documenti-home-immagine-piccole

Il sapere non ha padrone: le ragioni di un rinnovato dialogo tra sindacato e intellettuali

Il sapere non ha padrone: le ragioni di un rinnovato dialogo tra sindacato e intellettuali

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

Per iscriverti al Bollettino ADAPT clicca qui

Per entrare nella Scuola di ADAPT e nel progetto Fabbrica dei talenti scrivi a: selezione@adapt.it

Bollettino ADAPT 2 maggio 2022, n. 17

 

L’intervento di Bruno Manghi al XX Congresso della FIM-CISL, tenutosi a Torino lo scorso 22 aprile, è stato rilanciato a più riprese sui social. Si tratta in effetti di un discorso molto evocativo non solo per il ricordo dello storico segretario generale della FIM, e poi della CISL, Pierre Carniti e della sua epoca sindacale (che ormai una buona parte dei fimmini e più in generale, di chi studia e pratica le relazioni industriali oggi non ha vissuto), ma anche per il messaggio e le provocazioni lanciati alla nuova classe di dirigenti sindacali.

 

C’è un passaggio che colpisce in particolare e su cui Manghi, che per tanti anni ha svolto attività di ricerca, formazione e consulenza in FIM (tanto da essere elencato tra gli intellettuali di riferimento sul sito dell’organizzazione sindacale), si sofferma per alcuni minuti: la consapevolezza di Carniti che “il sapere non ha padrone”. Al contrario di quanto si potrebbe ipotizzare, quell’espressione non fa semplicemente riferimento alla necessità che la conoscenza sia diffusa e messa in circolazione e non sia quindi custodita gelosamente da chi presuppone di detenerla; nel racconto di Bruno Manghi, questo approccio di Carniti parte dal riconoscimento che il sapere, non avendo padrone, non dovrebbe essere valutato per la sigla sindacale, il colore politico o la parte del tavolo contrattuale su cui siede chi ne è il portavoce: il sapere passa attraverso le persone di qualsiasi orientamento culturale, politico, religioso, e come tale dovrebbe essere rispettato e colto anche in chi non condivide le nostre stesse idee; idee che peraltro, come aggiunge lo stesso Manghi, evolvono continuamente nel corso della vita. È un messaggio importante per chi occupa lo spazio pubblico oggi, anche perché come scriveva Hannah Arendt (1958), solo riconoscendo la pluralità di punti di vista che la caratterizzano possiamo vedere la realtà per come è. Il totale isolamento, così come l’interpretazione del mondo sotto un’unica prospettiva, al contrario, determinerebbero la fine dello spazio comune in quanto tale. Pensiamo alla radicalità e alla potenza di questo insegnamento oggi, dentro il sindacato e non solo.

 

Bruno Manghi è convinto che questa consapevolezza abbia accompagnato la storia di Carniti e quella della FIM-CISL, favorendo relazioni solide e costruttive non solo con esponenti politici, sindacali e della società civile di diverso orientamento (come padre Reina, gesuita e consulente dell’associazione degli imprenditori cattolici, Giuseppe Sacchi della Camera del Lavoro di Milano, o Giulio Polotti, che fu tra i fondatori della UIL), ma anche con molti intellettuali, come gli economisti Ezio Tarantelli e Federico Caffè, chiamati a fare lezione ai sindacalisti, nonostante le divergenze di opinioni su alcuni temi. E in parte proprio questa apertura, secondo Manghi, avrebbe contribuito alla rilevanza della categoria dei metalmeccanici a livello confederale (tanti i fimmini poi diventati i segretari generali della CISL). Una posizione, quella della FIM-CISL, certamente distintiva rispetto ad altre categorie, ma che non dovrebbe indurre a dimenticare la dimensione confederale in cui si colloca e l’appartenenza a una storia e a un movimento sindacale che sono internazionali. È in questo passaggio che l’idea di un sapere senza padrone rende esplicito il proprio legame con il valore dell’umiltà, che è precondizione per apprendere dagli altri.

 

Il messaggio non può che giungere forte e chiaro alle orecchie dei sindacalisti presenti, esortati ad abbattere le barriere (spesso ideologiche) che, tanto in CISL quanto nelle altre organizzazioni, possono rallentare e ostacolare il confronto tra le categorie, con la confederazione, e con gli altri sindacati in Europa e nel mondo. E il fatto che provenga da una persona che ha dedicato gran parte della propria vita al sindacato e che ancora oggi non nasconde il proprio amore per il mestiere del sindacalista (il mestiere di chi, con competenza, si occupa dei problemi degli altri), permette di coglierlo senza ostilità.

 

Ma quella di ricercare e riconoscere il sapere senza padrone è una sfida che non può essere delegata al solo sindacato e che anzi dovrebbe coinvolgere tutti coloro che, dopo quasi due secoli di storia, credono ancora nel sindacato e nelle relazioni industriali. Se la cultura sindacale non scaturisce da un processo interno all’organizzazione ma è necessariamente alimentata e arricchita da relazioni esterne, il nostro compito, come ricercatori e sostenitori del ruolo del sindacato anche nell’odierno spazio pubblico, deve essere quello di accompagnare la rappresentanza del lavoro in questo processo: non accontentarci dei testi scientifici e dei comunicati stampa, ma provare a interloquire direttamente con il sindacato e a strutturare insieme percorsi di ricerca e formazione condotti nelle strutture e nei luoghi dove esso opera, senza perdere quell’umiltà necessaria a cercare altre strade di incontro e conoscenza se quelle preventivate risultano inefficaci, e preparandoci a riconoscere che i primi a trarre un grande sapere saremo noi.

 

Ilaria Armaroli

ADAPT Research Fellow

@ilaria_armaroli

 

La contrattazione collettiva in Germania: le tendenze del 2021

La contrattazione collettiva in Germania: le tendenze del 2021

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

Per iscriverti al Bollettino ADAPT clicca qui

Per entrare nella Scuola di ADAPT e nel progetto Fabbrica dei talenti scrivi a: selezione@adapt.it

Bollettino ADAPT 28 marzo 2022, n. 12

 

L’Istituto di scienze sociali ed economiche (Wirtschafts- und Sozialwissenschaftliche Institut – WSI) della Fondazione Hans Böckler ha di recente pubblicato un interessante report che analizza le linee di tendenza della contrattazione collettiva in Germania nel 2021.

Il report si apre con un dato che rende evidente come la pandemia da COVID-19 abbia segnatamente influenzato la dinamica delle relazioni industriali all’interno del paese: durante il 2021, la vigenza media degli accordi collettivi è stata di 23.8 mesi, spiccatamente maggiore di quanto avvenuto nell’anno precedente, durante il quale la stessa è stata molto più breve, in risposta alle incertezze connaturate al periodo emergenziale.

 

Un dato che viene inserito al termine del documento, ma che risulta tuttavia necessario al fine di contestualizzare gli ulteriori elementi riportati, è quello della copertura della contrattazione collettiva in Germania, la quale risulta in costante declino dagli anni 90’ in poi. Nel 2020, soltanto il 51% dei lavoratori tedeschi svolgeva la loro prestazione in un’azienda che applicava un contratto collettivo, di primo o di secondo livello. Gli autori riportano inoltre che, anche se una percentuale abbastanza grande di imprese al di fuori del sistema della contrattazione collettiva sembri modellare le condizioni di lavoro dei propri dipendenti su quanto previsto dalle disposizioni delle fonti collettive, ciò nella maggior parte dei casi comporta ancora una notevole divergenza dagli standard contenuti nelle stesse.

 

Sul fronte retributivo, invece, è da segnalare come, nel corso del 2021, circa 13 milioni di lavoratori subordinati abbiano beneficiato di aumenti salariali grazie all’azione della principale confederazione sindacale tedesca, la Deutscher Gewerkschaftsbund (DGB). Allo stesso tempo, è da notare come la crescita dei salari negoziali si sia fermata all’1,7%, dato significativamente inferiore a quello del 2018 (3%) e del 2019 (2,9%), ma anche a quello del 2020 (2%): tale declino, insieme alla crescita dell’inflazione, ha fatto sì che il salario “reale” dei lavoratori tedeschi sia crollato del 1,4%.

 

Gli aumenti del salario negoziale si differenziano in modo sostanziale tra i settori merceologici considerati: il settore della ristorazione è quello che ha subito uno degli aumenti più considerevoli, insieme a quello della pulizia industriale e dell’accoglienza, mentre i lavoratori del settore metalmeccanico hanno ricevuto unicamente un cosiddetto “Corona-Bonus” di 500 euro – ossia un’erogazione una tantum al netto di tassazione e contribuzione sociale, in riconoscenza del lavoro svolto durante la pandemia da COVID-19.

 

La comprensione della situazione salariale in Germania, però, non può essere completa se non specificando alcuni dati di contesto. Anche in reazione al costante declino della copertura della contrattazione collettiva negli ultimi decenni, dal 2015, nel paese vige una legge che indica l’importo minimo del salario orario per tutti i lavoratori del paese (Mindestlohngesetz), il quale viene adeguato periodicamente al costo della vita da parte di un’apposita commissione formata da rappresentanti del mondo datoriale, sindacale e accademico (Mindestlohnkommission).

 

Tale commissione aveva deciso che, nel 2022, il salario minimo orario netto per tutti i lavoratori tedeschi avrebbe dovuto equivalere a 10,45 euro. Tuttavia, al fine di garantire a tutti i cittadini “uno standard di vita dignitoso” il nuovo Governo federale ha deciso che, nell’ottobre del 2022, tale salario orario sarà elevato a 12 euro l’ora, eccezionalmente per via legislativa.

In Germania, tuttavia, minimi salariali erga omnes possono essere altresì introdotti dalla contrattazione collettiva: all’interno dell’ordinamento tedesco, infatti, è prevista la possibilità di estendere il campo di applicazione di un contratto collettivo a tutti i lavoratori di un determinato settore, a prescindere dall’appartenenza del datore di lavoro o dello stesso lavoratore alle associazioni di rappresentanza firmatarie, seguendo la procedura di cui al paragrafo 5 della Legge sulla contrattazione collettiva (Tarifvertragesetz). Secondo quanto descritto dal Report, buona parte dei minimi salariali collettivi erga omnes attualmente supera quello che sarà l’importo minimo legale da ottobre 2022 in poi: tuttavia, sussistono anche settori in cui vigono minimi inferiori, i quali dovranno necessariamente adeguarsi a quanto previsto dalla legge.

 

Un ultimo dato che risulta particolarmente interessante, e forse inaspettato per chi non conosce approfonditamente il contesto socioeconomico tedesco, è quello della persistente differenza nei salari negoziali dei lavoratori attivi nella ex Germania Est, e quelli nella ex Germania Ovest. Nel 2021, i lavoratori dei Länder della ex DDR potevano contare su un salario negoziale il cui importo ammontava al solo 98% di quello previsto per i loro omologhi dell’Ovest. Allo stesso tempo, il report rileva come questi ultimi beneficino generalmente di condizioni di lavoro più favorevoli dei loro connazionali, come ad esempio una settimana lavorativa di circa un’ora più corta (37,6 ore per i lavoratori dell’ex Germania Ovest, 38,5 ore per i lavoratori dell’ex Germania Est). Di conseguenza, durante il 2021, numerose azioni collettive sono state dirette a uniformare il numero di ore di lavoro svolte dai lavoratori della Germania Est e da quelli della Germania Ovest, in particolare nei settori dell’industria elettrica e metalmeccanica, in cui il divario è ancora più pronunciato rispetto ai dati riportati.

 

Nel paragrafo conclusivo del Report, gli autori azzardano alcune previsioni relativamente alle prospettive della contrattazione collettiva in Germania nel 2022. La ripresa dell’economia potrebbe infatti creare un contesto favorevole per quanto concerne la contrattazione in materia di retribuzione, la quale potrebbe portare a significativi aumenti salariali in quei settori, come quello dell’educazione, in cui si verificano al contempo significative carenze relativamente ai lavoratori in possesso delle competenze necessarie per l’attuale mercato del lavoro (skill shortages) e un forte aumento della domanda di lavoro.

 

Diletta Porcheddu

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@DPorcheddu

Informativa

Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati fanno uso di cookie necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy.
Dichiari di accettare l'utlizzo di cookie chiudendo o nascondendo questa informativa, proseguendo la navigazione di questa pagina, cliccando un link o un pulsante o continuando a navigare in altro modo.

Link alla Privacy & Cookie policy.