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La contrattazione decentrata in Francia nel 2023: il punto di vista della Dares

La contrattazione decentrata in Francia nel 2023: il punto di vista della Dares

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Bollettino ADAPT 11 novembre 2024, n. 40

 

Nel mese di ottobre 2024, la Dares, vale a dire il servizio di analisi statistica al servizio del Ministero del lavoro francese, ha fornito i dati relativi alla contrattazione collettiva d’impresa svoltasi nel corso dell’anno 2023.

Si tratta di un’analisi che, in aggiunta al report sulla contrattazione collettiva pubblicato annualmente dalla Direzione generale del lavoro del ministero, offre un focus su quello che è stato il dialogo sociale nel livello di contrattazione di maggiore prossimità.

 

L’analisi statistica condotta dà contezza dei risultati raggiunti dalla contrattazione collettiva in termini numerici, ma anche in termini qualitativi, di quali sono state le tematiche prevalentemente oggetto di negoziazione nel contesto d’azienda.

 

Al fine di comprendere la rilevanza dell’analisi fornita va precisato che il campione di riferimento, sono i testi frutto di contrattazione depositati attraverso la piattaforma Téléaccord presso le direzioni dipartimentali dell’impiego, del lavoro e della solidarietà (Dreets) entro il 31 dicembre dell’anno oggetto di studio, in questo caso il 31 dicembre 2023. Si tratta dunque di uno studio basato su dati parziali che potranno essere rivisti più avanti facendo un ricalcolo basato su quei testi siglati nel 2023 ma depositati successivamente al mese di dicembre.

 

Volendo offrire una panoramica precisa e che possa risultare utile, anche in un’ottica comparata col sistema italiano, va precisata la metodologia seguita dalla Dares nella stesura: viene dapprima fornita una panoramica generale della contrattazione d’impresa andando a verificare se ci sia stato un ampliamento od una contrazione del fenomeno rispetto agli anni precedenti. Una volta forniti i dati complessivi vengono posti in evidenza quelli che sono risultati essere gli istituti e i temi giuslavoristici maggiormente discussi dalle parti sociali e anche in questo caso viene evidenziata la tendenza avutasi rispetto agli anni passati.

 

Altro elemento che permette una piena comprensione del tenore del dialogo sociale è il fatto che viene ben reso chiaro se i testi sottoscritti sono nuovi contratti oppure delle semplici clausole addizionali che vanno ad integrare accordi preesistenti.

Altro importante dato su cui l’istituto di statistica pone l’attenzione è la modalità di adozione con la quale i vari accordi sono stati adottati, se si tratta, cioè, di contratti collettivi venuti ad esistenza e sottoscritti dai delegati sindacali presenti a livello d’azienda, ovvero la cui adozione è successiva allo svolgimento di un referendum sindacale.

 

Relativamente all’istituto del referendum sindacale nel contesto francese è necessario compiere un breve excursus esplicativo, che chiarisca il motivo per cui è rilevante il fatto che l’analisi condotta dalla Dares ci tenga a fornire delle percentuali precise circa la modalità di adozione degli accordi collettivi d’impresa. L’istituto del referendum sindacale, così come applicato oggi, è stato introdotto in Francia con legge n. 1088/2016; si tratta di uno strumento a cui può ricorrere il datore di lavoro e/o i sindacati nell’ambito del processo di contrattazione. A seconda della tipologia d’impresa interessata dalla procedura referendaria vi sono delle differenze nelle modalità di applicazione: nel caso di un’impresa con meno di 11 dipendenti è possibile ricorrere al referendum al fine di adottare un contratto collettivo in assenza di delegati sindacali, qualora invece si tratti di una realtà aziendale che occupa tra gli 11 e i 20 dipendenti è possibile ricorrere al referendum al fine di negoziare un accordo collettivo in mancanza di eletti all’interno del Comitato sociale e economico (CSE), vale a dire la rappresentanza sindacale in azienda; per tutte le altre imprese, invece, è possibile ricorrere al referendum soltanto per l’adozione di accordi minoritari.

 

Tornando ora al perché dei dati forniti dalla Dares sulla modalità di adozione dei vari contratti collettivi aziendali, è chiaro che si tratta di un dato che ci permette di comprendere in che contesto aziendale, dunque se si tratta di grandi o piccole imprese, si è svolta la contrattazione in modo maggiormente proficuo e riguardo a cosa.

 

Volendo entrare adesso nel merito del lavoro realizzato dalla Dares, il dato di partenza è che nell’anno 2023 l’attività di contrattazione di secondo livello si è tradotta nella sottoscrizione di 107.980 testi, registrando un lieve calo rispetto al 2022, ma comunque mantenendo un livello superiore alle cifre raggiunte prima dell’esplosione della crisi sanitaria COVID-19.

Di questi centomila e passa testi conclusi, ben 84.990 sono nuovi contratti collettivi e clausole addizionali, di cui 29.240 adottati all’interno di realtà aziendali con meno di 50 dipendenti, anche questo dato in lieve calo.

 

Di particolare rilevanza è il fatto che, sebbene più della metà di questi quasi 85.000 accordi sia stata sottoscritta da delegati sindacali, ben un quarto è stato frutto dello svolgimento di un referendum. Viene infatti riportato come nelle imprese con meno di 50 lavoratori dipendenti cresca il numero di testi adottati tramite procedura referendaria rispetto al numero dei testi adottati tramite la mediazione delle rappresentanze sindacali in azienda.

Si tratta di una tendenza che si conferma anche con riferimento ai temi centrali del dialogo sociale svoltosi nel 2023.

 

Il maggior numero di accordi conclusi a livello di contrattazione di secondo livello ha avuto ad oggetto il risparmio salariale. Si tratta del tema affrontato dal 40,3% degli accordi conclusi, i quali sono, per l’appunto, entrati in vigore principalmente a seguito di referendum. Questi numeri così elevati vengono giustificati dal pressante fenomeno inflazionistico e dalla conseguente normativa entrata in vigore a protezione del potere d’acquisto dei lavoratori, che inevitabilmente indirizza il dialogo sociale.

 

A dimostrazione di ciò è infatti possibile osservare come il secondo maggior numero di accordi conclusi si sia avuto in tema di salari e premialità.

Unico tema su cui, dalle statistiche fornite, è invece possibile rilevare un aumento rispetto al 2022, è quello del diritto sindacale e della rappresentanza, che è stato oggetto dell’11.9% degli accordi conclusi. Anche in questo caso si tratta di un risultato giustificato dal rinnovo dei componenti degli organi di rappresentanza sindacale a livello d’impresa, trascorsi cinque anni dall’ultima elezione.

 

È evidente, dallo studio statistico appena analizzato, come l’elemento di maggior valore che contraddistingue il lavoro portato avanti dalla Dares sia un punto di vista il più omogeneo ed esaustivo possibile che dà la possibilità ai protagonisti del sistema di relazioni industriali di avere una panoramica valida sul contesto della contrattazione di secondo livello. In tal senso, si tratta di tassello chiave di evoluzione e crescita del contesto giuslavoristico che in Italia risulta ad oggi assente. Come osservato recentemente (si veda M. Tiraboschi, Contrattazione decentrata: un mondo ancora da esplorare, in Boll. ADAPT 3 giugno 2024, n. 22), risulta chiaro come la disorganicità delle fonti di archiviazione e monitoraggio del fenomeno della contrattazione decentrata rappresenti un grande limite all’interno dell’odierno mercato del lavoro in Italia e in questo senso l’esempio francese appena analizzato potrebbe rappresentare un modello a cui fare riferimento come punto di partenza per un’evoluzione dell’oggi carente conoscenza del mondo della contrattazione di secondo livello nel nostro Paese.

 

Marta Migliorino

ADAPT Junior Fellow

@martamigliorino

La contrattazione collettiva in Francia: analisi del fenomeno dal 2012 al 2020

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Bollettino ADAPT 14 ottobre 2024, n. 36

 

In Francia, così come in Italia, di anno in anno si assiste ad una progressiva trasformazione di quello che è il sistema delle relazioni industriali. Al fine di fornire un quadro chiaro, dettagliato e sistematico di queste evoluzioni, il Ministero del lavoro francese, a partire dal 2012, si è impegnato a stilare e pubblicare annualmente dei rapporti che analizzano l’andamento della contrattazione collettiva. Questi rapporti vengono poi presentati presso la Commission Nationale de la négotiation collective, commissione istituita con una funzione di supporto e consulenza dei ministri preposti alle tematiche del lavoro, rappresentando un punto di riferimento per tutte le successive riforme di carattere legislativo a tema giuslavoristico.

 

Il presente contributo mira ad offrire una sintesi esplicativa dei report pubblicati tra il 2012 e il 2020, evidenziando la metodologia seguita nella stesura dei report e le tendenze caratterizzanti la contrattazione collettiva in Francia.

 

Punto di partenza per offrire una visione il più lineare possibile dei rapporti in esame è l’analisi dell’evoluzione della struttura degli stessi. I report che vanno dal 2012 al 2017 si attestano su una lunghezza che va dalle 700 alle 800 pagine, mentre dal 2018 vediamo una consistente riduzione con un numero massimo di pagine che si aggira attorno alle 500. Vista la notevole corposità dei rapporti integrali, questi vengono pubblicati accompagnati da un documento di sintesi che offre in poche pagine i dati salienti estratti dal bilancio integrale, mettendo in evidenza gli elementi e i punti chiave del rapporto.

 

Tutti e nove i report presentano una uniformità nella struttura, con una lieve modifica a partire dal 2018: si aprono con una premessa in cui viene sottolineato il ruolo sempre più fondamentale della contrattazione nel contesto delle relazioni industriali e del diritto del lavoro. In particolare, viene fatto un sunto di quella che è stata la contrattazione collettiva nell’anno di riferimento, anticipando in breve e evidenziando i punti salienti di quella che sarà poi l’analisi fornita all’interno del report. Vengono principalmente esplicitate le motivazioni di carattere empirico, sociale, economico che hanno determinato un certo andamento della contrattazione collettiva.

 

Seguono quattro parti: una prima parte dedicata ad una panoramica sulla contrattazione collettiva nell’anno oggetto d’esame; una seconda parte dedicata all’analisi del contesto in cui si svolge la contrattazione, mettendo dunque in relazione i vari fenomeni di contrattazione rispetto al contesto normativo e giurisprudenziale di riferimento; ancora una terza parte in cui nuovamente e più nel dettaglio si dà conto dei risultati prodotti dalla contrattazione collettiva in quello specifico anno, offrendo un’analisi tematica degli accordi collettivi conclusi e fornendo un censimento esaustivo degli accordi conclusi ai vari livelli di contrattazione; ed infine una quarta parte che raccoglie dossier tematici che vanno ad approfondire la discussione su degli argomenti legati trasversalmente a quelli propri oggetto di contrattazione.

 

Passando adesso all’analisi dei profili metodologici è possibile constatare come i vari rapporti vadano ad analizzare il fenomeno contrattualistico partendo dai singoli livelli di contrattazione. Le categorie di riferimento sono gli accordi conclusi a livello nazionale interprofessionale, quelli conclusi a livello dei singoli settori produttivi su vari livelli geografici (nazionale, regionale, dipartimentale, locale) ed infine gli accordi conclusi a livello d’impresa.

 

Con riferimento a ciascun livello di contrattazione viene compiuta dapprima un’analisi di tipo quantitativo, sia in termini relativi, osservando l’andamento del numero di accordi conclusi in ogni determinato livello, sia in termini assoluti, cioè guardando al numero effettivo di accordi conclusi in ogni specifico livello.

 

A questa prima analisi quantitativa se ne accompagna poi anche una di tipo qualitativo che va ad indagare quali sono i temi oggetto di contrattazione in ciascuno dei tre livelli e a quantificare il numero di accordi che intervengono sui diversi temi ad ogni livello.

 

A queste analisi di tipo quantitativo e qualitativo in merito ai temi trattati, si aggiunge un’analisi delle ragioni economico-sociali, nonché istituzionali che hanno spinto gli attori del sistema delle relazioni industriali ad intervenire su determinati aspetti. Viene esplicitato il contesto in cui si inseriscono i dati raccolti, basandosi anche sul contesto normativo e giurisprudenziale, oltre che francese anche europeo e internazionale.

 

Per quanto riguarda il campione oggetto di analisi all’interno di ciascun rapporto vengono presi in considerazione tutti i testi di natura convenzionale firmati entro il mese di dicembre dell’anno oggetto di studio, e che sono stati depositati presso il Ministero del lavoro e portati a conoscenza della direzione generale del lavoro entro il mese di marzo dell’anno successivo. Secondo quanto previsto dal disposto del Codice del lavoro in vigore in Francia, tutti i contratti collettivi siglati a ciascun livello di contrattazione devono essere registrati presso il ministero di riferimento, che provvederà alla loro pubblicazione. Questa procedura garantisce che il campione ivi considerato fornisca dati parziali da un punto di vista del periodo di pubblicazione di riferimento, ma al contempo sia altamente rappresentativo in quanto ricomprende la totalità dei testi negoziati.

 

Con riguardo all’analisi qualitativa e dunque all’individuazione delle tematiche che sono state maggiormente oggetto di contrattazione, anche qui è possibile riscontrare una certa sistematicità: tutti e nove i report analizzati presentano una uniformità su quelli che, di anno in anno, sono stati i temi oggetto di maggior interesse, permettendo di avere così uno studio evolutivo e di raffronto sul contributo apportato dalla contrattazione collettiva in un determinato aspetto del settore lavoro. Le tematiche ricorrenti sono:

– Il salario e le premialità;

– La pensione integrativa e la previdenza sociale;

– L’uguaglianza uomo-donna;

– Le condizioni di lavoro;

– La formazione professionale;

– Le modalità di svolgimento della contrattazione collettiva.

 

Andando infine ad indagare quelle che dallo studio dei report risultano essere le tendenze dettate dalla contrattazione collettiva in Francia, l’analisi dei report tra il 2012 e il 2020 mostra tendenze estremamente differenti nei tre livelli di contrattazione considerati. Queste tendenze di carattere quantitativo diversificate sono ovviamente giustificabili, in primis, alla luce del primato che la legge francese attribuisce alla contrattazione aziendale rispetto agli accordi conclusi a livello settoriale su quelle che vengono considerate le tematiche calde del diritto del lavoro, le quali vengono maggiormente influenzate dal mutare del contesto socio-economico, e secondariamente dalle differenti scadenze nelle quali incorrono i vari accordi conclusi.

 

Se si guarda al dato degli accordi siglati a livello interprofessionale su scala nazionale, viene registrata una tendenza altalenante che, però, a partire dal 2019 subisce invece una costante anche se non eccessivamente significativa crescita con una lieve ricaduta poi nel 2020. Questa tipologia di accordi ha l’aspirazione ad essere applicata a più settori produttivi e dunque a creare nuovi diritti in favore dei lavoratori dipendenti e a migliorare la flessibilità delle imprese. Tendenzialmente, tra le tre, si tratta della categoria di accordi collettivi precorritrice rispetto a future modifiche legislative in tema di diritto del lavoro. Dunque l’oscillazione del numero di questo tipo di accordi tra il 2012 e il 2020 è stata notevolmente influenzata dalla correlata attività legislativa svoltasi a livello statuale.

 

Per quanto riguarda gli accordi conclusi a livello di singolo settore produttivo, se nel 2012 appare come un livello segnato da un fenomeno contrattualistico fortemente dinamico caratterizzato dalla conclusione di un elevato numero di accordi, la situazione cambia sensibilmente a partire dall’anno successivo in cui si inizia a registrare una tendenza fatta di alti e bassi che per vari anni manterrà il numero degli accordi sotto la soglia del 1000, dato che viene riconfermato nel 2020.

 

Per quanto riguarda invece il livello di maggiore prossimità, relativo cioè agli accordi collettivi conclusi a livello di singola impresa, nei primi due report considerati, si è avuta una crescita rispetto ai livelli del passato, con la conclusione di circa 39.000 accordi, cifra che a grandi linee rimane costante fino al 2018, anno in cui si assiste ad un exploit nella crescita con cifre che toccano i quasi 80.000 testi conclusi. Questa tendenza ad una crescita importante viene mantenuta anche negli ultimi due anni oggetto di analisi, dove vengono raggiunti picchi da 100.000 accordi.

 

Lo studio dell’esperienza francese può senza dubbio essere utile per arricchire il dibattito italiano sui metodi di analisi della contrattazione collettiva. Lo strumento che, nel panorama interno, più si avvicina a questa tipologia di report sono i rapporti presentati annualmente dalla Commissione dell’informazione del CNEL, che vanno ad analizzare il mercato del lavoro e la contrattazione collettiva. Ciò che contraddistingue i report francesi e che invece sembrerebbe essere un profilo solo recentemente sviluppato in quelli italiani è proprio il fatto di presentare il mercato del lavoro attraverso la lente della contrattazione, che in Francia, così come in Italia, risulta essere elemento centrale del sistema giuslavoristico. Guardare alla contrattazione collettiva e alle sue connessioni con il mercato del lavoro, ma senza rinunciare ad un’analisi connotata da profondità e organicità, infatti, è il punto di forza che rende i report francesi strumento di comprensione prezioso del mondo del lavoro e delle sue dinamiche, e che, se adottato sistematicamente, potrebbe risultare vincente anche nel panorama, italiano.

 

Marta Migliorino

ADAPT Junior Fellow

@martamigliorino

Il coinvolgimento delle parti sociali nell’implementazione dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza: evidenze dall’ultimo report Eurofound

Il coinvolgimento delle parti sociali nell’implementazione dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza: evidenze dall’ultimo report Eurofound

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Bollettino ADAPT  3 aprile 2023, n. 13

 

Il Dispositivo per la ripresa e resilienza (Recovery and Resilience Facility) rappresenta lo strumento principale del Piano NextGenerationEU, un ambizioso programma di investimenti e riforme finalizzato a stimolare la crescita e a stabilizzare l’attuale contesto europeo post-crisi. Questo strumento, orientato alla domanda e basato sulle performance, è una componente chiave della strategia orientata al futuro dell’UE, destinato a contribuire significativamente all’European Green Deal. A oltre un anno e mezzo dalla sua adozione, la valutazione della Commissione Europea di luglio 2022 indica che l’implementazione dei Piani di Ripresa e Resilienza sta procedendo adeguatamente. Tuttavia, il coinvolgimento delle parti sociali nella preparazione e implementazione dei suddetti, stabilito nel regolamento del Recovery and Resilience Facility, è stata alquanto insufficiente. Un recente studio elaborato da Eurofound ha infatti evidenziato una certa insoddisfazione per la qualità generale del coinvolgimento delle parti sociali, con i sindacati maggiormente critici del loro ruolo nell’esecuzione degli investimenti e le organizzazioni dei datori di lavoro più positive, soprattutto in merito alle politiche di digitalizzazione rivolte alle PMI. Viene, inoltre, rilevato come il coinvolgimento delle stesse sia stato più evidente durante la progettazione dei Piani, svoltasi principalmente nel 2021, rispetto alla fase di implementazione.

 

Coinvolgimento generale

 

Ad eccezione di alcuni Stati membri come Repubblica Ceca, Spagna e Svezia, e di alcuni aspetti specifici come il tempo dedicato alla consultazione in Danimarca, le valutazioni delle parti sociali per quanto riguarda l’attuazione dei Piani di Ripresa e Resilienza e la preparazione dei Programmi Nazionali di Riforma risultano molto simili.

 

La maggioranza delle parti sociali reclama che il tempo dedicato al loro coinvolgimento nella stesura dei Programmi Nazionali di Riforma o nell’attuazione delle varie misure incluse nel Piano di Ripresa e Resilienza sia stato inadeguato. Sono poi in molti ad affermare che in alcuni Stati membri è mancato un vero e proprio processo di consultazione e discussione, nonostante diversi Stati abbiano istituito nuovi organismi con il fine specifico di coinvolgere le parti. In aggiunta, viene lamentato che, anche quando si verifica, la consultazione è tipicamente un processo piuttosto formale e superficiale in cui le decisioni vengono adottate unilateralmente dal governo. Un ulteriore criticità emersa si riferisce, inoltre, al fatto che le autorità nazionali hanno dimostrato di non riflettere adeguatamente le opinioni e le proposte dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro, mentre la partecipazione alle istituzioni di dialogo sociale tripartito è stata principalmente limitata allo scambio di informazioni.

 

Tuttavia, tali conclusioni generali dovrebbero essere contestualizzate in riferimento alle strutture nazionali di dialogo sociale e all’impatto che una procedura senza precedenti come lo sviluppo dei Piani di Ripresa e Resilienza ha avuto sulla politica nazionale. Infatti, le valutazioni delle parti sociali possono essere influenzate da vari fattori, come ad esempio le diverse velocità degli Stati membri nell’attuazione delle riforme e degli investimenti, il fatto che il processo di attuazione sia ancora alle prime fasi, la complessità e la diversità delle misure nei PRR che ha favorito in alcuni casi la consultazione degli esperti rispetto ai processi di dialogo sociale, le diverse architetture di governance degli Stati membri che influiscono sul livello di attuazione (centrale, federale o regionale), l’assenza di coordinamento tra i vari ministeri e dipartimenti coinvolti, il diverso impatto finanziario dei Piani all’interno dei vari Stati membri, l’importanza attribuita dalle stesse parti sociali ai PRR, o dispute nazionali e divergenze in merito al dialogo sociale che potrebbero aver influenzato le risposte fornite. Ciononostante, la qualità e l’intensità del coinvolgimento dimostra ancora una volta che nei Paesi con strutture di dialogo sociale ben stabilite, l’attuazione delle riforme richiede un impegno costante con le parti sociali.

 

Coinvolgimento per categoria di misure in 11 Stati membri

 

In merito all’analisi della partecipazione delle parti sociali nello sviluppo e nell’attuazione di alcune delle misure più rilevanti del Piano di Ripresa e Resilienza, basata esclusivamente su 11 Stati membri( Bulgaria, Croazia, Estonia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia), il report indica che le parti sociali tendono ad essere più coinvolte nelle misure afferenti alla dimensione della giustizia, in quanto rientrano generalmente nelle loro competenze (prestazioni sociali, dialogo sociale, ecc.). Tuttavia, ciò non vale per tutti gli Stati membri. Infatti, sono stati frequenti casi in cui le stesse parti hanno criticato la qualità del loro coinvolgimento in misure chiave che avrebbero dovuto essere oggetto di significativi processi di dialogo sociale (ad esempio, nel caso del nuovo Registro generale delle organizzazioni sindacali in Grecia). D’altro canto, le parti sociali sono risultate meno coinvolte nelle misure relative alla sostenibilità e, in particolare, alla transizione digitale e alla produttività. L’analisi ha inoltre mostrato che vi è stata una partecipazione disuguale dei sindacati e delle organizzazioni datoriali in diverse misure. In generale, sembra che le organizzazioni datoriali siano state più prominenti dei sindacati nell’attuazione di misure relative alle competenze digitali (ad esempio, in Estonia e Grecia) e alla sostenibilità (ad esempio, in Estonia, Grecia e Romania). Al contrario, i sindacati in alcuni Stati membri sono stati più coinvolti in misure concernenti la dimensione della giustizia (ad esempio, regolamentazione delle entità dell’economia sociale in Polonia o emendamenti legali contro la corruzione in Slovacchia).

 

Indirizzi politici

 

Il rapporto in questione offre diverse indicazioni politiche sulla base delle criticità emerse. In primo luogo, viene ribadita la necessità di intensificare gli sforzi per migliorare la qualità del coinvolgimento delle parti sociali al fine di garantire una corretta implementazione dei Piani di Ripresa e Resilienza, in linea con gli interessi dei datori di lavoro, dei lavoratori e della società nel suo insieme. Infatti, il coinvolgimento delle medesime nella formulazione delle politiche e in particolare nell’implementazione dei suddetti Piani è un indicatore della qualità del dialogo sociale, come dimostrato durante la crisi COVID-19, in cui il dialogo sociale di buona qualità ha contribuito a gestire la crisi e mitigare i suoi effetti economici e sociali. Inoltre, una volta adottati i Piani, è importante mantenere il coinvolgimento delle parti sociali anche nella fase di implementazione delle misure, e non solo in quella di preparazione. Poiché l’attuazione del Dispositivo per la ripresa e resilienza, compreso REPowerEU, rimarrà al centro della politica macroeconomica dell’UE, l’attuazione delle diverse riforme e investimenti inclusi nei Piani di Ripresa e Resilienza richiederà, parimenti, l’instaurazione di una dinamica idonea al coinvolgimento efficace delle parti sociali in fase di consultazione, soprattutto nei Paesi membri dove si è segnalata una carenza di dialogo sociale. Occorre altresì garantire che le lacune e la frammentazione tra le attività dei diversi dipartimenti governativi e i diversi livelli di governo non siano di impedimento all’efficace coinvolgimento delle parti sociali. Infatti, un approccio governativo nazionale omogeneo o unificato per includere le stesse nell’attuazione dei PRR aiuterebbe a facilitare i periodi e le procedure di consultazione. Allo stesso modo, i Paesi membri dovrebbero prendere in considerazione il bisogno di sforzi aggiuntivi volti a migliorare la segnalazione del coinvolgimento delle parti sociali nei Programmi Nazionali di Riforma, ad esempio indicando quali misure sono supportate dalle stesse o fornendo ulteriori dettagli sulle procedure di consultazione.

 

Valeria Virgili

ADAPT Junior Fellow

@Virgil11Valeria