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Salute e sicurezza: un nuovo impegno condiviso con l’Accordo interconfederale del 2025 per il settore artigiano

Salute e sicurezza: un nuovo impegno condiviso con l’Accordo interconfederale del 2025 per il settore artigiano

Bollettino ADAPT 14 luglio 2025, n. 25

 

L’Accordo interconfederale in materia di salute e sicurezza sul lavoro del 16 giugno 2025 rappresenta un nuovo passo in avanti verso il rafforzamento del ruolo delle parti sociali nel sistema di prevenzione, con particolare riferimento al settore artigiano. Sottoscritto da CGIL, CISL, UIL e dalle principali organizzazioni datoriali – Confindustria, Confapi, Confartigianato, CNA, Casartigiani, Claai – il testo riafferma il valore della contrattazione collettiva come strumento chiave per rendere effettiva e partecipata l’attuazione del D.lgs. 81/2008. L’accordo si colloca nel solco di una tradizione di bilateralismo e dialogo sociale, ma intende aggiornare e rilanciare la funzione della rete della pariteticità artigiana, valorizzandone il contributo nella promozione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, a partire dalle trasformazioni in atto nel mondo produttivo. A oltre quindici anni dall’introduzione del Testo Unico, le parti firmatarie individuano la necessità di rafforzare strumenti, linguaggi e procedure, per garantire che la tutela della salute dei lavoratori non sia solo un principio enunciato, ma un obiettivo concreto e condiviso.

 

Il ruolo della contrattazione collettiva è individuato come leva strategica per rendere concreto il diritto alla salute nei luoghi di lavoro. L’accordo riconosce alla contrattazione una funzione essenziale nel tradurre in misure concrete i principi del D.lgs. 81/2008, con l’obiettivo di adattarli alle specificità dei settori e dei contesti produttivi. Tale ruolo non è concepito come sostitutivo della normativa, ma come elemento integrativo e propulsivo. Le parti si impegnano a promuovere modelli organizzativi orientati alla prevenzione, alla diffusione della cultura della sicurezza, alla gestione consapevole dei rischi e alla responsabilizzazione di tutti gli attori aziendali. Si sottolinea inoltre la necessità di un coinvolgimento attivo delle rappresentanze sindacali e datoriali, nella logica di una corresponsabilità che attraversa l’intera struttura organizzativa.

 

La partecipazione e il rafforzamento delle figure della rappresentanza dei lavoratori sono centrali per rendere effettiva la prevenzione. L’accordo valorizza in particolare il ruolo dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza Territoriali (RLST) e di sito produttivo (RLSSP), riaffermando la necessità che siano messi nelle condizioni di svolgere il proprio ruolo in modo efficace, attraverso un accesso tempestivo e completo alle informazioni, una formazione adeguata e un’interlocuzione strutturata con il datore di lavoro. Le parti riconoscono la funzione strategica di queste figure nella segnalazione dei rischi, nella diffusione della cultura della sicurezza e nella costruzione di rapporti fiduciari che facilitino la gestione preventiva dei problemi.

 

Il rafforzamento della dimensione territoriale si realizza attraverso una rete bilaterale articolata e integrata. L’accordo prevede che l’Organismo Paritetico Nazionale per l’Artigianato (OPNA) svolga una funzione di impulso, supporto e coordinamento rispetto all’azione degli Organismi Paritetici Regionali dell’Artigianato (OPRA), a loro volta titolari delle attività di programmazione e indirizzo nei confronti degli Organismi Paritetici Territoriali dell’Artigianato (OPTA). Questa struttura multilivello consente di adattare le politiche di prevenzione e promozione della salute alle esigenze delle imprese e dei lavoratori dei singoli territori, garantendo al contempo coerenza e unità di indirizzo. Il testo rafforza anche il ruolo della Commissione nazionale paritetica per la formazione alla sicurezza, che può operare sia in autonomia sia su impulso dell’OPNA, promuovendo attività comuni e migliorando l’efficacia dei percorsi formativi a livello territoriale.

 

L’accordo riconosce un ruolo strategico all’informazione e alla formazione per rafforzare la cultura della prevenzione nel settore artigiano. L’OPNA è incaricato di promuovere campagne di informazione e comunicazione, anche attraverso media e social, alle quali gli OPRA e gli OPTA potranno aderire, garantendone la diffusione capillare anche all’interno delle imprese. Sul piano formativo, le OO.SS., in collaborazione con gli organismi territoriali, organizzano la formazione di base e l’aggiornamento dei RLST, nel rispetto della normativa vigente e dell’Accordo Stato-Regioni. Gli OPRA favoriscono l’attività formativa, anche mediante convenzioni con l’INAIL o utilizzando risorse regionali, mentre l’OPNA potrà realizzare percorsi rivolti ai componenti degli organismi paritetici, per rafforzarne le competenze. La comunicazione preventiva del programma formativo agli organismi paritetici, prevista dal d.lgs. 81/2008, resta obbligatoria, con possibilità per il datore di lavoro di procedere autonomamente solo in caso di mancato riscontro entro quindici giorni.

 

L’Accordo prevede un quadro operativo integrato tra finanziamenti, intese territoriali e durata, per garantire continuità e efficacia. Le risorse economiche derivate dall’Accordo del 17 dicembre 2021 sono articolate in modo da destinare almeno l’80% al sostegno dei RLST, mentre fino al 20% finanzia il funzionamento degli OPRA/OPTA, la formazione e le attività di prevenzione secondo il D.lgs. 81/2008. Per rafforzare la coerenza territoriale, l’intesa invita le parti sociali regionali a rinnovare o adeguare gli accordi locali ai contenuti nazionali, attraverso incontri quadrimestrali per monitorare l’attuazione e favorire l’armonizzazione. L’accordo ha validità quadriennale e, anche dopo la scadenza, resterà in vigore fino alla sottoscrizione di un nuovo testo, prevedendo una revisione continua attraverso un meccanismo di monitoraggio condiviso.

 

Nel complesso, l’accordo interconfederale del 2025 rappresenta un rinnovato impegno delle parti sociali per la salute e sicurezza nel settore artigiano. L’intesa si caratterizza per un impianto collaborativo, che valorizza il ruolo della contrattazione collettiva, dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e della rete della pariteticità artigiana. Senza introdurre nuovi obblighi normativi, il testo punta a rafforzare l’attuazione di quelli esistenti, promuovendo strumenti di confronto e cooperazione tra le parti. In questo senso, l’intesa si configura come un’espressione di responsabilità congiunta, che riflette una visione non punitiva ma proattiva della salute e sicurezza sul lavoro.

 

Silvia Caneve

PhD Candidate – ADAPT Università di Siena

@CaneveSilvia

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/279 – L’apprendistato duale per le imprese artigiane e le PMI del Veneto: siglato il nuovo Accordo Interconfederale Regionale sull’apprendistato di I e III livello

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/279 – L’apprendistato duale per le imprese artigiane e le PMI del Veneto: siglato il nuovo Accordo Interconfederale Regionale sull’apprendistato di I e III livello

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 7 luglio 2025, n. 26

 

Contesto del rinnovo

 

L’8 maggio 2025, presso la sede dell’Ente Bilaterale dell’Artigianato Veneto (EBAV), le associazioni datoriali dell’artigianato veneto – Confartigianato, CNA e Casartigiani – e le organizzazioni sindacali regionali di CGIL, CISL e UIL hanno rinnovato l’Accordo Interconfederale Regionale sull’apprendistato duale di primo e terzo livello.

Non si tratta solo dell’aggiornamento di un testo già esistente – quello del 2018 – ma dell’affermazione di una strategia condivisa volta a rafforzare il sistema duale quale strumento privilegiato di accesso qualificato dei giovani al mondo del lavoro.

L’Accordo prende atto delle persistenti fragilità che caratterizzano l’incontro tra offerta formativa e domanda di lavoro, anche in un contesto, come quello veneto, storicamente virtuoso. I tempi di transizione post-diploma, il disallineamento tra competenze acquisite e richieste dal sistema produttivo, il fenomeno dei NEET e le tendenze demografiche in atto costituiscono il quadro entro cui si colloca la rinnovata scommessa sull’apprendistato duale.

In questo scenario, l’apprendistato duale viene rilanciato come leva strategica per colmare il divario tra formazione e occupazione, contribuire alla mobilità sociale e rilanciare la centralità del lavoro artigiano quale luogo di crescita personale e professionale.

 

Parte normativa

 

Il nuovo Accordo si applica ai contratti di apprendistato ex artt. 43 e 45 del D.lgs. 81/2015, stipulati da imprese artigiane e PMI che applicano i contratti collettivi delle associazioni firmatarie.

Cuore della disciplina è la co-progettazione del Piano Formativo Individuale (PFI), realizzata con l’istituzione scolastica o formativa, che definisce in modo puntuale l’articolazione tra formazione esterna, formazione interna e attività lavorativa. Questa tripartizione è ciò che qualifica il contratto come “duale” e ne distingue l’identità: la formazione esterna resta sotto la responsabilità dell’ente scolastico mentre quella interna, organizzata in azienda, è di tipo operativo e si basa su metodologie attive orientate all’apprendimento dell’attività lavorativa.

Il contratto prevede un periodo di prova pari a 90 ore di presenza in azienda, e una durata che può variare da sei mesi fino a tre o quattro anni, in funzione del percorso formativo di riferimento.

Fondamentale è il ruolo del tutor aziendale, individuato all’interno dell’impresa, che accompagna l’apprendista nella formazione interna e fornisce feedback all’ente scolastico. Il contratto ne rafforza la funzione con un incentivo economico (EBAV A74) di 150 euro per ciascun apprendista, incrementato a 250 euro – novità rispetto al testo precedente del 2018 – se il tutor è anche Maestro Artigiano, figura riconosciuta dalla normativa regionale come custode delle competenze distintive del “fare” artigiano.

 

L’impianto retributivo distingue tra: formazione esterna, per la quale non è previsto un obbligo retributivo da parte del datore di lavoro; formazione interna, retribuita al 20% della paga tabellare per il livello convenzionale (percentuale raddoppiata rispetto al 10% previsto nel contratto del 2018 e della normativa vigente); prestazione lavorativa, retribuita con percentuali progressive sul livello contrattuale (65%-75% per l’art. 43; 80%-92% per l’art. 45), anch’esse aumentate rispetto al precedente intervallo del 51%-65%.

Questa struttura, rivista in senso migliorativo, intende valorizzare il contratto di apprendistato e il ruolo dell’apprendista, legando la crescita retributiva alla permanenza in azienda e alla progressiva acquisizione di autonomia ed esperienza lavorativa.

 

Il nuovo Accordo attribuisce un ruolo centrale al welfare, ritenendolo un elemento strategico per il rafforzamento del contratto di apprendistato e per incentivare l’apprendista a non abbandonare il percorso formativo prima del conseguimento del titolo. Ulteriore elemento di rilievo è infatti l’introduzione di un welfare contrattuale articolato, che prevede un contributo annuale variabile da 300 a 1.200 euro, cumulabile e destinabile anche alla previdenza complementare e una borsa di studio da 1.600 euro, erogata da EBAV al conseguimento del titolo di studio. Queste misure, anch’esse aumentate rispetto ai valori previsti nel testo del 2018, contribuiscono a sostenere il percorso formativo non solo sotto il profilo economico, ma anche in termini di valorizzazione simbolica e contrattuale e ad avvicinare l’apprendistato ai livelli di attrattività di altre forme contrattuali.

 

L’Accordo definisce inoltre un meccanismo di recesso semplice ma garantista secondo cui al termine del periodo formativo, le parti possono sciogliere il contratto con 5 giorni di preavviso; in caso contrario è dovuta un’indennità pari a 20 ore di retribuzione. Si tratta di una soluzione pensata per assicurare certezza nei passaggi e tutelare l’equilibrio del rapporto, anche nella sua fase finale. Viene inoltre garantita una continuità retributiva nel caso in cui il contratto venga trasformato in apprendistato professionalizzante o contratto a tempo indeterminato, senza necessità di nuova prova.

 

Dal punto di vista della salute e sicurezza, il nuovo contratto richiede l’integrazione del Documento di Valutazione dei Rischi con una sezione specifica per gli apprendisti, prevedendo anche una prestazione EBAV (A76) a favore delle imprese che aggiornano il DVR. Infatti, le Parti, con l’obiettivo di rafforzare la tutela della salute e della sicurezza nei contesti in cui si svolge l’apprendistato formativo, hanno previsto che il DVR venga integrato con una sezione specifica dedicata ai rischi connessi alla giovane età e alla tipologia contrattuale dell’apprendista, nonché ai dispositivi di protezione individuale da adottare durante il percorso.

 

Parte obbligatoria

 

La dimensione bilaterale costituisce il secondo pilastro dell’Accordo. Il sistema EBAV non si limita all’erogazione di incentivi economici, ma supporta le imprese nella gestione progettuale dei percorsi (co-progettazione, monitoraggio, compilazione del dossier delle evidenze, assistenza per le convenzioni), attraverso il servizio A75, che prevede un rimborso fino a 350 euro per attivazione.

Oltre al già citato contributo al tutor (A74) e al sostegno per l’aggiornamento DVR (A76), EBAV gestisce la borsa di studio per il titolo (D61), a cui si aggiunge un importante impegno per la diffusione dell’Accordo: le Parti promuoveranno iniziative con scuole, università e famiglie per accrescere la conoscenza del sistema e contrastare la percezione residuale dell’apprendistato.

È prevista infine una attività di monitoraggio semestrale sull’applicazione dell’Accordo, attraverso dati disaggregati per settore e provincia, raccolti con la collaborazione dell’ente bilaterale. L’obiettivo è infatti quello di valutare l’impatto e l’efficacia di tale contratto, al fine di raccogliere elementi utili per comprendere se, e in che modo, l’Accordo possa essere migliorato o adattato nel tempo alle esigenze emerse dall’applicazione concreta nei diversi contesti produttivi e formativi.

 

Valutazione d’insieme

 

L’Accordo sull’apprendistato duale siglato in Veneto nel 2025 rappresenta un esempio virtuoso di contrattazione collettiva per la regolazione contrattuale dei percorsi formativi-lavorativi. La sua forza risiede nella capacità di tenere insieme la qualità formativa, la sostenibilità economica per le imprese e la dignità professionale dei giovani, contribuendo a costruire un’infrastruttura sociale del lavoro in grado di incidere sulle traiettorie professionali dei giovani e sulla capacità competitiva delle imprese artigiane.

L’Accordo non si limita a disciplinare un contratto, ma costruisce una rete di responsabilità condivise: tra datore di lavoro e istituzione scolastica, tra tutor e formatori, tra rappresentanze sociali e territorio. In un momento storico in cui il rischio di frammentazione del mercato del lavoro è elevato, esso agisce da collante istituzionale e sociale.

Inoltre, dal punto di vista delle politiche pubbliche, l’intesa si inserisce pienamente nel paradigma dell’occupabilità sostenibile dove l’obiettivo non è solo creare lavoro, ma costruire percorsi capaci di generare capitale umano, motivazione e riconoscimento.

Resta tuttavia aperta la sfida della diffusione: non sarà solo la bontà del testo a garantire risultati, ma soprattutto la capacità del sistema – imprese, scuole, parti sociali – di dare attuazione effettiva e accompagnata a ciascun percorso. L’apprendistato duale funziona solo se le imprese ci credono, se i giovani lo percepiscono come un’opportunità vera, se gli enti formativi assumono il ruolo di ponte e non di barriera.

Il modello veneto, seppur perfettibile, ha dimostrato come un contratto formativo possa evolvere in uno strumento concreto di accesso al lavoro qualificato, in cui l’obiettivo non è solo occupazionale, ma anche culturale: ricucire il legame tra sapere e fare, tra scuola e lavoro, tra individuo e comunità.

 

Elena Zanella

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena

@e__zanella

 

Cronaca sindacale (24 giugno – 7 luglio 2025)

Cronaca sindacale (24 giugno – 7 luglio 2025)

Bollettino ADAPT 7 luglio 2025, n. 24

 

Dal rinnovo del CCNL Tabacco all’attesa per il tavolo metalmeccanico del 15 luglio, passando per le trattative aperte nella sanità privata, nelle assicurazioni e nel pubblico impiego, queste le novità della contrattazione nelle ultime due settimane. Accanto a queste dinamiche, si rafforza anche il confronto tra sindacati e Confindustria, con al centro i temi della sicurezza sul lavoro e delle politiche industriali. Continuano poi le emergenze legate agli infortuni, al caldo estremo e alle crisi aziendali.

 

Contrattazione collettiva

 

È stato rinnovato il Ccnl Tabacco per i dipendenti delle aziende di lavorazione della foglia di tabacco secco per il triennio 2025-2028. Fai-Cisl, Flai-Cgil, Uila-Uil con la delegazione trattante e l’APTI annunciano un aumento salariale di 200€ (12,1%) suddiviso in 4 tranche. (qui il comunicato stampa unitario).

 

È fissato per il 15 luglio il prossimo incontro tra Federmeccanica, Assistal, Fim, Fiom e Uilm nella sede di Confindustria a Roma per il rinnovo del Ccnl Metalmeccanici, dopo la ripresa favorita dal governo in seguito alle oltre 40 ore di sciopero. (fonte) Un tema al centro della contrattazione è la fine dell’omologazione delle imprese che implica una difficoltà nel garantire uguali tutele ai lavoratori di aziende molto diverse. La proposta di Federmeccanica e Assistal è quella di disciplinare gli inquadramenti e le altre questioni tramite accordi territoriali, aziendali e individuali. La risposta dei sindacati è che solo le medio-grandi imprese hanno questo genere di contratti. Ripartono quindi da qui le discussioni. (fonte) Le trattative potrebbero sbloccarsi a breve, anche prima dell’insediamento di Simone Bettini, futuro presidente di Federmeccanica. (fonte)

 

Si sono poi incontrati il 26 giugno i vertici di Confindustria – il presidente Emanuele Orsini, il vicepresidente per il Lavoro e le Relazioni industriali, Maurizio Marchesini e il direttore generale, Maurizio Tarquini – e le segreterie di Cgil, Cisl e Uil, nel primo incontro da quelli svolti per il protocollo Covid. I punti all’ordine del giorno sono stati la prevenzione degli incidenti sul lavoro e le politiche industriali italiane. Entrambe le parti si sono dimostrate soddisfatte del dialogo e hanno manifestato la volontà di incontrarsi nuovamente a breve. (fonte)

 

Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fp si sono espresse positivamente in relazione alla convocazione da parte di ARIS, che hanno interpretato come un segnale di apertura alla ripresa del tavolo per il Ccnl RSA e Sanità Privata. AIOP continua invece a sottrarsi al confronto. (fonte)

 

Le segreterie nazionali di First Cisl, Fisac Cgil, Uilca, Fna e Snfia si sono riunite a Bologna il 25 giugno per concludere i lavori di elaborazione della piattaforma per il rinnovo del contratto nazionale per le Imprese Assicuratrici. L’ipotesi elaborata verrà presentata e votata dopo la pausa estiva. (fonte)

 

Mercoledì 2 luglio si è tenuto un incontro fra Aran e i sindacati per la trattativa per il rinnovo del Ccnl Funzioni locali 2022-24. Cgil e Uil sostengono che Aran abbia interrotto bruscamente le trattative, mentre Cisl sottolinea la necessità del rinnovo. La prossima riunione si terrà il 30 luglio. (fonte)

 

Il 1° luglio si è tenuto uno sciopero di quattro ore di farmacisti e dipendenti di farmacie aderenti a Filcams Cgil, Fisascat Cisl e UilTucs davanti alla sede di Federfarma a Roma. I manifestanti chiedono il rinnovo del contratto scaduto il 31 agosto 2024 con aumenti salariali che coprano la perdita di potere di acquisto. (fonte) La richiesta è di un aumento di 360 euro lordi mensili, a fronte di un’offerta di soli 120 euro da parte di Federfarma, che giudica le richieste sindacali insostenibili per un terzo delle farmacie. (fonte)

 

Il sindacato USB ha proclamato uno sciopero contro il trasporto di missili dall’aeroporto di Brescia Montichiari, ma la Commissione di garanzia sugli scioperi ha contestato l’iniziativa, sostenendo che la movimentazione di armi rientri tra i servizi pubblici essenziali in ambito aeroportuale e va quindi sottoposta alle regole di preavviso e conciliazione. USB contesta questa interpretazione, ritenendola una forzatura normativa e politica, poiché la legge 146/1990 non include il trasporto di armamenti tra i servizi essenziali e invoca il diritto all’obiezione di coscienza per attività legate a conflitti armati. Il caso apre un conflitto più ampio sul diritto di sciopero e sul crescente inasprimento delle regole a carico dei sindacati di base. (fonte)

 

I sindacati Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil hanno annunciato una serie di provvedimenti di sciopero con modalità a singhiozzo e il blocco immediato delle trasferte nei cantieri per la Trevi Spa dopo l’interruzione unilaterale, da parte dell’azienda, delle trattative per il rinnovo dell’accordo aziendale di terzo livello. (fonte)

 

Politica e rappresentanza

 

Dai sindacati e da Confindustria arrivano preoccupazioni riguardo alla prospettiva di ottenere una riduzione dei dazi non oltre al 10%. Nonostante il governo – nella figura del ministro Giorgetti – ritenga che un accordo al 10% sarebbe positivo in quanto porrebbe fine all’incertezza, arrivano dichiarazioni di segno opposto sia da Bombardieri, segretario generale Uil, che da Maurizio Marchesini di Confindustria. (fonte)

 

Il 9 luglio è in programma il primo incontro tra la nuova divisione Aeronautica di Leonardo e le organizzazioni sindacali. Al centro del confronto le linee strategiche del settore: dalla cooperazione con Airbus e Baykar alle nuove commesse legate al programma Eurofighter. Il tavolo coinvolgerà oltre 11 mila lavoratori impiegati nei siti di Torino, Venegono, Pomigliano, Grottaglie e in altri stabilimenti del gruppo. (fonte)

 

Vicende associative

 

È notizia del 25 giugno la nascita di OB Italia, un’organizzazione bilaterale che coinvolge 8 sigle tra datoriali e sindacali con l’obiettivo di favorire il diritto del lavoro, creare occupazione qualificata, migliorare la competitività delle imprese. I soggetti coinvolti sono Aifos, Assoesercenti, Confimprese Italia, Italpmi, UCI, Unci, Valitalia pmi, Fesica ed hanno indicato alla guida Gennaro Sconamiglio. (fonte)

 

È stato eletto il nuovo segretario generale di Funzione pubblica Cgil: Federico Bozzanca succede a Serena Sorrentino. (fonte)

 

Infortuni sul lavoro

 

Nel 2024 sono stati denunciati 593.000 infortuni sul lavoro (+0,4% rispetto al 2023) e 1.202 morti, dato stabile. Le malattie professionali denunciate sono aumentate del 22%, raggiungendo quota 88.000, il valore più alto dal triennio 1976-1978, questi i dati emersi dalla relazione annuale Inail. All’incontro era presente la premier Giorgia Meloni che ha ribadito che la sicurezza sul lavoro è una priorità del governo, evidenziando la volontà di mettere in atto provvedimenti come la patente a punti nei cantieri edili, il ripristino del reato di somministrazione illecita di lavoro, il contrasto al caporalato. In risposta al caldo estremo, l’Inps ha poi indicato la possibilità di attivare la cassa integrazione ordinaria per temperature percepite superiori ai 35°C. (fonte)

 

Continuano infatti le morti sul lavoro: nella giornata del 23 giugno sono morti altri due operai in Lombardia all’interno di una cava di marmo, mentre nei giorni seguenti un operaio agricolo ha avuto un malore in provincia di Andria e un addetto alla nettezza urbana ha perso la vita schiacciato da un cancello. (fonte) Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil, sottolineano come alle criticità strutturali in questo periodo si aggiunga anche l’emergenza caldo. In Lombardia, i sindacati hanno  fatto richiesta alla regione di emanare un’ordinanza che consenta la cassa integrazione per cause metereologiche al superamento dei 35 gradi (fonte), mentre in Toscana un’ordinanza del presidente della regione Giani prevede che fino al 31 di Agosto si faccia divieto di lavorare tre le 12.30 e le 16 nei giorni classificati con livello di stress termico “alto” per tutti i lavori che prevedono attività fisica intensa con esposizione prolungata ai raggi solari. (fonte)

Dopo i provvedimenti a livello regionale, il 2 luglio arriva la firma di imprese e sindacati di un protocollo quadro per l’adozione di misure di contenimento dei rischi lavorativi legati alle emergenze climatiche negli ambienti di lavoro. Cgil, Cisl e Uil hanno accettato un testo volutamente generico e di buone pratiche da declinare in accordi attuativi di territorio, filiera e azienda. (fonte)

 

Sono sorte inoltre polemiche relative alla decisione di Glovo di offrire 20 centesimi in più ai rider che accettano consegne oltre i 40 gradi. (fonte) La Felsa Cisl ha chiesto un incontro a Glovo e Deliveroo per discutere come tutelare il lavoro dei rider nelle ore più calde della giornata. Il giorno seguente, Glovo ha ritirato il bonus. (fonte)

 

Sempre in relazione alla sicurezza sul lavoro, è stato firmato un protocollo di intesa per la sicurezza tra il presidente della regione Lombardia Fontana, l’assessora di competenza Tironi e i rappresentanti delle principali sigle sindacali e datoriali che prevede l’istituzione di un elenco di soggetti che erogano corsi di formazione e un archivio della formazione svolta, in attuazione dell’Accordo in Conferenza Stato Regioni e Province Autonome. (fonte)

 

Crisi aziendali

 

In vista dell’incontro previsto per l’8 luglio, il governo ha invitato gli enti locali (Regione Puglia e Comune di Taranto) ad inviare osservazioni e proposte di modifica sulla bozza dell’accordo di programma per l’ex Ilva.

Ma dalle istituzioni locali sono arrivate numerose critiche al documento, soprattutto per i tempi troppo lunghi previsti per la decarbonizzazione (entro il 2039), e per la presenza del rigassificatore, fondamentale per la finalizzazione dell’acquisto, ma osteggiato dagli enti locali. Inoltre, non ci sono sicurezze sul piano industriale e occupazionale che sarebbe al centro di un nuovo accordo di acquisto con Baku steel. (fonte)

I commissari straordinari di Acciaierie d’Italia spiegano in una nota che è stato necessario aggiornare le tempistiche del Piano di Ripartenza a causa dei danni ingenti all’Altoforno 2. Solo al termine delle operazioni preliminari è stato possibile rilevare i gravi danni impiantistici. Dagli operatori siderurgici arriva poi un cauto ottimismo relativamente alle trattative di rilevamento degli impianti da parte di Baku Steel, anche se non è chiusa del tutto la porta nemmeno a Jindal. (fonte)

 

Ci sono novità anche per quanto riguarda la situazione della Manifattura di San Maurizio, di cui avevamo parlato in questo episodio della Cronaca. Il presidente del gruppo Max Mara (di cui fa parte la Manifattura) ha infatti annunciato la decisione di ritirare un investimento da 100 milioni indirizzato all’area delle ex Fiere di Reggio da riqualificare come conseguenza della polemica. Il gruppo ha accusato il sindaco di Reggio Emilia di aver contribuito alla polemica seguita alla protesta di 52 lavoratrici sostenuta dalla Cgil. (fonte)

 

Da Stellantis arrivano prospettive negative: il responsabile Europa Jean Philippe Imparato ha dichiarato che procedendo di questo passo con la crisi dell’auto, alcuni stabilimenti rischieranno la chiusura. I sindacati metalmeccanici (Fim, Fiom, Uilm) hanno inviato una lettera a Stellantis, Acc e al Ministero delle Imprese chiedendo un incontro urgente, in particolare in merito alle sorti dello stabilimento di Chieti che si sarebbe dovuto convertire in giga-fatory entro giugno 2025. (fonte)

 

Maria Carlotta Filipozzi

ADAPT Junior Fellow

@MCFilipozz

 

Il dumping contrattuale nel terziario e il rinnovo del CCNL pulizie e multiservizi*

Il dumping contrattuale nel terziario e il rinnovo del CCNL pulizie e multiservizi*

Bollettino ADAPT 25 giugno 2025, n. 25

 

Tra gli osservatori delle dinamiche contrattuali il contratto collettivo nazionale della categoria pulizia, servizi integrati / multiservizi occupa da tempo una posizione centrale. Non soltanto per i numeri, visto che è applicato a oltre 10mila imprese e 400mila lavoratori (rilevazioni INPS-Uniemens, archivio contratti CNEL), ma per la funzione che ha finito per svolgere in un sistema di regolazione del lavoro dove, accanto ai contratti di settore storici, si è andata diffondendo una miriade di contratti collettivi caratterizzati da minori tutele retributive e normative sottoscritti da sigle di dubbia rappresentatività. La ragione è presto detta: la firma di contratti collettivi, a prescindere dalla loro effettiva applicazione tra imprese e lavoratori, è diventata requisito di rappresentatività a seguito di una circolare del Ministero del lavoro, la numero 14 del 1995, a cui ha fatto seguito l’incremento esponenziale dei contratti nazionali depositati al CNEL.

 

In questo panorama, il contratto collettivo pulizia, servizi integrati / multiservizi si distingue per una peculiarità che è anche una anomalia: la sua sfera di applicazione (cioè la categoria contrattuale) è trasversale a diversi settori il che lo rende oggetto d’uso — e talvolta abuso — per regolare servizi e tipologie di attività già disciplinati da specifici contratti nazionali di settore. È anche per questo motivo che l’ultimo rinnovo del 13 giugno 2025, sottoscritto da Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltrasporti e dalle principali associazioni cooperative e datoriali del comparto (Legacoop, Confcooperative, Agci, Unionservizi Confapi) con l’esclusione della Confindustria, merita particolare attenzione. Il rinnovo introduce infatti un impegno preciso: ridefinire e restringere la sfera di applicazione del contratto per ridurre i margini di utilizzo distorto, individuando puntualmente le attività effettivamente riconducibili al perimetro dei servizi di pulizia e multiservizi.

 

Si tratta di un passo importante — e raro — di responsabilità degli attori del sistema contrattuale, perché è da qui che può passare una strategia credibile del sindacato confederale (Cgil, Cisl, Uil) contro la proliferazione di contratti “pirata”, cioè contratti a tutele inferiori. Contratti che spesso diventano veri e propri “corsari”, perchè legittimati da meccanismi politici di accreditamento, e che alimentano una concorrenza sleale che danneggia lavoratori, imprese e la stessa tenuta del sistema contrattuale.

 

È del resto in questo ambito di azione che il sindacato confederale può (ri)trovare parte delle ragioni dell’unità sindacale, oltre le divisioni, per contrastare l’indebolimento della funzione storica del sindacato e della bilateralità. Ciò anche in ragione del fatto che la Costituzione non tutela il sindacato in sé ma in quanto strumento di effettività della voce e dell’interesse collettivo dei lavoratori.

 

La questione è particolarmente più urgente se si guarda al terziario di mercato dove si concentrano i maggiori fenomeni di dumping contrattuale. Un settore apparentemente disorganico, ma in realtà centrale per l’economia nazionale: commercio, turismo, vigilanza, servizi tecnici, estetici, sportivi — insieme ad altri comparti, come i servizi finanziari, socio-educativi, pubblici — arrivano a rappresentare almeno 11 milioni di lavoratori, il 46,7% del valore aggiunto nazionale e oltre un terzo della produzione. Eppure è proprio qui che si registrano i livelli più alti di contrattazione collettiva pirata: oltre 250 contratti nazionali formalmente in vigore nel solo terziario (su 1000 complessivi), ma appena 37 di questi superano l’1% di copertura reale della forza lavoro del settore. Gli altri sono quasi del tutto privi di applicazione effettiva, ma mantengono una loro funzione: ottenere un codice di registrazione pubblico (il codice contratto, utilizzato come vero e proprio “bollino pubblico”) che consente a soggetti scarsamente rappresentativi di accedere al mercato parallelo dei servizi (sicurezza, formazione, welfare) mediante enti bilaterali e organismi contrattuali riconosciuti. Una rendita istituzionale più che una reale funzione negoziale.

 

Sul punto, una recente ricerca di ADAPT (“Fare contrattazione nel terziario di mercato”, 2025), dimostra non solo la sovrabbondanza di contratti, ma anche il divario salariale e contributivo che ne deriva. Dei 37 contratti realmente applicati nel settore, solo 18 sono sottoscritti da CGIL, CISL e UIL, ma coprono il 96% dei lavoratori. I rimanenti 19 generano differenziali retributivi che possono oscillare tra i 3.000 e gli 8.000 euro annui lordi a seconda della figura professionale, e una perdita di contribuzione previdenziale che in alcuni casi supera i 1.500 euro annui. Il macellaio specializzato passa da una retribuzione attesa di 27.800 euro a poco più di 22.000 euro annui lordi. Per un magazziniere, la perdita può arrivare a quasi 8.000 euro l’anno; per un salumiere, circa 5.000 euro. Il danno è duplice: tanto economico, quanto sociale. Perché oltre a retribuzioni più basse – che di conseguenza impoveriscono anche i trattamenti previdenziali – questi contratti offrono minori tutele in termini di malattia, maternità, ferie, maggiorazioni. Il risultato è un indebolimento delle tutele costituzionali del lavoro in una Repubblica che pure afferma di essere fondata su di esso.

 

In assenza di una legge sulla rappresentanza, è evidente che il rinnovato protagonismo delle parti sociali – come nel caso del CCNL pulizia, servizi integrati / multiservizi – può rappresentare un argine concreto contro prassi antisistema. Ma serve anche una politica del lavoro che riconosca e sostenga la contrattazione collettiva fondata sulla rappresentatività effettiva degli interessi dei lavoratori e non sulla mera registrazione formale di un testo contrattual magari scritto in qualche studio professionale e non esito di una vera trattativa tra attori contrapposti. In gioco non c’è solo la tutela del lavoro ma la stessa coesione del nostro sistema sociale a partire dalla qualità e produttività del lavoro.

 

Michele Tiraboschi

Università di Modena e Reggio Emilia

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*pubblicato anche su Contratti & contrattazione collettiva, n. 25/2025

 

Appalti privati: best practices dall’accordo di Mondoconvenienza

Appalti privati: best practices dall’accordo di Mondoconvenienza

Bollettino ADAPT 30 giugno 2025, n. 25

 

Il 22 maggio 2025, Iris Mobili S.r.l. (Mondoconvenienza) ha sottoscritto con le organizzazioni sindacali Fisascat-Cisl, Filcams-Cgil e Uiltucs un accordo collettivo per la gestione della filiera produttiva: scopo del protocollo è quello di evitare che attraverso le catene di appalti possano essere alimentati fenomeni di sfruttamento del lavoro.

 

Si tratta di un accordo collettivo di indubbia rilevanza perché anzitutto mirato a dare concreta attuazione all’art. 29, comma 1-bis del d.lgs. n. 276/2003, che impone nell’ambito degli appalti e subappalti privati il rispetto di «un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale stipulato dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, applicato nel settore e per la zona strettamente connessi con l’attività oggetto dell’appalto e del subappalto».

 

Da questo punto di vista, l’accordo prevede che Iris Mobili deve richiedere ai propri appaltatori l’applicazione non solo dei contratti collettivi nazionali ma anche di quelli territoriali il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso all’oggetto dell’appalto e che siano sottoscritti dalle federazioni aderenti a Cgil, Cisl e Uil quali organizzazioni sindacali «maggiormente e comparativamente più rappresentative sul piano nazionale», come di frequente affermato anche dalla giurisprudenza. Si tratta di una “applicazione” che non sembrerebbe fare “sconti”, nel senso che questa debba essere integrale, quantomeno per quanto concerne il trattamento economico e normativo. La conseguenza che ne deriva è quella, sul piano pratico, di inserire nel contratto commerciale una clausola volta a sancire l’impegno dell’appaltatore ad applicare i suddetti contratti collettivi, scongiurando così anche un ipotetico ricorso ai contratti c.d. pirata, che nel terziario di mercato si presenta come fenomeno tutt’altro che marginale (G. Piglialarmi, M. Tiraboschi, Fare contrattazione nel terziario di mercato, vol. I e vol. II ADAPT University Press, 2025).

 

In secondo luogo tale accordo appare in linea con i recenti orientamenti ispettivi e della magistratura che sembrano sempre più diretti a responsabilizzare il committente sulla genuinità della catena di appalti e subappalti di cui si avvale.  E ciò non solo per quanto riguarda la c.d. responsabilità solidale, già prevista dall’art. 29, comma 2 del d.lgs. n. 276/2003, bensì con riferimento ad un più ampio e generale onere di controllo e vigilanza sull’intera filiera.

 

Allo stesso tempo, l’accordo collettivo si apprezza anche per aver “procedimentalizzato” l’iter per la stipulazione dei contratti di appalto.

 

Prima di ricorrere all’appalto, infatti, Iris Mobili deve compiere alcuni accertamenti tra i quali: a) verificare che l’appaltatore sia regolarmente iscritto nel registro delle imprese; b) che questo applichi un CCNL leader e che sia coerente con l’oggetto dell’attività da svolgere; c) che l’appaltatore rispetti gli standard di sicurezza imposti dalla legge e dalla contrattazione collettiva; d) che svolga il lavoro assegnato con una certa abitualità e quindi professionalità e che sia in possesso del DURC. L’accordo, dunque, impone al committente di effettuare una serie di verifiche pre-contrattuali, in assenza (o in violazione) delle quali, laddove si proceda comunque alla stipulazione del contratto di appalto, i sindacati potrebbero impugnare l’esternalizzazione vantando l’ipotesi di una condotta antisindacale ex art. 28 St. Lav.

 

La suddetta attività di verifica sembrerebbe porsi come una vera e propria leva di controllo indiretto del mercato. In un’ottica di law & economics, l’insieme degli obblighi che l’accordo collettivo pone in capo al committente dovrebbe indurre quest’ultimo a selezionare solo imprenditori affidabili, che siano cioè in grado di non compromettere i diritti sociali o produrre esternalità negative sotto il profilo della tutela del lavoro. L’obiettivo, in buona sostanza, pare essere quello di generare un “mercato virtuoso”, capace di escludere automaticamente da esso tutte le aziende che non sono capaci di garantire il pieno della normativa lavoristica e previdenziale: è questa del resto la finalità dell’art. 29 del d.lgs. n. 276/2003 e quindi della responsabilità solidale, come si spiega bene nel messaggio INPS  27 gennaio 2022, n. 428.

 

Un simile meccanismo è stato recentemente introdotto, al livello settoriale, con il rinnovo del CCNL Logistica, trasporto merci e spedizioni, sottoscritto da 24 associazioni datoriali (tra cui Assologistica, e Fedit assistite da Confetra) e 3 sigle sindacali (Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti). Nel caso di specie, il nuovo articolo 42 ha introdotto un vero e proprio sistema di “Qualificazione della filiera” onerando gli appaltatori a rispettare una serie di requisiti, tra cui: la verifica dell’idoneità tecnico-professionale, la capacità finanziaria-economica e la regolarità contributiva e fiscale. Nel settore di riferimento è stata tipizzata altresì una causa di risoluzione del contratto di appalto in caso di mancato rispetto di determinate condizioni, tra cui l’applicazione di un CCNL diverso da quello c.d. di filiera della Logistica, trasporto merci e spedizioni (per un approfondimento si veda, G. Benincasa, Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/245 – Il rinnovo del CCNL Logistica, trasporto merci e spedizioni: maggiore flessibilità e inclusione per affrontare le sfide operative, Bollettino ADAPT 9 dicembre 2024, n. 44).

 

Da apprezzare è anche la clausola dell’accordo collettivo sottoscritto da Iris Mobili che impone all’appaltatore di essere autorizzato dal committente per subappaltare in tutto o in parte l’attività. Se da un lato è raro che in un accordo collettivo si inserisca una clausola di questo tipo – che del resto sembrerebbe richiamare quanto già disposto dall’art. 1656 c.c. – dall’altro la disposizione contrattuale è chiara nel consentire un solo subappalto (chiamato “di primo livello”) e non un sistema c.d. “a cascata” (cioè composto di più subappalti).

 

Da ultimo, oltre a contenere una serie di obblighi informativi (anche rispetto all’introduzione di nuove tecnologie e modelli di business) e a ribadire in non pochi punti la necessità che l’appaltatore applichi non solo il CCNL ma anche la contrattazione decentrata laddove esistente coerente con l’oggetto dell’appalto – sull’evidente scia della disciplina pubblicistica (cfr. art. 11 del d.lgs. n. 36/2023) – l’accordo collettivo si caratterizza per alcune disposizioni di chiusura, che riguardano proprio la sua efficacia temporale. Le disposizioni contrattuali, infatti, non si applicheranno solo ai contratti di appalto stipulati a partire dalla sottoscrizione dell’accordo collettivo ma anche ai contratti prorogati o rinnovati a partire dal 22 maggio 2025.

 

Sottoscritto dopo 27 mesi di trattativa e destinato ad incidere su oltre 6.000 lavoratori e lavoratrici della filiera produttiva di Mondoconvenienza, complessivamente l’accordo collettivo in commento potrebbe essere inteso come un tentativo (ben riuscito, almeno potenzialmente) di organizzare una contrattazione di filiera a livello aziendale, lungo la quale la pluralità di imprese coinvolte è tenuta a rispettare determinati standard normativi, onde evitare che la frammentazione dei processi produttivi si traduca (anche) in una forma di sfruttamento del lavoro (sul punto, cfr. da ultimo R. Schiavo, La funzione della contrattazione collettiva nelle catene produttive nazionali: la necessità di un patto di filiera, in LDE, 2021, n. 2). In questa prospettiva, l’accordo testimonia senz’altro come le “buone relazioni industriali” possano riuscire a governare le trasformazioni organizzative del lavoro, non essendo sempre necessario ricorrere alla leva legislativa per contrastare alcuni fenomeni che compromettono i livelli di tutela e alterano la concorrenza tra le imprese.

 

Giovanni Piglialarmi

Ricercatore Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

ADAPT Senior Fellow

@Gio_Piglialarmi

 

Giada Benincasa

Vice-Presidente della Commissione di certificazione DEAL dell’Università di Modena e Reggio Emilia

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Di cosa parliamo quando parliamo di contrattazione di produttività? (Parte II) – Un quadro ragionato della reportistica ufficiale

Di cosa parliamo quando parliamo di contrattazione di produttività? (Parte II) – Un quadro ragionato della reportistica ufficiale

Bollettino ADAPT 30 giugno 2025, n. 25

 

Dal luglio 2016 il Ministero del Lavoro pubblica mensilmente un report di monitoraggio dei contratti collettivi di produttività. Questo strumento rappresenta, allo stato, l’unica fonte istituzionale di cui disponiamo per comprendere l’evoluzione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione ai quali i contratti collettivi aziendali o territoriali legano la corresponsione dei premi di risultato nonché i criteri di individuazione delle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili di impresa. I report ministeriali si limitano tuttavia a una descrizione quantitativa del fenomeno, indubbiamente utile a tracciare alcune tendenze nel tempo del fenomeno ma non per entrare in profondità nei contenuti e tanto meno nella operatività degli accordi in questione.

 

Tali monitoraggi si basano sull’obbligo di deposito di detti contratti, da parte delle imprese, introdotto dall’articolo 14 del decreto legislativo n. 151 del 2015 come condizione per accedere agli incentivi previsti dalla legge n. 208/2015, articolo 1, commi 182-189 (sul tema si rinvia a G. Comi, M. Tiraboschi, Parte I – La normativa di incentivazione).
Nel tempo, il contenuto dei report si è ampliato. Oltre ai contratti legati alla misura di detassazione dei premi di risultato, dal 2018 vengono incluse anche intese che accedono ad altri tipi di agevolazioni, come la decontribuzione prevista dal Decreto Interministeriale 12 settembre 2017 per la conciliazione vita-lavoro e la contrattazione di prossimità disciplinata dal D.L. 138/2011. Nel presente contributo intendiamo concentrarci sulla prima sezione della reportistica ministeriale, relativa alla detassazione del premio di risultato, per offrire un quadro sintetico dell’andamento di questa forma di contrattazione di produttività in Italia tra il 2016 e il 2024.

 

Da una lettura longitudinale della reportistica, i dati mostrano una diffusione significativa del fenomeno nel periodo di vigenza della norma incentivante, per un totale di 108.546 contratti depositati al 15 maggio 2025, in netta crescita rispetto ai 17.318 depositati nel primo anno di attuazione della normativa (dicembre 2016). In origine, i report operavano una mera distinzione tra accordi aziendali e territoriali e si limitavano peraltro a registrare solo tre dei cinque obiettivi previsti dalla normativa per l’erogazione dei premi di risultato (produttività, redditività, qualità), escludendo efficienza e innovazione.

 

Contratti collettivi depositati (2016-2024)

 

2016

2017

2018

2019

2020

2021

2022

2023

2024

Unità

15.592

23.404

35.038

47.817

56.091

63.958

73.566

84.226

97.502

 

A partire dal giugno 2017, si assiste ad una svolta nei monitoraggi, perché si cominciano a evidenziare i contratti ancora “attivi” al momento della pubblicazione del report.

Questo dato ci restituisce l’immagine di un fenomeno dalla portata più contenuta, che all’inizio delle rilevazioni si attestava in media su 12.794 contratti attivi per l’anno 2018, mentre secondo l’ultimo monitoraggio si ferma a 13.042 unità (15 maggio 2025). Si consideri peraltro che negli anni di monitoraggio non si è mai superata la quota di 14 mila contratti attivi in media per ciascun anno (picco di 17.937 contratti attivi alla data del dicembre 2019). Pertanto, questo cambiamento nella reportistica ha sì migliorato la precisione dell’analisi, ma ha reso più difficile confrontare i dati con quelli precedenti. I report più datati, inoltre, risentono del “periodo transitorio” di avvio del sistema (contratti firmati nel 2015 depositati nel 2016), con un impatto negativo sulla loro affidabilità statistica.

 

Contratti collettivi attivi (2018-2024)

 

2018

2019

2020

2021

2022

2023

2024

Unità

12.794

14.133

12.148

10.700

9.654

10.972

13.761

 

Se si pone l’attenzione sugli obiettivi cui viene legata l’erogazione dei premi di risultato, notiamo come, nell’evoluzione temporale dei monitoraggi, la produttività sia rimasta l’obiettivo più frequentemente indicato sul totale dei contratti attivi (79% nel dicembre 2018 e 81% nel dicembre 2024). Eppure, questo dato, preso singolarmente, non è sufficiente a restituire la complessità delle dinamiche aziendali, a maggior ragione se si considera che tutt’oggi si continua a monitorare soltanto l’andamento di tre obiettivi (produttività, redditività e qualità). Efficienza ed innovazione vengono invece ancora tralasciate senza giustificazione alcuna, mentre crediamo che in un’ottica di controllo della crescita e sostenibilità aziendale a lungo termine sia fondamentale verificare se e quante imprese investono in questi fattori.

 

Obiettivi predeterminati per l’erogazione del premio di risultato (2018-2024)

 

2018

2019

2020

2021

2022

2023

2024

Produttività

10.088

11.031

9.485

8.482

7.622

8.630

11.020

Redditività

7.530

8.177

7.191

6.517

5.844

6.621

8.599

Qualità

6.222

6.693

5.589

5.051

4.901

5.583

6.905

 

Per quanto riguarda la distribuzione territoriale del fenomeno, dal marzo 2018 i dati dei report vengono disaggregati per macro-area geografica (Nord, Centro, Sud), consentendoci di evidenziare una netta concentrazione territoriale dei contratti nel Nord Italia (oltre il 70%). Tuttavia, si segnala una criticità metodologica, poiché la localizzazione fa riferimento alla sede legale (coincidente con la Direzione Territoriale del Lavoro presso cui si deposita il contratto) e non alla sede operativa, che sarebbe invece un parametro più utile per misurare l’impatto effettivo di produttività e premi (come osservato in J. Sala, M. Tiraboschi, Contrattazione aziendale: il problema della “localizzazione” degli accordi). Possiamo comunque accertare la tendenza costante a stipulare contratti di produttività nell’area settentrionale del Paese, indubbiamente condizionata anche dalla presenza di un maggior numero di imprese registrate in quelle regioni (il 28,7% nel Nord-ovest e il 22,7% nel Nord-est, dati ISTAT 2023).

 

Distribuzione territoriale (2018-2024)

 

2018

2019

2020

2021

2022

2023

2024

Nord

75%

77%

79%

76%

72%

72%

74%

Centro

17%

15%

15%

16%

19%

18%

16%

Sud

8%

7%

7%

8%

10%

10%

10%

 

Un altro aspetto interessante che è rimasto abbastanza stabile nel tempo riguarda la diffusione del fenomeno per dimensione delle imprese: la maggior parte dei contratti è sottoscritta da aziende con meno di 50 dipendenti (51% nel 2018 e 47% nel 2024, per una media del 49% negli anni). È questo un dato che sfata la diffusa percezione secondo cui solo le grandi imprese praticherebbero la contrattazione di secondo livello: le imprese sopra i 100 dipendenti coprono in realtà il 36% in media dei contratti. Ad ogni modo, se paragoniamo questo dato con quello della composizione del tessuto imprenditoriale italiano ci appare chiaro come le piccole-medie imprese siano sotto-rappresentate, costituendo la quasi totalità delle aziende registrate in Italia (99,6% secondo dati ISTAT, 2021).

 

Distribuzione per dimensione aziendale (2018-2024)

 

2018

2019

2020

2021

2022

2023

2024

< 50

51%

51%

54%

53%

46%

43%

47%

>=100

34%

34%

32%

33%

38%

41%

38%

50-99

15%

15%

14%

14%

16%

16%

15%

 

Quanto al settore economico, i report rivelano che sussiste una prevalenza continua dei contratti stipulati nei Servizi (59% nel 2018 e 60% nel 2024), un dato in linea con il peso di questo comparto nell’economia italiana (69,6% secondo dati ISTAT, 2021) nonché con la rilevanza data al dialogo sociale nel settore. Seguono l’Industria (39%) e l’Agricoltura (1%).

 

Distribuzione settoriale (2018-2024)

 

2018

2019

2020

2021

2022

2023

2024

Servizi

59%

56%

54%

56%

59%

60%

60%

Industria

40%

43%

45%

43%

40%

40%

39%

Agricoltura

1%

1%

1%

1%

1%

1%

1%

 

In aggiunta, i report pubblicati dal 2019 in poi riportano anche il numero stimato dei lavoratori coinvolti. Se nel 2020 la quota si attestava sotto i 3 milioni, nel 2024 raggiunge i 4 milioni nel 2024, su un totale di 15 milioni di lavoratori dipendenti del settore privato. Ciò significa che oggigiorno il 26,4% dei dipendenti potenzialmente coinvolti può beneficiare di un premio di risultato legato alla produttività aziendale.

 

Lavoratori beneficiari (2020-2024)

 

2020

2021

2022

2023

2024

Unità

2.735.146

2.681.477

2.923.605

3.402.450

4.052.172

 

Inoltre, adottando il punto di vista dell’impatto del fenomeno sul lavoratore, appare importante la rilevazione del valore medio annuo del premio di risultato, il quale passa da un valore iniziale di 1.296,58 euro alla quota di 1.494,12 euro nel 2024. Il riferimento a questo dato è inedito e ci consente di cogliere come il fenomeno possa migliorare la condizione retributiva dei lavoratori. Tuttavia, va ricordato che questi dati si basano su autodichiarazioni aziendali (contenute nei modelli di deposito), senza controlli qualitativi sui testi dei contratti, e vanno quindi letti con cautela.

 

Stima del valore annuo del premio (2020-2024)

 

2020

2021

2022

2023

2024

Valore in euro

1.296,58

1.328,98

1.505,94

1.529,63

1.494,12

 

Infine, si segnala che il 2021 segna un forte calo nel numero dei contratti attivi e dei beneficiari, che influisce su ciascuno dei parametri di lettura individuati finora. Verosimilmente la decrescita si lega agli effetti della pandemia – come già rilevato in un Rapporto INAPP del 2022(AP. Paliotta, M. Resce, Il premio di risultato nella contrattazione collettiva) – ed invero si è dovuto attendere il periodo tra il 2022 e 2024 per assistere a una graduale ripresa, anche se su certi fronti non ancora sufficiente ad un ritorno pieno dei livelli del 2019.     

 

Il quadro finale che emerge da questa lettura trasversale dei report ministeriali restituisce un’immagine poco nitida del fenomeno, viziata dall’assenza di dati importanti, quali la rilevazione di tutti e cinque gli obiettivi a cui la legge collega l’erogazione del premio di risultato e il difetto di precisione nella localizzazione delle aziende sottoscriventi gli accordi. D’altro canto, i report non ci consentono di conoscere a quanto ammonta l’effettivo importo del premio guadagnato dai lavoratori a consuntivo delle verifiche sui risultati aziendali.

Nell’operazione di monitoraggio in generale pesa anche l’assenza di una valutazione approfondita della efficacia o meno delle misure pubbliche a sostegno della contrattazione di produttività.

 

In conclusione, la reportistica ministeriale offre uno strumento prezioso per osservare le dinamiche della contrattazione di produttività, ma dalla sua analisi emerge la necessità di un monitoraggio più accurato e di un’attenzione maggiore ai contenuti effettivi degli accordi aziendali, oltre che una maggior capacità di cogliere l’effettiva incidenza delle misure. I dati analizzati mostrano infatti una carenza di sistematicità nell’elaborazione dei monitoraggi – come già segnalato dal CNEL nei suoi Rapporti sul mercato del lavoro e la contrattazione collettiva. Per orientare meglio le politiche di incentivazione, occorre investire in una rilevazione più sistematica e qualitativa, capace di restituire un quadro più fedele delle trasformazioni in atto nei luoghi di lavoro, soprattutto in un contesto economico in cui la produttività del lavoro, la partecipazione finanziaria e la qualità della contrattazione aziendale sono tornate al centro del dibattito politico e istituzionale (si veda la recentissima Legge n. 76/2025 sulla partecipazione dei lavoratori).

 

Giulia Comi

PhD Candidate – ADAPT Università di Siena

@giulphil

 

* Le tabelle presenti nel testo sono realizzate attraverso la rielaborazione personale dei dati contenuti nei Report deposito contratti ex art. 14 del d.lgs. 151/2015, sezione prima, pubblicati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, pubblicati nel periodo intercorrente fra 2016 e 2024.

 

Cronaca sindacale (10 – 23 giugno 2025)

Cronaca sindacale (10 – 23 giugno 2025)

Bollettino ADAPT 23 giugno 2025, n. 24

 

Nei giorni tra il 10 e il 23 giugno, il panorama sindacale italiano è stato attraversato da importanti sviluppi nella contrattazione collettiva, mobilitazioni su scala nazionale e tensioni legate a crisi aziendali in vari settori. Tra i fatti più rilevanti, la firma della pre-intesa per il CCNL Sanità Pubblica e la sottoscrizione dell’ipotesi di accordo per le Cooperative Metalmeccaniche. Sul fronte industriale, si segnalano proteste, scioperi e vertenze aperte, dai metalmeccanici alla distribuzione elettrica, mentre continuano le preoccupazioni legate alla sicurezza sul lavoro. In parallelo, la politica sindacale si confronta con i risultati dei recenti referendum e con nuove nomine interne.

 

Contrattazione collettiva

 

Il 18 giugno si è conclusa la trattativa fra PA e Cisl FP per il rinnovo del Contratto collettivo sanità, arrivando alla firma della pre-intesa. Il Ccnl Sanità Pubblica non è stato sottoscritto da Fp Cgil e Uil Fpl che non avevano giudicato sufficienti gli aumenti previsti. (fonte) Il ministro Zangrillo in un’intervista a La Stampa aveva già criticato Cgil e Uil per l’ostruzionismo, considerando i 20miliardi stanziati per i contratti pubblici più che sufficienti. (fonte) (qui il testo dell’ipotesi di contratto)

 

È stato rinnovato il Contratto nazionale multiservizi per i dipendenti delle imprese di pulizia e servizi integrati, scaduto il 31 dicembre 2024. Confcooperative, Legacoop, Confapi, Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uil Trasporti firmano il rinnovo che coinvolge 600mila lavoratori e lavoratrici e prevede un incremento salariale complessivo di 215 euro. (fonte) è tuttavia da segnalare l’assenza della firma di ANIP, la federazione di settore del sistema Confindustria. Le organizzazioni datoriali e sindacali firmatarie hanno chiesto ad una commissione paritetica di analizzare l’attuale applicazione di questo contratto, che sembra essere utilizzato anche in dumping per coprire segmenti di attività e prestazioni lavorative presenti in altri contratti di settore. Su questa questione, l’articolo Ancora sul dumping contrattuale: nuovi spunti di riflessione dalla relazione della Commissione Garanzia Sciopero e dal rinnovo del CCNL pulizia / multiservizi dallo scorso Bollettino ADAPT.

 

È stata sottoscritta l’ipotesi di accordo tra Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm Uil e Lega Coop Produzione e Servizi, Confcooperative Lavoro e Servizi AGCI Produzione e lavoro per il rinnovo del contratto collettivo nazionale delle cooperative metalmeccaniche. Il rinnovo riguarda circa 15.000 addetti e prevede aumenti minimi pari al 2% ogni anno. (qui il comunicato stampa unitario)

 

Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs hanno giudicato inadeguata la conferma da parte di Federfarma di soli 120 euro di incremento per i prossimi 3 anni per i contratti dei farmacisti dipendenti. I sindacati chiedono incrementi ancorati all’inflazione per i farmacisti, che hanno già dovuto aspettare 10 anni tra il 2011 e il 2021 per lo scorso rinnovo. (fonte)

 

È stata sottoscritta l’ipotesi di rinnovo della parte economica del Ccnl Lapidei e materiali da escavazione per circa 30mila lavoratori e lavoratrici del settore. È previsto un aumento di 240 euro al parametro intermedio. (fonte)

 

Dopo oltre due anni di trattativa, si è arrivati alla firma del contratto integrativo di OBI Italia, valido per 2.500 dipendenti. Per Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs si tratta di un concreto passo avanti nelle condizioni di lavoro, con un aumento del premio da 800 a 1000 euro per i contratti full-time e in misura proporzionale per i part-time. (fonte)

 

Venerdì 20 giugno è stata una giornata di scioperi in tutta Italia: le organizzazioni sindacali Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil hanno proclamato ulteriori 8 ore di sciopero a livello nazionale con manifestazioni regionali, per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro dei Metalmeccanici, arrivando quindi ad un totale di 40 ore di sciopero dall’interruzione delle trattative al novembre scorso. (fonte) A Bologna il corteo di scioperanti è entrato in tangenziale, bloccandone il traffico. (fonte) All’indomani delle manifestazioni la ministra del Lavoro Marina Calderone ha chiamato al ministero i rappresentanti di Fim, Fiom e Uilm e Federmeccanica e Assistal per cercare un dialogo sul rinnovo del contratto. Nella giornata di sabato non si è raggiunto un accordo, ma c’è stata dimostrazione di apertura da entrambi i lati. (fonte)

In un’intervista a Il Foglio, Ferdinando Uliano, segretario generale Fim-Cisl aveva accusato Federmeccanica di non voler tornare al tavolo del rinnovo del Ccnl Metalmeccanici per questioni politiche e non di effettiva impossibilità. (fonte) Nel frattempo sono arrivate da IndustriAll Europe e IndustriAll Global lettere di solidarietà e sostegno per l’azione sindacale del 20 giugno.

 

I lavoratori dello stabilimento Stellantis di Pomigliano d’Arco (Napoli) hanno proclamato uno sciopero per protestare contro le condizioni climatiche insostenibili, di cui la Fiom Cgil denuncia i rischi per la salute e la sicurezza. (fonte)

 

Politica e rappresentanza

 

I referendum del’8 e 9 giugno non hanno raggiunto il quorum del 50% più uno dei votanti. Alle urne si sono recati solo il 30,6% degli aventi diritto. I quesiti sul lavoro hanno visto in media l’88% dì si, mentre il quinto quesito sulla cittadinanza si è fermato il 65,5% di voti favorevoli.  (fonte)

 

Per First Cisl la possibile fusione tra Unicredit e Banco Bpm potrebbe comportare un impatto territoriale ben più significativo di quanto finora paventato. Il coordinamento sindacale del Banco giudica la proposta avanzata da Unicredit alla Direzione generale Concorrenza insufficiente a cogliere le dimensioni del problema. La proposta comporterebbe la cessione di circa 209 sportelli (14% della rete). (fonte)

 

Il segretario nazionale di FenealUil, Stefano Costa e le segretarie nazionali Cristina Raghitta di Filca-Cisl e Giulia Bartoli Fillea-Cgil, hanno chiesto un incontro urgente alla Ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone e ai presidenti delle Commissioni Salute e Sicurezza della Camera dei Deputati e del Senato, onorevoli Chiara Gribaudo e Celestino Magni, per affrontare il tema dei rischi da esposizione ad alte temperature per i lavoratori delle costruzioni. (fonte)

 

Si è tenuto il 19 giugno a Latina un incontro tra Fai Cisl, Flai Cgil, Uila Uil con il Prefetto e i vertici provinciali di Inps, Inail, Inl, Asl, Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza sul caporalato per rivendicare giustizia e piena applicazione degli strumenti di contrasto e prevenzione dello sfruttamento in agricoltura. L’incontro si è tenuto nel giorno del primo anniversario della morte di Satnam Singh, il bracciante agricolo abbandonato davanti all’ospedale di Latina con un braccio amputato e altre lesioni causate da un macchinario agricolo, e morto dopo due giorni di atroci sofferenze, il 19 giugno 2024. (qui il comunicato stampa unitario Fai, Flai e Uila)

 

Vicende associative

 

In questi giorni numerose conferme di segretari generali in Cisl: durante il VIII Congresso Fai, è stato confermato Onofrio Rota come Segretario nazionale della Fai Cisl (fonte); anche il VII Congresso  Femca Cisl ha riconfermato la segreteria, con Nora Garofalo a Segretaria Generale (fonte) e il congresso First Cisl ha riconfermato Riccardo Colombani. (fonte)

 

L’ex segretario nazionale della Cisl, Luigi Sbarra, è il nuovo sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega per il Sud. Sbarra ha dichiarato che entrerà nel governo come indipendente. (fonte)

 

Infortuni sul lavoro

 

Da un’indagine di Manageritalia su oltre 900 manager emerge che la priorità del lavoro in Italia è la sicurezza, non solo da un punto di vista normativo ma anche di responsabilità collettiva. Gli altri bisogni impellenti sono flessibilità e benessere lavorativo. (fonte)

 

Il 13 giugno i sindacati e le associazioni datoriali si sono incontrati con la ministra del lavoro Marina Calderone per discutere una bozza di decreto relativa alla sicurezza sui luoghi di lavoro, che, nei piani della ministra, dovrebbe vedere la luce entro luglio. Fra i punti affrontati: estensione della tutela assicurativa per personale scolastico e studenti a decorrere dall’anno accademico 2025-2026, finanziamento di Inail a interventi di formazione aggiuntiva sulla prevenzione e a campagna informative e formative. (fonte) In una dichiarazione ad Avvenire, Daniela Fumarola, segretaria generale Cisl, si dichiara soddisfatta dell’incontro, che ha messo in primo piano i temi ritenuti centrali dal sindacato e durante il quale si è registrata una certa apertura sul patto sociale sia da parte del governo che da Confindustria. (fonte)

 

Crisi aziendali

 

Il 6 giugno, dalle 8.30 alle 10.30, i lavoratori e le lavoratrici dello stabilimento AMMANN di Bussolengo hanno scioperato e manifestato davanti alla sede di Confindustria Verona. La protesta è contro la direzione aziendale, che si rifiuta di partecipare a un incontro convocato dalla Regione e dalla Fiom per l’11 giugno, nonostante la vertenza sia aperta da oltre un mese. I manifestanti chiedono il ritiro dei 64 licenziamenti previsti e lo stop alla delocalizzazione in Turchia. Denunciano inoltre la scarsa collaborazione di Confindustria, accusata di sostenere le scelte della multinazionale svizzera a discapito dell’economia locale e delle famiglie coinvolte. (fonte)

 

Continuano le tensioni e le mobilitazioni a Prato, dove l’imprenditoria cinese sta cedendo alle richieste dei Cobas che chiedono condizioni di lavoro migliori per i lavoratori – per la maggior parte pachistani – che lavorano nei capannoni dell’industria tessile. L’azione sindacale ha portato all’ottenimento di accordi per ridurre l’orario lavorativo a 8 ore e 5 giorni settimanali, nonostante l’assenza dei sindacati più rappresentativi. (fonte)

 

Sono state proclamate due giornate di sciopero presso la Manifattura San Maurizio, azienda del gruppo Max Mara a seguito delle denunce delle lavoratrici dell’azienda, circa 220 addetti per la stragrande maggioranza donne. La Filctem-Cgil ha proclamato questo sciopero per denunciare condizioni di lavoro inaccettabili. (fonte)

 

La trattativa con Baku Steel per la vendita di Acciaieria d’Italia non si è conclusa entro i tempi previsti: il governo stanzierà all’ex Ilva nuove risorse (200 milioni) tramite decreto, per farla continuare a vivere fino alla vendita. Dopo i commenti del governo sul fatto che Baku non sia più l’unica opzione in vista, sono arrivati da Rocco Palombella di Uilm e Michele De Palma di Fiom-Cgil dubbi sulle trattative con l’azienda azera. (fonte)

 

Stellantis ha comunicato ai sindacati l’avvio della procedura di licenziamento collettivo con incentivo all’esodo su base volontaria per 610 lavoratori tra Mirafiori e l’aria torinese. Lo scorso anno avevano aderito alle uscite incentivate già un migliaio di lavoratori dell’area di Torino. (fonte)

 

Dopo le dichiarazioni positive dello scorso 27 maggio del ministro delle imprese Adolfo Urso è arrivata l’ufficialità del cambio di proprietà dell’azienda La Perla, ora di proprietà di Peter Kern, ex dirigente di Expedia e produttore di Brunello a Montalcino. (fonte)

 

Il 12 giugno è avvenuto l’incontro fra le segreterie nazionali di Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil con i vertici Ericsson presso il ministero del Lavoro per discutere la procedura di licenziamento collettivo di 132 dipendenti. Le posizioni di azienda e sindacati sono risultate inconciliabili. (fonte)

 

Studi e ricerche

 

Il servizio Stato sociale, Politiche economiche e fiscali della Uil ha condotto uno studio comparativo sui temi previdenziali italiani ed europei, da cui emergono dati interessanti. L’età legale di pensionamento è tra le più alte d’Europa (67 anni) e destinata a crescere, in quanto legata all’aspettativa di vita. Inoltre, gli assegni di pensione risultano inadeguati. La Uil chiede di riaprire il confronto con il governo sulla previdenza. (qui l’analisi)

 

Maria Carlotta Filipozzi

ADAPT Junior Fellow

@MCFilipozz

 

Il progetto europeo Broadvoice e la promozione della “voce” dei lavoratori attraverso la partecipazione diretta

Il progetto europeo Broadvoice e la promozione della “voce” dei lavoratori attraverso la partecipazione diretta

Bollettino ADAPT 23 giugno 2025, n. 24

 

Motivazioni e obiettivi del progetto

 

Promuovere la “voce” dei lavoratori attraverso la partecipazione diretta è sempre più ritenuto un importante strumento non solo per migliorare le prestazioni organizzative, ma anche per la salute e il benessere dei lavoratori stessi. Negli ultimi decenni la crescita di pratiche partecipative sul posto di lavoro, come il lavoro di squadra auto-organizzato e l’innovazione guidata dai dipendenti, ha avuto un impatto positivo sulle imprese e sulla vita lavorativa.

Il concetto chiave in questo ambito è quello di innovazione del luogo di lavoro o workplace innovation, adottato dalla Commissione europea nel 2012. Esso descrive un processo partecipativo di trasformazione organizzativa che porta a una maggiore autonomia dei lavoratori, a un maggiore apprendimento e sviluppo e a un elevato coinvolgimento del personale nei percorsi di miglioramento e innovazione. È dimostrato che la cosiddetta workplace innovation porta a miglioramenti significativi e sostenibili sia delle prestazioni organizzative che del coinvolgimento e del benessere dei dipendenti.

 

Più di recente, la Commissione europea, insieme a molti esperti, ha sottolineato la necessità che i luoghi di lavoro “incentrati sulla persona” svolgano un ruolo di primo piano nella “doppia transizione” verso la digitalizzazione e la sostenibilità ambientale – una trasformazione concettualizzata col termine “Industria 5.0”. In breve, è improbabile che queste transizioni siano efficaci senza sfruttare e sviluppare le competenze, le conoscenze tacite e la creatività innata dei dipendenti. Ma, come ci ricordano recenti indagini, solo una minoranza di imprese europee sta adottando sistematicamente queste pratiche di empowerment e partecipazione e sono ancora molte le aziende e gli enti del settore pubblico bloccati nelle tradizionali logiche organizzative di “comando e controllo”, con conseguenze economiche, sociali, sanitarie e ambientali negative.

 

Cosa significa tutto ciò per il ruolo dei sindacalisti e dei rappresentanti dei lavoratori? La partecipazione rappresentativa sotto forma di contrattazione collettiva, codeterminazione e procedure di informazione e consultazione è ora in competizione con la promozione della partecipazione diretta e della workplace innovation? Oppure questi fenomeni aprono nuove arene per l’impegno e l’influenza dei sindacati e dei rappresentanti dei lavoratori a livello aziendale?

 

Continua a mancare un’analisi approfondita dell’interazione tra le forme di partecipazione diretta dei lavoratori per l’innovazione dei luoghi di lavoro e il quadro tradizionale delle relazioni industriali costituito da sindacati, organi di rappresentanza dei lavoratori e contrattazione collettiva.

 

Riunendo, a livello europeo, istituti di ricerca con esperienza nelle relazioni industriali e nell’organizzazione del lavoro di 6 Paesi dell’UE e 14 parti sociali nazionali e comunitarie, BroadVoice sta studiando – e contribuendo a promuovere – il ruolo dei sindacati e dei rappresentanti dei lavoratori nell’innovazione dei luoghi di lavoro, anche attraverso la ricca esperienza e le intuizioni dei lavoratori. BroadVoice sta quindi esplorando i modi in cui la contrattazione collettiva e le strutture di rappresentanza dei lavoratori possono diventare i motori e i “guardiani” dell’innovazione aziendale che si avvale della partecipazione diretta.

 

Il quadro analitico

 

Nel quadro analitico elaborato nell’ambito del progetto[1] vengono delineati quattro modelli di interazione tra relazioni industriali sul luogo di lavoro e partecipazione diretta dei lavoratori:

i) il modello bipartito (o conflittuale), in cui la partecipazione dei lavoratori è largamente rappresentativa, mentre i canali diretti tendono ad essere meno sviluppati e/o modellati esclusivamente dalla direzione aziendale;

ii) il modello HRM, in cui la partecipazione diretta è la forma dominante di voce dei lavoratori, promossa e plasmata dal management a fini prevalentemente economici, mentre la rappresentanza dei lavoratori è piuttosto debole;

iii) il modello ibrido (o cooperativo), in cui coesistono e si sviluppano quasi in egual misura sia le forme rappresentative che quelle dirette di partecipazione dei lavoratori;

iv) il modello democratico (o partecipativo), in cui i canali diretti e rappresentativi di partecipazione dei lavoratori non solo coesistono ma sono anche interconnessi e costituiscono l’architettura organizzativa dei piani di innovazione aziendale.

 

Questi modelli non possono essere considerati statici, ma devono essere visti come repertori di possibili combinazioni tra partecipazione diretta e relazioni industriali in un determinato contesto lavorativo.

 

Inoltre, il quadro analitico elaborato esplora le dimensioni chiave della partecipazione diretta dei lavoratori, tra cui:

1. gli obiettivi della partecipazione (che possono essere di tipo economico, sociale, democratico e umanistico, benché in letteratura siano stati individuati anche obiettivi manageriali di controllo sui lavoratori e e i relativi flussi informativi);

2. l’intensità della partecipazione (che va dall’informazione e consultazione o esame congiunto, fino alla decisione congiunta e all’autonomia dei lavoratori);

3. la forma della partecipazione (che può essere individuale o di gruppo, comportare procedure verbali o scritte, ecc.);

4. l’ambito della partecipazione (che può riguardare decisioni di livello culturale, esecutivo od operativo, organizzativo o strategico).

 

Il quadro analitico valuta anche gli impatti della partecipazione diretta sui lavoratori, sulle organizzazioni e sui processi di trasformazione, evidenziando i positivi risultati sociali ed economici. Questi effetti sono tuttavia mediati da alcuni fattori esterni (riguardanti, ad esempio, il contesto aziendale, le caratteristiche dei lavoratori, l’assetto istituzionale).

 

L’obiettivo del progetto Broadvoice è quello di aiutare il legislatore, le parti sociali e la stessa comunità scientifica a delineare e definire la partecipazione diretta e le sue possibili relazioni con la rappresentanza dei lavoratori, anche nel contesto di progetti di innovazione organizzativa e tecnologica. In questo modo, lo studio mira a contribuire allo sviluppo di valutazioni, orientamenti e raccomandazioni più precisi e coerenti sul tema.

 

La ricerca sul campo italiana

 

Rispetto alla ricerca italiana[2], per raggiungere tali obiettivi, è stata condotta un’estesa rassegna della letteratura nazionale e un’analisi dettagliata del quadro istituzionale che regola le forme di partecipazione dei lavoratori, seguita dall’esame di alcuni casi studio.

 

In particolare, sono stati condotti due studi di settore (rispettivamente sul settore manifatturiero e sul terziario avanzato), che hanno coinvolto due aziende ciascuno.

 

Ogni caso studio aziendale è stato basato su un’analisi documentale di fonti primarie e secondarie e almeno tre interviste semi-strutturate con dirigenti aziendali e con rappresentanti dei lavoratori (per un totale di 18 intervistati). Inoltre, i risultati preliminari della ricerca sono stati discussi e convalidati in un workshop nazionale che ha avuto luogo il 23 gennaio 2025 con la partecipazione di 25 persone tra i rappresentanti (lato datoriale e lato sindacale) delle aziende intervistate, esponenti delle associazioni sindacali e datoriali di livello territoriale e nazionale dei settori interessati e altri stakeholder (come ricercatori o consulenti).

 

La nostra analisi conferma che l’area di interazione tra la partecipazione diretta e le relazioni industriali nelle imprese italiane è un tema di difficile individuazione. A pesare su questo è l’assenza di una consapevolezza comune sia da parte delle imprese che da parte dei rappresentanti dei lavoratori di cosa sia la partecipazione diretta e di come questa possa essere sviluppata sui luoghi di lavoro. Inoltre, anche il carattere spesso informale della partecipazione diretta e la sua implementazione ancora piuttosto moderata nelle aziende italiane, ne ostacolano l’identificazione (Inapp 2023)[3].

 

Eppure, la legislazione fiscale dal 2016 ha cercato, attraverso la leva degli sgravi fiscali applicati ai premi di risultato, di favorire l’emersione di pratiche di partecipazione diretta, formalizzandole all’interno di specifici “Piani di innovazione” da definire secondo le indicazioni fornite nei contratti collettivi di secondo livello. Tuttavia, questo intervento legislativo promozionale non ha ancora ottenuto risultati significativi: le pratiche di partecipazione diretta si riscontrano in media, in poco più del 10% del totale degli accordi depositati presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e attivi secondo le rilevazioni periodiche.

 

Sebbene l’interesse per la partecipazione dei lavoratori ai processi decisionali organizzativi sia cresciuto tra le parti sociali a livello nazionale (si veda l’interesse espresso nel cosiddetto Patto della fabbrica del 9 marzo 2018, o le previsioni contenute nei CCNL dell’industria metalmeccanica e dell’industria tessile), manca ancora un quadro concettuale chiaro e unificato. Ciò ostacola la capacità dei sindacati e dei datori di lavoro di guidare efficacemente gli attori a livello aziendale nella gestione della partecipazione diretta.

 

Tuttavia, i nostri risultati empirici mostrano che la partecipazione diretta e quella rappresentativa dei lavoratori spesso coesistono nei luoghi di lavoro. Inoltre, sebbene operino tipicamente in ambiti distinti (la rappresentanza su questioni strategiche e la partecipazione diretta su aspetti più operativi), possono verificarsi sovrapposizioni in aree quali la formazione, il welfare e l’orario di lavoro. Queste forme di partecipazione, però, non si escludono a vicenda; e anzi, se efficacemente integrate, possono integrarsi a vicenda e migliorare i risultati sia per i lavoratori che per le imprese.

 

Esempi positivi di questa interazione emergono in due aree: (i) l’autonomia e la flessibilità dell’orario di lavoro, soprattutto con riferimento a discipline contrattuali che forniscono il quadro di riferimento entro il quale i singoli lavoratori, previo confronto con i propri responsabili aziendali, possono beneficiare di maggiore autonomia e flessibilità nella gestione dei tempi e dei luoghi di lavoro (ad esempio, attraverso il lavoro da remoto); e (ii) l’innovazione organizzativa, soprattutto con riferimento a contratti collettivi che aprono la strada alla definizione congiunta di Piani di innovazione che si sviluppano anche attraverso pratiche di partecipazione diretta, sotto il coordinamento e monitoraggio di commissioni paritetiche aziendali.

 

In tutti questi casi, la voce dei lavoratori risulta sia più “ampia” che più “profonda”, grazie alla combinazione funzionale tra procedure di partecipazione rappresentativa e diretta, con le prime che intervengono nel plasmare, attuare e supervisionare le seconde. Nonostante alcune difficoltà, riscontrabili, ad esempio, nel coinvolgimento di un numero sempre maggiore di lavoratori e nel rendere sostenibili nel tempo le sperimentazioni partecipative, l’impatto complessivo è ampiamente positivo.

 

La nostra ricerca non esclude che lo sviluppo della partecipazione diretta possa presentare rischi per i rappresentanti dei lavoratori, come la minaccia di una loro progressiva marginalizzazione, o la possibilità di essere ridotti a meri partner operativi del management nei progetti di innovazione aziendale. Tuttavia, l’analisi condotta offre alla rappresentanza una prospettiva per uscire dall’impasse e mantenere un ruolo attivo in contesti aziendali sempre più partecipativi. In questo senso, ai rappresentanti dei lavoratori è suggerito di non ignorare la partecipazione diretta, ma di impegnarsi (purché criticamente) in questo ambito, senza fare della partecipazione diretta un fine ultimo e anzi avendo ben chiari gli obiettivi più ampi delle relazioni industriali (efficiencyequity e voice). Inquadrando il coinvolgimento diretto nella prospettiva più ambiziosa di perseguire un bilanciamento tra i risultati di efficienza, equità e partecipazione, i rappresentanti dei lavoratori possono allora operare affinché l’autonomia e l’empowerment individuale dei lavoratori si traducano in miglioramenti effettivi per il benessere delle singole persone e per l’intera comunità aziendale.

 

Ilaria Armaroli

Ricercatrice ADAPT Senior Fellow

@ilaria_armaroli

 

Francesco Lauria

Responsabile della formazione e progettazione europea della Cisl

@lauria_franc

 

 

Per scaricare tutti i materiali, i rapporti nazionali e i casi di studio del progetto: https://workplaceinnovation.eu/broadvoice

 

Per partecipare alla community sull’innovazione nei luoghi di lavoro:

https://freshthinkinglabs.com/broadvoice/

 

[1] Il quadro analitico è disponibile qui: https://workplaceinnovation.eu/wp-content/uploads/2024/07/BroadVoice-deliverable-2-2_analytical-framework.pdf 

 

[2] Il rapporto nazionale completo è disponibile qui: https://workplaceinnovation.eu/wp-content/uploads/2025/03/Italia.pdf 

 

[3] Per scaricare il Rapporto Inapp 2023: https://oa.inapp.gov.it/server/api/core/bitstreams/899a1e21-5e6d-4952-adad-858c1b068a2b/content

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/278 – Rinnovato il CCNL Multiservizi: analisi delle principali novità

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/278 – Rinnovato il CCNL Multiservizi: analisi delle principali novità

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 23 giugno 2025, n. 24

 

Contesto del rinnovo

 

È stato siglato il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) applicabile al personale dipendente delle imprese operanti nei settori della pulizia e dei servizi integrati/multiservizi, che interessa oltre 600.000 lavoratrici e lavoratori su tutto il territorio nazionale.

L’intesa, che rinnova il contratto collettivo scaduto il 31 dicembre 2024, è stata raggiunta venerdì 13 giugno 2025 a seguito del confronto tra le principali organizzazioni datoriali e sindacali del comparto: Agci Servizi, Confcooperative Lavoro e Servizi, Legacoop Produzione e Servizi, Unionservizi Confapi, Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltrasporti. Si segnala che Anip-Confindustria, una delle Associazioni datoriali di categoria maggiormente rappresentativa, non ha sottoscritto il rinnovo, abbandonando di fatto il tavolo delle trattative nelle fasi finali del confronto, contestando il mancato intervento su alcune parti normative ritenute di particolare impatto.

Tale scelta, oltre a rappresentare una frattura importante all’interno del fronte datoriale, appare una significativa novità nel contesto del rinnovo di tale CCNL.

Il nuovo CCNL avrà validità dal 1° giugno 2025 fino al 31 dicembre 2028, anche se è di rilievo il fatto che l’ultima tranche, al pari di quanto già definito nel precedente rinnovo, sarà erogata in marzo 2029, pertanto fuori dalla vigenza contrattuale.

 

Parte economica

 

Sul piano economico, il rinnovo del contratto collettivo prevede un aumento complessivo a regime pari a 215 euro, riferito al parametro del 2° livello di inquadramento. L’incremento retributivo sarà erogato in più tranche nell’arco dei quattro anni di validità contrattuale (2025–2028), con decorrenza a partire dal 1° luglio 2025. Sempre a luglio, contestualmente all’erogazione della prima tranche, verranno riconosciuti i 10 euro già previsti dal precedente rinnovo contrattuale. In tale frangente, secondo il testo contrattuale scaduto a fine 2024, si sarebbe dovuto verificare l’eventuale scostamento tra la percentuale corrispondente all’aumento complessivo a regime nel periodo 2021-2024 (3,9%) e l’aumento dell’indice IPCA nel medesimo periodo (15,5% secondo la Comunicazione ISTAT del 12 giugno 2025), andando eventualmente a riconoscere un conguaglio. Dall’analisi è emerso un sensibile e da tempo prevedibile scostamento, che in caso di mancata sottoscrizione del rinnovo contrattuale avrebbe comportato un riconoscimento automatico di un aumento contrattuale di 136 euro, pari all’11,6%. Tale rischio, per il mondo datoriale, è indubbio che abbia favorito una chiusura veloce della trattativa di rinnovo a meno di sei mesi dalla scadenza del CCNL.

Entrando nel merito della parte economica, va segnalato che essa si focalizza integralmente sull’adeguamento delle retribuzioni tabellari, non prevedendo il ricorso a strumenti di welfare integrativo o ad emolumenti di natura una tantum. È altresì confermata, per l’intera vigenza del CCNL recentemente sottoscritto, la vigenza del meccanismo automatico di consuntivazione volto al recupero dell’eventuale differenziale inflattivo derivante da una sottostima dell’indice IPCA ex ante.

Rilevante la richiesta delle Parti affinché, tramite Decreto Ministeriale, vengano emanate celermente le tabelle contenenti il costo medio orario del lavoro per il personale dipendente da imprese esercenti servizi di pulizia, disinfestazione e servizi integrati-multiservizi, con lo scopo di avere termini di riferimento certi per il calcolo del costo del lavoro nell’ambito delle gare d’appalto pubbliche di settore.

 

Parte normativa

 

Con riferimento alla disciplina dell’orario di lavoro, il nuovo CCNL prevede l’incremento dell’orario minimo contrattuale, che viene elevato da 14 a 15 ore settimanali, corrispondenti a 65 ore mensili e 640 ore annuali in caso di prestazioni miste. Si precisa che i contratti stipulati anteriormente alla presente modifica non configurano ipotesi di inadempimento contrattuale.

L’elemento di maggiore novità è rappresentato dall’introduzione di un meccanismo di consolidamento automatico delle ore supplementari. In particolare, su richiesta scritta formulata dalla R.S.U./R.S.A. e/o dalle Organizzazioni Sindacali, a valle della trasmissione dell’informativa e comunque entro il mese di aprile, la Direzione aziendale è tenuta ad avviare, tempestivamente e comunque entro il termine massimo di 20 giorni dal ricevimento della suddetta richiesta, un esame congiunto volto a valutare le condizioni per il consolidamento del 15% ore supplementari – con decorrenza dal mese successivo alla conclusione dell’esame – connesse a esigenze lavorative di natura strutturale, con esclusione delle ore prestate in sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto.

Tale previsione comporterà un incremento del costo del lavoro, in quanto si passerà dall’attuale maggiorazione forfettaria del 28% alla piena incidenza delle ore consolidate su tutti gli istituti retributivi diretti e indiretti, nonché su quelli differiti.

Per le aziende che non ottemperano agli obblighi previsti dalla disciplina sul consolidamento delle ore supplementari – e non diano riscontro all’incontro di verifica richiesto dalle RSA/RSUA – è previsto un meccanismo di deterrenza che comporta l’incremento del 30% dell’orario individuale del lavoratore interessato.

Le Parti hanno convenuto di introdurre, in capo alle aziende, l’obbligo di comunicazione preventiva in relazione al periodo di comporto per malattia, da effettuarsi entro 15 giorni dal ricevimento della relativa comunicazione trasmessa dal lavoratore o dalla lavoratrice. Per le lavoratrici vittime di violenza di genere, il periodo di congedo retribuito viene esteso a 90 giorni, con riconoscimento della piena integrazione economica da parte del datore di lavoro, fino al raggiungimento del 100% della retribuzione spettante.

 

Valutazione d’insieme

 

Il rinnovo contrattuale si inserisce in un contesto, soprattutto nell’ambito dei servizi, che ha visto principalmente analizzata la parte economica rispetto a quella normativa. Non si può tuttavia non constatare che alcuni elementi, quali il mantenimento dell’adeguamento automatico all’indice IPCA effettivo, a scadenza, così come il parziale consolidamento delle ore strutturali di supplementare rappresentano una novità nell’ambito dei Servizi e di settori affini quali Turismo e Commercio.

Senza entrare nel merito del dumping contrattuale (si veda Ancora sul dumping contrattuale: nuovi spunti di riflessione dalla relazione della Commissione Garanzia Sciopero e dal rinnovo del CCNL pulizia / multiservizi), è indubbio che il CCNL Multiservizi è sempre stato identificato quale uno di quelli con la sfera di applicazione più eterogenea e con il costo del lavoro più contenuto. L’aver definito in rinnovo la necessità di andare ad affrontare, con una commissione apposita, il tema dell’ambito di applicazione con il chiaro obiettivo di ridurlo, così’ come aver definito un aumento salariale a regime mediamente superiore, in termini percentuali, a recenti rinnovi di settori attigui, rende palese l’intenzione delle Parti di dare maggiore dignità a tale CCNL, conferendogli ulteriore specificità.

 

Pietro Rizzi

Responsabile Relazioni Industriali e Politiche del Lavoro Gruppo CAMST

@PietroRizzi85

 

Monica Zanotto

Consulente del Lavoro – Studio Stella&Associati di Vicenza

@MonicaZanotto

 

Dalla norma alla sua attuazione: la partecipazione dei lavoratori passa ora dalla conoscenza della legge e dalla formazione di operatori sindacali e responsabili del personale

Dalla norma alla sua attuazione: la partecipazione dei lavoratori passa ora dalla conoscenza della legge e dalla formazione di operatori sindacali e responsabili del personale

 

Bollettino ADAPT 16 giugno 2025, n. 23

 

Lo scorso 10 giugno è entrata in vigore la legge n. 76/2025, recante “Disposizioni per la partecipazione dei lavoratori alla gestione, al capitale e agli utili delle imprese”. Una legge attesa da quasi ottanta anni con cui vengono specificati forme, modi e limiti del diritto costituzionale dei lavoratori di collaborare alla gestione delle imprese (si vedano i contributi raccolti in M. Tiraboschi,Primo commento alla legge di iniziativa popolare sulla partecipazione dei lavoratoriADAPT University Press, 2025).

 

Il dibattito che ha accompagnato l’iter parlamentare di approvazione della legge è stato particolarmente aspro, ampiamente polarizzato tra chi la definisce nei termini di un cambio di paradigma nel nostro sistema di relazioni industriali, da sempre molto conflittuale, e chi, al contrario, ne ha denunciato la portata puramente simbolica, una legge bandiera priva di vincoli per imprese e datori di lavoro.

 

A livello politico e nazionale il confronto sul tema resta decisamente acceso e marcatamente ideologico.

 

Tuttavia, chi ha avuto modo di registrare le opinioni di imprese, consulenti e sindacalisti di prossimità, nota come la questione che sta emergendo in modo silenzioso è quella di una migliore conoscenza della legge, dei suoi tecnicismi e delle modalità per attuarla anche alla luce di quanto sperimentato in non poche iniziative pilota. Non che la partecipazione dei lavoratori sia ancora largamente diffusa e tuttavia i periodici report del Ministero del lavoro sugli accordi depositati ex art. 14, d.lgs. n. 151/2015 segnalano una discreta diffusione dei piani di partecipazione dei lavoratori nella organizzazione del lavoro (ex articolo 4 del decreto interministeriale 25 marzo 2016) che oscillano negli anni tra il 10 e il 15 per cento del totale rispetto al totale della c.d. contrattazione di produttività intesa in senso lato.

 

Non mancano dunque prassi, buone pratiche e iniziative pilotaQuello che manca, se mai, è la loro conoscenza e diffusione anche per offrire a imprese, consulenti e operatori sindacali preziosi benchmark e indicatori utili a rompere i pregiudizi e verificare in termini pragmatici le opportunità offerte dalla nuova legge. 

 

Vero anche che, in non pochi casi, proprio i responsabili del personale e gli stessi operatori sindacali denunciano una conoscenza della legge ancora generica e superficiale. Eppure è proprio qui che si gioca, oggi, la vera partita: capire cioè come funzionano le nuove commissioni paritetiche, come si accede agli incentivi economici che accompagnano il provvedimento, come si costruisce un piano di azionariato dei dipendenti, come si attivano le diverse forme di partecipazione previste: gestionale, economica, organizzativa e consultiva.

 

L’esperienza di questi mesi (e anche iniziative informative e formative che come ADAPT abbiamo messo in campo) mostra che chi opera nelle relazioni industriali non cerca più solo “la filosofia della partecipazione”, ma competenze reali per governarla e implementarla.

 

Di tutto questo è consapevole lo stesso legislatore, che all’art. 12 della legge n. 76/2025 ha introdotto un obbligo formativo di almeno dieci ore annue per tutti i lavoratori coinvolti nelle pratiche partecipative. Una formazione che deve essere duplice: per la partecipazione, ossia tecnica e professionalizzante (giuridica, economica, organizzativa); e sulla partecipazione, per coltivare una cultura istituzionale e contrattuale condivisa, condizione indispensabile per trasformare la norma in prassi.

 

Chi scrive segue il tema da svariati anni e, grazie all’osservatorio fareContrattazione ha potuto raccogliere (in una banca dati di oltre 5.000 contratti decentrati) testi contrattuali e monitorare buone pratiche. In chiave di fundraising, per finanziare le borse di studio della nostra Scuola di alta formazione, abbiamo pertanto pensato opportuno condividere questa prima mappatura e offrire un percorso formativo finalizzato a tradurre in indicazioni pratiche e operative i precetti di legge. Il corso si terrà giovedì 19 giugno 2025, alle ore 10.00 ed è possibile iscriversi attraverso questo link.

 

Ilaria Armaroli

Ricercatrice ADAPT Senior Fellow
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Giorgio Impellizzieri

Assegnista di ricerca Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia – ADAPT Senior Fellow

Michele Tiraboschi

Università di Modena e Reggio Emilia

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