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I salari contrattuali nel 2023. La fotografia offerta dal recente rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia*

I salari contrattuali nel 2023. La fotografia offerta dal recente rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia*

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Bollettino ADAPT 17 giugno 2024 n. 24

 
Nel 2023 i sistemi di contrattazione collettiva sono stati oggetto di particolare attenzione in Italia. A far discutere è stata la capacità della contrattazione collettiva nazionale di categoria di far fronte alla questione salariale, tornata nuovamente al centro del dibattito pubblico per via delle forti dinamiche inflazionistiche e della crescita della quota di lavoratori poveri. Criticità che portano a domandarsi se i contratti collettivi siano ancora oggi adeguati a fissare i minimi retributivi o se non sia il caso di ricorrere a un intervento per stabilire in modo inderogabile una tariffa minima. Anche gli orientamenti giurisprudenziali hanno contribuito a lanciare segnali di allarme sulla tenuta del sistema contrattuale. La Cassazione ha infatti ritenuto contrario al principio costituzionale di retribuzione sufficiente i trattamenti salari minimi previsti dalle federazioni di categoria di Cgil, Cisl e Uil nel settore della vigilanza privata e dei servizi fiduciari. Di un certo interesse è pertanto verificare come si sono comportate le parti sociali nei rinnovi dei contratti collettivi nazionali che rientrano nei sistemi di relazioni industriali più rappresentativi. Parliamo, per il 2023, di quarantaquattro testi contrattuali oggetto di analisi del X Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia. Pur in un periodo di transizione, in attesa dei rinnovi del terziario, che sono poi sopraggiunti nel 2024, prima con il rinnovo di Confcommercio poi con quello della scorsa settimana dei pubblici esercizi (Fipe), aumenti significativi sono stati pattuiti nei settori chimica pmi (191 euro), autostrade e trafori (210 euro), grafici editori (252 euro) e occhialeria (268).

 

Decisamente più elevati sono stati gli incrementi retributivi del CCNL del credito (435 euro) dove, approfittando del buono stato di salute del settore, le parti firmatarie hanno convenuto un aumento del 15%, un dato più alto di quello degli altri rinnovi dove si registrano differenziali tra il 5 e il 12% circa. Non mancano ovviamente settori nei quali gli aumenti sono più ridotti – per esempio nella vigilanza privata (140 euro) o lavanderie industriali (155 euro) – e spalmati in plurime tranche dilatate nel tempo. Ma in termini generali non si può certo affermare, come ha fatto taluno, di essere di fronte a una perdita di rilevanza della contrattazione collettiva, per quanto ovviamente sia complesso trarre considerazione valevoli per tutti i settori. Ciascun contratto determina in autonomia le diverse voci che compongono i salari di base dei lavoratori che certo non possono essere identificati con i soli minimi tabellari. Sulla trasparenza dei trattamenti retributivi contrattuali pesa indubbiamente il non essere pensati per la comunicazione, con cifre tonde orarie omnicomprensive, come lo sono, per esempio, le tariffe fissate per legge da altri Paesi. Il nostro sistema contrattuale ha introdotto, in materia di retribuzioni, diverse componenti come la tredicesima, l’elemento di garanzia, il tfr, i crediti welfare e altre voci fisse considerate “paga base” anche se ulteriori e diverse dalle tariffe previste dal minimo tabellare.

 

Il rapporto ADAPT sul 2023 ha provato a segnalare questa complessa struttura retributiva (per qualcuno una giungla) calcolando tutte le tariffe minime riconosciute ai lavoratori. In questa prospettiva di lettura, è facile verificare come il salario minimo contrattuale corrisponda a una cifra diversa e ben più alta rispetto a quella dei minimi tabellari solitamente riportati nel dibattito pubblico e come, ancora una volta, i contratti collettivi siano sistemi complessi che non si prestano a semplificazione. Era questa, del resto, la lezione purtroppo oggi dimenticata di Ezio Tarantelli che nel 1978, nel suo libro su “Il ruolo economico del sindacato”, scriveva che un sistema di relazioni industriali è «un sistema complesso di regole non un sistema di regolamentazione del salario. Il volerlo ridurre a un sistema di regolamentazione del salario denuncia una comprensione solo parcellare di un sistema socio-politico ben più complesso». Equiparare tariffa minima contrattuale e tariffa minima legale è un errore di prospettiva: il contratto collettivo non si limita mai a stabilire il solo valore di scambio del lavoro ma concorre a definire l’insieme delle leggi di mercato che concorrono a scandire le dinamiche della produttività, le leve della organizzazione del lavoro, la valorizzazione della professionalità e ovviamente le istanze redistributive. Da qui l’invito a non demolire il sistema di contrattazione collettiva ma se mai a innovarlo mediante un piano nazionale di sostegno e relative leggi promozionali che è poi una delle ipotesi prospettate dalla stessa direttiva europea sui salari minimi adeguati che vede nella contrattazione la strada preferibile in una economia sociale di mercato per sostenere il sistema produttivo e tutelare i lavoratori.

 

Tariffa oraria complessiva e scostamenti da 60% salario mediano da 50% salario medio

(rapporto ADAPT 2023)

CCNL Tariffa oraria complessiva Scostamento da 60% salario mediano (€ 6,85) Scostamento da 50% salario medio (€ 7,10)
CCNL Industria metalmeccanica € 11,20 € +4,44 € +4,19
CCNL Piccola e media industria metalmeccanica e installazione di impianti (codice C018) € 10,47 € +3,62 € +3,37
CCNL Imprese artigiane dei settori metalmeccanica, installazione impianti, orafi, argentieri ed affini e delle imprese del settore odontotecnici (codice C030) € 9,54 € +2,69 € +2,44
CCNL Distribuzione moderna organizzata (DMO) (codice H008) € 10,02 € +3,17 € +2,92
CCNL Terziario, distribuzione e servizi (Confcommercio) (codice H011) € 10,02 € +3,17 € +2,92
CCNL Imprese della distribuzione cooperativa (codice H016) € 9,71 € +2,86 € +2,61
CCNL Turismo (codice H052) € 9,63 € +2,78 € +2,53
CCNL Pubblici esercizi, ristorazione collettiva e commerciale e turismo (Fipe) (codice H05Y) € 9,81 € +2,96 € +2,71
CCNL Impianti e delle attività sportive profit e no profit (codice H077) € 7,77 € +0,92 € +0,67
CCNL Imprese di acconciatura, estetica, tricologia non curativa, tatuaggio, piercing e centri benessere (codice H515) € 9,20 € +2,35 € +2,10
CCNL Istituti e imprese di vigilanza privata e servizi fiduciari (codice HV17) – Addetto ai servizi fiduciari € 7,03 € +0,18 € -0,07
CCNL Istituti e imprese di vigilanza privata e servizi fiduciari (codice HV17) – Personale tecnico, operativo e amministrativo € 8,39 € +1,54 € +1,29
CCNL Agenzie di sicurezza sussidiaria e degli istituti investigativi e di sicurezza (codice HV40) € 7,56 € +0,71 € 0,+46
CCNL Logistica, trasporto, spedizioni (codice I100) € 10,48 € +3,63 € +3,38
CCNL Imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati/multiservizi (codice K511) € 9,14 € +2,29 € +2,04
CCNL Imprese artigiane servizi di pulizia, disinfezione, disinfestazione, derattizzazione e sanificazione (codice K521) € 8,98 € +2,13 € +1,88
CCNL Operai agricoli e florovivaisti (codice A011) € 7,17 € +0,32 € +0,07
CCNL Lavoro domestico (codice H501) € 5,68 € -1,17 € -1,42

 

Michele Tiraboschi

Università di Modena e Reggio Emilia

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*pubblicato anche su Il Sole 24 Ore col titolo Un errore di prospettiva equiparare i minimi tabellari e contrattuali, 12 giugno 2024

 

Le tendenze della contrattazione aziendale in Italia*

Le tendenze della contrattazione aziendale in Italia*

Bollettino ADAPT 26 febbraio 2024, n. 8

 

Il 2024 è già stato annunciato come l’anno dei rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Poca attenzione viene invece prestata alla contrattazione decentrata e soprattutto a quella aziendale che è un fenomeno ancora troppo poco conosciuto e monitorato. L’unica rilevazione ufficiale è quella del Ministero del lavoro, in relazione ai contratti decentrati oggetto di obbligo di deposito ai fini della fruizione di benefici pubblici, che però è una analisi di tipo meramente quantitativo che non entra nel contenuto dei contratti depositati. Che la rilevazione sia parziale lo dimostra in ogni caso il semplice fatto che, secondo l’ultimo report del Ministero del lavoro (febbraio 2024), sono poco meno di 10.000 gli accordi decentrati di produttività “incentivati” vigenti in Italia a fronte dei 114.000 contratti collettivi di secondo livello segnalati dal report sulla contrattazione collettiva del Ministero del lavoro francese (l’ultimo rapporto disponibile si riferisce al 2022) dove esiste un obbligo generale di deposito di tutti i contratti collettivi.

 

Un contributo alla conoscenza del fenomeno in termini sistematici, cioè in correlazione con la produzione contrattuale di livello nazionale, è dato dal rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia (giunto alla sua decima edizione) che consente di costruire le dinamiche della contrattazione aziendale dal 2012 al 2023. Il X rapporto ADAPT si concentra, in particolare, su oltre quattrocento accordi aziendali sottoscritti nel corso del 2023 da Cgil, Cisl e Uil. La maggioranza di tali accordi proviene dal settore del credito e delle assicurazioni, seguito dal settore metalmeccanico e delle telecomunicazioni. Del tutto non rappresentati invece, settori pur molto rilevanti per l’economia nazionale, come ad esempio il settore del turismo, della ristorazione, e dell’edilizia per i quali vige, di regola, una contrattazione di tipo territoriale. Da notare, inoltre, come la maggior parte degli accordi analizzati sia stata stipulata a livello aziendale (55%) o di gruppo (42%), con una distribuzione geografica che vede circa la metà degli accordi con copertura multi-territoriale, e numeri molto bassi per quanto concerne gli accordi unicamente applicabili nelle regioni del centro-sud. A livello tematico, le materie più frequentemente oggetto di negoziazione aziendale sono (a) l’organizzazione del lavoro; (c) il lavoro agile; (d) il salario di produttività; (e) il welfare aziendale; (f) la conciliazione vita-lavoro; (g) la formazione.

 

Il 25% degli accordi aziendali stipulati nel 2023 ha disciplinato la tematica della organizzazione dell’orario di lavoro, con una maggiore incidenza nei settori connotati da stagionalità o picchi di produzione (come, ad esempio, l’industria alimentare o il terziario, distribuzione e servizi). Frequente è la presenza di clausole volte a regolare e definire l’orario normale di lavoro (35%), le quali tuttavia talvolta prevedono una disciplina parzialmente diversa, in termini di collocazione, da quella approntata in sede nazionale. Molto diffuse, poi, sono le disposizioni concernenti la flessibilità multiperiodale, il lavoro a turni, oltre alle fasce di flessibilità di ingresso e uscita. Tra le disposizioni di portata più innovativa, si registrano quelle dedicate alla eliminazione totale o parziale della pratica della timbratura e quelle che sanciscono una riduzione dell’orario (rispetto a quanto previsto dalla contrattazione nazionale di settore) senza diminuzione del salario, talvolta anche tramite un’articolazione della settimana di lavoro su 4 giorni invece di 5 (Luxottica, Intesa San Paolo).

 

Con riguardo alla retribuzione di produttività, il 26% degli accordi introduce un premio annuale, infrannuale o ultrannuale legato all’incremento di specifici parametri, sia collettivi che individuali. In linea con le tendenze nazionali monitorate periodicamente dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, tali premi sono per la maggior parte legati a indicatori di redditività aziendale e produttività: deve essere segnalata, tuttavia, la crescente presenza degli indicatori legati alla sicurezza sul lavoro, alla formazione e alla sostenibilità ambientale ed energetica. Si conferma poi un forte interesse delle parti sottoscrittrici alla possibilità di convertire parte del premio in beni e servizi di welfare aziendale. La c.d. “welfarizzazione” del premio di risultato, infatti, è inclusa nell’85% degli accordi, molti dei quali offrono altresì incentivi aggiuntivi, chiamati “bonus di conversione” (che possono arrivare fino al 30% dell’importo convertito) per incoraggiare i dipendenti a scegliere tale soluzione.

 

L’interesse verso la tematica del welfare da parte di aziende è sindacati è confermata dalla forte presenza di misure di welfare occupazionale all’interno degli accordi analizzati (58%), con particolare attenzione alle misure di conciliazione vita-lavoro e alle politiche per le pari opportunità: queste ultime includono iniziative per la promozione della parità di genere e la tutela delle vittime di violenza di genere. Le misure di flessibilità organizzativa e oraria, incluso il lavoro agile, sono poi particolarmente diffuse (45%), e spesso dirette ai lavoratori con esigenze di cura dei figli, insieme a congedi e permessi. Per quanto concerne le misure di welfare aziendale non organizzativo, le più diffuse sono, come facilmente prevedibile, i buoni pasto, l’assistenza sanitaria integrativa e la previdenza complementare.

 

Coerentemente con le più recenti istanze sociali, circa il 20% dei contratti aziendali stipulati nel 2023 si concentra sulla regolamentazione di questioni legate alla tutela ambientale, e alla salute e alla sicurezza dei lavoratori. Gli accordi stipulati riflettono una diversificazione significativa sia delle aree di intervento sia degli strumenti utilizzati da sindacati e associazioni datoriali per guidare e regolare i processi di “transizione verde” e le questioni relative alla prevenzione dei rischi e alla sicurezza sul luogo di lavoro.

 

Infine, il 16% degli accordi aziendali del 2023 contiene disposizioni specifiche riguardanti la formazione dei lavoratori, prevedendo l’istituzione di organismi paritetici, definendo i contenuti e la platea di destinatari delle attività formativa e elaborando forme di riconoscimento e valorizzazione (anche economica) delle competenze acquisite.

 

In termini conclusivi, la varietà dei contenuti delle clausole all’interno della contrattazione aziendale del 2023 segnala un rinnovato attivismo delle parti sociali, in special modo per quanto concerne l’organizzazione del lavoro anche in termini di orario – forse spinte dalle numerose suggestioni provenienti dal contesto internazionale – e le misure di welfare occupazionale. Entrambi tali rilevazioni possono essere certamente ascritte alla tendenza prettamente post-pandemica relativa alla maggiore attenzione per la persona del lavoratore, ma anche a nuove politiche aziendali di attraction e retention, volte ad adattarsi ad un mercato del lavoro caratterizzato da uno spiccato mismatch tra domanda e offerta di lavoro.

 

Michele Tiraboschi

Università di Modena e Reggio Emilia

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*pubblicato anche in Contratti & Contrattazione CollettivaIl Sole 24 ore, 23 febbraio 2024