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Conoscere per deliberare: quale impatto per lavoratori, sindacati e imprese di un salario minimo legale a 9 euro?

Conoscere per deliberare: quale impatto per lavoratori, sindacati e imprese di un salario minimo legale a 9 euro?

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Bollettino ADAPT 3 luglio 2023 n. 25

 

Sta facendo molto discutere la proposta di un salario minimo legale fissato a 9 euro. Il dibattito è, come al solito in Italia, fortemente polarizzato, tra chi è favorevole e chi è contrario. Una sorta di guerra di religione dove, tuttavia, nessuno entra nel merito del contendere se non in termini molto superficiali.

 

Occorre allora precisare che, stando al testo della bozza in circolazione dell’accordo appena raggiunto tra i partiti di opposizione, parliamo di un salario minimo orario di 9 euro lordi che indicherebbe il “trattamento economico complessivo, comprensivo del trattamento minimo tabellare, degli scatti di anzianità, delle mensilità aggiuntive e delle indennità contrattuali fisse e continuative dovute in relazione all’ordinario svolgimento dell’attività lavorativa.

 

Se questa è la proposta, per capire l’impatto che questa misura potrebbe avere sul nostro mercato del lavoro, tanto rispetto alla questione del lavoro povero quanto in relazione al costo del lavoro e al rischio che un datore trovi conveniente abbandonare i contratti collettivi per attestarsi sul minimo legale, è in realtà sufficiente calcolare i trattamenti economici complessivi orari previsti per alcune delle figure più basse nella scala dei sistemi di inquadramento dei nostri contratti collettivi nazionali e fare un banale confronto. Questo lasciando ovviamente per il momento da parte il nodo, non secondario per chi sia interessato alla reale soluzione del problema, legato al numero complessivo di ore lavorate (incidenza del part-time), alla durata dei contratti (incidenza del lavoro precario) e all’uso distorto di alcuni schemi giuridici, tra cui i tirocini extracurriculari (incidenza del lavoro irregolare).

 

Ebbene, come indica la tabella 1 che segue, allo stato attuale la tariffa dei 9 euro lordi omnicomprensivi risulta inferiore a quella fissata dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Nel nostro caso abbiamo preso come riferimento, a titolo meramente esemplificativo, solo undici contratti collettivi nazionali tra i più applicati, tanto nei settori forti (per il rischio di sganciamento dal sistema contrattuale) che nei settori deboli (per valutare l’incidenza o meno della misura prospettata nel dibattito politico), ma il quadro non cambierebbe molto ampliando il campione.

 

Infatti, prendendo come riferimento le figure professionali più frequenti nei livelli di inquadramento più bassi, osservando la tabella 1 si registra un trattamento economico complessivo orario medio di 10,29 euro, che parte dai 9,25 euro di una guardia giurata inquadrata al quarto livello del CCNL vigilanza privata fino ad arrivare alla cifra di 11,34 euro di un operatore di laboratorio di livello E2 del CCNL chimica – farmaceutica.

 

TABELLA 1 – PROFILI PROFESSIONALI BASSI PIÙ FREQUENTI

CCNL Profilo professionale esemplificativo Minimo tabellare orario Con scatti di anzianità Con mensilità aggiuntive Trattamento economico complessivo
Chimica -farmaceutica Operatore di laboratorio livello E2 9,66 € 9,70 € 10,51 € 11,34 €
Logistica, trasporto merci e spedizione Riders con bici livello I 8,86 € 9,60 € 11,20 € 11,20 €
Metalmeccanica industria Manutentore livello D2 9,81 € 10,10 € 10,65 € 11,18 €
Industria alimentare Addetto macchina confezionamento livello 5 9,84 € 10,12 € 10,97 € 11,11 €
Terziario distribuzione e servizi (Commercio) Aiutante commesso livello V 9,14 € 9,38 € 10,94 € 11,01 €
Tessile abbigliamento Orditore livello 2 9,37 € 9,46 € 10,24 € 10,39 €
Distribuzione moderna organizzata Imballatore livello VI 8,51 € 8,75 € 10,21 € 10,25 €
Pubblici esercizi Commis di cucina livello 6S 8,14 € 8,51 € 9,92 € 9,92 €
Turismo Cameriere ai piani di albergo livello VI 8,01 € 8,37 € 9,77 € 9,77 €
Pulizia – multiservizi Addetto potatura livello III 7,73 € 8,09 € 9,43 € 9,43 €
Vigilanza privata  Guardia giurata fissa livello 4 7,68 € 7,93 € 9,25 € 9,25 €

Tutti gli importi indicati sono lordi.

Il trattamento economico complessivo è comprensivo di minimi tabellari, scatti di anzianità, mensilità aggiuntive e indennità contrattuali fisse e continuative.
A fini esemplificativi per gli scatti di anzianità si è ipotizzato il caso di due scatti maturati anche se i diversi CCNL li disciplinano diversamente (numero di scatti o cadenza differente).

 

Significativo, poi, che in tutti i contratti analizzati già soltanto considerando le ipotesi che prevedono minimi tabellari, due scatti di anzianità maturati e i ratei delle mensilità aggiuntive si superano i 9 euro lordi proposti e addirittura in cinque dei contratti presi in considerazione il trattamento economico risulta superiore ai 9 euro lordi già solo considerando i minimi tabellari (CCNL chimica – farmaceutica, CCNL metalmeccanica industria, CCNL industria alimentare, CCNL commercio e CCNL tessile abbigliamento).

 

Se finanche si volesse ricondurre l’analisi agli ultimi due livelli di inquadramento (che vengono nella realtà poco utilizzati) e a lavoratori da poco tempo in azienda (eliminando del tutto la componente degli scatti di anzianità), la situazione non cambierebbe molto.

 

La tabella 2 mostra il trattamento economico complessivo al penultimo livello di inquadramento e si nota che tra i contratti analizzati solo due contratti risultano inferiori, per pochi centesimi, alla soglia indicata dei 9 euro (CCNL pulizia – multiservizi e CCNL vigilanza privata). Al contrario, nove degli undici contratti analizzati anche in questa ipotesi poco frequente risultano garantire già oggi un trattamento superiore alla cifra fissata dalla proposta di salario minimo legale.

 

TABELLA 2 – PROFILI PROFESSIONALI AL PENULTIMO LIVELLO DI INQUADRAMENTO

CCNL Profilo professionale esemplificativo Trattamento economico complessivo
Metalmeccanica industria Manutentore livello D2 10,89 €
Industria alimentare Addetto macchina confezionamento livello 5 10,78 €
Chimica farmaceutica Campionatore livello E4 10,59 €
Logistica, trasporto merci e spedizione Guardiano livello 6 10,41 €
Tessile abbigliamento Orditore livello 2 10,30 €
Distribuzione moderna organizzata Imballatore livello VI 9,98 €
Terziario distribuzione e servizi (Commercio) Addetto carico/scarico livello VII 9,94 €
Pubblici esercizi Caffettiere barista livello VI 9,38 €
Turismo Cameriere ai piani di albergo livello VI 9,35 €
Pulizia – multiservizi Addetto pulizia livello II 8,59 €
Vigilanza privata  Guardia giurata livello 5 (dal 19° al 36° mese) 8,51 €

Tutti gli importi indicati sono lordi.

Il trattamento economico complessivo è comprensivo di minimi tabellari, mensilità aggiuntive e indennità contrattuali fisse e continuative (senza scatti di anzianità).

 

La tabella 3 indica infine, così da togliere gli ultimi dubbi sulla scarsa se non nulla incidenza in positivo della proposta in discussione, il caso del trattamento economico complessivo di lavoratori inquadrati all’ultimo livello del CCNL (utilizzato molto raramente nella pratica) e senza alcuna anzianità maturata.

 

Ebbene anche in questo caso in sei contratti collettivi su undici si supera la soglia dei 9 euro lordi omnicomprensivi. Ciò non accade in cinque settori (CCNL pubblici esercizi, CCNL turismo, CCNL tessile abbigliamento, CCNL pulizia – multiservizi e CCNL vigilanza privata) che peraltro sono quelli a più alta incidenza di lavoro irregolare e dove dilagano i cosiddetti contratti pirata. Inoltre, occorre evidenziare che nella pratica, e talvolta anche per previsione contrattuale (come nel caso delle guardie giurate del CCNL vigilanza), l’ultimo livello di inquadramento rappresenta spesso un mero salario di ingresso in attesa del passaggio al livello successivo dopo alcuni mesi di adattamento.

 

TABELLA 3 – PROFILI PROFESSIONALI ALL’ULTIMO LIVELLO DI INQUADRAMENTO

CCNL Profilo professionale esemplificativo Trattamento economico complessivo
Metalmeccanica industria Addetto servizi collaudo D1 10,31 €
Industria alimentare Addetto scarico e carico merci livello 6 10,10 €
Logistica, trasporto merci e spedizione Addetto movimentazione merci livello 6J 9,49 €
Chimica -farmaceutica Addetto carico scarico livello F 9,45 €
Distribuzione moderna organizzata Addetto pulizie livello VII 9,06 €
Terziario distribuzione e servizi (Commercio) Addetto alle pulizie livello VII 9,04 €
Pubblici esercizi Addetto pulizie sala livello VII 8,77 €
Turismo Commissioniere livello VII 8,76 €
Tessile abbigliamento Etichettatore livello 1 8,22 €
Pulizia – multiservizi Manovale livello 1 8,16 €
Vigilanza privata    Guardia giurata livello 6 (primi 18 mesi) 7,47 €

Tutti gli importi indicati sono lordi.
Il trattamento economico complessivo è comprensivo di minimi tabellari, mensilità aggiuntive e indennità contrattuali fisse e continuative (senza scatti di anzianità).

 

L’analisi qui condotta, oltre a confermare valutazioni di politica del lavoro che abbiamo sviluppato in altra sede (vedi i contributi raccolti in E. Massagli, D. Porcheddu, S. Spattini, Una legge sul salario minimo per l’Italia? Riflessioni e analisi dopo la direttiva europea, Materiali di discussione, 5/2022 e anche F. Lombardo, M. Tiraboschi, Le retribuzioni degli italiani: cosa davvero sappiamo?, in Bollettino ADAPT 13 giugno 2023 n. 22)  ci porta alle considerazioni di Luigi Einaudi nelle sue Prediche inutili: prima conoscere, poi discutere e solo dopo deliberare.

 

Un principio di buon senso purtroppo oggi dimenticato dalla politica, che cerca di risolvere problemi complessi a colpi di tweet e annunci improvvisati, ma anche dalle parti sociali che vengono accusate di una difesa corporativa dei propri interessi (e non di quelli di lavoratori e imprese) quando si oppongono al salario minimo per legge e a cui basterebbe presentare in dettaglio questi e altri dati per spiegare le buone ragioni della difesa dei vigenti sistemi di contrattazione collettiva (che certamente sono da migliorare) senza farsi dettare l’agenda da chi questi temi li conosce solo in superficie (M. Tiraboschi, Giusta retribuzione: chi detta l’agenda politica del lavoro?, in Bollettino ADAPT 3 luglio 2023 n. 25).

 

Francesco Lombardo
Assegnista di ricerca presso l’Università di Modena e Reggio Emilia

ADAPT, Università degli Studi di Siena
@franc_lombardo

 

Michele Tiraboschi

Università di Modena e Reggio Emilia

Coordinatore scientifico ADAPT

@MicheTiraboschi

 

NOTA METODOLOGICA

 

Contratti analizzati

 

I contratti collettivi nazionali di lavoro analizzati nella presente indagine sono stati selezionati secondo il criterio della maggiore applicazione (e quindi coinvolgimento di un maggior numero di imprese e lavoratori) nell’ambito dei settori economici e produttivi di riferimento sulla base del database CNEL (Archivio dei contratti collettivi nazionali di lavoro depositati al CNEL, Aggiornamento al 24 maggio 2023).

 

L’indagine è stata svolta sui minimi retributivi dei CCNL aggiornati al 1° luglio 2023.

 

Per ogni contratto è indicato il codice alfanumerico unico dei contratti collettivi nazionali di lavoro di cui all’art. 16-quater della legge n. 120/2020 (c.d. decreto Semplificazioni) che ne assegna l’attribuzione al CNEL, che cura e gestisce l’Archivio nazionale dei contratti di lavoro pubblici e privati.

 

Oggetto della presente analisi sono i seguenti contratti collettivi:

1) CCNL industria metalmeccanica e installazione di impianti (codice univoco C011) sottoscritto da Federmeccanica (Confindustria), Assistal (Confindustria) (Parte datoriale) e Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm (Parte sindacale);

2) CCNL industria chimica-farmaceutica (codice univoco B011) sottoscritto da Federchimica (Confindustria), Farmindustria (Confindustria) (Parte datoriale) e Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec (Parte sindacale);

3) CCNL terziario, distribuzione e servizi (Confcommercio) (codice univoco H011) sottoscritto da Confcommercio (Parte datoriale) e Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs (Parte sindacale);

4) CCNL logistica, trasporto, spedizioni (codice univoco I100) sottoscritto da Aite, Aiti (Confetra), Assoespressi (Confetra), Assologistica, Fedespedi (Confcommercio), Fedit, Fisi (Confetra), Trasportounito, Confetra, Anita (Confindustria), Fai (Confcommercio), Federtraslochi (Confcommercio), Federlogistica (Confcommercio), Unitai, Conftrasporto (Confcommercio), Cna Fita, Confartigianato Trasporti, Sna Casartigiani, Claai, Confcooperative Lavoro e servizi, Legacoop Produzione e servizi, Agci Servizi (Parte datoriale) e Filt Cgil; Fit Cisl; Uiltrasporti (Parte sindacale);

5) CCNL pubblici esercizi (codice univoco H05Y) sottoscritto da Fipe (Confcommercio), Angem, Legacoop Produzione e servizi, Confcooperative Lavoro e servizi, Agci (Parte datoriale) e Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs (Parte sindacale);

6) CCNL distribuzione moderna organizzata (codice univoco H008) sottoscritto da Federdistribuzione (Parte datoriale) e Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs (Parte sindacale);

7) CCNL pulizie e multiservizi (codice univoco K511) sottoscritto da Fise Confindustria (ora Anip), Legacoop Produzione e servizi, Confcooperative Lavoro e servizi, Agci Servizi, Unionservizi (Confapi) (Parte datoriale) e

Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltrasporti (Parte sindacale);

8) CCNL vigilanza privata (codice univoco HV17) sottoscritto da Assiv (Confindustria), Legacoop Produzione e servizi, Confcooperative Lavoro e servizi, Agci Servizi (Parte datoriale) e Filcams Cgil, Fisascat Cisl (Parte sindacale).

9) CCNL industria tessile-abbigliamento (codice univoco D014) sottoscritto da Smi (Confindustria) (Parte datoriale) e Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec (Parte sindacale);

10) CCNL industria alimentare (codice univoco E012) sottoscritto da Federalimentare (Confindustria), Aidepi, Aiipa (ora confluite in Unione Italiana Food) (Confindustria), Ancit (Confindustria, Anicav (Confindustria), Assalzoo (Confindustria), Assica (Confindustria), Assitol (Confindustria), Assobibe (Confindustria), Assobirra (Confindustria), Assocarni (Confindustria), Assolatte (Confindustria), Federvini (Confindustria), Italmopa (Confindustria), Mineracqua (Confindustria), Unionzucchero (Confindustria) (Parte datoriale) e Fai Cisl;, Flai Cgil e Uila (Parte sindacale).

11) CCNL turismo Confcommercio (codice univoco H052) sottoscritto da Federalberghi, Faita, Confcommercio (Parte datoriale) e Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs (Parte sindacale).

 

Minimo tabellare

 

Di seguito le modalità di calcolo dei minimi tabellari orari indicati nel contributo.

1. CCNL metalmeccanica: paga base conglobata divisa per divisore orario contrattuale.

2. CCNL chimica farmaceutica: somma di minimo contrattuale ed EDR diviso per divisore orario contrattuale.

3. CCNL commercio: somma di minimo contrattuale e contingenza diviso per divisore orario contrattuale.

4. CCNL logistica: somma di minimo contrattuale (primi 6 mesi) ed EDR diviso per divisore orario contrattuale.

5. CCNL pubblici esercizi: somma minimo contrattuale e indennità di contingenza diviso per divisore orario contrattuale.

6. CCNL DMO: somma paga base, indennità di contingenza, terzo elemento, acconto futuro aumento diviso per divisore orario contrattuale.

7. CCNL pulizie e multiservizi: somma minimo contrattuale, indennità di contingenza ed EDR diviso per divisore orario contrattuale.

8. CCNL vigilanza privata: minimo conglobato diviso per divisore orario contrattuale.

9. CCNL industria tessile-abbigliamento: elemento retributivo nazionale diviso per divisore orario contrattuale.

10. CCNL industria alimentare: somma minimo mensile e indennità contingenza diviso per divisore orario contrattuale.

11. CCNL turismo Confcommercio: paga base nazione conglobata per divisore orario contrattuale.

 

Minimo tabellare con scatti di anzianità

 

Di seguito le modalità di calcolo dei minimi tabellari con scatti di anzianità indicati nel contributo.

1. CCNL metalmeccanica: somma di paga base conglobata e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

2. CCNL chimica farmaceutica: somma di minimo contrattuale, EDR e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

3. CCNL commercio: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

4. CCNL logistica: somma di minimo contrattuale (primi 6 mesi), EDR e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

5. CCNL pubblici esercizi: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

6. CCNL DMO: somma di paga base, indennità di contingenza, terzo elemento, acconto futuro aumento e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

7. CCNL pulizie e multiservizi: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza, EDR e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

8. CCNL vigilanza privata: minimo conglobato più due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

9. CCNL industria tessile-abbigliamento: somma di elemento retributivo nazionale e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

10. CCNL industria alimentare: somma di minimo mensile, indennità di contingenza e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

11. CCNL turismo Confcommercio: somma di paga base nazione conglobata e due scatti di anzianità per divisore orario contrattuale.

 

Minimo tabellare con scatti di anzianità e ratei mensilità aggiuntive

 

Di seguito le modalità di calcolo dei minimi tabellari con scatti di anzianità e con mensilità aggiuntive indicati nel contributo.

1. CCNL metalmeccanica: somma di paga base conglobata, due scatti di anzianità e rateo tredicesima divisa per divisore orario contrattuale.

2. CCNL chimica farmaceutica: somma di minimo contrattuale, EDR, due scatti di anzianità e rateo tredicesima diviso per divisore orario contrattuale.

3. CCNL commercio: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale.

4. CCNL logistica: somma di minimo contrattuale (primi 6 mesi), EDR, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale.

5. CCNL pubblici esercizi: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale.

6. CCNL DMO: somma di paga base, contingenza, terzo elemento, acconto futuro aumento, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale.

7. CCNL pulizie e multiservizi: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza, EDR, due scatti anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale.

8. CCNL vigilanza privata: somma di minimo conglobato, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale.

9. CCNL industria tessile-abbigliamento: somma di elemento retributivo nazionale, due scatti di anzianità e rateo tredicesima diviso per divisore orario contrattuale.

10. CCNL industria alimentare: somma di minimo mensile, contingenza, due scatti di anzianità e rateo tredicesima diviso per divisore orario contrattuale.

11. CCNL turismo Confcommercio: somma di paga base nazione conglobata, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima per divisore orario contrattuale.

 

Trattamento economico complessivo

 

Di seguito le modalità di calcolo del trattamento economico complessivo orario comprensivo dei minimi tabellari, scatti di anzianità, mensilità aggiuntive e indennità fisse e continuative indicati nel contributo.

Di seguito le modalità di calcolo dei minimi tabellari orari con scatti di anzianità e con mensilità aggiuntive indicati nel contributo.

1. CCNL metalmeccanica: somma di paga base conglobata, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo elemento perequativo divisa per divisore orario contrattuale.

2. CCNL chimica farmaceutica: somma di minimo contrattuale, EDR, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e IPO diviso per divisore orario contrattuale.

3. CCNL commercio: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza, due scatti di anzianità, rateo tredicesima, rateo quattordicesima e terzo elemento Milano (nelle tabelle 2, 3 elemento nazionale 2,07) diviso per divisore orario contrattuale.

4. CCNL logistica: somma di minimo contrattuale (primi 6 mesi), EDR, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale (nessuna indennità aggiunta).

5. CCNL pubblici esercizi: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale (nessuna indennità aggiunta).

6. CCNL DMO: somma di paga base, contingenza, terzo elemento, acconto futuro aumento, due scatti di anzianità, rateo tredicesima, rateo quattordicesima ed elemento economico garanzia aziende meno 10 dip. diviso per divisore orario contrattuale.

7. CCNL pulizie e multiservizi: somma di minimo contrattuale, contingenza più EDR, due scatti anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale (nessuna indennità aggiunta).

8. CCNL vigilanza privata: somma di minimo conglobato, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale (nessuna indennità aggiunta).

9. CCNL industria tessile-abbigliamento: somma di elemento retributivo nazionale, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo elemento garanzia retributiva diviso per divisore orario contrattuale.

10. CCNL industria alimentare: somma di minimo mensile, indennità di contingenza, due scatti di anzianità e rateo tredicesima diviso per divisore orario contrattuale.

11. CCNL turismo Confcommercio: somma di paga base nazione conglobata, due scatti di anzianità, rateo tredicesima, rateo quattordicesima e trattamento economico mancata contrattazione II livello per divisore orario contrattuale (nessuna indennità aggiunta).

 

Nelle tabelle 2 e 3 sono stati effettuati i medesimi calcoli senza considerare però alcuno scatto di anzianità.

 

La tipizzazione nei contratti collettivi delle condotte disciplinari: un tema ancora aperto

La tipizzazione nei contratti collettivi delle condotte disciplinari: un tema ancora aperto

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Bollettino ADAPT 13 giugno 2023 n. 22

 

Tra le cause che prevedono la reintegrazione nel posto di lavoro, dopo la modifica dell’art.18 della legge n. 300/1970 introdotta dalla legge Fornero (l.92/2012), vi è quella del licenziamento adottato quando «il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili».

 

La stessa causale non compare tuttavia nell’art.3 del successivo decreto legislativo n. 23/2015, che si applica solo al personale assunto dopo il 7 marzo 2015.

 

La tipizzazione degli illeciti disciplinari cui è collegata la reintegrazione in caso di licenziamento illegittimo risulta pertanto applicabile solo agli assunti fino alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 23/2015.

 

Il comma 2 del’art. 3 dispone infatti che «esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento  per  giustificato motivo  soggettivo  o  per  giusta  causa in  cui  sia  direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento, il  giudice  annulla  il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione  del lavoratore nel posto  di  lavoro  e  al  pagamento  di  un’indennità’ risarcitoria» […]

 

Sulla vexata quaestio della [presunta] discriminazione tra vecchi e nuovi assunti, insorta per aver il legislatore del Jobs Act espunto dalle cause di reintegrazione le condotte per le quali i contratti prevedono sanzioni conservative, si sono ampiamente pronunciati i Giudici di merito, la Corte Costituzionale ed il Supremo Collegio, senza produrre una tesi definitiva (e soprattutto convincente).

 

Va premesso che la discriminazione (rectius: il diverso trattamento tra lavoratori) in ordine alle tutele in caso di licenziamento illegittimo, storicamente riguarda i lavoratori di aziende sotto e sopra la fatidica soglia dei 15 lavoratori, ed è stata affrontata (e più volte respinta) dalla Corte Costituzionale  a partire dalla storica sentenza n. 45/1965 ma anche, più recentemente, dalla sentenza n.183/2022 con cui la Corte ha affermato che spetta al legislatore «nel quadro della politica prescritta dalla norma costituzionale» adeguare le tutele in caso di licenziamenti illegittimi. Più in particolare, che «la possibile modulazione delle tutele contro i licenziamenti illegittimi è demandata all’apprezzamento discrezionale del legislatore, vincolato al rispetto del principio di eguaglianza, che vieta di omologare situazioni eterogenee e di trascurare la specificità del caso concreto».

 

Se questo orientamento sia ancora in linea con la realtà socio economica e col diritto vivente, a 50 anni dallo Statuto dei Lavoratori, è da più parti messo in dubbio (ed oggetto di ripetute rimessioni alla Corte, con diverse motivazioni, da parte dei giudici di merito), atteso che il discrimine tra piccole e grandi imprese, che stava all’origine delle scelte del legislatore dello Statuto, non si basa più sul numero dei dipendenti e sul fatturato, ma sul risultato economico dell’impresa. È evidente infatti che un’impresa tecnologicamente avanzata e con pochi lavoratori è spesso in grado di realizzare fatturati e utili maggiori di una grande impresa labour intensive.

 

Tornando sul punto, la questione posta dai commentatori più ostili alla riforma del Jobs Act riguardava l’asserita violazione della legge delega (legge n.183/2014) che avrebbe imposto al Governo (art.1 comma 7, lett. C) di individuare «specifiche fattispecie di condotte disciplinari che consentono la reintegrazione del lavoratore ingiustificatamente licenziato». Il legislatore delegato, tuttavia, assecondando le istanze delle imprese che invocavano certezze sui costi effettivi del licenziamento, avrebbe eluso [o comunque ristretto] l’ambito della delega individuando un’unica fattispecie (al netto delle predette ipotesi di nullità e discriminazione, comuni ad entrambe le discipline) che consente la reintegrazione sul posto di lavoro. In tal modo ignorando anche il ruolo della contrattazione collettiva, cui storicamente è affidato il compito di «tipizzare» la gravità delle condotte disciplinari e le conseguenze sanzionatorie per la loro violazione.

 

Per chiarezza espositiva va osservato che, indipendentemente dalle riforme e dalle intervenute pronunce, il giudice, nel rispetto ed a tutela della volontà negoziale, è comunque obbligato a tener conto delle condotte disciplinari (più o meno) tipizzate dalla contrattazione collettiva. Lo scontro interpretativo si è focalizzato pertanto sul fatto che la gravità delle condotte e la proporzionalità delle sanzioni applicate dal datore di lavoro, venivano (di fatto) sottratte al libero apprezzamento del giudice. Nella sua rigida formulazione, l’art. 3 del decreto legislativo n. 23/2015 chiede infatti al giudice di limitarsi a «costatare» la sussistenza o meno del fatto materiale, «rispetto alla quale resta estranea ogni [sua] valutazione circa la sproporzione del licenziamento».

 

Al contrasto dialettico è seguito una progressiva demolizione dell’art.3 da parte della giurisprudenza che, insinuandosi nell’incerta definizione del fatto «materiale» contestato, ha allargato le ipotesi di reintegrazione a quei comportamenti in cui il fatto, pur se materialmente accaduto, risulta, secondo il convincimento del giudice, privo di rilievo disciplinare per carenza dei presupposti soggettivi e/o oggettivi [con particolare riferimento alla sua imputabilità al lavoratore ed al nesso causale]. Fino ad affermare il principio nomofilattico, sancito dapprima con sentenza n.12174/2019 e successivamente con sentenza 12745/2022, secondo il quale non può ritenersi legittimo un provvedimento espulsivo «laddove le circostanze in cui si verifica il fatto siano di gravità tale da non giustificare il licenziamento», ovvero «non sia idoneo a ledere irrimediabilmente il vincolo di fiducia che deve sorreggere il rapporto di lavoro in termini di affidabilità quanto ad un futuro adempimento della prestazione».

 

Queste decisioni, che da una parte restituiscono al giudice il potere-dovere di decidere la controversia secondo il proprio libero apprezzamento, anche indipendentemente dalla stessa previsione contrattuale, hanno contestualmente riacceso il contrasto istituzionale tra chi le leggi è chiamato a farle e chi è chiamato ad applicarle nel caso concreto. Che si traduce in un’incertezza che danneggia sia le imprese che i lavoratori.

 

Altra questione, che riveste tuttavia un carattere «metagiuridico», ma ugualmente importante ai fini della ricostruzione storica dei fatti su cui spesso si innestano le decisioni della giurisprudenza, riguarda la ragione per cui, nonostante le due riforme miranti a restringere le ipotesi di reintegrazione, le parti collettive (datoriali e sindacali) non si siano mai attivate per colmare il vuoto delle definizioni generiche delle condotte disciplinari inserite nei contratti collettivi.

 

Alcuni addebitano il fatto ad una semplice (e colpevole) trascuratezza di chi avrebbe dovuto provvedervi, o al fatto che, quando si procede al rinnovo di un contratto nazionale, le parti siano interessate solo al confronto su alcune materie che incontrano la sensibilità dei lavoratori (come il salario, la gestione dell’orario, le ferie ed i permessi).

 

Nulla di più sbagliato. Vero è che solo alcune questioni sono rese pubbliche in quanto trattate in assemblea «plenaria», a cui partecipano [senza diritto di voto e di parola] i lavoratori e la vasta platea dei sindacalisti che presenziano [ma che in buona parte non sottoscrivono] il testo del rinnovo. Il vero confronto sull’intero contratto da rinnovare avviene infatti nelle [separate] commissioni composte dai soli esperti, nominate da ciascuna delle parti stipulanti, sindacali e datoriali, che a loro volta riportano le conclusioni ad una commissione bilaterale ristretta, che decide, in termini di importanza, su quali punti portare avanti il rinnovo del contratto.

 

Le conclusioni «politiche» vengono infine affidate ad una ristretta commissione tecnica che ha il compito di stendere il testo finale, misurando termini e parole con quel linguaggio criptico, a volte ambiguo, in una parola «sindacale», che spesso (e volutamente) non è un modello di chiarezza ma serve a far passare quelle misure che possono essere mal «digerite» dalle rispettive controparti e dalle basi dalle stesse rappresentate.

 

Scartata quindi l’ipotesi di una [presunta] apatia delle parti collettive sul tema della tipizzazione degli illeciti disciplinari, resta una sola possibile interpretazione: nessuna delle parti aveva (ed ha tuttora) interesse a definire con precisione e dettaglio le “condotte” la cui violazione determina o esclude la reintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato.

 

Una formulazione troppo dettagliata, infatti, lascia inevitabilmente fuori altre ipotesi sanzionatorie, restringendo il campo d’azione della causale. Questo non conviene alla parte datoriale, che ha interesse ad avvalersi di una formulazione generica della condotta per poterla applicare, per estensione, a fatti analoghi. Per opposti motivi non conviene alla parte sindacale, che ha l’interesse contrario ad eccepire che un comportamento illecito, se genericamente formulato, non integra il requisito della tipizzazione, legittimando in tal modo l’opposizione al licenziamento disciplinare per «insussistenza del fatto contestato».

 

L’ambiguo comportamento delle parti, ed i conflitti che ne derivano in chiave interpretativa, restano dunque tra i motivi dell’altalenante orientamento della giurisprudenza, spesso additata a censore delle scelte politiche del Legislatore ma a volte costretta a surrogarsi alle sue lacune, fino a reinterpretare la volontà negoziale in modo contrario a chi quelle norme le ha scritte e votate.

 

Anche su questo punto il Supremo Collegio, fino al 2012 (vedasi: sentenza n.12365/2019), aveva fatto proprio un orientamento restrittivo esigendo una previsione esplicita dei comportamenti da punire con sanzione conservativa ed escludendo la possibilità di allargare il campo della reintegra attraverso l’analogia. A distanza di tre anni tuttavia, con la sentenza n.11665/2022 ha cambiato orientamento richiamando la necessità di rifarsi alla volontà negoziale che comporta un’interpretazione restrittiva delle ipotesi reintegratorie, interpretando il riferimento alle condotte meritevoli di sanzioni conservative ai soli casi esplicitamente tipicizzati come tali.  E ciò «anche nei casi in cui le parti introducono criteri valutativi della gravità della condotta con formule riassuntive».

 

Il tema resta dunque di nuovo aperto, riproponendo la necessità di por mano ai codici disciplinari in un clima di perenne conflitto interpretativo che lascia nell’incertezza le imprese e gli operatori del diritto, spesso chiamati a rispondere se un fatto addotto come motivo di licenziamento possa dar origine, in caso di soccombenza, a tutele indennitarie (e, nel caso, di quale gravità) o alla possibilità di reintegrazione del lavoratore sul posto di lavoro.

 

Una risposta utile potrebbe forse ricavarsi dalla stessa formulazione della norma, che esclude il licenziamento quando «il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili». Un codice disciplinare infatti, anche se generalmente frutto della contrattazione collettiva, può essere unilateralmente predisposto dallo stesso datore di lavoro.

 

In tale ultimo caso, tuttavia, è opportuno tipizzare il fatto in modo tale da non porlo in contraddizione con l’astratta fattispecie contrattuale, eventualmente allargando il codice disciplinare interno a tutte le altre condotte potenzialmente disciplinari, riconducibili cioè non solo alla normale diligenza ma anche, ad esempio, agli obblighi di sicurezza, alla normativa sulla privacy ed al modello organizzativo sulla responsabilità amministrativa dell’impresa.

 

Avendo presente che, trattandosi pur sempre di un atto unilaterale predisposto dal datore di lavoro senza il concorso della parte sindacale, la sua efficacia obbligatoria si acquista solo con l’accettazione scritta da parte del lavoratore, che tuttavia generalmente avviene al momento stesso della costituzione del rapporto di lavoro, senza quindi che lo stesso ne abbia preso preventiva visione.

 

In ogni caso può costituire un aiuto alla chiarezza, certamente non risolutivo, ma che toglie qualche dubbio in attesa che, chi ha il compito di farlo, fornisca maggiori certezze.

 

Antonio Tarzia

ADAPT Professional Fellow