; il sostegno al reddito dei lavoratori e delle imprese (Fondo di solidarietà bilaterale artigianato FBSB e Fondo di sostegno al reddito FSR); la formazione (Fondo artigianato formazione FONDARTIGIANATO); l’assistenza sanitaria integrativa (fondo SAN.ARTI); la previdenza complementare (fondo FON.TE); il welfare integrativo; nonché le attività di indagine e ricerca, lo sviluppo delle pari opportunità e il mercato del lavoro.

 

L’ente bilaterale di settore è l’EBNA Ente Bilaterale Nazionale Artigianato, con natura giuridica di associazione non riconosciuta e non persegue finalità di lucro, il cui Statuto (26 marzo 2014) prevede quali organi dell’ente il Presidente, il VicePresidente, il Consiglio Direttivo, l’Assemblea ed il Collegio dei Revisori dei Conti.

 

La bilateralità artigiana è fortemente sviluppata a livello territoriale, con l’istituzione di un ente bilaterale territoriale per ciascuna regione; essi trovano il loro fondamento negli interessi concreti del territorio dove agiscono imprese e lavoratori e proprio per questo, a fronte di specifica contribuzione, prevedono l’erogazione di specifiche prestazioni a favore delle imprese e dei lavoratori:  Ebab (Basilicata), Ebac (Calabria), Ebas (Sicilia), Ebas (Sardegna), Ebac (Campania), Ebap (Puglia), Ebram (Molise), Ebrart (Abruzzo), Ebam (Marche), Ebav (Veneto), Ebiart (Friuli Venezia Giulia), Bkh Eba (Prov. Autonoma Di Bolzano),Ebat (Trentino Alto Adige), Eblart (Lazio), Ebrau (Umbria), Ebret (Toscana),Eber (Emilia Romagna), Eblig (Liguria), Elba (Lombardia), Ebap (Piemonte), Ebava (Valle D’Aosta).

 

Confartigianato Imprese, CNA, Casartigiani, CLAAI, Cgil, Cisl e Uil, con l’obiettivo di potenziare il sistema del welfare contrattuale per i lavoratori del comparto, hanno previsto la contrattualizzazione del diritto alle prestazioni erogate dalla bilateralità nazionale, regionale e delle province autonome di Trento e Bolzano: le prestazioni presenti nei sistemi della bilateralità nazionale e regionale rappresentano, per l’appunto, un diritto contrattuale e normativo di ogni singolo lavoratore, il quale matura, esclusivamente nei confronti dei datori di lavoro non aderenti al sistema bilaterale, il diritto alla erogazione diretta da parte del datore di lavoro di prestazioni equivalenti. In questo senso, l’impresa aderendo alla bilateralità ed ottemperando ai relativi obblighi contributivi, assolve ogni suo obbligo nei confronti dei lavoratori.

 

Nonostante nei contratti collettivi di lavoro la bilateralità sia collocata nella parte obbligatoria, vincolante le parti firmatarie, la contrattualizzazione delle prestazioni bilaterali comporta la titolarità a favore del lavoratore del diritto alla prestazione erogata dalla bilateralità ed è per questo motivo che gli accordi interconfederali prevedono forme sanzionatorie in caso di inadempienza. In questo senso, si è espresso l’accordo interconfederale del 21 aprile 1997, che consente ai datori di lavoro inadempimenti di sanare le omissioni contributive nei confronti dell’ente bilaterale e di regolarizzare, in conseguenza, la loro posizione nei confronti dell’INPS.

 

In maniera più dettagliata, l’accordo interconfederale del 23 luglio 2009, recepito dai CCNL artigiani, stabilisce che “i trattamenti previsti dalla bilateralità sono vincolanti per tutte le imprese rientranti nella sfera di applicazione degli accordi e contratti collettivi nazionali, regionali e territoriali dell’artigianato, ove sottoscritti”.

 

Nell’affermare il diritto contrattuale di ogni lavoratore alle prestazioni previste dalla bilateralità, l’accordo interconfederale sopra citato dichiara che, in caso di inadempimento contributivo da parte del datore di lavoro, anche derivante dalla mancata adesione alla bilateralità, vi sia il diritto all’erogazione diretta da parte del datore di lavoro di prestazioni equivalenti a quelle erogate dal sistema bilaterale di riferimento, qualora si verificasse l’evento coperto dalla bilateralità. L’obbligo è forfettariamente racchiuso nella corresponsione a ciascun lavoratore un elemento aggiuntivo retributivo (cd. E.A.R.) pari a 25 euro lordi per tredici mensilità nonché. L’E.A.R. incide su tutti gli istituti retributivi di legge e contrattuali, compresi quelli indiretti o differiti, escluso il solo TFR. In questo senso, anche il Ministero del lavoro con la circolare 15 dicembre 2010, n. 43, per cui è garantita la libertà associativa per i datori di lavoro di non iscriversi ad associazioni sindacali o enti bilaterali, ma si conferma l’obbligo di garantire ai lavoratori le prestazioni previste nella parte economico normativa del contratto.

 

La contribuzione al sistema bilaterale prevede una quota EBNA, definita dall’atto di indirizzo del 30 giugno 2010 e dall’accordo interconfederale del 23 dicembre 2010, il contributo di solidarietà carico azienda da versare all’INPS ed esclusivamente per i datori di lavoro soggetti a FSBA la percentuale del 0,60% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per ciascun lavoratore, di cui 0,45% a carico del datore di lavoro e 0,15% a carico del lavoratore.

 

La contribuzione è, dunque, distinta a seconda che il datore di lavoro rientri o meno nel campo di applicazione del titolo I del D.Lgs., n. 148/2015. Peraltro la quota EBNA è stata recentemente elevata dall’accordo interconfederale del 17 dicembre 2021 a 139,80 € annui pari a 11,65 € mensili; accordo al momento unicamente recepito dai CCNL del settore alimentazione e panificazione, del settore tessile moda chimica ceramica, del settore metalmeccanica oreficeria e odontotecnica e del settore autotrasporto merci e logistica.

 

La quota EBNA comprende la rappresentanza sindacale di bacino, il rappresentante territoriale sicurezza e formazione sicurezza, EBNA e funzionamento FSBA, la rappresentanza imprese e contrattazione collettiva e le prestazioni e funzionamento degli enti bilaterali regionali.

 

Il sistema di adesione e contribuzione alla bilateralità artigiana poc’anzi descritto rappresenta un unicum nel panorama delle relazioni industriali italiane, poiché la raccolta della contribuzione è unica per tutte le voci della bilateralità artigiana, di cui la quota EBNA, in cifra fissa, deriva da un obbligo contrattuale, mentre la quota in cifra percentuale ad FSBA deriva da un obbligo di legge (art. 27, D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148). Ciò determina un particolare effetto sulla contribuzione della bilateralità artigiana, infatti la regola di un’unica obbligazione contributiva contiene in sé profili di controversia in merito all’obbligatorietà di contribuzione. A questo proposito non si può non citare la recente sentenza del Tribunale di Roma, 30 novembre 2021, n. 10087, in cui il giudice ha deciso per il versamento obbligatorio dei contributi a FSBA, affermando che anche i datori di lavoro che non abbiano aderito al sistema di relazioni industriali del comparto artigiano sono tenuti al versamento dei contributi in favore del fondo FSBA poiché questo realizza una tutela previdenziale. La sentenza differenzia fra l’adesione volontaria del datore di lavoro artigiano all’ente bilaterale e quella obbligatoria al Fondo di solidarietà bilaterale alternativo, chiarendo che “l’omessa adesione alla bilateralità giustifica senz’altro il mancato versamento della contribuzione dovuta all’EBNA, che trova la sua fonte non già nella legge bensì nell’adesione dell’impresa alla contrattazione collettiva (con operatività, per le aziende che applicano il CCNL, dell’obbligazione alternativa ivi contemplata), mentre in nessun caso la contribuzione dovuta al Fondo ai sensi dell’art. 27 D.Lgs. n. 148/2015 potrà dirsi condizionata alla volontaria adesione dell’impresa”.

 

Eleonora Peruzzi

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@PeruzziEleonora

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/85 – Accordo Trelleborg: focus su efficienza e valorizzazione della professionalità

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 21 febbraio 2022, n. 7

 

Parti firmatarie e contesto

 

In data 3 febbraio 2022 è stato siglato il verbale di accordo per i lavoratori della Trelleborg Wheel Systems di Tivoli tra la Direzione Aziendale e le RSU appartenenti alla Filctem-CGIL e alla UGL-Chimici. L’azienda è specializzata nella progettazione, sviluppo, produzione e vendita di pneumatici (mescole e semilavorati in gomma) per l’agricoltura, il forestale, la movimentazione terra, Multipurpose (MPT) e motocicli.

 

L’accordo nasce dall’esigenza di recuperare la competitività dello stabilimento, alla luce delle dinamiche di crescita del costo dell’energia e delle materie prime, nonché degli elevati costi di gestione caratterizzanti le aziende operanti in Italia.

 

Oggetto e tipologia di accordo

 

Il documento così definito si propone quindi di migliorare l’efficienza, la produttività e la qualità del plant per cercare di conservare la profittabilità del sito, anche attraverso misure di coinvolgimento e di valorizzazione dei lavoratori, con una particolare attenzione alle persone impiegati sulla base di contratti flessibili come i somministrati.

 

Temi trattati / punti qualificanti / elementi originali o di novità

 

Per raggiungere gli obiettivi di cui sopra, le Parti si sono focalizzate su tre aree principali: efficienza organizzativa, investimento in capitale umano, miglioramento della produttività e sistemi di incentivazione.

 

Quanto al primo elemento, la Società ritiene inevitabile esternalizzare le attività non direttamente produttive affidandole a fornitori esterni, con particolare riferimento alle attività interne di trasporto già dall’anno corrente. Inoltre, la TWS prevede esplicitamente la valutazione di eventuali altre efficienze ottenibili attraverso l’outsourcing di fasi lavorative a minore valore aggiunto.

 

Per cercare di ridurre l’impatto di questa decisione, l’Azienda si rende disponibile, insieme all’RSU, per trovare soluzioni per mantenere il livello occupazionale, tramite una riconversione professionale dei lavoratori interessati verso le mansioni a più alto valore aggiunto e – in via eventuale – attraverso l’assorbimento della forza lavoro da parte del nuovo fornitore.

 

Alla luce di quanto sopra esposto – e fatto salvo l’esigenza nel breve periodo per rispondere a una crescita della domanda – la TWS ritiene potrebbe non essere più necessario, in tutto o in parte, ricorrere al lavoro somministrato.

 

Proprio con riferimento a quest’ultima tipologia di lavoro, le Parti hanno istituito una sorta di “patto” tra Azienda e lavoratori, volto alla valorizzazione del capitale umano e al consolidamento di un cambiamento culturale orientato a migliorare partecipazione, senso di appartenenza e spinta al miglioramento continuo.

 

Per raggiungere questi obiettivi, le Parti hanno concordato un piano di assunzione triennale volto a stabilizzare 40 lavoratori attualmente impiegati con contratto di somministrazione.

 

Inoltre, per valorizzare il contributo dato dai lavoratori somministrati che hanno fornito in passato la propria prestazione presso lo stabilimento di Tivoli, è stata prevista l’assegnazione di tre giorni di ferie aggiuntive su base annua al personale che avrà raggiunto i 18 anni di anzianità convenzionale, termine che definisce la somma dell’anzianità aziendale e del periodo di tempo svolto con contratto di somministrazione.

 

Questo strumento viene introdotto con una validità triennale, fissando fin da ora un momento di verifica sulla sua attuazione entro il 31 dicembre 2024, in modo tale da poterne prevedere un’estensione.

 

Incidenza sul trattamento retributivo e sulle misure di welfare

 

Le misure scelte dalle parti per ottenere un miglioramento della produttività consistono prevalentemente in sistemi di incentivazione, con l’obiettivo anche di valorizzare la professionalità degli operatori di alcuni specifici reparti.

 

Innanzitutto, per tutti gli operatori addetti alla produzione doppioni, viene introdotta l’erogazione di un importo mensile per tredici mensilità, aggiuntivo rispetto a quelli previsti in precedenza, con incidenza su tutti gli istituti contrattuali. Tale erogazione cesserà in caso di assegnazione ad altri reparti e verrà invece riconosciuto anche in caso di prestazioni temporanee nelle suddette mansioni.

 

Inoltre, viene previsto un meccanismo di incentivazione per i confezionatori doppioni e triploni basato sul rapporto tra minuti lavorati e pezzi prodotti, ai fini di una valorizzazione della professionalità e sulla base del postulato per il quale a parità di standard nell’esecuzione della lavorazione, l’esperienza professionale del singolo operatore gli consente di raggiungere più semplicemente il target di produzione giornaliero.

 

Per evitare abusi, questo meccanismo – previsto in maniera flessibile e per la durata di un anno – viene integrato da un sistema di controllo sia del rispetto dei dettami della qualità che della sicurezza.

 

Infine, le Parti concludono impegnandosi a valutare iniziative analoghe anche per altri reparti e prevedendo che se la misura non otterrà l’incremento di produzione e gli altri obiettivi congiuntamente prefissati, l’incentivo cesserà di essere erogato, con la convocazione di un tavolo di approfondimento in merito.

 

Valutazione d’insieme

 

L’accordo in esame rappresenta un esempio virtuoso di come le Relazioni Industriali – e nel caso di specie la contrattazione di secondo livello – possono agire per rispondere alle problematiche contingenti – aumento del costo delle materie prime e dell’energia – e strutturali – elevati costi di gestione del plant. Attraverso accordi di questo tipo si possono raggiungere obiettivi comuni ad azienda e lavoratori come il mantenimento della profittabilità del sito da una parte e del livello occupazionale e della valorizzazione della professionalità dei lavoratori dall’altra.

 

Dario Frisoni

Scuola di dottorato in Apprendimento e Innovazione nei Contesti Sociali e di Lavoro

Università degli studi di Siena

@FrisoniDario

 

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