chimico-farmaceutico

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/239 – Angelini Pharma investe sul benessere dei dipendenti con un ampliamento delle misure di welfare occupazionale

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/239 – Angelini Pharma investe sul benessere dei dipendenti con un ampliamento delle misure di welfare occupazionale

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 28 ottobre 2024, n. 38

 

Parti firmatarie

 

Il 4 dicembre 2023 presso lo storico stabilimento di Ancona è stato sottoscritto l’accordo di rinnovo del contratto integrativo di Angelini Pharma tra la Direzione Aziendale e le RSU, assistite dalle segreterie nazionali di Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec Uil, con efficacia fino al 31 dicembre 2026. L’azienda centenaria del settore farmaceutico è tra le più importanti a livello nazionale ed europeo grazie ad una rete di oltre 1.500 dipendenti e collaboratori, tre stabilimenti produttivi in Italia e due all’estero.

 

La trattativa

 

La sottoscrizione del rinnovo del contratto integrativo aziendale ha rappresentato l’esito di confronto avvenuto con una serie di incontri nazionali, territoriali e aziendali. Come ci ha raccontato Lorenzo Grattini, RSU che ha partecipato alla sottoscrizione dell’accordo, il rinnovo ha preso le mosse nell’ambito dell’Osservatorio Nazionale, in seno al quale l’azienda ha indicato le linee strategiche di sviluppo per il prossimo triennio, per poi svilupparsi nei vari stabilimenti. I vari incontri a livello territoriale e aziendale sono contraddistinti dalla presentazione della piattaforma unitaria sindacale, la quale tiene conto dell’andamento dell’impresa – che è oggetto di attenzione costante da parte del sindacato, anche attraverso incontri periodici – e dei bisogni rilevati dai lavoratori, attraverso una mappatura definita attraverso assemblee dedicate e il dialogo continuo con le persone.

Oggetto specifico di approfondimento, anche con l’Azienda, sono stati diversi temi riguardanti sia la parte normativa che economica, con particolare attenzione alle politiche di welfare e work-life balance nonché in materia di salute e sicurezza e sostenibilità.

 

Il contesto

 

La definizione dei contenuti dell’accordo è infatti guidata dalla consapevolezza circa le grandi sfide poste dalle transizioni digitale e ambientale. Per questo le parti hanno concordato obiettivi e misure gestionali per garantire e mantenere uno sviluppo sostenibile e capace di rispondere alle esigenze dell’aziende e dei lavoratori.

A tal fine sono individuate diverse linee di intervento, come l’investimento in attività formative a sostegno della professionalità e dell’occupazione dei lavoratori; la riduzione dell’impatto ambientale della produzione e una maggiore partecipazione dei lavoratori attraverso consultazioni periodiche delle rappresentanze sindacali e organismi pariteticamente costituiti a livello aziendale.

L’intesa rappresenta dunque la base di un processo di crescita aziendale sostenibile e reciprocamente soddisfacente, nella consapevolezza che il dialogo costante e costruttivo sia uno strumento efficace per realizzare gli interessi dell’impresa e dei lavoratori.

 

I contenuti dell’accordo

 

Le parti hanno teso anzitutto a valorizzare il sistema di relazioni industriali aziendale, investendo in strumenti paritetici, formazione congiunta delle RSU e dei manager nonché occasioni e incontri periodici con l’obiettivo di implementare un sistema di partecipazione e informazione.

 

Tra i temi oggetto di confronto tra azienda e i rappresentati dei lavoratori nel corso della vigenza del contratto vi è l’organizzazione del lavoro, con la finalità di ricercare dei modelli organizzativi flessibili, efficaci ed efficienti, in grado di garantire la corretta distribuzione dei carichi di lavoro e la collaborazione proficua tra lavoratori.

 

In generale, nell’accordo, ricorre spesso il rinvio all’analisi congiunta e/o alla consultazione delle RSU con riferimento a diversi strumenti di welfare occupazionale che hanno un impatto sull’organizzazione del lavoro.

 

Tra questi, per quanto concerne gli strumenti di flessibilità, si prevede un ampliamento della fascia di ingresso dalle 8 alle 9.30 e viene fatta salva la possibilità di valutare, previo confronto con la RSU, una più ampia modalità di fruizione del lavoro agile a fronte di particolari situazioni familiari o personali. Negli uffici ove non è applicabile il lavoro agile, le parti concordano di ricercare ove necessario tutte le possibili soluzioni per consentire la fruizione del part-time o, in alternativa, per l’utilizzo di formule di orario flessibili.

 

Diverse sono le condizioni di miglior favore rispetto all’utilizzo delle fattispecie sospensive dal lavoro come il congedo di paternità (10 giorni di permesso retribuito aggiuntivi), congedo parentale (2 mesi di congedo retribuiti al 50% dopo i primi 6, da fruire entro i primi 20 mesi di vita del bambino/a), congedo per le vittime di violenza di genere (3 mesi di congedo retribuito aggiuntivi). Nei confronti di quest’ultima categoria di dipendenti, le parti si impegnano altresì a valutare congiuntamente l’adozione di ulteriori iniziative tese a offrire un maggiore sostegno in termini di rimodulazione dell’orario di lavoro, ampliamento del periodo di aspettativa e accesso alla banca ore solidale nonché di trasferimento presso altri stabilimenti del Gruppo.

 

A tutela della salute dei dipendenti, oltre a confermare quanto previsto in materia di assistenza sanitaria integrativa tramite Faschim, viene sancito che l’utilizzo di permessi per visita medica giustificati con apposito certificato non sono considerati nel computo delle assenze per malattia ai fini del premio di partecipazione nonché il riconoscimento del 100% della retribuzione fino al raggiungimento del periodo di comporto per i lavoratori affetti da malattia oncologiche e/o cronico/degenerative. Di particolare interesse è l’istituzione del c.d. sportello psicologico, un servizio messo a disposizione dei dipendenti che possono, in modo volontario e in forma anonima, iniziare dei percorsi di sostegno psicologico personalizzati. Come sottolineato da Lorenzo Grattini, “rispetto a quanto concordato in sede di accordo, si sono da subito registrate delle novità grazie all’eliminazione del limite prima previsto delle otto sedute garantite, consentendo così l’attivazione di percorsi senza un limite per la singola persona. Lo sportello psicologico rappresenta un servizio nato a seguito di un percorso iniziato anni fa quando è stata rilevata la necessità di affrontare con strumenti idonei alcune situazioni particolarmente fragili e delicate”. In generale, nei contesti lavorativi emerge sempre più la necessità di affrontare lo stress e gli impatti negativi che esso ha sulla salute, sia esso di origine legata alle caratteristiche del lavoro in sé – pensiamo per esempio alle conseguenze nel lungo periodo del lavoro su turni, anche notturni – o da situazioni personali e familiari specifiche. “Nel penultimo integrativo Angelini era già stato poi riconosciuto questo bisogno e con la sottoscrizione dell’accordo del dicembre 2023 è stato messo a disposizione uno strumento per soddisfare al meglio questa esigenza”.

 

A sostegno delle responsabilità di cura nei confronti dei familiari, oltre ai congedi, sono diverse le soluzioni individuate dalle parti, tra le quali vi è il riconoscimento di 3 giorni di permesso retribuito, fruibile anche a mezze giornate, per inserimento dei figli all’asilo nido/scuola materna o per assistenza ai familiari entro il secondo grado oppure la sottoscrizione di una convenzione con un asilo nido vicino alla sede aziendale per riservare dei posti per i figli dei dipendenti. La convenzione, come sottolineato da Lorenzo Grattini, è una soluzione adottata a livello aziendale da oltre un decennio; tuttavia, è necessario fare i conti anche con i cambiamenti della popolazione aziendale nel corso del tempo. “Se prima, infatti, moltissimi lavoratori vivevano nel comune in cui ha sede lo stabilimento, oggi, invece, si registra molta più mobilità territoriale. Questo è un fattore importante da considerate, perché consente di riflettere sulla necessità di rimodulare gli strumenti: molto probabilmente per un dipendente che risiede in un comune lontano può essere molto più utile contributo per le spese della retta dell’asilo nido anziché avere il servizio vicino allo stabilimento, visto che in quest’ultimo caso non potrebbe utilizzarlo.”

 

Particolarmente significativi, in ottica di valorizzazione delle diversità e adozione di pratiche più inclusive e di pari opportunità, sono alcune previsioni indirizzate alle coppie unite civilmente (equiparate a quelle sposate per l’accesso ai diversi istituti) e ai lavoratori più svantaggiati (nei confronti dei quali si rinvia all’adozione di soluzioni di sostegno adatte alle specifiche esigenze) nonché l’istituzione del Diversity & Inclusion Manager per facilitare, in generale, lo sviluppo di strategie aziendali più inclusive, anche in accordo con i rappresentanti dei lavoratori.

 

Sempre in materia di welfare aziendale, l’accordo sancisce il riconoscimento di un credito annuale da utilizzare in flexible benefits pari a 800 euro per il 2024 e il 2025, elevato a 850 euro nel 2026, anche per i lavoratori a tempo parziale. Un riproporzionamento dell’ammontare è previsto per i lavoratori a tempo determinato (500 euro annui) e per i lavoratori assenti senza diritto alla retribuzione, in proporzionale alle assenze relative all’anno precedente complessivamente superiori a 15 giorni (fatta eccezione per le aspettative facoltative post partum e per gravi motivi familiari).

 

In generale il welfare aziendale può essere un canale utile per riconoscere diverse prestazioni e servizi ma, come evidenzia Lorenzo Grattini, non sempre la sua introduzione viene sin da subito apprezzata dai lavoratori. Ad esempio, rispetto ai flexible benefits, “la loro introduzione è stata vista inizialmente con molta diffidenza da parte dei lavoratori, che apprezzavano invece di più strumenti dalla natura monetaria. In realtà, non molto dopo, c’è stata un’inversione di tendenza poiché sono state evidenti la convenienza e la potenzialità di questa possibilità e ciò ha portato nel corso del tempo anche ad un aumento dell’importo che oggi si attesta a 850 euro per tutti i lavoratori, una cifra considerevole e superiore alla media. In generale, il welfare aziendale è un tema aperto e ci consente di dare delle risposte importanti ai lavoratori, anche per i più giovani”.

E tale tendenza si registra anche rispetto alla previdenza complementare, “dove a livello aziendale i tassi di adesione a livello aziendale superano il 90%” e all’assistenza sanitaria integrativa, rispetto alla quale “si discuterà nei prossimi mesi circa la possibilità di estendere alcune condizioni migliorative a tutta la popolazione aziendale, proprio perché il tema è particolarmente sentito dai lavoratori”.

 

Infine, tra i contenuti dell’accordo integrativo, figura la disciplina del premio di partecipazione, ancorato su parametri di redditività e produttività, i cui importi annui per il triennio di vigenza del contratto vanno dai 2.400 per il 2024 ai 2.450 per gli anni successivi, corrisposti in due tranche annuali. In ogni caso, l’importo del premio viene parametrato sul numero di assenze per malattia – al fine di ridimensionare il fenomeno dell’assenteismo – secondo indicatori specificatamente individuati dalle parti. È altresì prevista la welfarizzazione del premio di risultato, visto che i lavoratori possono destinare gli importi – una quota minima del 5% e suoi multipli – al fondo di previdenza complementare Fonchim oppure in flexible benefits. In caso di conversione, l’azienda aumenterà del 20% l’ammontare della quota optata.

 

Valutazione d’insieme

 

Il tema della conciliazione tra responsabilità e tempi associati alla vita personale, familiare e personale è sempre più centrale oggi, non solo nel dibattito pubblico, ma anche come tema di negoziazione a livello nazionale e aziendale. Rispetto al caso di Angelini Pharma, ciò appare confermato. Secondo Lorenzo Grattini, infatti, “le esigenze dei lavoratori – soprattutto quelli più giovani – stanno cambiando e il tema del work-life balance è fondamentale oggetto di confronto anche con l’azienda, anche attraverso l’utilizzo di strumenti paritetici. Da questo punto di vista, oltre ad azionare i tradizionali strumenti, potrebbe essere d’interesse sperimentare ove possibile la “settimana corta”, per venire incontro alle esigenze legate alla gestione dei tempi che, se ottimale, sappiamo avere un impatto positivo sul benessere del dipendente e, conseguentemente, anche sulla produttività dell’azienda”.

 

Chiara Altilio

PhD Candidate – ADAPT Università di Siena

@chialtilio

Il ruolo della contrattazione collettiva nell’organizzazione dell’orario di lavoro dei quadri e degli impiegati direttivi. Il caso del CCNL Chimico-Farmaceutico

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

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Bollettino ADAPT 12 dicembre 2022, n. 43

 

In un rapporto di lavoro subordinato, il tempo di lavoro ha sempre rappresentato un elemento centrale in quanto ancora oggi, fatta eccezione per i dirigenti, la retribuzione mensile risulta commisurata alle ore di lavoro prestate e i contratti collettivi fissano, sulla base di norme di rinvio legali, maggiorazioni per lavoro notturno, eccedente, straordinario o festivo, assegnando quindi un valore diverso a ore di lavoro perché svolte in determinati periodi del giorno o dell’anno o perché aggiuntive rispetto all’orario normale di lavoro. La tradizionale distinzione tra locatio operis e locatio operarum, rispettivamente riconducibili a lavoro autonomo e lavoro subordinato, trova ancora un significato dal momento che, se nel lavoro autonomo l’oggetto della prestazione consiste in un’opera o un servizio, nel lavoro subordinato il lavoratore dipendente mette a disposizione del datore di lavoro le proprie energie e le proprie competenze prestando lavoro manuale o intellettuale che trova nel tempo di lavoro una sua quantificazione e, al tempo stesso, una tutela secondo le norme di legge e della contrattazione collettiva.

 

Tuttavia, nelle professioni che richiedono applicazione di conoscenze di alto livello o legate a ruoli gestionali, il tempo di lavoro non trova più un valore oggettivo della sua misurazione: ciò risulta sempre più attuale non soltanto per i dirigenti, ma anche per la categoria dei quadri e degli impiegati direttivi, figure che rientrano nel novero degli impiegati ex art. 2095 c.c. Se si pensa a figure prevalentemente gestionali o anche al lavoro creativo o di ricerca, il tempo di lavoro perde quel valore oggettivo dal momento che la sua quantificazione non trova una corrispondenza diretta in termini di aumento di volumi produttivi come potrebbe avvenire per una professione manuale. Oggi tali lavoratori prestano un’attività lavorativa in un determinato tempo messo a disposizione del datore di lavoro per svolgere una prestazione che debba raggiungere o garantire determinati obiettivi, o che talvolta consiste in una obbligazione di mezzi a partire da competenze elevate e da progetti da seguire. Si potrebbe affermare, in un certo senso, che il tempo di lavoro per queste categorie di lavoratori acquisisca un valore come il negativo di una fotografia, in quanto garanzia del diritto al riposo e al tempo libero del singolo e non più garanzia – per il datore di lavoro –  dello svolgimento di una prestazione che porta a risultati produttivi; in questo, la retribuzione di produttività risulta essere la migliore “cartina tornasole”, dal momento che, se gli strumenti per incrementare la produttività del lavoratore manuale sono riconducibili al lavoro a cottimo o a indicatori con un approccio quantitativo nei premi di risultato collettivi, per il personale direttivo si è progressivamente sviluppata una gestione per obiettivi (definita appunto MBO, e quindi Management by Objectives”) che sono strategici per l’azienda e slegati ad un oggettivazione del tempo di lavoro.

 

Conseguentemente, la disciplina dell’orario di lavoro affidata alla legge e alla contrattazione collettiva si è modificata con l’obiettivo di garantire maggiore flessibilità anche a figure come quadri e impiegati direttivi e di uscire da una logica di misurazione del tempo di lavoro che ricollega la retribuzione ad una quantità di ore prestate e non alla qualità del lavoro svolto, piuttosto che a determinati obiettivi raggiunti. In particolare, la norma di riferimento è l’articolo 17, comma 5 del D.lgs. n. 66/2003, la quale dispone che “Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, le disposizioni di cui agli articoli 3, 4, 5, 7, 8, 12 e 13 non si applicano ai lavoratori la cui durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non è misurata o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi […]”. Le deroghe previste sono assai ampie, poiché di fatto vengono disapplicati gli articoli sull’orario normale di lavoro, sulla durata massima dell’orario di lavoro, sul lavoro straordinario, sul riposo giornaliero, sulle pause e sul lavoro notturno: ne risulta una disciplina assai scarna, in cui, fermo li rispetto dei principi generali della protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori, restano solo le ferie e il riposo settimanale a trovare applicazione per i suddetti lavoratori. Il medesimo comma, inoltre, stabilisce un elenco a cui applicare le deroghe: dirigenti, personale direttivo delle aziende o altre persone aventi potere di decisione autonomo, manodopera familiare, lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose e prestazioni rese nell’ambito di rapporti di lavoro a domicilio e di telelavoro. Sulla norma è intervenuta la Circolare n. 3/2005 del Ministero del Lavoro, che, anzitutto, ha stabilito che l’elenco di figure professionali a cui applicare le deroghe è esemplificativo, e non tassativo; in più, il medesimo documento si sofferma sulla lettera a) del quinto comma dell’articolo 17 – “dirigente, personale direttivo aziendale o di altre persone aventi potere di decisione autonomo” – specificando che “nell’ampia formulazione della norma trovano ingresso nuove figure professionali che, sebbene prive di potere gerarchico, conservano, nel disimpegno delle loro attribuzioni, ampia possibilità di iniziativa, di discrezionalità e di determinazione autonoma sul proprio tempo di lavoro”. Tali indicazioni, peraltro, rispecchiano una posizione del Ministero del Lavoro già emersa con la Circolare n. 10/2000 (antecedente al D.lgs. n. 66/2003) che, sulla nozione di personale direttivo, ha evidenziato come la giurisprudenza sia costante nel ritenere che tale concetto “è comprensivo non soltanto di tutti i dirigenti ed institori che rivestono qualità rappresentative o vicarie, bensì anche – in difetto di una pattuizione contrattuale in deroga – del personale direttivo c.d. “minore”, ossia gli impiegati con funzioni direttive, i capi di singoli servizi o sezioni di aziende e, in definitiva, i capi ufficio ed i capi reparto che eccezionalmente possono svolgere persino attività manuali”. Inoltre, il Ministero ha puntualizzato come “l’inquadramento nella categoria del personale direttivo dipende dalla corrispondenza delle mansioni in concreto assegnate al lavoratore a quelle previste dalla disposizione definitoria di detto personale, non potendo derivare dal mero dato formale del conferimento della qualifica”.

 

In un simile scenario le Parti Sociali, nell’accordo interconfederale de l2 novembre 1997 che recepisce la Direttiva UE 93/104 in materia di organizzazione dell’orario di lavoro, sono intervenute con una previsione tanto semplice quanto incisiva: infatti, nella parte dell’intesa relativa alle deroghe alla disciplina sulla durata settimanale dell’orario, la clausola dispone una deroga per il personale con funzioni direttive o da altre persone aventi potere di decisione autonomo sul proprio tempo di lavoro, “tenuto comunque conto di eventuali limiti fissati dalla contrattazione collettiva”. In tal senso, le Parti hanno sottolineato come la contrattazione collettiva possa autonomamente stabilire dei “limiti” alle deroghe poi previste dal D.lgs. n. 66/2003 e quindi hanno aperto esplicitamente alla possibilità che i contratti collettivi introducano una differente organizzazione dell’orario di lavoro per il personale direttivo. La giurisprudenza della Corte di Cassazione, al tempo stesso, ha fissato due principi in materia di limitazioni dell’orario di lavoro del personale direttivo: il primo interpreta il limite legale di cui all’articolo 17, comma 5 del D.lgs. n. 66/2003 e quindi guarda ai principi generali in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, mentre il secondo appare in linea con le previsioni dell’accordo interconfederale sopracitato e attiene al ruolo della contrattazione collettiva: “i funzionari direttivi, esclusi dalla disciplina legale delle limitazioni dell’orario di lavoro, hanno diritto al compenso per lavoro straordinario se la disciplina collettiva delimiti anche per essi l’orario normale e tale orario venga in concreto superato oppure se la durata della loro prestazione valichi il limite di ragionevolezza in rapporto alla necessaria tutela della salute e dell’integrità fisiopsichica garantita dalla Costituzione a tutti i lavoratori” (Cass. Civile n. 11929/2003; Cass. Civile n. 3038/2011; Cass. Civile n. 12687/2016).

 

Dal quadro normativo e giurisprudenziale delineato, integrato con le previsioni dell’accordo interconfederale e con la prassi amministrativa del Ministero del Lavoro, emerge una disciplina dell’organizzazione dell’orario di lavoro che trova nelle deroghe dell’articolo 17, comma 5 del D.lgs. n. 66/2003 un livello di tutela standard – in conformità alla Direttiva UE 2003/88 – sul quale può intervenire una disciplina collettiva o individuale di favore. Ai fini del presente contributo risulta dunque d’interesse guardare non tanto alla figura del dirigente, per il quale i contratti collettivi (si pensi, ad esempio, al CCNL Dirigenti Industria siglato il 30 luglio 2019) non intervengono sulla disciplina dell’orario di lavoro, ma ai quadri e agli impiegati direttivi, in cui una limitazione dell’orario di lavoro stride con l’autonomia e la natura delle mansioni svolte e del ruolo ricoperto in un determinato contesto lavorativo. La contrattazione collettiva nazionale è intervenuta in diversi settori per modellare l’organizzazione dell’orario di lavoro dei funzionari direttivi definendo il relativo inquadramento contrattuale e introducendo specifiche discipline in materia di maggiorazioni o riposi che integrano in melius le previsioni dell’articolo 17, comma 5 del D.lgs. n. 66/2003: diversamente, alla luce del quadro delineato, anche a quadri e impiegati direttivi si applicherebbe il contratto collettivo nazionale con i relativi limiti di orario di lavoro.

 

Un esempio concreto è rappresentato dal CCNL Chimico-Farmaceutico, che interviene in due aspetti: da una parte, nelle declaratorie contrattuali riconduce la Categoria A alla qualifica dei quadri e la Categoria B alla qualifica di “impiegati che espletano funzioni direttive”, e dall’altra all’articolo 9 lett. B) riconosce che tali lavoratori non siano soggetti a limitazione di orario e siano esclusi dall’applicazione delle maggiorazioni per prestazioni eccedenti e straordinarie, rinviando all’articolo 21, che rappresenta una disposizione apposita del CCNL. Tale articolo, tra le altre cose, riconosce a quadri e impiegati direttivi il diritto al godimento delle riduzioni di orario e introduce un’apposita maggiorazione “a fronte di prestazioni aggiuntive in giorno di sosta (il sabato, n.d.r.) o in orario di lavoro notturno” e limitatamente a “prestazioni espressamente richieste o comunque dettate da fattori esterni all’autonomia e discrezionalità di tali lavoratori”. Una simile previsione, in un certo senso, si innesta sulle deroghe previste dall’articolo 17, comma 5 del D.lgs. n. 66/2003 per ricostruire una disciplina speciale che esclude i lavoratori della Categoria A e B dalle ordinarie maggiorazioni per prestazioni eccedenti o straordinarie (non li esclude in caso di lavoro festivo o notturno ordinario),  ma riconosce comunque agli stessi maggiorazioni speciali in caso di lavoro aggiuntivo nella giornata di sabato o di notte che non sia dettato dall’autonomia e dalla discrezionalità degli stessi lavoratori.

 

L’esempio del CCNL Chimico-Farmaceutico dimostra l’importanza del ruolo della contrattazione collettiva nell’organizzazione dell’orario di lavoro di lavoratori la cui prestazione lavorativa risulta difficilmente inquadrabile nell’ordinaria disciplina legale ma che, al tempo stesso, può richiedere interventi ulteriori a tutela degli stessi non limitandosi ad un rinvio alle deroghe di cui all’articolo 17, comma 5 del D.lgs. n. 66/2003. In quest’ottica, spetta al sistema di relazioni industriali e quindi alle Parti sociali affrontare il tema dell’organizzazione dell’orario di lavoro, che può diventare un punto di forza per la qualità di un lavoro in cui il tempo perde quell’oggettività che ha connotato il Novecento industriale e richiede anch’esso un ripensamento e una ricostruzione a partire dalle peculiarità dei nuovi contesti sociali e di lavoro.

 

Lorenzo Citterio

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@CitterioLorenzo

Il metodo dei chimici e dei farmaceutici per un nuovo protagonismo delle relazioni di lavoro

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ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

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Bollettino speciale ADAPT 17 giugno 2022, n. 1

 

Lo scorso 13 giugno Federchimica, Farmindustria, Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil hanno sottoscritto l’ipotesi di rinnovo del CCNL del settore chimico farmaceutico. Si tratta di uno dei principali contratti del comparto manifatturiero (oltre 3.000 le aziende interessate e 210.000 lavoratori), che negli anni si è guadagnato la fama di “buona pratica” in ragione delle tante innovazioni e delle coraggiose sperimentazioni studiate dagli appassionati di relazioni industriali.

 

Anche in questa tornata contrattuale vi sono elementi di novità che meritano di essere citati.

Il meccanismo individuato per l’adeguamento dei salari agli scostamenti inflattivi può risultare complesso (non a caso lo abbiamo analizzato nel merito con i  protagonisti del negoziato nelle interviste che trovate in questo Bollettino Speciale) ma segnala la volontà delle parti di individuare autonomamente, e con un importante grado di flessibilità (testimoniato dall’utilizzo dell’EDR), soluzioni mirate a “salvare” garanzie sul piano salariale per i lavoratori, senza pesare eccessivamente sulle imprese, nonostante l’incertezza relativa all’inflazione (nemica tanto dei primi, quanto delle seconde). Una soluzione diversa da quella individuata quasi un anno fa dai metalmeccanici. Questi hanno scommesso sul recupero anno su anno; i chimici, invece, sull’erogazione preventiva e assorbibile. Diversa la tecnica, medesima la finalità: stabilire un meccanismo flessibile e adattabile per evitare di ritrovarsi in ogni singola tornata di rinnovo ad affrontare da zero i nodi del recupero monetario dell’accresciuto o diminuito costo della vita. Prevenire è meglio che curare, insomma, a tutto vantaggio dei tempi di rinnovo.

 

Il nuovo contratto del settore chimico-farmaceutico non contiene novità solo nella parte economica (come mostra l’articolo di Lorenzo Citterio). Per favorire le adesioni a un sistema di welfare contrattuale che si è sviluppato nel corso degli anni, le parti hanno scelto di non adottare soluzioni invasive, ma di consolidare un ampio lavoro già avviato negli anni. I lavoratori non iscritti alla previdenza complementare e alla sanità integrativa potranno ora accedere alla piattaforma elettronica di welfare per verificare i vantaggi offerti dai fondi negoziali, in termini di versamenti e prestazioni, per poter operare una piena e consapevole adesione ai Fondi nazionali. Una soluzione “timida” per coloro che incoraggiano invece pervasivi meccanismi di adesione obbligatoria al welfare contrattuale. Punto di vista, questo, parziale, poiché rischia di dimenticare un dato assai rilevante: le percentuali di adesione in questo settore sono tra le più alte in assoluto nel nostro Paese (si vedano qui le quote di adesione a Fonchim e Faschim), a conferma della bontà delle soluzioni “pedagogiche” adottate nel settore negli ultimi anni.

 

La stessa delicatezza normativa caratterizza anche le i principali novità contenute nella parte normativa dell’ipotesi di rinnovo. L’elemento centrale di questo capitolo è rappresentato dalla predisposizione di specifiche linee guida, in luogo di previsioni puntuali, su alcuni temi di snodo. Anche in questo caso, la scelta prosegue sui binari metodologici posati nel passato: normare solamente il necessario e indirizzare la contrattazione di secondo livello a sfruttare gli spazi aperti dal CCNL, monitorando con gli osservatori lo sviluppo e il successo delle ipotesi contrattuali nelle varie realtà. Un lavoro di costante verifica e monitoraggio delle soluzioni aziendali che abbiamo costruito, in questi anni, anche noi di Adapt.  Nei percorsi di lettura presenti in questo Bollettino Speciale abbiamo inserito la versione open access degli specifici approfondimenti del VI Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva (2019) e del III Rapporto UBI Banca-ADAPT su Il welfare occupazionale e aziendale in Italia.

 

Fin qui le novità tecniche, il “cosa”. Come accennato, tuttavia, questo è un rinnovo nel quale contano di più il “come” (il metodo) e il “quando” (la scelta del momento della firma).

 

Per quanto concerne il metodo (“come”), non si può non riconoscere al settore chimico-farmaceutico una inusuale facilità alla partecipazione, al dialogo tra le parti in luogo della contrapposizione, che neanche ha più bisogno di essere recitata. Non abbiamo quindi assistito a minacce di scioperi, piattaforme impossibili, nottate di negoziazione. Quello chimico farmaceutico è oggi un contratto pragmatico, che si costruisce nel corso dei tre anni di vigenza del CCNL precedente.

 

Anche molti addetti ai lavori pensano che questo sia possibile (soltanto) grazie alla ricchezza delle imprese che lo applicano. Una osservazione comprensibile, ma lacunosa: in un momento particolarissimo come quello attuale, non sono poche le medie aziende della chimica di base ad essere in sofferenza per la crescita improvvisa del prezzo delle materie prime. Ciononostante, anche quelle imprese hanno salutato con responsabile favore il rinnovo.

 

Sotto il profilo del “quando”, è piuttosto evidente il messaggio alla politica, che, con la ripresa del dibattito sul salario minimo è tornata a mettere pesantemente in discussione il ruolo di “autorità salariale” del contratto nazionale e la sua capacità di difendere la dignità dei lavoratori. I firmatari di questo CCNL hanno dimostrato la funzione essenziale della contrattazione e gli effetti delle buone relazioni industriali tanto nell’incremento dei salari, quanto nel contrasto al dumping contrattuale, assente in questo mercato. Addirittura le firme sono state apposte in anticipo rispetto alla scadenza naturale, fissata per il 30 giugno 2022, con tanto di applauso finale. Un simbolismo voluto che, come argomentato dagli intervistati, che è frutto di quel percorso di crescita congiunto già accennato.

Rinnovare i contratti nazionali, rispettando i tempi inizialmente previsti, quindi è possibile, anche in un periodo così complesso.

 

Da questo punto di vista quello del settore chimico è un concreto e tangibile messaggio al legislatore e ai media: non occorrono nuove leggi per rinnovare i contratti nazionali e alzare i salari.

Il “come” e il “quando” prima del “cosa”, quindi. Una soluzione “win win” che, mai come oggi, è importante che sia emulata anche in altri settori.

 

Emmanuele Massagli

Presidente ADAPT

Associazione per gli studi sulle relazioni industriali e di lavoro

@EMassagli

 

Michele Dalla Sega

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@Michele_ds95