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Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/238 – Il rinnovo del CCNL calzature: le principali novità introdotte

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/238 – Il rinnovo del CCNL calzature: le principali novità introdotte

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 21 ottobre 2024, n. 37

 

Contesto del rinnovo

 

Il 17 luglio 2024 è stato firmato il rinnovo del CCNL per i lavoratori addetti all’industria delle calzature. Per la parte datoriale l’accordo di rinnovo è stato sottoscritto da Assocalzaturifici, mentre per la parte sindacale dalle sigle FILCTEM-CGIL, FEMCA CISL, UILTEC UIL.

Il rinnovato accordo decorre dal 1° gennaio 2024 e avrà efficacia fino al 31 dicembre 2026.

 

Parte economica

 

L’accordo di rinnovo interviene, all’art. 112 dello stesso, modificando la parte economica.

È previsto un aumento contrattuale di 191 euro lordi per i lavoratori di quarto livello, parametrati in base ai vari livelli ed erogati in base alle seguenti scadenze: 90 euro dal 1° agosto 2024, 51 euro dal 1° agosto 2025, 50 euro dal 1° agosto 2026.

Il CCNL stabilisce, limitatamente al primo livello, un incremento della retribuzione minima di un ulteriore importo pari a euro 186,76 lordi a partire dal 1° gennaio 2025.

Inoltre, viene mantenuta l’indennità di funzione – pari ad euro 41,31 mensili – prevista per i lavoratori con qualifica di quadro già dal 1° settembre 1995, la quale è assorbibile dai superminimi individuali.

 

Richiamando il rinnovo del CCNL firmato il 27 aprile 2017, viene citato il fondo di assistenza integrativa intersettoriale “Sanimoda” del quale vengono confermate le garanzie già previste.

Il finanziamento del fondo succitato avviene tramite un contributo aziendale di 12 euro per 12 mensilità per ogni lavoratore non in prova, a tempo indeterminato o a tempo determinato pari o superiore a 12 mesi, con decorrenza dal tredicesimo. Per lo stesso finanziamento, a decorrere dal primo gennaio 2026, per elevare le prestazioni sanitarie al piano “premium”, è previsto l’aumento del suddetto importo a euro 15 mensili. Il rinnovo del CCNL conferma l’esenzione, dal versamento in questione, a favore delle imprese che prevedono analoghe forme di intervento sanitario complementare con costi pari o superiori a quello succitato. Nel caso di versamenti con costi inferiori, le imprese possono provvedere a integrare il fondo, previa consultazione con la R.S.U.

 

Dal primo gennaio 2025 è prevista, sempre con Sanimoda, l’attivazione di un’assicurazione contro la non autosufficienza, a cui verranno iscritti tutti i lavoratori in forza alla data suddetta, anch’essa finanziata dalle imprese tramite il versamento di 2 euro mensili per 12 mensilità, per ogni lavoratore non in prova a tempo indeterminato o determinato pari o superiore a 12 mesi con decorrenza dal tredicesimo.

Un’altra novità, rispetto ai precedenti accordi, riguarda il fondo di previdenza complementare “Previmoda” che pone, per ogni lavoratore iscritto al fondo che versi il proprio contributo allo stesso, l’obbligo per le aziende di un versamento di un contributo aggiuntivo a quello destinato alla previdenza complementare, che passa dallo 0,20% dell’elemento retributivo nazionale, previsto nel precedente rinnovo, allo 0,24% a partire dal 1° aprile 2025.

Il contributo succitato viene destinato al finanziamento di un’assicurazione per premorienza e invalidità permanente nei termini di cui si rinvia al verbale dell’accordo del 31 marzo 2014.

 

Parte normativa

 

In merito alla parte normativa, il rinnovo apporta alcuni aggiornamenti rispetto ai precedenti.

In primis, l’art. 21 del rinnovato contratto collettivo prevede che il contratto a tempo indeterminato costituisce la forma comune di contratto di lavoro e che quello a tempo determinato contribuisce alla competitività delle imprese del settore calzaturiero.

Il rinnovo definisce, con una disposizione differente da quella legislativa (art. 23 del d.lgs. 81/2015), il limite massimo di occupabilità di lavoratori a tempo determinato che passa al 30%, rispetto al 32% dei precedenti accordi, con arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora sia uguale o superiore allo 0.5. La percentuale è calcolata in base al numero medio annuo di lavoratori a tempo indeterminato, inclusi gli apprendisti e calcolata come media dei contratti a termine stessi.

Nel calcolo del raggiungimento della percentuale vengono considerati anche i lavoratori somministrati a tempo determinato.

 

Il nuovo CCNL si occupa anche della definizione dell’intervallo temporale previsto per la riassunzione dello stesso lavoratore con contratto a termine stabilendo che i termini previsti dal d.lgs. 81/2015 non si applicano, nel caso in cui il contratto iniziale abbia avuto durata inferiore o pari a sei mesi o superiore, in determinate fattispecie.

Richiamando l’art. 19 lett. a) del succitato decreto, anche alla luce delle modifiche introdotte dal d.l. 48/2023, si pattuisce la durata del contratto a tempo determinato superiore a 12 mesi e massima di 24, del contratto collettivo rinnovato, solo in presenza di almeno una delle condizioni elencate dall’accordo in analisi.

Tra queste rilevano: attività connesse alla preparazione di campionari e alla campagna di vendita(per esempio promozioni in fiere); sviluppo straordinario dell’attività di impresa legate a ricerca, progettazione, avvio e sviluppo di nuove attività; sperimentazioni tecniche, produttive, organizzative aventi carattere temporaneo; esecuzione di lavori temporanei che richiedono l’impiego di professioni e specializzazioni diverse da quelle impiegate; investimenti produttivi con l’obiettivo di implementare la gestione sostenibile dell’attività di impresa (per esempio salute e sicurezza); interventi di manutenzione straordinaria degli impianti o finalizzati alla introduzione di nuove apparecchiature nell’ambito della digitalizzazione, automazione, riconversione ambientale/energetica e della sicurezza.

 

L’orario di lavoro, distribuito nei primi 5 giorni della settimana e compatibilmente alle esigenze tecnico-produttive, viene stabilito in 39 ore settimanali. Lo stesso può essere anche di 40, previo accordo aziendale sottoscritto dalle parti, ma non potrà comunque superare le 8 ore giornaliere.

È prevista la possibilità di una diversa distribuzione o articolazione settimanale/multiperiodale, sulla base di esigenze inerenti alla competitività e ad altri fattori, da concordare comunque dalle parti a livello aziendale.

Ogni lavoratore avrà anche la possibilità di far confluire in una banca ore individuale le prime 58 ore annue di lavoro straordinario – aumentate rispetto allo scorso rinnovo (42) – con possibilità di recuperarle sotto forma di riposi compensativi.

Viene prestata anche attenzione all’istituto della banca ore solidale, che le parti si impegnano a valorizzare e promuovere. In base al suddetto istituto i lavoratori possono cedere a titolo gratuito i riposi e le ferie da loro maturati e non goduti ai lavoratori dipendenti dallo stesso datore di lavoro. Sul punto, le parti si impegnano anche ad incontrarsi per apportare i determinati correttivi in caso di interventi normativi o disposizioni che modificano l’impianto dell’istituto. Per quanto riguarda il lavoro agile le parti si propongono di rinviare ai principi e ai contenuti del protocollo nazionale sottoscritto nel 2021 dalle parti sociali e promosso dal ministero del lavoro.

 

Per quanto concerne i permessi, le assenze e le aspettative, rispetto all’ ultimo accordo consolidato del 2013 e all’intervenuta modifica disciplinata dall’art.56 del rinnovo del 2021, vengono apportate alcune modifiche.

Nell’ambito delle aspettative, viene concesso per il lavoratore a tempo indeterminato ed avente un’anzianità non inferiore ad un anno un periodo di aspettativa pari a un minimo di 15 giorni e un massimo di 4 mesi per gravi e comprovate necessità di carattere oggettivamente straordinario. Anche alle donne che intraprendono terapie di fecondazione assistita, debitamente documentate, spetta un periodo di aspettativa non retribuita di durata massima di 1 mese, fruibile anche a giorni per un complessivo di 21 giorni lavorativi.

La novità in merito ai permessi riguarda, invece, i donatori di midollo osseo a cui è concesso il permesso retribuito per il tempo occorrente per l’effettuazione degli accertamenti e del prelievo, alle giornate di degenza necessarie e quelle di convalescenza, opportunamente documentati e certificati.

 

Il recente CCNL introduce anche, sul tema dei congedi per le donne vittime di violenza, il diritto per l’interessata, inserita in percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, di beneficiare dell’astensione dall’attività lavorativa per un periodo massimo di 3 mesi percependo un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione a carico dell’INPS. È previsto anche un prolungamento fino a un massimo di un mese, ma con retribuzione a carico dell’azienda.

Per quanto concerne il congedo di paternità il nuovo CCNL prevede, richiamando l’art. 27 bis del d.lgs. 151/2001, una durata pari a 10 giorni lavorativi non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via non continuativa nei 2 mesi precedenti alla data del parto ed entro i 5 successivi. Sono anche riconosciuti 10 giorni annui complessivi non retribuiti per malattia del figlio minore in età compresa tra i 3 e gli 8 anni.

Le parti sono intervenute anche sul comporto stabilendo che per i lavoratori disabili vale una disciplina differenziata, anche nel rispetto delle norme europee e nazionali, per cui si applica un periodo ulteriore di 60 giorni a quello previsto per il normale comporto, per i lavoratori con disabilità certificata ai sensi della l. 68/1999. Inoltre, per gli stessi è previsto anche un prolungamento del periodo di conservazione del posto pari a 2 mesi ulteriori rispetto a quello previsto.

 

Con il rinnovo sono stati modificati anche i termini previsti per i permessi retribuiti per l’espletamento dell’attività di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Questi ultimi vengono stabiliti in 24 ore annue per le imprese occupanti fino a 5 lavoratori, 48 ore per quelle occupanti tra 6 e 15 lavoratori, 72 ore per quelle occupanti più di 15 lavoratori.

 

Parte obbligatoria

 

Il testo apporta alcune modifiche anche sotto l’aspetto della parte obbligatoria.

Le parti, all’art. 9 dell’accordo di rinnovo, modificano alcune disposizioni legate all’Osservatorio Nazionale, già istituito nell’accordo collettivo del 29/11/2013. I rappresentanti sindacali e datoriali attivi presso quest’ultimo passano da 3 a 6. Gli stessi sono designati dalle parti sociali, che si impegnano a dare avvio formale e operatività entro 3 mesi dalla sottoscrizione del rinnovo del CCNL.

Le organizzazioni si impegnano anche a promuovere nell’ambito dello stesso osservatorio i principi della parità di genere di cui al d.lgs. 198/2006 con le modifiche e le integrazioni previste dalla L. 162/2021 e ci si occuperà dell’analisi dell’andamento dell’occupazione femminile, del rientro delle lavoratrici dopo la maternità, della loro presenza in azienda, dei percorsi di formazione a loro dedicati e della promozione di una cultura per prevenire violenza e molestie nei luoghi di lavoro.

 

Le parti, premettendo la necessità di un aggiornamento del sistema di classificazione e inquadramento stabilito al livello nazionale, affrontano il tema della Commissione paritetica nazionale per la revisione del sistema di classificazione stabilendo la valutazione da parte di quest’ultima dell’adeguatezza dei profili professionali per aggiornarli e valutarli rispetto a quanto previsto nell’accordo del 24/10/2012 allegato al CCNL 29/11/2013. La composizione della commissione paritetica prevede 6 membri in rappresentanza dei lavoratori e 6 membri in rappresentanza delle imprese. L’attività di aggiornamento dei profili professionali da parte della Commissione è da sottoporre alle parti stipulanti entro 18 mesi dalla stipulazione dell’accordo.

 

Valutazione d’insieme

 

Nel complesso, il rinnovo del CCNL per i lavoratori dell’industria delle calzature, firmato il 17 luglio 2024, introduce significative novità sia sul fronte economico che normativo.

Nell’ambito degli aumenti salariali, l’accordo prevede un aumento contrattuale complessivo di 191 euro lordi, distribuito in tre anni. Ciò rappresenta uno sforzo importante per cercare di migliorare il potere d’acquisto dei lavoratori.

 

Inoltre, l’introduzione di un’assicurazione contro la non autosufficienza e il potenziamento del fondo previdenziale “Previmoda” sono indici di un impegno per il potenziamento delle misure di welfare dei lavoratori. Tuttavia, occorre rendere effettive tali misure implementandole e mettendole a conoscenza di tutti i dipendenti. Non è da sottovalutare nemmeno l’attenzione posta ai permessi retribuiti per donatori di midollo, per le donne vittime di violenza di genere e per i congedi di paternità, che rappresentano un progresso sociale significativo. Anche il rafforzamento della banca ore individuale potrebbe favorire una gestione più efficace delle esigenze extralavorative dei lavoratori stessi.

 

Il generale impegno delle parti sociali si evince dall’ Osservatorio Nazionale che garantisce un monitoraggio più attento delle dinamiche lavorative, particolarmente per quanto riguarda l’occupazione femminile e dalla creazione di una Commissione paritetica per rivedere i profili professionali, che potrebbe rappresentare un’opportunità per aggiornare le mansioni e le competenze richieste nel settore.

 

Mattia Maneli

ADAPT Junior Fellow Fabbrica dei Talenti

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La contrattazione collettiva in Francia: analisi del fenomeno dal 2012 al 2020

La contrattazione collettiva in Francia: analisi del fenomeno dal 2012 al 2020

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

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Bollettino ADAPT 14 ottobre 2024, n. 36

 

In Francia, così come in Italia, di anno in anno si assiste ad una progressiva trasformazione di quello che è il sistema delle relazioni industriali. Al fine di fornire un quadro chiaro, dettagliato e sistematico di queste evoluzioni, il Ministero del lavoro francese, a partire dal 2012, si è impegnato a stilare e pubblicare annualmente dei rapporti che analizzano l’andamento della contrattazione collettiva. Questi rapporti vengono poi presentati presso la Commission Nationale de la négotiation collective, commissione istituita con una funzione di supporto e consulenza dei ministri preposti alle tematiche del lavoro, rappresentando un punto di riferimento per tutte le successive riforme di carattere legislativo a tema giuslavoristico.

 

Il presente contributo mira ad offrire una sintesi esplicativa dei report pubblicati tra il 2012 e il 2020, evidenziando la metodologia seguita nella stesura dei report e le tendenze caratterizzanti la contrattazione collettiva in Francia.

 

Punto di partenza per offrire una visione il più lineare possibile dei rapporti in esame è l’analisi dell’evoluzione della struttura degli stessi. I report che vanno dal 2012 al 2017 si attestano su una lunghezza che va dalle 700 alle 800 pagine, mentre dal 2018 vediamo una consistente riduzione con un numero massimo di pagine che si aggira attorno alle 500. Vista la notevole corposità dei rapporti integrali, questi vengono pubblicati accompagnati da un documento di sintesi che offre in poche pagine i dati salienti estratti dal bilancio integrale, mettendo in evidenza gli elementi e i punti chiave del rapporto.

 

Tutti e nove i report presentano una uniformità nella struttura, con una lieve modifica a partire dal 2018: si aprono con una premessa in cui viene sottolineato il ruolo sempre più fondamentale della contrattazione nel contesto delle relazioni industriali e del diritto del lavoro. In particolare, viene fatto un sunto di quella che è stata la contrattazione collettiva nell’anno di riferimento, anticipando in breve e evidenziando i punti salienti di quella che sarà poi l’analisi fornita all’interno del report. Vengono principalmente esplicitate le motivazioni di carattere empirico, sociale, economico che hanno determinato un certo andamento della contrattazione collettiva.

 

Seguono quattro parti: una prima parte dedicata ad una panoramica sulla contrattazione collettiva nell’anno oggetto d’esame; una seconda parte dedicata all’analisi del contesto in cui si svolge la contrattazione, mettendo dunque in relazione i vari fenomeni di contrattazione rispetto al contesto normativo e giurisprudenziale di riferimento; ancora una terza parte in cui nuovamente e più nel dettaglio si dà conto dei risultati prodotti dalla contrattazione collettiva in quello specifico anno, offrendo un’analisi tematica degli accordi collettivi conclusi e fornendo un censimento esaustivo degli accordi conclusi ai vari livelli di contrattazione; ed infine una quarta parte che raccoglie dossier tematici che vanno ad approfondire la discussione su degli argomenti legati trasversalmente a quelli propri oggetto di contrattazione.

 

Passando adesso all’analisi dei profili metodologici è possibile constatare come i vari rapporti vadano ad analizzare il fenomeno contrattualistico partendo dai singoli livelli di contrattazione. Le categorie di riferimento sono gli accordi conclusi a livello nazionale interprofessionale, quelli conclusi a livello dei singoli settori produttivi su vari livelli geografici (nazionale, regionale, dipartimentale, locale) ed infine gli accordi conclusi a livello d’impresa.

 

Con riferimento a ciascun livello di contrattazione viene compiuta dapprima un’analisi di tipo quantitativo, sia in termini relativi, osservando l’andamento del numero di accordi conclusi in ogni determinato livello, sia in termini assoluti, cioè guardando al numero effettivo di accordi conclusi in ogni specifico livello.

 

A questa prima analisi quantitativa se ne accompagna poi anche una di tipo qualitativo che va ad indagare quali sono i temi oggetto di contrattazione in ciascuno dei tre livelli e a quantificare il numero di accordi che intervengono sui diversi temi ad ogni livello.

 

A queste analisi di tipo quantitativo e qualitativo in merito ai temi trattati, si aggiunge un’analisi delle ragioni economico-sociali, nonché istituzionali che hanno spinto gli attori del sistema delle relazioni industriali ad intervenire su determinati aspetti. Viene esplicitato il contesto in cui si inseriscono i dati raccolti, basandosi anche sul contesto normativo e giurisprudenziale, oltre che francese anche europeo e internazionale.

 

Per quanto riguarda il campione oggetto di analisi all’interno di ciascun rapporto vengono presi in considerazione tutti i testi di natura convenzionale firmati entro il mese di dicembre dell’anno oggetto di studio, e che sono stati depositati presso il Ministero del lavoro e portati a conoscenza della direzione generale del lavoro entro il mese di marzo dell’anno successivo. Secondo quanto previsto dal disposto del Codice del lavoro in vigore in Francia, tutti i contratti collettivi siglati a ciascun livello di contrattazione devono essere registrati presso il ministero di riferimento, che provvederà alla loro pubblicazione. Questa procedura garantisce che il campione ivi considerato fornisca dati parziali da un punto di vista del periodo di pubblicazione di riferimento, ma al contempo sia altamente rappresentativo in quanto ricomprende la totalità dei testi negoziati.

 

Con riguardo all’analisi qualitativa e dunque all’individuazione delle tematiche che sono state maggiormente oggetto di contrattazione, anche qui è possibile riscontrare una certa sistematicità: tutti e nove i report analizzati presentano una uniformità su quelli che, di anno in anno, sono stati i temi oggetto di maggior interesse, permettendo di avere così uno studio evolutivo e di raffronto sul contributo apportato dalla contrattazione collettiva in un determinato aspetto del settore lavoro. Le tematiche ricorrenti sono:

– Il salario e le premialità;

– La pensione integrativa e la previdenza sociale;

– L’uguaglianza uomo-donna;

– Le condizioni di lavoro;

– La formazione professionale;

– Le modalità di svolgimento della contrattazione collettiva.

 

Andando infine ad indagare quelle che dallo studio dei report risultano essere le tendenze dettate dalla contrattazione collettiva in Francia, l’analisi dei report tra il 2012 e il 2020 mostra tendenze estremamente differenti nei tre livelli di contrattazione considerati. Queste tendenze di carattere quantitativo diversificate sono ovviamente giustificabili, in primis, alla luce del primato che la legge francese attribuisce alla contrattazione aziendale rispetto agli accordi conclusi a livello settoriale su quelle che vengono considerate le tematiche calde del diritto del lavoro, le quali vengono maggiormente influenzate dal mutare del contesto socio-economico, e secondariamente dalle differenti scadenze nelle quali incorrono i vari accordi conclusi.

 

Se si guarda al dato degli accordi siglati a livello interprofessionale su scala nazionale, viene registrata una tendenza altalenante che, però, a partire dal 2019 subisce invece una costante anche se non eccessivamente significativa crescita con una lieve ricaduta poi nel 2020. Questa tipologia di accordi ha l’aspirazione ad essere applicata a più settori produttivi e dunque a creare nuovi diritti in favore dei lavoratori dipendenti e a migliorare la flessibilità delle imprese. Tendenzialmente, tra le tre, si tratta della categoria di accordi collettivi precorritrice rispetto a future modifiche legislative in tema di diritto del lavoro. Dunque l’oscillazione del numero di questo tipo di accordi tra il 2012 e il 2020 è stata notevolmente influenzata dalla correlata attività legislativa svoltasi a livello statuale.

 

Per quanto riguarda gli accordi conclusi a livello di singolo settore produttivo, se nel 2012 appare come un livello segnato da un fenomeno contrattualistico fortemente dinamico caratterizzato dalla conclusione di un elevato numero di accordi, la situazione cambia sensibilmente a partire dall’anno successivo in cui si inizia a registrare una tendenza fatta di alti e bassi che per vari anni manterrà il numero degli accordi sotto la soglia del 1000, dato che viene riconfermato nel 2020.

 

Per quanto riguarda invece il livello di maggiore prossimità, relativo cioè agli accordi collettivi conclusi a livello di singola impresa, nei primi due report considerati, si è avuta una crescita rispetto ai livelli del passato, con la conclusione di circa 39.000 accordi, cifra che a grandi linee rimane costante fino al 2018, anno in cui si assiste ad un exploit nella crescita con cifre che toccano i quasi 80.000 testi conclusi. Questa tendenza ad una crescita importante viene mantenuta anche negli ultimi due anni oggetto di analisi, dove vengono raggiunti picchi da 100.000 accordi.

 

Lo studio dell’esperienza francese può senza dubbio essere utile per arricchire il dibattito italiano sui metodi di analisi della contrattazione collettiva. Lo strumento che, nel panorama interno, più si avvicina a questa tipologia di report sono i rapporti presentati annualmente dalla Commissione dell’informazione del CNEL, che vanno ad analizzare il mercato del lavoro e la contrattazione collettiva. Ciò che contraddistingue i report francesi e che invece sembrerebbe essere un profilo solo recentemente sviluppato in quelli italiani è proprio il fatto di presentare il mercato del lavoro attraverso la lente della contrattazione, che in Francia, così come in Italia, risulta essere elemento centrale del sistema giuslavoristico. Guardare alla contrattazione collettiva e alle sue connessioni con il mercato del lavoro, ma senza rinunciare ad un’analisi connotata da profondità e organicità, infatti, è il punto di forza che rende i report francesi strumento di comprensione prezioso del mondo del lavoro e delle sue dinamiche, e che, se adottato sistematicamente, potrebbe risultare vincente anche nel panorama, italiano.

 

Marta Migliorino

ADAPT Junior Fellow

@martamigliorino

La contrattazione settoriale nel Regno Unito

La contrattazione settoriale nel Regno Unito

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

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Bollettino ADAPT 2 settembre 2024 n. 30

 

A differenza del panorama italiano, in cui la contrattazione c.d. “multi-datoriale” di settore è fortemente sviluppata, nel Regno Unito, sin dagli anni ’80 si è assistito ad un decentramento della contrattazione collettiva. Si è giunti, dunque, ad una situazione in cui la contrattazione di settore è tendenzialmente scomparsa e si è creato un mercato del lavoro altamente individualizzato con uno scarso ruolo dei sindacati.

 

All’interno del contributo Introducing sectoral bargaining in the UK: why it makes sense and how it might be done, Keith Sisson, professore emerito di Relazioni industriali presso l’Università di Warwick si dedica all’analisi di un potenziale reinserimento della contrattazione settoriale nel Regno Unito e ai benefici che questa comporterebbe sia per i sindacati che per le associazioni dei datori di lavoro. Nella seconda parte del suo contributo, si affrontano invece le questioni che sarebbe necessario risolvere nel caso in cui il Regno Unito riuscisse ad introdurre la contrattazione settoriale.

 

I benefici dell’introduzione di una contrattazione di settore

 

Il contributo prende le mosse dalla circostanza che i lavoratori inglesi avrebbero perso molto a causa del declino della contrattazione settoriale e della regolamentazione congiunta: un esempio sono gli aumenti salariali inferiori all’inflazione e la maggiore insicurezza dei rapporti di lavoro. È però interessante osservare come anche i datori di lavoro risultino impoveriti dallo scarno ruolo della contrattazione di settore, avendo ottenuto non tanto la flessibilità contrattuale sperata, quanto piuttosto una maggiore rigidità giuridica. In mancanza di accordi settoriali, infatti, è stato necessario introdurre una serie di tutele legali per la gestione dei rischi, ma non sempre soluzioni uniformi nel panorama nazionale risultano efficaci in contesti lavorativi fortemente differenziati.

 

È essenziale tenere a mente che quando si parla di contrattazione collettiva, non ci si riferisce al solo salario, ma a una regolamentazione congiunta di diverse questioni, come il coinvolgimento dei dipendenti, la formazione e lo sviluppo del personale, la disciplina del licenziamento e tanto altro. Sisson si dedica all’approfondimento dei benefici dello sviluppo della contrattazione di settore. Secondo l’autore, ci sono due ragioni principali per cui gli accordi settoriali devono essere preferiti alla regolamentazione legale: la prima è il maggiore coinvolgimento dei lavoratori e la seconda è la capacità della contrattazione collettiva di adeguarsi alle peculiarità dei singoli ambiti e settori.

 

La contrattazione di settore andrebbe preferita alla regolazione unilaterale aziendale, inoltre, perché per i datori di lavoro vi è un notevole risparmio sui costi di gestione delle relazioni di lavoro.

 

Sulla base dell’analisi dell’autore, un approccio di settore permetterebbe di uniformare le condizioni di lavoro delle aziende di un determinato ambito e di evitare che si crei una ricchezza fondata su salari bassi e cattive condizioni per i lavoratori. Questo approccio va a vantaggio sia dei sindacati che delle organizzazioni datoriali. Queste ultime, infatti, acquisirebbero un ruolo di intermediario, consentendo a tutte le aziende rappresentate e non solo alle grandi realtà, di partecipare ai processi di definizione delle politiche sul lavoro a livello nazionale.

 

Peraltro, i benefici del coinvolgimento dei rappresentanti sindacali e datoriali sono stati riconosciuti anche nel rapporto dell’OCSE, Global Deal report, Social Dialogue, Skills and Covid-19 (2020),  in cui si afferma che il dialogo sociale è stato fondamentale per affrontare i danni causati dalla pandemia. La contrattazione settoriale migliora, infatti, la qualità delle decisioni rendendole più coerenti con la specifica problematica. Un confronto costante con le organizzazioni rappresentative migliora la comprensione dei problemi e permette, all’insorgere di una crisi, di trovare un maggiore consenso e una maggiore apertura ad una soluzione condivisa.

 

All’interno del suo elaborato, Sisson elenca anche quelli che potrebbero essere i vantaggi degli accordi di settore a livello macroeconomico, ovvero:

1. un migliore bilanciamento fra salari, inflazione, livelli di disoccupazione e tassi di crescita economica. Sempre secondo l’OCSE (in Negotiating Our Way Up: Collective Bargaining in a Changing World of Work del 2019): “(…) il coordinamento aiuta le parti sociali a tenere conto della situazione del ciclo economico e degli effetti macroeconomici degli accordi salariali sulla competitività. Il livello effettivo di centralizzazione è un’altra dimensione cruciale: i sistemi in cui il decentramento è organizzato e coordinato dal centro (cioè sistemi in cui gli accordi a livello settoriale stabiliscono ampi quadri normativi ma lasciano le disposizioni di dettaglio alle negoziazioni di livello aziendale e dove il coordinamento è piuttosto forte) tendono a produrre buone performance occupazionali e una maggiore produttività”;

2. minori disuguaglianze. L’OCSE prende come riferimento tre misure per i confronti internazionali sulle disuguaglianze: la dispersione dei redditi (in base alla quale per salario basso si intende un salario inferiore di due terzi rispetto al salario orario mediano e per salario alto si considera quello che supera di 1,5 volte il salario orario mediano); il coefficiente di Gini (che condensa la distribuzione del reddito disponibile fra le famiglie in un numero compreso fra zero e uno; più alto il numero, maggiore la disuguaglianza); il c.d. “gender wage gap” misurato come differenza tra i guadagni mediani di uomini e donne rispetto ai guadagni mediani degli uomini. Con riferimento a tutte e tre le misure, la disuguaglianza risulta maggiore nel Regno Unito e negli Stati Uniti rispetto agli altri paesi OCSE, e ciò probabilmente è legato ad un maggiore decentramento (disorganizzato) della contrattazione collettiva. È emerso, infatti, che maggiori densità sindacale e centralizzazione/coordinamento della contrattazione salariale sono direttamente proporzionali ad una minore disuguaglianza salariale complessiva.

 

Contrattazione settoriale nel Regno Unito – Come introdurla

 

Sisson parte da un punto di attualità nel Regno Unito, ossia l’impegno da parte del Labour Party di introdurre un accordo nel settore socio-sanitario, ad oggi incapace di assolvere ai suoi compiti essenziali a causa di numerose questioni, tra cui l’assetto composto sia dal settore pubblico (NHS) che da servizi privati, problemi nell’assunzione e nel mantenimento della forza lavoro.

 

Nonostante il Labour Party mostri cautela verso il sostegno alla contrattazione di settore per l’intera economia del Regno Unito, questa è ritenuta particolarmente necessaria nella cosiddetta “foundational economy”, ovvero quella parte di economia composta da settori non competitivi e al di fuori della concorrenza internazionale (es.: assistenza all’infanzia, servizi di pulizie, logistica). Di particolare importanza è la struttura di questi settori, costituiti principalmente da piccole e medie imprese (PMI) costrette a contrattare individualmente, che quindi beneficerebbero grandemente dall’introduzione di un accordo di settore capace di abbattere i costi di transazione. Tuttavia, la debolezza delle parti datoriali nel settore è fonte di preoccupazione, rispetto alla quale accordi tripartiti (con il coinvolgimento del governo) potrebbero essere risolutivi.

 

Istituzioni principali

 

La proposta ha come punto di partenza i Wages Council e i contratti già consolidati, e la responsabilità statutaria di avviare le procedure spetterebbe al Segretario di Stato. Dopo la consultazione delle parti, egli dovrebbe quindi istituire un National Joint Council (NCJ) qualora “non esistesse una contrattazione collettiva efficace a livello settoriale; o la contrattazione collettiva presente nel settore non sia sufficiente a stabilire termini e condizioni minimi per l’intero settore in relazione alle materie obbligatorie”. Tale consiglio sarebbe composto da un pari numero di rappresentanti dei lavoratori e datori di lavoro e in cui il Segretario di Stato potrebbe decidere se inserire dei membri indipendenti con diritto di voto con il compito di conciliatori in caso di stallo delle negoziazioni. L’importanza degli accordi tripartiti rimarrebbe la stessa.

 

Gli accordi settoriali come codici anziché contratti

 

Sisson ricostruisce la storia del quadro giuridico riguardante le relazioni industriali, affermando che il declino della contrattazione collettiva in Regno Unito si riconduce spesso alla mancanza di contratti giuridicamente vincolanti, obbligari solo a livello d’onore e non come codici statutari in un contesto di common law. Tuttavia, di fatto non c’era nessun ostacolo per le parti sociali nel rendere i contratti negoziati legalmente vincolanti, quanto piuttosto una mancanza di volontà delle stesse parti e un’incompatibilità di linguaggio (a questo proposito la Royal Commission on Trade Union and Employers’ Associations argomentava che per essere codificati, essi avrebbero dovuto essere stati riscritti con l’ausilio di un avvocato professionista). Invero, la maggioranza della Commissione ha respinto le proposte di rendere giuridicamente vincolanti i contratti collettivi non tanto per motivi di principio, quanto piuttosto adducendo come causa la concretezza della contrattazione collettiva nel Regno Unito.

 

Dunque, oggi, per quanto riguarda la legislazione necessaria per introdurre la contrattazione settoriale, il suggerimento è di rendere gli accordi di settore dei contratti giuridicamente vincolanti, in forma di “Good Work sector Agreements”, e attuati, ad esempio, dagli stessi organismi governativi che vigilano sulle normative nazionali, come avviene in Irlanda e in Nuova Zelanda. A sostegno di tale proposta, si suggerisce l’introduzione di un nuovo sistema di Tribunale del Lavoro, articolato in più livelli, con giurisdizione esclusiva per trattare tutte le questioni relative al lavoro. Le criticità emerse per questa ipotesi riguardano i numerosi problemi di adattamento del quadro legislativo: difatti, la stessa Royal Commission afferma che il modello di common law britannico richiederebbe il lavoro congiunto di esperti di relazioni sindacali e di avvocati.

 

Per questi motivi, sono esplorate nel testo altre ipotesi, fra cui la possibilità di rendere l’accordo di settore un ‘Order’, il mancato rispetto del quale costituirebbe un reato, legittimando così i lavoratori a presentare una richiesta civile in caso di mancato pagamento delle tariffe appropriate; ovvero, consentire al Segretario di Stato di proporre alle parti sociali di trasformare il proprio accordo di settore in un Codice di Condotta dell’Acas, ente pubblico che fornisce servizi di consulenza, conciliazione e mediazione fra le parti sociali. È indubbio, d’altronde, che questo approccio richiederebbe minori aggiustamenti al quadro legislativo, avendo inoltre il vantaggio di far esprimere i contratti di settore nel linguaggio delle relazioni sindacali e di non richiedere il supporto di un avvocato, oltre a promuovere e condividere le relazioni industriali stesse, nonché le best practices con ruolo educativo fondamentale nell’aiutare le imprese a rimanere aggiornate sulle sfide di settore.

 

Se, da un lato, chiarisce Sisson, è chiaro che la scelta di un percorso rispetto a un altro dipenderà da come il governo vorrà promuovere gli accordi settoriali in termini di obiettivi e finalità, dall’altro è evidente che, qualunque sia il percorso scelto, vi sia la necessità di istituire un’autorità pubblica che controlli la legittimità degli accordi settoriali.

 

Il principio di equità

 

All’interno del documento, il principio di equità (fairness) assume un ruolo centrale, soprattutto riguardo alla priorità da attribuire al “lavoro equo” rispetto alla “paga equa”. Questo principio si articola in due dimensioni: l’equilibrio tra sforzi e benefici e l’equità nelle decisioni che vengono prese. Il pericolo di concentrarsi sulla sola questione del salario è che, infatti, questioni come queste così come il dialogo sociale, vengono marginalizzate perché poco si prestano alla “negoziazione distributiva”. In aggiunta, ciò deteriorerebbe anche la situazione delle PMI in quanto si aumenterebbe in maniera significativa il costo del lavoro, portando a tagli del personale e un aumento del carico di lavoro sui dipendenti rimanenti.

 

Il contenuto degli accordi

 

Due sono quindi le tipologie di contenuti degli accordi descritti da Sisson se venisse inserita la contrattazione settoriale, considerando poi che argomenti specifici varierebbero da settore a settore:

il lavoro equo, ripreso anche da Fair Work Tales, e in particolare le questioni relative a: giusta ricompensa; rappresentanza collettiva; sicurezza e flessibilità; possibilità di accesso; crescita e progresso; ambiente lavorativo sano e inclusivo; diritti sostanziali;

– la disciplina di questioni sostanziali come retribuzione, straordinari, pensioni e ferie, come riaffermato anche da una proposta del Trade Union Congress (TUC); aspetti procedurali e diritti dei lavoratori, come quello di informazione e consultazione.

 

È indubbio, però, afferma Sisson, che le proposte finali dovranno tenere in considerazione il rapporto fra i diversi livelli di contrattazione. Le preoccupazioni dell’autore riguardano principalmente il fenomeno della “decentralizzazione disorganizzata” che può verificarsi quando la contrattazione si sposta dal livello settoriale a quello aziendale senza alcun coordinamento tra i due livelli. Questo comporta infatti il rischio che l’autorità dell’accordo settoriale venga indebolita, soprattutto a discapito dei lavoratori nelle PMI, a causa delle deroghe, delle riforme e delle eccezioni previste a livello aziendale. Difatti, solo se avviene in maniera adeguata e dunque con un “decentramento organizzato”, caratterizzato da coordinamento fra i livelli, questa transizione può portare ad una situazione ideale in cui vengono affermate le condizioni minime a livello settoriale, senza il rischio che vengano messe in discussione nelle negoziazioni a livello aziendale.

 

A tal fine, il documento suggerisce la necessità che le stesse parti sociali sostengano lo sviluppo del dialogo sociale, in particolare attraverso una dichiarazione dell’obiettivo complessivo dell’accordo settoriale, dunque facendo esplicito riferimento alle questioni che l’accordo si propone di affrontare; ovvero l’organizzazione di incontri trimestrali del consiglio tripartito, con gruppi di lavoro congiunti che si occupino di ricercare e monitorare le principali criticità del settore, anche con l’ausilio di esperti e terze parti.

 

Per quanto riguarda invece il ruolo del governo nazionale guidato dai Labour, l’autore si rifà alle linee guida della Commissione Europea. Si richiama, in particolare, la necessità di:

– assicurare la consultazione delle parti sociali nella progettazione di politiche economiche e sociali;

– incoraggiare le parti sociali a prendere in considerazione nuove forme di lavoro;

– consentire alle organizzazioni datoriali e dei lavoratori di crescere, facendo in modo che abbiano le informazioni rilevanti e assicurando loro il supporto da parte del governo nazionale.

 

Promuovere la produttività

 

Afferma Sisson che, tuttavia, nelle discussioni sull’introduzione della contrattazione settoriale si è prestata poca o nessuna attenzione a come verranno finanziati i miglioramenti previsti in termini di salario e condizioni di lavoro, che ovviamente dipenderanno a seconda del settore. Ad esempio, nel settore socio-sanitario è probabile che i fondi possano arrivare direttamente dal governo nazionale nella forma di investimenti sulla forza lavoro. Diversamente, in altri settori, non essendo previsto alcun finanziamento a causa delle pressioni attese sulla spesa pubblica, si prevede che i finanziamenti potranno derivare dagli stessi profitti delle aziende.  Tuttavia, anche in questo caso alcune aziende registreranno alcune criticità poiché ancora intrappolate nello schema di “bassa retribuzione, bassa qualificazione, bassa produttività”. Considerando, dunque, la limitata capacità di redistribuzione dai lavoratori più pagati a quelli meno pagati all’interno del settore, queste aziende avranno bisogno di aiuto per migliorare la loro produttività e performance, agendo non solo sull’eliminazione del basso salario ma incentivando tutta una serie di politiche coordinate e di sotto investimento e crescita.

 

In generale, si raccomanda al governo nazionale di modificare il suo modello di sviluppo economico investendo nell’innovazione e nella produttività della foundational economy, oltre a eliminare fattori che minano standard lavorativi dignitosi.

 

Conclusioni

 

Auspicando l’introduzione della contrattazione settoriale nel Regno Unito, Sisson analizza nel suo paper come questo possa concretamente attuarsi nel contesto politico-legislativo attuale britannico. È evidente, infatti, che questa transizione possa avvenire in un sistema di common law, in cui gli accordi sono di difficile codificazione, solo attraverso concrete misure a sostegno. Sisson raccomanda, inoltre, una visione più ampia del concetto di contrattazione settoriale, non basata esclusivamente sull’aumento dei salari ma piuttosto sul ‘fair work’, ossia l’insieme delle garanzie di cui deve godere il lavoratore (es.: formazione, sicurezza).

 

Nel contesto delineato, è quindi chiaro come la proposta dell’attuale Governo di introdurre la contrattazione settoriale nell’ambito socio-sanitario possa essere un trampolino di lancio per mettere in pratica le proposte illustrate dall’autore per migliorare non solo la contrattazione collettiva, ma anche, attraverso essa, le condizioni di quei settori appartenenti alla ‘foundational economy.

 

Francesca Coluccia

ADAPT Junior Fellow Fabbrica dei Talenti

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Emanuele Ligas

ADAPT Junior Fellow Fabbrica dei Talenti

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Le causali contrattuali negli ultimi rinnovi: un’opzione da maneggiare con cura

Le causali contrattuali negli ultimi rinnovi: un’opzione da maneggiare con cura

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

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Bollettino ADAPT 15 aprile 2024, n. 15

 

In occasione degli ultimi rinnovi di contratti collettivi nazionali di lavoro del settore industriale e del commercio, si stanno affacciando sul panorama lavoristico le prime “causali contrattuali” per la proroga e/o il rinnovo di contratti a termine oltre i 12 mesi o per la stipula di simili tipologie contrattuali con durata superiore all’anno sin dall’instaurazione del primo rapporto di lavoro, disposte a livello nazionale. E ciò a seguito dell’ultimo intervento in materia (legge n. 18/2024, di conversione del “decreto milleproroghe”), con cui il Legislatore ha prorogato al 31 dicembre 2024 la possibilità di apposizione di una condizione (quelle “esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva”) sul piano individuale in assenza di interventi di natura contrattual-collettiva (ex art. 51 d. lgs. n. 81/2015) rispetto alla prima scadenza (30 aprile 2024) fissata nell’ambito del “decreto lavoro” (decreto-legge n. 48/2024) di riforma dell’intero perimetro normativo dei rapporti a tempo (per un commento approfondito cfr. E. Dagnino, C. Garofalo, G. Picco, P. Rausei (a cura di), Commentario al d.l. 4 maggio 2023, n. 48 c.d. “decreto lavoro”, convertito con modificazioni in l. 3 luglio 2023, n. 85, ADAPT University Press, E-book series n. 100/2023).

 

Invero, alcune esperienze, soprattutto di contrattazione aziendale ma anche a livello di CCNL (per uno sguardo su tali tendenze, v. ADAPT (a cura di), La contrattazione collettiva in Italia (2022), IX Rapporto Adapt, ADAPT University Press, 2023), si erano sviluppate già con la previgente norma introdotta all’epoca del Governo Draghi (art. 41-bis d.l. n. 73/2021).

 

La recentissima ipotesi di rinnovo del CCNL Confcommercio dello scorso 22 marzo per il tramite del nuovo art. 71-bis ha introdotto, tra le varie novità (per una panoramica dei contenuti cfr. C. Altilio, Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/196 – Il rinnovo del CCNL Terziario, Distribuzione e Servizi: una prima rassegna delle principali novità), un rigido sistema di “casi”, ai sensi dell’art. 19, co. 1, lett. a), decreto legislativo n. 81/2015, che la stessa organizzazione datoriale si è rapidamente premurata di illustrare e specificare con apposita circolare. Si tratta di impiego di lavoratori a termine, oltre i 12 mesi, per i casi di: saldi, fiere, festività natalizie, festività pasquali, incremento temporaneo, nuove aperture; e fin qui sembra muoversi nell’ambito delle esigenze di picco di lavoro legate alle dinamiche organizzative/produttive infra-settoriali. Alcune altre, quali riduzione impatto ambientaleterziario avanzatodigitalizzazione, sono invece frutto di visione di prospettiva del settore, e riguardano vuoi l’assunzione di lavoratori con specifica professionalità utile all’esecuzione delle mansioni per le quali sono inseriti in azienda, vuoi la progettazione/realizzazione di prodotti innovativi e digitali. Vanno in effetti in questa direzione anche le nuove figure professionali introdotte con la revisione del sistema di classificazione e inquadramento del personale.

 

Nello stesso senso si è mosso, alcune settimane fa (accordo del 1° marzo 2024), il settore dell’industria alimentare, che – riformando il suo art. 18 – ha introdotto particolari condizioni sostanzialmente legate a progetti specifici, che riecheggiano, invero, la formulazione legislativa figlia del “decreto dignità”: “a) esecuzione di un progetto, un’opera o di un servizio definiti e predeterminati nel tempo e non rientranti nelle normali attività (es. migrazione a nuovi software, cambi di sistemi informaticietc.); b) realizzazione di progetti temporanei legati alla modifica e/o modernizzazione degli impianti produttivi e attivazione di nuovi processi produttivi (es. attività di engineering e impiantistica)”. Interessante l’inciso per cui tali causali non possono essere utilizzate per il lavoro in somministrazione, risultando così prevista una restrizione rispetto alle facoltà concesse dalla legislazione vigente (“Ai sensi dell’art. 19, comma 1, lettera a) (…) le Parti convengono che il contratto di lavoro a tempo determinato, non in somministrazione, può avere una durata superiore (…)”). Il medesimo articolo introduce poi un rinvio alla contrattazione aziendale, per l’individuazione di ulteriori causali; ipotesi non prevista nell’ambito del CCNL del terziario.

 

Vale la pena specificare, a rafforzamento della rilevanza di simili intese, come queste ultime arrestino, di fatto, la possibilità di apporre causali a livello individuale, al di fuori di quelle stabilite dal CCNL applicato, ferma restando la validità delle sole stipulate antecedentemente la data di rinnovo.

 

Anche a mente della giurisprudenza pregressa, sviluppatasi a seguito della diffusa applicazione del d. lgs. n. 368/2001, non sarà comunque sufficiente richiamare/riportare in lettera d’assunzione o proroga o rinnovo la causale individuata nel CCNL, dovendosi specificare ogni elemento utile ed oggettivo che dimostri la sussistenza della specifica esigenza con quello specifico lavoratore, nonché la connessione temporale con lo stesso. Dovrà quindi essere ad esempio esplicitato il progetto di modernizzazione dell’impianto produttivo, piuttosto che l’attività di digitalizzazione cui è adibito quel lavoratore con la relativa professionalità, anch’essa da esplicitare; e così via. Ed in questo senso dispone il CCNL Confcommercio, quando afferma come le condizioni ivi previste siano “da dettagliare” nel contratto individuale.

 

Come ogni dinamica tipica delle nostre materie, rileverà in fondo, per le considerazioni di cui sopra, la serietà degli approcci alla gestione fisiologica di tali istituti, da parte di aziende, operatori, legali e consulenti.

 

Marco Menegotto

ADAPT Professional Fellow

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Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/199 – L’accordo IFOA: prospettive innovative su orario di lavoro e welfare aziendale

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/199 – L’accordo IFOA: prospettive innovative su orario di lavoro e welfare aziendale

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 15 aprile 2024, n. 15 

 

Oggetto e contesto

 

Il 15 febbraio 2024, IFOA ha stipulato con le rappresentanze sindacali aziendali, assistite da Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil, un nuovo accordo aziendale, superando e riunendo in un unico testo, integrativo rispetto alle previsioni del CCNL Terziario, Distribuzione e Servizi, tutti i precedenti contratti collettivi di secondo livello sottoscritti nel corso degli anni. Nello specifico, con il nuovo accordo le parti mirano, da un lato, a superare il precedente contratto di solidarietà sottoscritto nel 2013 e tutte le intese ad esso collegate e, dall’altro, a consolidare prassi già in atto, a partire dalla regolazione del lavoro agile e dalle pratiche volte a garantire la conciliazione vita-lavoro.

 

Temi trattati / punti qualificanti / elementi originali o di novità

 

L’accordo si apre con la nuova disciplina dell’orario di lavoro in azienda, a cui dedica grande spazio. Nello specifico, l’intesa, nel superare il precedente contratto di solidarietà, prevede, rinviando alla sottoscrizione di accordi individuali ex art. 8, co. 2, D. Lgs. n. 81/2015, la trasformazione dei rapporti di lavoro a tempo pieno in rapporti a tempo parziale di durata pari a 38 ore settimanali. In questo senso, dunque, a tutti i fini normativi ed economici, l’orario di lavoro, una volta stipulati gli accordi individuali di trasformazione, sarà da considerarsi di 38 ore settimanali, con la conseguenza che, per il calcolo di tutti gli istituti – a partire dalla retribuzione – la cui determinazione avviene in base alla durata della prestazione lavorativa, avverrà un riproporzionamento sulla base di un impegno lavorativo quantificato in 38 ore anziché nelle 40 previste dal contratto collettivo nazionale.

 

Per quanto riguarda l’articolazione dell’orario, è precisato che la durata della prestazione lavorativa è distribuita su cinque giornate in maniera non omogenea, dal momento che dal lunedì al giovedì la giornata lavorativa ha una durata di otto ore e mezzo, mentre il venerdì di sole quattro ore. I lavoratori, inoltre, possono godere di fasce di flessibilità in entrata, dalle 8.00 alle 9.30, ed in uscita, dalle 17.00 (dalle 12.00 per il venerdì) in poi. È precisato, infine, che, nella giornata del venerdì, si prevede che i lavoratori eseguano la prestazione in modalità agile. Appare dunque evidente che l’articolazione dell’orario in IFOA permette una grande autonomia dei lavoratori nella gestione del proprio tempo di lavoro, un’autonomia che sembra confermata dall’obbligo, posto in capo agli stessi lavoratori, di rispettare l’orario, potendo anche effettuare, nell’arco di ciascun mese, recuperi compensativi tra le ore eccedenti e quelle mancanti rispetto all’orario previsto, con il solo vincolo di ricevere l’autorizzazione per eventuali recuperi superiori alle due ore giornaliere nonché effettuati al di fuori delle fasce di flessibilità.

 

L’intesa, poi, conferma quanto già previsto in azienda circa la regolazione del lavoro agile, identificato come strumento per incentivare una migliore conciliazione vita-lavoro e promuovere la genitorialità. Nello specifico, si prevede che ogni lavoratore abbia diritto ad eseguire, oltre che nella giornata del venerdì, la prestazione di lavoro in modalità agile in altre sei giornate al mese, da collocarsi esclusivamente tra il martedì e il giovedì. In ogni caso, però, il lavoratore è tenuto a concordare con il proprio responsabile la fruizione delle giornate di smart working, anche frazionabili in mezze giornate ove l’organizzazione del lavoro lo consenta. Ad alcune categorie di lavoratori (segnatamente: lavoratori con figli fino a 12 anni ovvero con figli affetti da disabilità; lavoratori affetti da disabilità; lavoratori affetti o a rischio contagio da covid; lavoratrici in stato di gravidanza; lavoratori residenti in luogo distante oltre un’ora di viaggio dalla sede di lavoro; lavoratori con genitori anziani non autosufficienti) è riconosciuta priorità nella fruizione di giornate di lavoro agile ulteriori rispetto alla misura massima di sei giornate al mese ovvero da collocare nella giornata del lunedì.

 

Infine, a chiusura delle disposizioni in materia di orario di lavoro, in virtù dell’ampiezza dell’articolazione oraria (che, previo accordo tra il lavoratore ed il suo responsabile, potrebbe coinvolgere, sia per esigenze del lavoratore sia per motivi organizzativi di IFOA, fasce orarie diverse da quelle normalmente previste) e delle peculiari esigenze organizzative che interessano l’azienda, l’intesa riconosce ai lavoratori un’indennità, detta di modulazione oraria, di 20 euro lordi erogata su 14 mensilità e utile ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto, affiancata dalla previsione di un superminimo individuale non assorbibile di 32 euro mensili.

 

Per quanto riguarda i profili retributivi, inoltre, l’accordo IFOA prevede anche la conferma dell’elemento (definito “elemento A”) retributivo integrativo, utile ai fini del calcolo di tutti gli istituti contrattuali – compreso il trattamento di fine rapporto – erogato per quattordici mensilità e parametrato, in base ai livelli di inquadramento, da un minimo di settanta euro ad un massimo di duecentootto.

Da sottolineare sono poi le previsioni in materia di welfare, a partire dal riconoscimento, per ogni giornata lavorata nel mese – ad eccezione delle giornate di lavoro inferiori a 4 ore -, di ticket restaurant di ammontare pari a 5 euro e dalla previsione di un piano di flexible benefits che prevede l’erogazione di un voucher di ammontare pari a 250 euro per lavoratore.

 

L’accordo, inoltre, interviene in materia di tutela della persona, della famiglia e della genitorialità, prevedendo e sistematizzando diverse misure di conciliazione vita-lavoro. Nello specifico, si prevedono tre giornate, anche frazionabili in mezze giornate, all’anno di permessi retribuiti per ragioni personali e familiari, che possono riguardare l’inserimento presso scuole dell’infanzia o asili e l’assistenza di figli o nipoti, un congedo aggiuntivo rispetto al congedo obbligatorio di legge per il padre lavoratore oppure altri eventi relativi a parenti o conviventi. Per quanto riguarda le lavoratrici madri, l’intesa prevede che, nei due mesi precedenti il parto e sino al terzo anno del figlio, possano concordare più incisive modalità di godimento della flessibilità oraria in entrata e in uscita nonché di fruizione delle giornate di lavoro agile, anche in deroga a quanto previsto dall’accordo stesso. Sempre in ottica di tutela della persona, inoltre, si prevede l’istituzione della banca ore etico-solidale, che permette, secondo quanto previsto dall’art. 24 D. Lgs. n. 151/2015, ai dipendenti di donare su base volontaria ore di ferie ai colleghi in situazioni di difficoltà.

 

Destano infine grande interesse due ulteriori previsioni. In primo luogo, l’intesa si occupa di promuovere e sostenere i percorsi formativi dei figli dei dipendenti, stabilendo particolari condizioni di favore per l’accesso ai servizi offerti da IFOA (tra cui spiccano corsi, colloqui, sostegno all’inserimento al lavoro e tirocini). In secondo luogo, le parti aziendali hanno istituito, per far fronte al diffuso aumento del livello di stress, ansia e disagio psicologico causato dalla sempre più difficile conciliazione vita-lavoro, un servizio di consulenza e orientamento psicologico, che consente a tutti i dipendenti interessati di poter fruire di un primo incontro di consulenza psicologica a titolo gratuito e di godere di tariffe agevolate per gli incontri successivi.

 

Valutazione d’insieme

 

L’analisi del contratto aziendale di IFOA permette di evidenziare due interessanti dimensioni che la contrattazione decentrata può fruttuosamente coltivare. Primariamente, come emerge anche dall’ampio spazio dedicato dallo stesso accordo al tema, è importante sottolineare gli importanti spazi di regolazione che legge e contrattazione nazionale delegano alla contrattazione di livello aziendale per quanto riguarda la disciplina dell’orario di lavoro, soprattutto nella sua dimensione organizzativa. Da questo punto di vista, come emerge dall’analisi svolta, l’accordo IFOA offre, anche in virtù delle peculiarità proprie dell’azienda, un interessante esempio di regolazione, in cui trovano una sintesi le diverse esigenze di autonomia del lavoratore nell’autodeterminazione dei profili temporali della prestazione lavorativa e di salvaguardia delle esigenze aziendali. In questo senso è da leggere, ad esempio, l’eliminazione delle timbrature in uscita, che sposta, nell’ottica di favorire la partecipazione del lavoratore, la misurazione della prestazione dal piano cronometrico a quello del raggiungimento dei risultati. Accanto alla centralità dell’orario, emerge la volontà delle parti di potenziare il welfare aziendale, prevedendo inediti strumenti volti a tutelare la persona che lavora in relazione anche a nuovi bisogni emergenti, come dimostra l’istituzione del servizio di consulenza e orientamento psicologico.

 

Francesco Alifano

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@FrancescoAlifan

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/192 – Il rinnovo del CCNL per i dipendenti degli studi e delle attività professionali

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/192 – Il rinnovo del CCNL per i dipendenti degli studi e delle attività professionali

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 4 marzo 2024, n. 9 

 

Contesto del rinnovo

 

Il 16 febbraio 2024, a seguito di una lunga trattativa Confprofessioni e Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs hanno sottoscritto l’ipotesi di accordo per il rinnovo del CCNL per i dipendenti degli studi e delle attività professionali. Sulla negoziazione ha inciso il lungo periodo di vacanza contrattuale contraddistinto dalle conseguenze del contesto pandemico, dei diversi eventi bellici, della crisi energetica e dell’elevata inflazione. Avvenimenti che hanno avuto un’influenza sul tavolo della trattativa e hanno comportato la necessità di trovare un equilibrio tra le esigenze dei datori di lavoro liberi professionisti e dei lavoratori specialmente sotto il profilo del recupero inflattivo.

 

Nell’ambito dell’Ipotesi di rinnovo un ruolo centrale è attribuito al welfare che risulta ulteriormente rafforzato attraverso nuovi istituti e tramite il consolidamento di quelli già esistenti. Le regole del mercato del lavoro sono state invece rivisitate ed aggiornate per andare incontro alle moderne tendenze delle attività professionali.

 

Il CCNL per i dipendenti degli studi professionali è diventato d’altronde nel corso del tempo il punto di riferimento per l’intero settore professionale allargando la sua sfera di applicazione alle nuove professioni indipendentemente dalla presenza o meno di un albo od ordine di riferimento e contestualmente alle attività più strutturate come quelle svolte sotto forme aggregative societarie come le STP/STA o i grandi studi/ambulatori specialmente nell’ambito medico-sanitario. Questa mutazione si riflette anche nella denominazione del CCNL, ora “studi ed attività professionali”, che è volta ad estendere il perimetro di copertura in un mondo in costante mutamento quale quello del lavoro autonomo professionale.

 

Confprofessioni e le controparti sindacali proprio in considerazione dell’evoluzione costante delle professioni, del mercato del lavoro, della digitalizzazione, dell’intelligenza artificiale hanno deciso di costituire una specifica commissione paritetica sui profili professionali per monitorare le esigenze del settore in termini di obsolescenza e aggiornamento delle figure professionali e dei relativi profili formativi.

 

Parte normativa

 

L’Accordo interviene disciplinando diversi aspetti del mercato del lavoro, tra cui l’apprendistato di primo, secondo e terzo livello. Le Parti nel confermare questo strumento quale principale canale di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro hanno inteso dare una normazione specifica sia all’apprendistato per la qualifica ed il diploma professionale, sia all’apprendistato professionalizzante.

 

Nuova linfa è stata data anche all’apprendistato di terzo livello, in particolare quello per il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche la cui durata coincide con il periodo richiesto per la pratica professionale. Per l’attuazione di questa tipologia di apprendistato, per la quale sono state definite regole puntuali, sarà necessario attivare protocolli tra datori di lavoro ed istituzioni competenti. Le Parti Sociali hanno così fornito ai praticanti le tutele bilaterali e di welfare previste dalla contrattazione collettiva.

 

All’interno dell’Ipotesi di rinnovo sono state regolamentate le causali che permettono le assunzioni o le proroghe del lavoro a tempo determinato oltre i 12 mesi acausali. Le Parti hanno individuato in particolare le ipotesi di incremento temporaneo (inteso come incremento dell’attività conseguente all’ottenimento da parte del datore di lavoro di incarichi professionali temporanei di durata superiore a 12 mesi o prorogati oltre i 12 mesi) e di nuova attività (intesa come l’avvio di nuova attività o l’aggregazione – si pensi alle Società tra professionisti, – o la fusione per i primi 36 mesi dall’avvio delle stesse).

 

È stato statuito inoltre che il limite massimo percentuale del 30% di utilizzo del contratto a termine non si applichi: a) nella fase di avvio di nuove attività per i primi 18 mesi elevabili a 24 mesi dalla contrattazione territoriale; b) per ragioni di carattere sostitutivo; c) con lavoratori di età superiore a 55 anni; d) assunzione di lavoratori sospesi con l’intervento della cassa integrazione guadagni straordinaria o di analoghi ammortizzatori sociali (Cigo oppure sospesi nell’ambito della disciplina sui fondi di solidarietà ex art. 26 e segg. D.lgs. n. 148/2015); e) assunzione di lavoratori percettori della Naspi; f) assunzione di lavoratrici che rientrano sul mercato del lavoro dopo un periodo di disoccupazione di almeno 12 mesi ininterrotti oppure con uno o più periodi lavorati fino a 8 mesi complessivi nei 24 mesi prima dell’assunzione a termine.

 

Permangono altri strumenti di flessibilità per favorire l’accesso di determinate categorie di lavoratori quali il contratto di reimpiego (per il reinserimento dei soggetti over 50 e degli inoccupati o disoccupati di lungo periodo) ed il lavoro a chiamata per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo, che oltre nelle ipotesi previste per legge, le Parti hanno stabilito possano essere effettuate in alcune circostanze quali: le dichiarazioni annuali nell’area professionale ed economica-amministrativa, l’implementazione dei processi di digitalizzazione, l’archiviazione di documenti per tutte le aree professionali.

È stata data una disciplina compiuta al lavoro agile all’interno del CCNL che trae origine dal Protocollo sottoscritto il 7 dicembre 2021 in sede ministeriale assieme alle altre rappresentanze sindacali e datoriali.

Le Parti, hanno altresì definito, all’art. 16 bis un apposito permesso per la prevenzione pari ad una giornata lavorativa per anno di vigenza contrattuale da fruire nell’anno di maturazione per effettuare le attività di prevenzione previste dal piano sanitario della Cadiprof (Cassa di assistenza sanitaria per i lavoratori degli studi professionali).

 

L’intesa oltre ad aggiornare le disposizioni in materia di congedi parentali e maternità alle più recenti novità introdotte dal legislatore prevede, per gli eventi che si verificheranno a partire dal 1° gennaio 2025, l’integrazione dell’indennità di maternità da parte del lavoro sino a raggiungere il 90% della retribuzione mensile lorda.

 

Parte economica

 

Le Parti hanno previsto una durata triennale del CCNL con un aumento retributivo al III livello che ammonta a 215 euro suddivisi in quattro tranche (105 al 1° marzo 2024, 45 al 1° ottobre 2024, 45 al 1° ottobre 2025, 20 euro al 1° dicembre 2026).

È stato inoltre stabilito un importo una tantum a copertura del periodo intercorso tra la scadenza del CCNL avvenuta il 31 marzo 2018 e la data di sottoscrizione del rinnovo (16 febbraio 2024). La somma dell’una tantum è pari a 400 euro per ogni livello di inquadramento e spetta ai lavoratori in forza alla data di sottoscrizione del CCNL. Detti importi, che verranno riconosciuti in due tranche annuali, potranno essere erogati attraverso gli strumenti di welfare previsti dalla normativa vigente.

 

L’Accordo dispone un potenziamento dei diversi strumenti di welfare bilaterale di derivazione contrattuale. Nello specifico è stato previsto un aumento della contribuzione alla bilateralità di settore pari a 2 euro da destinare ad Ebipro e 5 euro per Cadiprof finalizzato all’estensione delle coperture sanitarie anche ai familiari dei lavoratori iscritti (art. 13 bis dell’ipotesi di rinnovo del CCNL).

 

Permane il welfare integrativo per i liberi professionisti in capo ad apposita gestione all’interno dell’ente bilaterale Ebipro che si attiva in modo automatico qualora si abbiano dei dipendenti, novità che era stata uno dei tratti caratterizzanti del precedente rinnovo e che trova ora un consolidamento.

 

Relazioni sindacali

 

Le Parti Firmatarie hanno deciso di porre una particolare attenzione alle relazioni sindacali di livello decentrato stabilendo che possano essere definite intese temporaneamente modificative degli istituti del CCNL riguardanti modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, orario, organizzazione del lavoro con l’obiettivo di favorire l’incremento della qualità e produttività del lavoro di consentire la gestione di crisi settoriali, nonché l’emersione, la stabilizzazione e l’incremento dell’occupazione. È stata definita inoltre una delega alla contrattazione di secondo livello regionale per la definizione di accordi connessi alle attività stagionali.

L’Ipotesi di Accordo prevede una specifica regolamentazione della bilateralità sul territorio con l’introduzione degli “sportelli territoriali”, sede regionale cui le Parti Sociali possono affidare alcune funzioni quali: promozione delle attività di sostegno al reddito dell’Ente Bilaterale Nazionale; salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e supporto per la definizione di RLST e OPT; promozione e supporto alle prestazioni e ai servizi della bilateralità nazionale; promozione di percorsi mirati con Fondoprofessioni ed EBIPRO in materia di formazione, qualificazione, riqualificazione professionale, apprendistato e tirocini formativi e di orientamento.

 

Valutazione d’insieme

 

Nonostante le numerose difficoltà derivanti dal contesto post-pandemico, dalla crisi energetica, dall’acuirsi dei conflitti bellici, nonché da un’elevata inflazione l’Accordo sul CCNL per i dipendenti degli studi professionali e delle attività professionali, rappresenta un importante passo per le relazioni sindacali del settore e di tutto il terziario all’insegna del potenziamento del welfare e della bilateralità.

 

Andrea Zoppo

Area Lavoro Confprofessioni

@AndreaZoppo

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/168 – Il fattore “professionalità” nella retribuzione negoziale: spunti dalla contrattazione collettiva aziendale

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 17 luglio 2023, n. 27

 

La questione salariale è al centro del dibattito politico sindacale da tempo, tanto più nell’ultimo anno, per via delle dinamiche inflazionistiche e della proposta di legge di istituzione di un salario minimo legale (vedi, da ultimo, M. Tiraboschi, Alcune precisazioni tecniche sulla proposta di legge per un salario minimo legale di 9 euro lordi, in questo numero).

In questa sede non interessa approfondire i profili di complessità della proposta di legge, né entrare nel discorso, comprensibilmente più “mediatico”, della adeguatezza degli importi proposti o dell’impatto di un salario minimo legale nel sistema delle relazioni industriali italiane. Piuttosto, si vuole portare alla luce una tendenza della contrattazione collettiva che, più in sordina, va diffondendosi nei diversi territori e comparti e che, almeno in parte, interviene sui sistemi retributivi, ripensandoli in termini moderni e più attenti alla qualità del lavoro e alla produttività, la leva principale per la tutela dei salari.

 

L’obiettivo di questo breve contributo è quello di dar conto di alcune casistiche aziendali particolarmente significative.

 

Un primo esempio, è il recente protocollo per il rinnovo del contratto collettivo aziendale di Balenciaga Logistica, sottoscritto il 22 maggio 2023 dalle rappresentanze sindacali unitarie e dai rappresentanti territoriali di Filctem-CGIL, Femca-CISL, Uiltec-UIL. Tra le altre cose, l’intesa è intervenuta sul «sistema di valutazione e classificazione» riformando i livelli retributivi secondo un nuovo sistema di misurazione e retribuzione della performance. Già il previgente accordo prevedeva la possibilità che un incremento automatico dei salari dell’1,75% potesse essere ulteriormente accresciuto, fino al 3%, sulla base della valutazione annuale delle performance individuali. Il nuovo sistema mantiene i meccanismi premiali, dopo gli esiti della prima sperimentazione, e ridisegna i criteri di valutazione nonché il sistema di classificazione e inquadramento del personale aziendale. Ciascun lavoratore è valutato, al termine dell’anno, sulla base di cinque competenze:

 

Ciascuno di questi comportamenti può essere valutato secondo cinque livelli: (A) Eccellente; (B) buono; (C) In linea; (D) Da migliorare. Nel primo caso il dipendente avrà un incremento retributivo dell’1,25%, nel secondo dello 0,95% e nel terzo dello 0,65%. Rispetto al sistema previgente, è stata eliminata la valutazione “molto buono” che aveva dato adito ad alcune incertezze applicative in termini di accertamento rispetto alla contigua valutazione “eccellente” e sostituito il giudizio “inadeguato” con quello “da migliorare”.

 

Inoltre è costruito un nuovo sistema (autonomo rispetto al livello nazionale) di classificazione del personale per cui lavoratori sono distribuiti in “Job Families”, «che corrispondono ai differenti campi di expertise» (Product development; Industrial operations; ecc.), e in “Band” che, invece, definiscono i diversi livelli di responsabilità dei ruoli professionali (know how, skills, problem solving, autonomia decisionale). L’appartenenza a un “Band” corrisponde a un livello retributivo e, in quanto determinata da competenze e funzioni trasversali (p.e. polifunzionalità, grado di autonomia, ecc.), può accomunare anche professioni di natura molto diversa (p.e. un tecnico di calzature esperto e un financial controller possono appartenere allo stesso “band”).

 

Sempre nel settore tessile-moda, è più risalente il caso Gucci che, già nel 2017 (vedi A. Carbone, Inquadramento, formazione e welfare: il modello Gucci, Bollettino ADAPT 2 ottobre 2017, n. 32), ha introdotto un sistema retributivo che, a partire da una riforma del mansionario e della classificazione del personale aziendale, tenesse conto dei comportamenti concretamente agiti dai lavoratori. Il più recente accordo del 7 luglio 2022, sottoscritto da organizzazioni sindacali nazionali di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, ha confermato un simile modello, prevedendo che al termine di ogni anno ciascun dipendente dell’azienda incontri il proprio responsabile e riceva una valutazione basata su quattro dimensioni: (i) know how (tecnico e manageriale); (ii) problem solving (capacità nelle relazioni interpersonali); (iii) interazione (contesto del pensiero e complessità nella ricerca delle soluzioni); (iv) accountability (discrezionalità, dimensione influenzata e influenza).

 

Un ulteriore caso, questa volta concernente l’industria alimentare, è quello dell’accordo siglato dall’azienda produttrice di succhi di frutta lucana JONICA JUICE, dalle RSA e dalla FAI-CISL Basilicata, relativo alla fissazione di criteri per la corresponsione del premio di risultato.

La valutazione della performance individuale dei dipendenti avviene attraverso la compilazione di una scheda individuale da parte del Direttore di stabilimento (Valutatore), ripartita in due sezioni denominate “Caratteristiche individuali” e “Caratteristiche di reparto”. Il valutatore dovrà assegnare al lavoratore un punteggio per ogni specifico indicatore inserito nella scheda, da 2 (non valutabile) a 10 (ottimo): il punteggio massimo raggiungibile è di 100, ripartito attribuendo il 40% alla sezione riguardante le caratteristiche individuali e il 60% alla sezione delle caratteristiche di reparto.

La somma dei punti totali causerà l’inserimento del lavoratore in una delle sei fasce di produttività previste dall’accordo – a cui corrisponderà un diverso importo del premio: nello specifico, la premialità scatta unicamente nel caso di punteggio superiore a 50. Al dipendente che raggiunge il punteggio più alto all’interno del Reparto viene attribuita un’ulteriore premialità extra pari al 10% dell’importo del premio individuale maturato.

 

Esistono due differenti modelli di scheda individuale, uno per i responsabili di reparto, e uno per gli addetti al ciclo di produzione, i cui indici variano leggermente.

 

Tale sistema di valutazione delle performance non rappresenta un’assoluta novità all’interno del settore dell’industria alimentare: esso, infatti, appare simile alla “pagella” sulla base della quale i dipendenti dell’azienda cioccolatiera ICAM ricevono, dal 2021, parte della retribuzione di professionalità (vedi L. Roesel, Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/22 – Il nuovo mansionario in ICAM, Bollettino ADAPT 29 marzo 2021 n. 12 a secondo delle valutazioni ricevute dal capo reparto delle proprie competenze “produttive”, “manutentive”, “tecnologiche” e “qualitative”, nonché dell’ “approccio professionale al lavoro” (che si riferisce «all’atteggiamento, alla disponibilità e predisposizione di ogni persona intesa come approccio e visione del lavoro»).

 

A questi accordi aziendali altri potrebbero aggiungersi (si veda a tal proposito l’approfondimento tematico «Salari e professionalità nella contrattazione collettiva», contenuto nel II Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia di ADAPT, spec. pp. 303-325), a tacere di quanto previsto nei sistemi di classificazione e inquadramento dei contratti collettivi nazionali più innovativi, come quelli della metalmeccanica o del settore chimico-industriale, nei quali i livelli retributivi sono sempre più ancorati alle competenze e alle professionalità agite piuttosto che a compiti e mansioni standardizzati.

 

Si tratta di prime sperimentazioni, ancora da affinare, ma che dicono di una transizione in atto, almeno per certi livelli professionali, dal mercato del tempo di lavoro al mercato delle competenze e delle professionalità. Vi sono dei rischi, come quelli di una individualizzazione dei percorsi di carriera, soprattutto nei casi in cui nei sistemi di valutazione non è previsto il coinvolgimento delle rappresentanze sindacali (nei casi Gucci e Icam è prevista l’attivazione di commissioni paritetiche di supervisione per esempio). Oppure quelli più strettamente giuridici, di difficoltà a identificare la prestazione lavorativa dedotta in contratto, che può sembrare indeterminata o indeterminabile quando riferita ad “atteggiamenti” e a “competenze” non puntualmente definite. Ciò nonostante, è una transizione che non va scoraggiata, rappresentando un potenziale viatico per migliorare la produttività del lavoro nonché, se adeguatamente realizzata, la stessa esperienza delle persone che lavorano.

 

Giorgio Impellizzieri

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@giorgioimpe

 

Diletta Porcheddu

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@DPorcheddu

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/165 – CCNL occhiali e occhialeria: le principali novità

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

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Bollettino ADAPT 19 giugno 2023, n. 23

 

Contesto del rinnovo

 

In data 28 Aprile 2023, tra Anfao e Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil è stata sottoscritta l’ipotesi di accordo per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro per gli addetti alle aziende che producono occhiali e articoli inerenti all’occhialeria. Tale accordo decorre dal 1° Gennaio 2023 e scadrà in data 31 dicembre 2025.

 

Parte economica

 

Per quanto riguarda le novità sul piano economico dell’intesa, occorre innanzitutto fare riferimento all’allegato I del CCNL, in cui si trova la tabella riportante gli incrementi salariali, differenziati per livello di inquadramento del dipendente. Per ogni livello è previsto un aumento diviso in tre tranche di decorrenza, una per ogni anno, che porta ad un aumento progressivo dello stipendio dei singoli lavoratori. La prima tranche è fissata per il 1° Maggio 2023, la seconda il 1° Marzo 2024 e la terza il 1° Febbraio 2025. Complessivamente l’incremento dei minimi maggiore riguarda gli impiegati di 1° livello, con una crescita salariale totale di 268,00 euro, seguiti dai Quadri con 205,57 euro e dai lavoratori inquadrati al 6° livello con 205,19 euro, fino ad arrivare agli impiegati di 2° livello, con un incremento pari a 150,24 euro complessivi.

 

Sempre per quanto riguarda il compenso dei lavoratori, vi è un aumento di 2 euro del PPVA (premio di professionalità a valore aggiunto) che è corrisposto su base annua ai lavoratori che siano stati in forza nell’azienda almeno per sei mesi nell’anno di riferimento, sulla base dei comportamenti organizzativi richiesti dall’azienda.

Si segnala inoltre l’aumento dell’elemento perequativo del 10% per le imprese che non praticano la contrattazione di secondo livello, che ora si attesta quindi a 360 euro lordi annui.

 

Di particolare interesse sono poi le novità riguardanti l’assistenza sanitaria integrativa e la previdenza complementare. Sul primo tema, le parti hanno concordato il passaggio dal piano sanitario standard al piano sanitario premium del fondo Sanimoda, attraverso un incremento del contributo di iscrizione che le aziende devono corrispondere per ogni lavoratore, che passa da 12,00 euro a 15,00 euro mensili. Tale aumento decorrerà dal 1° Gennaio 2024, data in cui, sempre tramite Sanimoda, sarà attivata anche un’assicurazione contro la non autosufficienza del dipendente, a carico dell’azienda, pari a 2,00 euro al mese per ogni dipendente, per dodici mensilità. In merito alla previdenza complementare, si segnala invece l’aumento del contributo aziendale, a partire dal 1° luglio 2024, dall’1,70% al 2%.

 

Parte normativa

 

Per quanto riguarda la parte normativa, numerose sono le novità apportare dall’intesa di rinnovo, sotto diversi aspetti.

In primo luogo, le parti hanno incrementato dall’8% al 10% il limite complessivo per la trasformazione dei rapporti di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, in caso di patologie oncologiche o cronico-degenerative riguardanti il coniuge, i figli e/o i genitori, nonché in caso di assistenza di una persona convivente con inabilità totale e permanente, così come per favorire la frequenza di corsi di formazione continua.  Inoltre, viene previsto un ulteriore 4% per le richieste che derivino da un lavoratore in congedo di paternità/maternità o che abbia documentate esigenze di cura del bambino fino ai tredici anni.

 

Un altro strumento volto a favorire le politiche di conciliazione vita-lavoro che viene toccato dall’intesa è rappresentato dal lavoro agile, oggetto del nuovo art.26.

Sul punto, le parti, oltre a introdurre alcune linee guida, delegano la modulazione d’uso dello strumento al livello aziendale.

 

Ampie novità sono poi previste nell’ambito dell’art.49 in tema di permessi e aspettative.

Entrando nel merito delle previsioni inserite con il rinnovo, per quanto riguarda i lavoratori padri, saranno concessi dieci giorni di permesso (anche non continuativi) in un periodo che va dai due mesi precedenti il parto ai cinque mesi successivi, anche contestualmente al periodo di congedo per maternità della madre. Inoltre, le dipendenti che intraprendono terapie di fecondazione assistita potranno richiedere un periodo di aspettativa non retribuito della durata massima di un mese, fruibile anche a giorni. Infine, un nuovo regime è previsto per le lavoratrici inserite in percorsi di protezione relativi alla violenza di genere che avranno diritto ad astenersi dal lavoro per motivi connessi al percorso di protezione fino ad un massimo di tre mesi, percependo un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione a carico dell’INPS. L’astensione potrà essere prolungata al massimo per due ulteriori mesi, con retribuzione a carico dell’azienda.

 

In aggiunta, il contratto introduce migliorie anche per la malattia del dipendente e l’infortunio non sul lavoro, all’art. 52.

Il lavoratore ammalato potrà conservare il posto di lavoro con decorrenza dall’anzianità a tutti gli effetti contrattuali per tredici mesi. Tale termine è elevato in caso la malattia sia una patologia gravemente invalidante (patologia oncologica o degenerativa) a diciotto mesi. L’obbligo di conservazione del posto, tuttavia, viene meno se nell’arco di trenta mesi si superano i tredici o i diciotto mesi di assenza dal luogo di lavoro, non contando però i periodi di aspettativa e quelli di ricovero ospedaliero.

 

Con riferimento agli strumenti di flessibilità oraria, si segnalano alcune modifiche relative all’istituto della banca ore, al regime di flessibilità dell’orario normale settimanale di lavoro e alla cd. “flessibilità tempestiva”, mentre per quanto riguarda il tema dei contratti a termine, oltre alla riduzione del periodo di prova per le assunzioni di durata fino a 6 mesi,  le parti si sono impegnate a incontrarsi in caso di modifiche normative per una valutazione congiunta di nuove soluzioni condivise.

 

Infine, di particolare rilievo sono le novità in materia di formazione del lavoratore, di cui si occupa l’art. 58. Su questo tema, le aziende si impegnano ad offrire ad ogni lavoratore 8 ore di formazione nell’anno 2024 e 8 ore di formazione nell’anno 2025, fruibili anche nell’ambito di un unico programma biennale di 16 ore complessive, da svolgersi durante l’orario di lavoro.
I contenuti, i tempi e le modalità di erogazione (comprensive di aula, formazione a distanza e training on the job) della suddetta formazione saranno proposti dall’azienda in relazione alle proprie strategie di sviluppo ed alle esigenze di aggiornamento professionale dei propri collaboratori, previo esame con la RSU.

 

Parte obbligatoria

 

In merito alla parte obbligatoria, vi sono da segnalare due importanti iniziative.

In primo luogo, all’art. 28, le parti si riservano di istituire una Commissione Paritetica Nazionale con il compito di aggiornamento periodico delle mappe dei descrittivi professionali e come sede di interpretazione della disciplina dell’inquadramento professionale e di esame delle eventuali controversie. Tale commissione sarà meglio definita in sede di stipula definitiva del CCNL in questione, al fine di programmare anche uno studio continuativo che miri a verificare lo stato di applicazione del nuovo inquadramento nelle aziende e ad approfondire le conclusioni e le proposte.

 

In secondo luogo, all’art. 21, in tema di pari opportunità, si osserva l’impegno delle parti a seguire lo sviluppo del progetto di “Osservatorio su pari opportunità, diversità e inclusione”, ad agevolarne la realizzazione presso le aziende ed i lavoratori e a diffonderne a tutto il settore le conclusioni e le eventuali buone pratiche, coinvolgendo le commissioni aziendali in materia costituite o in via di costituzione.

 

Valutazione d’insieme

 

L’ipotesi di accordo qui commentata presenta importanti novità riferite alla parte normativa, specialmente nell’ottica di introdurre nuove tutele per i lavoratori del settore. Di particolare rilievo è anche l’incremento salariale, se pur dilazionato in più anni, che punta ad adeguare la retribuzione all’inflazione crescente in questo periodo storico per ogni livello.
In definitiva, dunque, si tratta un accordo in linea con le novità del mondo del lavoro e le sfide che il settore si pone per i prossimi tre anni.

 

Andrea Megazzini

ADAPT Junior Fellow

@AndreaMegazzin1

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/163 – Il Contratto Integrativo Birra Peroni mette al centro la persona

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

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Bollettino ADAPT 5 giugno 2023, n. 21

 

Il 9 maggio 2023, presso la sede di Unindustria a Roma, il Coordinamento Nazionale delle RSU, assistite dalle Segreterie nazionali di Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil, hanno siglato, d’accordo con la Società Birra Peroni S.R.L., assistita da Unindustria, il Contratto Integrativo di Gruppo, arricchito da un verbale sulla definizione del Lavoro Agile (Flexible Working) ed un’ulteriore precisazione rispetto all’occupazione e alla disponibilità dell’azienda di stabilizzare il proprio personale, in virtù del c.d. principio delle “vasche comunicanti”.

 

Il rinnovo del contratto integrativo si inserisce in un momento estremamente complesso e poco prevedibile sia da un punto di vista macroeconomico che da un punto di vista sociale. Se infatti da un lato si è dovuta affrontare prima la Pandemia, poi la guerra di aggressione russa e, infine, un naturale rincaro dei prezzi e un incremento dell’inflazione, dall’altro sono cambiati anche gli stili di vita e di lavoro, nonché le abitudini di acquisto e consumo. Tutto ciò fa sì che debbano cambiare i modelli organizzativi del lavoro -più flessibili e concilianti- così come le strategie e i modelli di business, i quali devono rispondere ad un consumatore sempre più attento a tematiche di sostenibilità ambientale e sociale.

 

Vista la strategia su cui fa leva Birra Peroni -persone, pianeta, portfolio e profitto- per quanto riguarda le relazioni industriali le parti convengono che entro il mese di settembre 2023 sarà istituita a livello nazionale la Commissione bilaterale tecnica e non negoziale in tema di “Formazione, professionalità e competenze”, con il compito di analizzare il sistema di competenze e dei meccanismi di valorizzazione delle stesse. Rientra nella stessa strategia l’impegno delle Parti di voler prevenire e contrastare discriminazioni o violenze. A tal proposito l’Azienda vuole dare attuazione all’Accordo Interconfederale 11/02/2016 e all’accordo quadro a livello europeo del 26/04/2007 sulle molestie e sulla violenza nei luoghi di lavoro e sta valutando l’adozione della Certificazione per la parità di genere prevista dalla legge 162/2021.

 

Rispetto all’organizzazione del lavoro, viene sottolineata l’importanza dei modelli organizzativi della flessibilità e del ciclo continuo, legati a diversi fattori come il criterio della stagionalità, la variabilità dell’andamento del mercato ed il far parte di un contesto internazionale nel quale è necessario assicurare competitività ed efficienza. All’interno di tale strategia aziendale e con la volontà di un’organizzazione del lavoro più flessibile, si inserisce l’accordo sul Lavoro Agile, anch’esso siglato dalle Parti a Roma il 9 maggio 2023. L’accordo regolamenta l’istituto, definendo chi può accedere alla modalità da remoto (impiegati e quadri), per quanti giorni al mese (11 giorni lavorativi mensili), le caratteristiche che deve avere il luogo prescelto dalla lavoratrice/lavoratore da remoto, ma anche l’orario lavorativo e il diritto alla disconnessione. Viene inoltre previsto che per i genitori con figli fino a 3 anni compiuti e per categorie di lavoratori fragili è possibile estendere le giornate di lavoro da remoto, finanche -per i genitori- ad un’estensione pari all’80% dei giorni lavorativi mensili.

 

Il contratto integrativo prevede anche la definizione di un Premio di Partecipazione, variabile e non determinabile a priori, basato sulla condivisione di meccanismi semplificati e sull’effettivo livello di partecipazione di tutte le risorse al raggiungimento di obiettivi variabili. Le lavoratrici e i lavoratori, in possesso dei requisiti previsti dalla normativa fiscale, potranno scegliere se convertire parte del Premio in prestazioni o servizi di welfare anziché come erogazione monetaria. Nel caso in cui venga effettivamente scelta la conversione, la quota di Premio convertita sarà maggiorata id una percentuale pari al 10%. Per il 2023 le Parti hanno anche deciso di mettere a disposizione di tutte le lavoratrici e lavoratori a tempo indeterminato in forza al 9 maggio 2023 un valore di welfare pari a €200,00.

Per quanto riguarda gli aspetti economici, dal 1° ottobre 2023, in tutti e tre gli stabilimenti, il valore dei ticket restaurant per il turno notturno aumenterà da 5,00 a 6,00€ e dal 1° ottobre 2024 tale aumento riguarderà tutte le tipologie di turno.

 

Il contratto integrativo, partendo sempre dal presupposto di porre la persona al centro, dà molto peso alla conciliazione vita e lavoro, ampliando la sfera dei permessi. Vengono riconosciute due mezze giornate retribuite addizionali quale condizione di miglior favore rispetto a quanto previsto dalla normativa e dal CCNL, da utilizzare complessivamente per visite pediatriche e specialistiche per figlie/i fino ai 14 anni, permessi speciali per l’assistenza ai genitori anziani, permessi speciali per l’inserimento al nido di bambini fino a 3 anni di età. Inoltre, è stabilito che quanto previsto per i coniugati venga esteso anche alle persone unite civilmente ex L. 78/2016 e alle convivenze di fatto. Inoltre, ai padri vengono riconosciuti dieci giorni retribuiti di c.d. congedo di paternità addizionale, giorni aggiuntivi rispetto a quanto già previsto dalla legge, che devono essere utilizzati entro un anno dalla nascita/ingresso in famiglia. Il congedo di paternità obbligatorio e quello addizionale -per un totale di 22 giorni- vengono riconosciuti anche a quelle lavoratrici e a quei lavoratori che svolgono di fatto funzioni genitoriali in modo continuativo, anche nell’ambito di coppie omogenitoriali, senza essere riconosciuti legalmente come genitori, in mancanza della registrazione del rapporto di genitorialità presso l’anagrafe o gli enti competenti. È estremamente interessante anche la previsione rispetto al reinserimento al lavoro: i neogenitori, infatti, al rientro da periodi di congedo di maternità e/o paternità continuativi di durata superiore a 5 mesi, potranno accedere ad un programma di mentoring aziendale volto a facilitare il rientro e accelerare il processo di acquisizione dei cambiamenti avvenuti nel frattempo in azienda. A livello locale, inoltre, potranno essere previsti specifici percorsi formativi. Sempre a proposito del benessere dei dipendenti, Birra Peroni accorda l’attivazione del servizio di assistenza e sostegno psicologico telefonico e virtuale, servizio esteso anche ai familiari.

 

Infine, in via sperimentale viene introdotto lo strumento ferie e ROL c.d. solidali per favorire la solidarietà collettiva tra i colleghi.

In generale il nuovo contratto integrativo, che verrà applicato in tutti e tre i siti produttivi di Birra Peroni e che avrà validità fino al 31 dicembre 2025, mette al centro la persona e il suo benessere; ciò risulta evidente viste tutte le novità introdotte in tema di conciliazione e lavoro agile, ma anche guardando all’impegno che le parti si prendono in tema di formazione e di sicurezza sul lavoro. Il tutto avviene in uno scenario caratterizzato da fortissima volatilità ed incertezza, scenario che Birra Peroni è riuscita ad affrontare anche grazie al contributo di lavoratrici e lavoratori e che, in linea con la strategia «Creare connessioni di lavoro», è intenzionata a portare avanti attraverso investimenti tecnologici ed innovazioni di prodotti, nel rispetto costante degli alti standard di qualità e sicurezza.

 

Francesca Valente

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@valentefranc

Il coinvolgimento delle parti sociali nell’implementazione dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza: evidenze dall’ultimo report Eurofound

Il coinvolgimento delle parti sociali nell’implementazione dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza: evidenze dall’ultimo report Eurofound

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

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Bollettino ADAPT  3 aprile 2023, n. 13

 

Il Dispositivo per la ripresa e resilienza (Recovery and Resilience Facility) rappresenta lo strumento principale del Piano NextGenerationEU, un ambizioso programma di investimenti e riforme finalizzato a stimolare la crescita e a stabilizzare l’attuale contesto europeo post-crisi. Questo strumento, orientato alla domanda e basato sulle performance, è una componente chiave della strategia orientata al futuro dell’UE, destinato a contribuire significativamente all’European Green Deal. A oltre un anno e mezzo dalla sua adozione, la valutazione della Commissione Europea di luglio 2022 indica che l’implementazione dei Piani di Ripresa e Resilienza sta procedendo adeguatamente. Tuttavia, il coinvolgimento delle parti sociali nella preparazione e implementazione dei suddetti, stabilito nel regolamento del Recovery and Resilience Facility, è stata alquanto insufficiente. Un recente studio elaborato da Eurofound ha infatti evidenziato una certa insoddisfazione per la qualità generale del coinvolgimento delle parti sociali, con i sindacati maggiormente critici del loro ruolo nell’esecuzione degli investimenti e le organizzazioni dei datori di lavoro più positive, soprattutto in merito alle politiche di digitalizzazione rivolte alle PMI. Viene, inoltre, rilevato come il coinvolgimento delle stesse sia stato più evidente durante la progettazione dei Piani, svoltasi principalmente nel 2021, rispetto alla fase di implementazione.

 

Coinvolgimento generale

 

Ad eccezione di alcuni Stati membri come Repubblica Ceca, Spagna e Svezia, e di alcuni aspetti specifici come il tempo dedicato alla consultazione in Danimarca, le valutazioni delle parti sociali per quanto riguarda l’attuazione dei Piani di Ripresa e Resilienza e la preparazione dei Programmi Nazionali di Riforma risultano molto simili.

 

La maggioranza delle parti sociali reclama che il tempo dedicato al loro coinvolgimento nella stesura dei Programmi Nazionali di Riforma o nell’attuazione delle varie misure incluse nel Piano di Ripresa e Resilienza sia stato inadeguato. Sono poi in molti ad affermare che in alcuni Stati membri è mancato un vero e proprio processo di consultazione e discussione, nonostante diversi Stati abbiano istituito nuovi organismi con il fine specifico di coinvolgere le parti. In aggiunta, viene lamentato che, anche quando si verifica, la consultazione è tipicamente un processo piuttosto formale e superficiale in cui le decisioni vengono adottate unilateralmente dal governo. Un ulteriore criticità emersa si riferisce, inoltre, al fatto che le autorità nazionali hanno dimostrato di non riflettere adeguatamente le opinioni e le proposte dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro, mentre la partecipazione alle istituzioni di dialogo sociale tripartito è stata principalmente limitata allo scambio di informazioni.

 

Tuttavia, tali conclusioni generali dovrebbero essere contestualizzate in riferimento alle strutture nazionali di dialogo sociale e all’impatto che una procedura senza precedenti come lo sviluppo dei Piani di Ripresa e Resilienza ha avuto sulla politica nazionale. Infatti, le valutazioni delle parti sociali possono essere influenzate da vari fattori, come ad esempio le diverse velocità degli Stati membri nell’attuazione delle riforme e degli investimenti, il fatto che il processo di attuazione sia ancora alle prime fasi, la complessità e la diversità delle misure nei PRR che ha favorito in alcuni casi la consultazione degli esperti rispetto ai processi di dialogo sociale, le diverse architetture di governance degli Stati membri che influiscono sul livello di attuazione (centrale, federale o regionale), l’assenza di coordinamento tra i vari ministeri e dipartimenti coinvolti, il diverso impatto finanziario dei Piani all’interno dei vari Stati membri, l’importanza attribuita dalle stesse parti sociali ai PRR, o dispute nazionali e divergenze in merito al dialogo sociale che potrebbero aver influenzato le risposte fornite. Ciononostante, la qualità e l’intensità del coinvolgimento dimostra ancora una volta che nei Paesi con strutture di dialogo sociale ben stabilite, l’attuazione delle riforme richiede un impegno costante con le parti sociali.

 

Coinvolgimento per categoria di misure in 11 Stati membri

 

In merito all’analisi della partecipazione delle parti sociali nello sviluppo e nell’attuazione di alcune delle misure più rilevanti del Piano di Ripresa e Resilienza, basata esclusivamente su 11 Stati membri( Bulgaria, Croazia, Estonia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia), il report indica che le parti sociali tendono ad essere più coinvolte nelle misure afferenti alla dimensione della giustizia, in quanto rientrano generalmente nelle loro competenze (prestazioni sociali, dialogo sociale, ecc.). Tuttavia, ciò non vale per tutti gli Stati membri. Infatti, sono stati frequenti casi in cui le stesse parti hanno criticato la qualità del loro coinvolgimento in misure chiave che avrebbero dovuto essere oggetto di significativi processi di dialogo sociale (ad esempio, nel caso del nuovo Registro generale delle organizzazioni sindacali in Grecia). D’altro canto, le parti sociali sono risultate meno coinvolte nelle misure relative alla sostenibilità e, in particolare, alla transizione digitale e alla produttività. L’analisi ha inoltre mostrato che vi è stata una partecipazione disuguale dei sindacati e delle organizzazioni datoriali in diverse misure. In generale, sembra che le organizzazioni datoriali siano state più prominenti dei sindacati nell’attuazione di misure relative alle competenze digitali (ad esempio, in Estonia e Grecia) e alla sostenibilità (ad esempio, in Estonia, Grecia e Romania). Al contrario, i sindacati in alcuni Stati membri sono stati più coinvolti in misure concernenti la dimensione della giustizia (ad esempio, regolamentazione delle entità dell’economia sociale in Polonia o emendamenti legali contro la corruzione in Slovacchia).

 

Indirizzi politici

 

Il rapporto in questione offre diverse indicazioni politiche sulla base delle criticità emerse. In primo luogo, viene ribadita la necessità di intensificare gli sforzi per migliorare la qualità del coinvolgimento delle parti sociali al fine di garantire una corretta implementazione dei Piani di Ripresa e Resilienza, in linea con gli interessi dei datori di lavoro, dei lavoratori e della società nel suo insieme. Infatti, il coinvolgimento delle medesime nella formulazione delle politiche e in particolare nell’implementazione dei suddetti Piani è un indicatore della qualità del dialogo sociale, come dimostrato durante la crisi COVID-19, in cui il dialogo sociale di buona qualità ha contribuito a gestire la crisi e mitigare i suoi effetti economici e sociali. Inoltre, una volta adottati i Piani, è importante mantenere il coinvolgimento delle parti sociali anche nella fase di implementazione delle misure, e non solo in quella di preparazione. Poiché l’attuazione del Dispositivo per la ripresa e resilienza, compreso REPowerEU, rimarrà al centro della politica macroeconomica dell’UE, l’attuazione delle diverse riforme e investimenti inclusi nei Piani di Ripresa e Resilienza richiederà, parimenti, l’instaurazione di una dinamica idonea al coinvolgimento efficace delle parti sociali in fase di consultazione, soprattutto nei Paesi membri dove si è segnalata una carenza di dialogo sociale. Occorre altresì garantire che le lacune e la frammentazione tra le attività dei diversi dipartimenti governativi e i diversi livelli di governo non siano di impedimento all’efficace coinvolgimento delle parti sociali. Infatti, un approccio governativo nazionale omogeneo o unificato per includere le stesse nell’attuazione dei PRR aiuterebbe a facilitare i periodi e le procedure di consultazione. Allo stesso modo, i Paesi membri dovrebbero prendere in considerazione il bisogno di sforzi aggiuntivi volti a migliorare la segnalazione del coinvolgimento delle parti sociali nei Programmi Nazionali di Riforma, ad esempio indicando quali misure sono supportate dalle stesse o fornendo ulteriori dettagli sulle procedure di consultazione.

 

Valeria Virgili

ADAPT Junior Fellow

@Virgil11Valeria