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Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/147 – Il nuovo CCNL del settore assistenziale e socio-sanitario di Confcommercio Salute

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 13 febbraio 2023, n. 6

 

In data 13 settembre 2022 è stato siglato il nuovo CCNL per il personale dipendente del settore assistenziale, socio-sanitario e delle cure post intensive, tra Confcommercio Salute, Sanità e Cura – assistita da Confcommercio-Imprese per l’Italia, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil.

Confcommercio Salute Sanità e Cura è un’organizzazione che rappresenta, a livello nazionale, le imprese e le realtà del settore assistenziale, sociale e socio-sanitario. Il settore è composto da circa 3mila aziende, che occupano 40mila addetti, operanti nel terzo settore, che applicheranno i contenuti della nuova intesa.

Già in data 27 luglio 2022 le stesse Parti avevano raggiunto un’intesa che necessitava ancora della ratifica da parte delle associazioni firmatarie per la stesura definitiva, avvenuta poi lo scorso 13 settembre.

Il CCNL si applica ai dipendenti di Associazioni, Fondazioni, Enti ed altre Iniziative Organizzate, operanti nel settore assistenziale, sociale, socio-sanitario, educativo nonché a tutte le altre Istituzioni di assistenza e beneficenza, ovvero quelle rientranti nell’area di cui al D.PC.M. 29 novembre 2001, allegato 1.C.

 

A titolo esemplificativo, il perimetro applicativo del contratto è composto da due sottogruppi:

– area socio sanitaria: istituti di assistenza domiciliare; case albergo funzionali ai servizi socio-sanitari; case protette; case di cura; case di riposo con reparto protetto; RSA; senior living; servizi di assistenza territoriale domiciliare, anche nella modalità di co abitazioni gestite da istituzioni; servizi per portatori di handicap, comunque denominati (istituti assistenziali, centri di riabilitazione, istituti psico-medico-pedagogici, comunità alloggio); struttura servizi specialistici per immagini; strutture di riabilitazione funzionale; assistenza socio-sanitaria svolta da terzi;

– area socio-assistenziale educativa: comunità di accoglienza, centri di assistenza; servizi per minori; centri di aggregazione giovanile; servizi di animazione; centri di psicoterapia dell’età evolutiva; centri culturali e ricreativi; comunità terapeutiche per dipendenti da sostanze e da alcool; consultori familiari; servizi per la cronicità; servizi per il recupero da ludopatia; attività per il recupero di persone svantaggiate anche organizzate attraverso strutture comunitarie semi-residenziali e residenziali; asili nido; tagesmutter o altre figure di assistenza domiciliare all’infanzia comunque denominate.

 

Le Parti hanno stabilito di includere, infine, anche le attività connesse e accessorie ai servizi sopra citati, anche se affidate a terzi.

 

Parte economica e welfare

 

Riguardo agli aspetti economici, i trattamenti retributivi previsti sono in linea rispetto ai contratti collettivi già presenti nel settore. La retribuzione, a partire dal 1° settembre 2022, è pari a 1.397,86 euro (livello 4° S). A decorrere dal 1° settembre 2023, e per tutta la vigenza contrattuale (31 dicembre 2024), la retribuzione mensile a regime sarà pari a 1.411,84 euro.

Di rilievo è la previsione di una maturazione progressiva, nei primi 36 mesi dall’assunzione del lavoratore, di alcuni istituti, quali la quattordicesima, i permessi retribuiti e gli scatti di anzianità.

Il CCNL prevede anche un consolidato sistema di welfare contrattuale per i lavoratori: è prevista l’iscrizione e la relativa contribuzione ai fondi del sistema contrattuale di Confcommercio, sia di assistenza sanitaria (Fondo EST e Qu.A.S.), sia di previdenza complementare (Fon.Te), che di formazione professionale (For.Te e Quadrifor).

Inoltre, è prevista la costituzione di un Ente bilaterale nazionale di settore, che a livello locale si occupi di promuovere e gestire iniziative in materia di formazione e qualificazione professionale anche in collaborazione con le Regioni e gli Enti competenti. Attraverso apposite Commissioni Paritetiche, l’Ente Bilaterale svolgerà anche le funzioni previste a sostegno delle donne vittime di violenza, nonché per favorire e promuovere la parità di genere.

 

Parte normativa

 

Il CCNL, oltre a prevedere la gran parte dei trattamenti economici e normativi in linea con quelli previsti per gli operatori del settore, presenta anche dei tratti distintivi, frutto del negoziato che ha portato le Parti alla sottoscrizione dell’accordo.

Tra questi elementi, emerge la disciplina del lavoro domiciliare, inteso come il lavoro prestato all’esterno dell’istituzione. Nello specifico, il lavoro domiciliare, così come inteso dalle Parti, è quello svolto all’esterno per alcune ore al giorno, giorni alla settimana o in via esclusiva presso abitazioni private (o presso un altro ente convenzionato), anche in regime di coabitazione, con le quali il datore di lavoro abbia un vincolo contrattuale per l’attività di assistenza sanitaria, infermieristica, fisioterapica o di altra attività tipica del datore di lavoro. Tale strumento sarà attivabile solo previo accordo individuale. Al lavoratore verrà fornito un kit di lavoro e verrà indennizzato con un rimborso chilometrico secondo le tabelle Aci.

 

Un altro aspetto qualitativo del CCNL è la disciplina dei cambi di gestione, per cui si prevede un sistema di regole volte alla tenuta occupazionale dei lavoratori addetti negli appalti. Nello specifico, l’azienda cessante deve dare formale e tempestiva comunicazione alle organizzazioni sindacali (aziendali e territoriali) e all’azienda subentrante, fornendo informazioni relative alla consistenza numerica degli addetti interessati – indicando coloro che sono in forza e occupati da almeno 4 mesi esclusivamente nell’appalto – all’orario contrattuale settimanale, al livello di inquadramento (con data di attribuzione), alla data di assunzione e all’eventuale impiego di funzioni di coordinamento e pianificazione. Dopodiché, l’azienda subentrante si impegnerà a garantire le condizioni economiche, normative e professionali, già percepite da ogni singolo lavoratore derivanti dall’applicazione del CCNL, ivi compresi gli scatti di anzianità e trattamenti previsti negli eventuali accordi integrativi. Inoltre, le Parti interessate attiveranno un confronto al fine di armonizzare le mutate esigenze tecnico-organizzative dell’appalto con il mantenimento dei livelli occupazionali.

 

Altro intervento qualificante del contratto è la tutela della malattia. Infatti, le Parti hanno garantito la piena tutela ad alcune categorie, introducendo, tuttavia, un sistema graduale di minor tutela delle malattie corte intercorse durante l’anno. Nello specifico, già a partire dal secondo evento di malattia durante l’anno, l’integrazione per i primi tre giorni a carico del datore di lavoro, cosiddetta indennità di carenza contrattuale, subisce una decurtazione del 10% (e così via per i successivi eventi), fino a cessare di essere corrisposta a partire dal sesto evento. La riduzione dell’integrazione non si applica ai lavoratori che hanno 60 anni di età anagrafica o almeno 30 anni di anzianità di servizio all’interno della stessa azienda e/o nel settore, né tantomeno in caso di ricovero ospedaliero, day hospital, emodialisi, prognosi iniziale non inferiore a 15 giorni, sclerosi multipla o progressiva, terapie salvavita ed eventi morbosi durante il periodo di gravidanza.

 

Altri istituti contrattuali presenti nel contratto sono le ferie solidali, la reperibilità, l’assistenza legale, la banca ore e il sostegno alle donne vittime di violenza.

Tra i Protocolli in allegato all’accordo, risalta il regolamento di prima applicazione del CCNL nelle strutture in cui ne vengano applicati altri. Si prevede che il passaggio di CCNL debba avvenire tramite apposito protocollo realizzato al secondo livello di contrattazione territoriale. Ove ciò non avvenga, l’azienda deve seguire i criteri per l’armonizzazione contrattuale definiti all’interno del protocollo, ai quali l’accordo applicativo aziendale dovrà ispirarsi (inquadramento, scatti, quattordicesima, orario, ferie, ecc.).

 

Valutazione d’insieme

 

Il nuovo CCNL, presentando nel suo complesso molti elementi innovativi, di competitività e di tutela del lavoro, ha l’arduo compito di inserirsi in un sistema contrattuale che presenta variegate compagini datoriali afferenti a settori tra loro alquanto diversi, dal mondo dell’industria, a quello dei servizi, fino a quello della cooperazione.

 

Nel settore della sanità privata e socio-assistenziale sono presenti più contratti collettivi, come si evince dall’archivio contratti del CNEL, ognuno con il suo specifico perimetro applicativo, la sua storia e le sue caratteristiche, sottoscritti da federazioni sindacali aderenti a Cgil, Cisl e Uil:

– CCNL per il personale non medico dipendente degli IRCCS e delle strutture sanitarie ospedaliere iscritte ad Aiop e Aris (Aris, Aiop, Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl);

– CCNL degli istituti socio-sanitari, assistenziali, educativi (Agidae, Fp Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs Uil);

– CCNL per il personale dipendente del settore assistenziale, sociale, socio-sanitario, educativo, nonché da tutte le altre istituzioni di assistenza (Agespi, Fp Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs Uil, Uil Fpl);

– CCNL per il personale dipendente dai settori socio assistenziale, socio sanitario ed educativo (Uneba, Fp Cgil, Fisascat Cisl, Cisl Fp, Uiltucs Uil, Uil Fpl);

– CCNL delle cooperative del settore socio-sanitario assistenziale-educativo e di inserimento lavorativo – Cooperative sociali (Agci Solidarietà; Confcooperative Federsolidarietà; Legacoopsociali; Fp Cgil, Cisl Fp, Fisascat Cisl, Uil Fpl, Uiltucs Uil).

 

A questi, si aggiungono i numerosi contratti collettivi del lavoro, di primo livello, che si applicano esclusivamente agli enti o alle associazioni firmatarie, quali Avis, Anffas Onlus, Policlinico Gemelli, Croce Rossa Italiana, Aias, Anpas, Misericordie d’Italia, Fenascop e Dynamo Camp Onlus. Inoltre, non mancano anche in questo settore, i CCNL sottoscritti da associazioni non aderenti a Cgil, Cisl e Uil.

 

Con la firma dell’accordo tra Confcommercio Salute, Sanità e Cura, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil, le Parti si sono poste due obiettivi significativi, rimarcati nei rispettivi comunicati stampa: innanzitutto, ritengono necessario uniformare i trattamenti economici e normativi per gli addetti del settore socio-sanitario-assistenziale e delle cure post intensive. A questo scopo, se ne deve aggiungere un altro, ovvero quello di portare sotto un unico alveo contrattuale applicativo tutte le forme spurie di contrattazione, contrastando fenomeni emergenti di dumping contrattuale presenti nel terzo settore.

 

L’obiettivo posto dalle Parti è considerevole e complesso, visto che gli attori della rappresentanza in campo sono molteplici, operanti in settori e livelli differenti. Tuttavia, a non rendere ancora più complesso il percorso è il fatto che la maggior parte dei trattamenti economici e normativi presenti nel contratto sono allineati con quelli già presenti nel settore, in modo da partire con un approccio di leale concorrenza nei confronti degli altri competitor operanti nel settore.

 

E proprio con questo spirito che le Parti hanno inserito una clausola di salvaguardia e di armonizzazione dei CCNL di settore, all’interno dell’accordo, attraverso la quale si impegnano a non prevedere elementi di carattere economico diversificati in altri contratti nazionali, che insistano sulla medesima sfera di applicazione, incontrandosi qualora ciò dovesse avvenire al fine di armonizzare i trattamenti economici dei lavoratori del settore.

 

Con l’accordo siglato è stato così posto un nuovo tassello nella storia delle relazioni sindacali del terzo settore, sul quale costruire i prossimi passi.

 

Ruben Schiavo

Scuola di Dottorato di ricerca in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@ruben_schiavo

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/146 – Il rinnovo del CCNL per il personale non imbarcato dipendente da cooperative di pesca: adeguamenti salariali, welfare e tutele per le donne vittime di violenza

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 6 febbraio 2023, n. 5

 

Contesto del rinnovo

 

Il 30 novembre 2022 è stato siglato il verbale di accordo di rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale per il personale non imbarcato dipendente da cooperative esercenti attività di pesca marittima, di maricoltura, acquacoltura e vallicoltura.

 

Il contratto si rivolge ai lavoratori della pesca che svolgono la propria attività all’interno degli uffici, negli impianti a terra e in quelli di allevamento ittico o molluschicolo in acque marittime, lagunari e in valli da pesca che non sono imbarcati sulle navi.

 

Per ciò che attiene il campo di applicazione, occorre rilevare che nella stipula del nuovo accordo le parti si sono impegnate a proseguire il confronto volto ad individuare una nuova formulazione dell’attuale articolo 1 così da poter dare rilievo anche “alle ipotesi di attività lavorativa svolta a terra da parte di un lavoratore imbarcato presso il medesimo datore di lavoro in maniera complementare rispetto alle primarie mansioni di marittimo”.

 

L’intesa stata sottoscritta per la parte datoriale da Agci – Agrital, Confcooperative – Fedagripesca, Legacoop Agroalimentare insieme con le organizzazioni sindacali Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila Pesca. Le parti hanno ritenuto di dare atto del reciproco riconoscimento di soggetti comparativamente rappresentativi sul territorio relativamente all’ambito di applicazione del contratto in questione e hanno stabilito la necessità di una preventiva e formale autorizzazione di ciascuna di esse qualora dovessero pervenire richieste di adesione da parte di altre organizzazioni.

 

Parte economica

 

Per quanto riguarda la parte economica, è importante, innanzitutto, rilevare l’incremento salariale complessivo del 6% la cui erogazione è suddivisa in due tranche, del 3% ciascuna, che decorrono rispettivamente dal 1° dicembre 2022 e dal 1° marzo 2023.

 

La contrattazione collettiva di settore ha poi disposto una modifica dell’art. 13 in materia di orario straordinario. Secondo la sua nuova formulazione, l’articolo appena richiamato dispone che le ore di lavoro straordinario verranno retribuite sulla base della quota oraria della retribuzione di fatto con una maggiorazione del 30% per ciò che concerne le prestazioni di lavoro straordinario diurno e del 35% per quanto riguarda l’attività lavorativa svolta durante i giorni festivi.

 

Ulteriori importanti novità riguardano la materia relativa alle indennità di malattia e di infortunio il cui ambito di applicazione è stato esteso agli apprendisti. L’art. 27 prevede, infatti, l’erogazione di un’indennità di malattia a carico del datore di lavoro ad integrazione di quella versata dall’INPS. Quest’ultima sarà corrisposta in maniera tale da raggiungere la misura del 100% per i giorni dal 4 al 20 fino a un massimo di cinque eventi annui e del 75% dal sesto evento in poi. È inoltre disposto un incremento della percentuale di integrazione da parte del datore di lavoro dell’indennità INAIL a favore del lavoratore assente per inabilità determinata da infortunio sul lavoro. Secondo la precedente formulazione dell’art. 28 del CCNL in questione, infatti, il datore si impegnava a corrispondere l’indennità fino al raggiungimento della misura del 90% per i giorni dal 5° al 20° e del 100% per i giorni dal 21° in poi. La nuova formulazione della disposizione in esame, invece, prevede un’integrazione fino al 100% sia per i primi tre giorni sia per i giorni che vanno dal quinto al ventesimo.

 

Rilevanti, inoltre, le novità relative al sistema di welfare contrattuale di settore. In primo luogo, si segnala l’aggiornamento della parte relativa alla previdenza complementare, con l’indicazione del fondo Previdenza Cooperativa (in cui è confluito il precedente fondo Filcoop) quale fondo di riferimento del settore e la fissazione delle relative quote di contribuzione al fondo a carico di aziende e lavoratori. A ciò si affianca la completa riformulazione dell’art. 65 (“fondo sanitario integrativo”) attraverso cui le parti si impegnano nella promozione del F.I.L.COOP. Sanitario quale fondo di assistenza sanitaria di riferimento per il settore. Per garantire ai lavoratori le coperture sanitarie del fondo, è previsto un contributo totale per ciascun lavoratore nel limite massimo di 52,00 euro annuo, suddiviso in 26,00 euro a carico dell’impresa ed altrettanti a carico del lavoratore, così da suddividere l’onere in maniera paritetica.

 

Infine, per ciò che concerne il pernottamento in valli da pesca è prevista un’indennità di 45 euro per ogni notte, a cui si aggiunge il divieto di pernottamento in valle per lo stesso lavoratore per più di sei giorni nello stesso mese.

 

Parte normativa

 

Con riferimento alla parte normativa, le parti hanno introdotto, in materia di gravidanza e puerperio, la possibilità per la madre e il convivente di richiedere la concessione per un periodo di 3 mesi della esenzione dal lavoro notturno (dai 3 ai 6 anni del figlio) e hanno esteso di un giorno la durata del congedo di paternità.

 

Si segnalano, inoltre, due importanti novità che hanno ad oggetto lo strumento delle ferie solidali e la tutela a favore delle donne vittime di violenza di genere. Per quanto riguarda il primo aspetto, viene ammessa la possibilità di cedere i riposi e le ferie maturate ad altri lavoratori dipendenti dallo stesso datore qualora questi necessitino di riposi o di ferie per poter assistere i propri familiari che versano in particolari condizioni di salute. Per potersi avvalere di tale strumento sarà necessaria una richiesta di utilizzo delle ferie solidali per un massimo di trenta giorni corredata da certificazione comprovante lo stato di necessità. Per le donne vittime di violenza di genere, invece, è prevista la possibilità di godere di un periodo di congedo retribuito di due mesi e di esercitare il diritto alla riassunzione entro 60 giorni dal termine di un percorso di protezione.

 

Il rinnovo introduce inoltre una nuova regolamentazione dei permessi retribuiti, che prevede dei gruppi di 4 e di 8 ore di permesso retribuito in sostituzione delle festività abolite dal combinato disposto della L. n. 54 del 5/03/1977 e del D.P.R. n. 792/1985. I permessi non fruiti decadranno entro l’anno di maturazione e verranno pagati con la retribuzione di fatto, oppure se ne potrà beneficiare non oltre il 30 giugno dell’anno successivo.

 

Infine, a favore dei lavoratori ammalati o infortunati sul lavoro, è garantita la conservazione del posto per un periodo massimo di 180 giorni, che a richiesta del lavoratore potrà essere prolungata per un ulteriore periodo non superiore a 180 qualora non si tratti di malattie croniche e/o psichiche, a condizione che siano esibiti i relativi certificati medici e che il periodo eccedente i 180 giorni venga considerato di “aspettativa” senza alcuna retribuzione.

 

Parte obbligatoria

 

Sul piano della parte obbligatoria, occorre segnalare che il contratto ha una durata quadriennale e sarà valido fino al 31 dicembre 2025. Si intenderà tacitamente rinnovato se almeno 6 mesi prima della scadenza non verrà presentata disdetta da almeno una delle parti contraenti. In tal caso, la parte che ha presentato la disdetta dovrà, almeno 3 mesi prima della scadenza, presentare le proposte per il rinnovo e le trattative verranno aperte almeno 2 mesi prima della scadenza del CCNL.

 

Valutazione d’insieme

 

La sottoscrizione del rinnovo del contratto nazionale rappresenta senza dubbio un passaggio di rilevante importanza per il settore, che è stato valutato positivamente dai firmatari, visto anche il difficile contesto storico in cui si sono svolte le trattative. Proprio alla luce della complessa fase economica che il nostro Paese sta attraversando, le parti hanno convenuto di riconvocarsi nuovamente entro e non oltre il 31 dicembre 2023, così da individuare possibili soluzioni contrattuali per salvaguardare il potere d’acquisto delle retribuzioni.

 

Maria Elena Bartolotta

Scuola di Dottorato di ricerca in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@MariaElena_Bart

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/145 – Il Nuovo Patto per il lavoro della Regione Toscana: un tentativo di rilancio delle politiche attive sul territorio

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

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Bollettino ADAPT 30 gennaio 2023, n. 4

 

Parti firmatarie e contesto

 

Il giorno 14 dicembre 2022 la Regione Toscana ha sottoscritto un documento programmatico definito come “Nuovo patto per il lavoro” con l’obiettivo di rilanciare le politiche attive del lavoro, indicate all’interno dello stesso documento come indispensabili per attenuare le criticità socioeconomiche emerse con la pandemia e incentivare processi di ripresa produttiva e occupazionale. Il Patto si colloca all’interno di una crescente attenzione della Regione Toscana nei confronti delle politiche attive del lavoro, che ha visto prima l’attuazione di un “Piano Integrato per l’Occupazione” tra il 2018 e il 2020, ed un successivo rilancio del tema nel Protocollo siglato con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in data 8 settembre 2021.

 

Il Patto in questione è stato adottato all’interno di una cornice unitaria in condivisione con la Commissione Regionale Permanente Tripartita (CRPT): si tratta di un organismo istituito ai sensi della Legge Regionale n. 32 del 2002, che garantisce la partecipazione delle rappresentanze delle parti sociali più rappresentative (datoriali e sindacali) a livello regionale nell’attività di progettazione, valutazione, verifica di programmi e azioni sulle materie educazione, istruzione, orientamento e formazione professionale, lavoro.

 

Successivamente alla programmazione, la “messa a terra” del Patto avverrà per mezzo di protocolli territoriali siglati a livello provinciale che vedranno coinvolte le stesse province e i soggetti presenti in CRPT, con il coordinamento dei responsabili territoriali di ARTI (Agenzia Regione Toscana per l’Impiego).

 

Tali protocolli saranno finalizzati alla «ottimizzazione, in specifici settori o filiere produttive territorialmente localizzate, del rapporto tra i sistemi del lavoro, dell’istruzione e formazione e delle parti sociali per garantire opportunità occupazionali e il soddisfacimento dei fabbisogni di competenze delle imprese anche in relazione ai processi di innovazione, riconversione e trasformazione industriale» nel rispetto dei Livelli Essenziali delle Prestazioni che attengono all’offerta di servizi per il lavoro e politiche attive del lavoro, previsti dal D. Lgs. n. 150 del 2015 e dal Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 4 del 2018.

 

Il Patto è pensato nell’ottica di un’integrazione con altri strumenti introdotti a livello nazionale e regionale, a partire dal nuovo Programma Nazionale per la Garanzia Occupabilità dei Lavoratori (GOL) e il Piano Nuove Competenze, finanziati nell’ambito della Missione M5, intervento “1.1 Politiche attive del lavoro e formazione” del PNRR, con il prossimo Programma Operativo Nazionale “Giovani Donne e Lavoro” e con la Programmazione Regionale del Fondo Sociale Europeo 2021/2027.

 

Il tentativo di rilancio delle politiche attive da parte di Regione Toscana fa seguito a quello del 2021 da parte di Regione Lazio, che ha sottoscritto un Protocollo d’intesa per le politiche attive del lavoro assieme alle principali rappresentanze delle parti sociali (per la cui analisi approfondita, si segnalano Il Protocollo d’intesa per le politiche attive della Regione Lazio/2. Spunti di riflessione per una nuova governance delle politiche attive e la sintesi dei contenuti, in Bollettino ADAPT del 15 marzo 2021, n. 10) ad evidenziare un rinnovato interesse per il tema.

 

Sintesi del contenuto

 

Le risorse stanziate, per un totale di 58 milioni e 800 mila euro, verranno suddivise anch’esse su base provinciale, in parallelo ai protocolli territoriali, tenendo conto della situazione economica, sociale e occupazionale dei territori secondo il sistema di classificazione elaborato da IRPET (Istituto Regionale Programmazione Economica della Toscana) che vede la presenza di aree di crisi complessa e semplice, e delle aree interne intermedie, distinte in periferiche e ultra-periferiche.

 

Il contenuto principale del Patto è costituito da una serie di misure di politica attiva elencate all’articolo 5 del documento, di seguito riassunte:

 

– Assegno per l’impiego: consiste in uno sviluppo della sperimentazione regionale dell’assegno di ricollocazione, e finanzia otto diverse misure di politica attiva (formazione, orientamento, accompagnamento al lavoro, ecc.) che possono essere erogate dai CPI o da agenzie per il lavoro o formative accreditate presso la Regione.

 

– Contributi per la fase di “start up” di impresa: prevede un contributo a fondo perduto per le imprese neocostituite o da costituire, previa sottoscrizione di un Piano di Ricerca Intensiva (PRI) che indichi la motivazione ad avviare una nuova attività. Criterio fondamentale per l’erogazione del contributo è la presenza di caratteristiche che rendono l’impresa idonea a durare e creare posti di lavoro, come l’esperienza imprenditoriale dei soggetti coinvolti e le capacità tecniche legate all’attività che si vuole avviare. L’importo previsto per ogni contributo singolo è di 8 mila euro, che aumenta a 10mila nel caso in cui i richiedenti siano donne o soggetti under 40.

 

– Voucher formativi individuali: contributo che va a finanziare la frequenza di corsi di formazione, tramite il rimborso delle spese di iscrizione. I corsi sono erogati da organismi formativi accreditati presso Regione Toscana, e riguardano un’ampia gamma di ambiti: qualifiche professionali, certificazione di competenze, corsi dovuti per legge (ad eccezione di quelli per la sicurezza e pronto soccorso), patenti di guida di categorie superiori alla B e abilitazioni professionali alla guida.

 

– Voucher “Just in time”: diversamente dal precedente, questo voucher viene attivato su iniziativa dell’impresa interessata all’assunzione di professionalità specifiche, e passa per mezzo dell’intermediazione dei Centri per l’Impiego territoriali che individuano i potenziali soggetti da formare per mezzo del voucher. L’obiettivo dello strumento è ridurre le tempistiche che intercorrono tra la richiesta di personale da parte delle imprese, l’individuazione del soggetto da mettere in formazione, lo svolgimento del percorso formativo e l’occupabilità. Tale strumento è esteso anche agli occupati di imprese in crisi, o che prevedono un importante programma di assunzioni, o in cerca di professionalità mancanti nel mercato del lavoro. In questo caso, le imprese individueranno i soggetti che necessitano di colmare gap formativi o diversificare e accrescere le proprie competenze, sempre nell’interesse dell’impresa stessa.

 

– Voucher di conciliazione: finalizzati a garantire un maggior equilibrio tra vita e lavoro, si distinguono in due tipologie, per un importo massimo di mille euro: per l’acquisto di servizi educativi, per la cura e l’intrattenimento/sostegno di figli/e minori di 13 anni; per l’acquisto di servizi per la cura e l’assistenza di figli/e in condizioni di non autosufficienza e/o disabilità. Infine, è previsto un contributo forfettario a sostegno della mobilità geografica di 50 euro al mese, erogabile per un massimo di sei mesi, per le spese di trasporto relative alla frequenza di corsi di formazione o tirocini.

 

– Percorsi formativi brevi finalizzati all’occupabilità – mismatch: da destinare a percorsi formativi di breve durata, che dovranno essere organizzati all’interno di un catalogo unitario regionale in coerenza con le esigenze e le priorità delle aree territoriali.

 

– Percorsi formativi collegati a protocolli territoriali: volti a finanziare interventi formativi rivolti a soggetti occupati, dipendenti e imprenditori di aziende in crisi o fase di riconversione, e non occupati, in base ai fabbisogni formativi individuati nei protocolli territoriali stipulati tra Regione Toscana, enti locali e parti sociali.

 

– Avvisi per la ricollocazione di lavoratrici e lavoratori coinvolti in crisi aziendali: Riguardano gruppi di lavoratori coinvolti in vertenze di rilevanza regionale, e prevedono misure di formazione, outplacement, accompagnamento al lavoro e tirocini al fine di valorizzare «il know-how posseduto dalla complessiva forza lavoro di un’azienda, l’omogeneità delle competenze professionali dei lavoratori, le possibilità di recupero occupazionale collettivo e di gruppo che si danno per questi stessi lavoratori».

 

– Incentivi all’occupazione: disponibili, su richiesta, per i datori di lavoro che assumono i soggetti che hanno sottoscritto il Piano di Ricerca Intensiva (PRI). L’importo varia in funzione della tipologia di contratto e del profilo della lavoratrice o del lavoratore assunto, fino a un massimo di 8 mila euro, o a 10 mila euro nel caso di soggetti disabili o persone vulnerabili in carico a servizi sociali e sanitari; si propone di tenere un massimale superiore anche per l’assunzione di donne, in particolare per le vittime di tratta o di violenza seguite dai Centri Antiviolenza e dai CPI.

 

 Valutazione d’insieme

 

Il documento presenta una grande varietà di strumenti di finanziamento a sostegno delle politiche attive del lavoro. L’elemento di novità è riscontrabile nel tentativo di delineare misure meno generiche ma più specifiche e puntuali, ritagliate intorno a casistiche differenziate in base al soggetto beneficiario (imprese o individui), alla condizione occupazionale, all’età, al background formativo e professionale. Si hanno, in questo modo, strumenti a favore dei lavoratori con famiglie a carico, come il voucher di conciliazione (art. 5, lettera E del Patto), come strumenti per percorsi formativi di breve durata, destinati a soggetti evidentemente più vicini al mercato del lavoro (art. 5, lettera F); ancora, incentivi all’autoimprenditorialità (art. 5, lettera B) che guardano con particolare favore a giovani e donne, o misure come il voucher “just in time” (art. 5, lettera D) pensate per rispondere ai fabbisogni professionali delle imprese.

 

Grazie all’offerta differenziata i destinatari possono orientarsi più chiaramente tra i vari strumenti costruiti per diverse esigenze, e la Regione Toscana perseguire una maggiore efficacia nell’implementazione di misure di politica attiva. In questo senso, risulta fondamentale il ruolo dei protocolli territoriali che permettono di evidenziare quelle che sono le difficoltà specifiche a livello locale, provvedendo ad assegnare risorse più ingenti ove sorgano situazioni di maggior criticità dal punto di vista industriale e occupazionale. Territorialità e prossimità degli interventi rappresentano due elementi chiave che le parti firmatarie dell’accordo hanno individuato per incidere sull’occupabilità della forza lavoro e la produttività delle imprese.

 

A beneficiare della misura saranno sia soggetti disoccupati e inoccupati, sia lavoratori subordinati che necessitano di percorsi di aggiornamento delle competenze o riqualificazione, residenti e domiciliati in Regione Toscana.  Le stesse imprese sono coinvolte in prima linea nel Patto, in quanto responsabili di indicare direttamente i fabbisogni di competenze di cui necessitano e contribuire così alla definizione di profili professionali e percorsi formativi in grado di ottimizzare l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Importante, infine, anche l’incentivo all’imprenditorialità, che prevede un meccanismo premiale per le iniziative più strutturate.

 

Un punto di forza dell’iniziativa è certamente la presenza di spazi di coinvolgimento per le rappresentanze sociali, sia datoriali che sindacali, tanto nella CRPT quanto nell’apporto previsto per l’elaborazione dei protocolli territoriali. Dall’altra parte, sebbene il ruolo della formazione sia messo in primo piano, vengono richiamati principalmente percorsi formativi a livello secondario o relativi alla formazione continua: manca un’apertura nei confronti di percorsi formativi più strutturati, come quelli universitari o degli Istituti Tecnologici Superiori (ITS Academy) in grado di fornire competenze solide e di alto livello e, di conseguenza, più spendibili nel mercato del lavoro.

 

Marco Delle Chiaie

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@M_DelleChiaie

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/144 – Accordo Almaviva: la funzione coordinatrice delle relazioni industriali in contesti organizzativi in evoluzione

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 23 gennaio 2023, n. 3

 

Parti firmatarie e contesto

 

Mercoledì 14 dicembre 2022 la Direzione Aziendale di Almaviva, Reactive e Kline e le RSU, assistite dalle segreterie territoriali e nazionali di FIOM-CGIL, UILM e FIM-CISL hanno siglato un importante rinnovo del contratto integrativo aziendale, vigente per il triennio 2023-2025.

 

Si tratta di una sottoscrizione che giunge al termine di una lunga trattativa, iniziata nel 2020 con la presentazione della piattaforma sindacale e proseguita nei due anni seguenti.

 

Almaviva è il Gruppo italiano leader nel settore dell’Information & Communication Technology. Il suo scopo è accompagnare la crescita e l’incremento della competitività delle organizzazioni nell’era digitale e, ad oggi, ha un organico di 45.000 dipendenti dislocati a livello italiano e internazionale. Nel corso del 2021 e nel 2022, Almaviva ha acquisito Kline, azienda specializzata in piattaforme applicative per il comparto del Wealth Management, e ha creato Reactive, società del Gruppo dedicata alla trasformazione digitale nel mondo finance. Oltre al peso temporale del tavolo negoziale, tale rinnovo del contratto di secondo livello si caratterizza per la ricezione di tale nuovo assetto societario di Almaviva.

 

Oggetto e tipologia di accordo

 

L’accordo, dunque, costituisce il rinnovo del contratto integrativo del Gruppo e si pone l’obiettivo di rappresentare l’unica regolamentazione collettiva di secondo livello applicata in azienda. Tale finalità di sistematizzazione e ordine nasce dall’ampiezza della popolazione aziendale coinvolta e dalla volontà di far sì che il sistema di relazioni industriali accompagni e agisca in modo congruente rispetto ai recenti riassetti societari. La costruzione, menzionata all’interno del contratto, di un documento di sintesi di tutta la normativa aziendale vigente e il suo inserimento all’interno dell’intranet del Gruppo confermano il desiderio delle parti di agire da raccordo in un contesto organizzativo in divenire.

 

Temi trattati / punti qualificanti / elementi originali o di novità

 

L’operazione di ordinamento compiuta dai firmatari è alla base dell’ampiezza dell’accordo Almaviva. In coerenza rispetto alle rimodulazioni interne al Gruppo, tale accordo costituisce, prima di tutto, l’atto di fondazione del Coordinamento Nazionale relativo ad Almaviva, Reactive e Kline. Tale tavolo negoziale si configura come il primo livello del sistema di relazioni industriali, che viene completato dai tavoli con le RSU locali. Il quadro dei diritti sindacali e delle modalità di informazione e consultazione sindacale esprime la volontà delle parti di regolare il loro sistema di confronto.

 

Inoltre, il contratto integrativo contiene la regolamentazione dell’orario di lavoro e modifica in modo significativo la fruizione dei permessi annui retribuiti, consentendone la fruizione senza autorizzazione nel caso in cui la loro durata sia inferiore a 60 minuti. Per quanto riguarda le ferie, il testo agevola i lavoratori nell’applicazione dell’istituto della banca ore, prevedendo il deposito di tutte le ore di straordinario effettuate durante l’anno, ma anche per giornate singole prestate nell’arco del mese. Con particolare, ma non esclusivo, riferimento al personale non turnista, le parti includono anche un’importante elasticità in ingresso.

Si tratta di misure finalizzate al miglioramento continuo dell’ambiente lavorativo e della qualità della vita in azienda, a buon diritto riferibili al vasto campo del welfare aziendale, in merito al quale l’accordo si esprime anche attraverso la conferma dell’applicazione del Pacchetto Integrativo B di Metasalute per tutti i dipendenti delle società coinvolte dal contratto integrativo in questione.

 

La sottoscrizione di tale contratto, inoltre, prolunga il termine dell’accordo sul lavoro agile stipulato a maggio 2021 alla scadenza dell’integrativo stesso.

 

Dal punto di vista economico, l’accordo interviene sull’istituto della reperibilità e aumenta le indennità di turno, a testimonianza dell’obiettivo di aumentare la copertura oraria e, dunque, la riserva di flessibilità attivabile da parte dell’azienda.

 

L’accordo norma, infine, l’istituto del premio di risultato. Nel contratto integrativo siglato, tale sistema premiante è composto da due indicatori. Il primo, il più pesante a livello percentuale sul payout finale, è un indicatore di natura prettamente economica relativo all’incremento dell’EBIT dell’anno di riferimento rispetto al precedente. Il secondo, invece, è un parametro di produttività basato sul numero di giorni fatturati. L’accordo prevede la possibilità di premiare l’overachievement e una riparametrizzazione del payout per livello. In accordo con le linee di tendenza della contrattazione collettiva italiana sull’istituto, il contratto include la possibilità di welfarizzazione, e conseguente erogazione di una somma aggiuntiva del premio finale.

 

Valutazione d’insieme

 

Il grande peso dell’EBIT complessivo di Almaviva, Reactive e Kline nella struttura del premio di risultato è il naturale riflesso economico della costituzione del Coordinamento Nazionale delle tre società. La decisione dei firmatari di inserire tale parametro va nella direzione di convogliare il fattore partecipativo dell’istituto verso la costruzione dell’unità e del senso di contribuzione dei dipendenti delle tre differenti realtà del Gruppo.

In quest’ottica, il contratto integrativo siglato dalle parti a fine 2022 ha un obiettivo sistematico non solo, come affermato all’inizio di questo breve articolo, poiché si pone la finalità di offrire una regolamentazione unica di tutti gli accordi vigenti in azienda, ma anche in quanto configura gli organismi e le modalità di confronto del nuovo sistema di relazioni industriali e offre gli strumenti per incrementare la partecipazione del lavoratore al risultato organizzativo complessivo.

 

Filippo Reggiani

Scuola di Dottorato di ricerca in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@FilippoReggian3

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/143 – Il rinnovo del CCNL Autorimesse e noleggio automezzi: una ripartenza per il settore

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 16 gennaio 2023, n. 2

 

Contesto del rinnovo

 

Nonostante lo scenario ancora condizionato dagli effetti della pandemia nonché dall’andamento dell’inflazione, in data 15 dicembre 2022 è stata siglata tra Aniasa e Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti Nazionale l’ipotesi di accordo per il rinnovo del Ccnl Autorimesse e noleggio automezzi, applicabile ai dipendenti di imprese esercenti autorimesse, noleggio auto con autista, locazione automezzi, noleggio motoscafi, posteggio e custodia autovettura su suolo pubblico e/o privato, lavaggio automatico e non automatico e ingrassaggio automezzi, attività di soccorso stradale e di assistenza alla mobilità nonché le attività direttamente collegate, servizi di noleggio autoambulanza con conducente.

 

Il contratto decorre dal 1° gennaio 2022 e scadrà il 31 dicembre 2024 sia per la parte economica, sia per quella normativa.

 

L’ipotesi di rinnovo che vede coinvolti circa 20mila addetti dell’autonoleggio, del soccorso stradale e di parcheggi e autorimesse, contiene diversi elementi di novità. Viene infatti sottolineata, in primo luogo, l’importanza degli adeguamenti alle normative vigenti del mercato del lavoro e una più puntuale e dettagliata regolamentazione sul tema degli appalti per evitare l’insorgere di fenomeni distorsivi della concorrenza. Fondamentale è anche la rivisitazione della parte dei diritti e tutele, con particolare riferimento ai congedi di maternità e paternità, ed in materia di salute e sicurezza sul lavoro con il ruolo attivo che dovrà avere su questo tema l’Ente Bilaterale.

 

Parte economica

 

Per quanto riguarda gli aumenti retributivi, l’ipotesi di accordo in commento prevede un aumento contrattuale complessivo di 130 euro per il livello C1, da riparametrarsi per gli altri livelli, erogato in quattro tranches (40 euro dal 1° gennaio 2023; 40 euro dal 1° settembre 2023; 30 euro dal 1°gennaio 2024; 20 euro dal 1° settembre 2024).

Le Parti hanno previsto anche, a copertura dell’anno 2022, la corresponsione di un importo forfettario, in un’unica soluzione, di 560 euro lordi per il livello C1, da riparametrarsi sugli altri livelli. Detta somma viene proporzionalmente ridotta sulla base dei mesi di effettivo servizio e, per i rapporti a tempo parziale, verrà riproporzionata sulla base dell’effettiva prestazione.

 

Altro elemento di novità è rappresentato dall’erogazione di un “buono acquisto” entro la data del 30 giugno 2023 e limitatamente all’anno 2023, pari a 250 euro (non riproporzionato). Il lavoratore potrà richiedere, su base volontaria e facoltativa, la conversione del valore nominale del predetto “buono acquisto” in contributo di pari importo al Fondo di previdenza complementare ASTRI. Le aziende che non erogheranno i buoni dovranno obbligatoriamente versare ad ASTRI, entro il 15 luglio 2023, l’importo economico corrispondente.

Le Parti hanno inoltre incrementato il valore delle indennità varie già disciplinate dal CCNL (attuale art. 44 CCNL). Si tratta, in particolare, dell’indennità di uso mezzo di locomozione proprio, indennità di maneggio denaro, indennità di lingue estere, indennità impiegati di banco per le imprese esercenti locazione automezzi, indennità lavori in turni avvicendati per il settore delle imprese esercenti autorimesse/parcheggi.

 

Infine, l’ammontare giornaliero del ticket restaurant riconosciuto a tutti i dipendenti, per ogni giornata di effettiva prestazione, viene elevato a € 6,50 a partire da marzo 2023 e ad € 7.00 dal mese di novembre 2023.

 

Parte normativa

 

Dal punto di vista normativo sono state recepite le recenti novità introdotte dal c.d. Decreto Trasparenza (D.Lgs. n. 104\2022) in merito all’obbligo di informativa nei confronti dei lavoratori al momento dell’assunzione. Infatti, il novellato art. 14 del CCNL, rubricato Assunzioni, contiene un elenco più ampio di informazioni da fornire nella lettera di assunzione da consegnare al lavoratore, tra cui, in particolare, il riferimento all’importo iniziale della retribuzione e ai relativi elementi costitutivi, con l’indicazione del periodo e modalità di pagamento; il riferimento alla durata delle ferie cui ha diritto il lavoratore e/o le modalità di determinazione e di fruizione delle stesse, nonché degli altri congedi retribuiti con le modalità di fruizione; alla programmazione dell’orario normale di lavoro e al trattamento del lavoro straordinario e supplementare; nonchè ai termini del preavviso in caso di recesso.

 

Quanto al periodo di prova, data l’incertezza interpretativa, le Parti hanno espressamente previsto che per i contratti a tempo determinato inferiori a 6 mesi, detto periodo di prova si intende dimezzato rispetto a quello previsto per i contratti a tempo indeterminato, fatta salva la durata minima di un mese.

 

Una ulteriore specificazione è stata accordata in materia di ROL con un chiarimento a verbale delle Parti, in cui si dà atto che le riduzioni di orario di lavoro sono utilizzabili sia ad ore, sia a intere giornate, nonché possono essere utilizzate unitamente alle ferie. Inoltre, al fine di garantire il diritto alla fruizione entro il 31 dicembre di ogni anno, in caso di reiterati rifiuti da parte dell’Azienda, il dipendente avrà diritto ad usufruirne entro il primo quadrimestre dell’anno successivo. Restano chiaramente salve le condizioni o i trattamenti di miglior favore a livello aziendale.

 

Importanti novità sono state introdotte anche in tema di contratto a termine con particolare riferimento ai rapporti di lavoro stagionale. Le Parti convengono di considerare attività stagionali quelle che, per le loro caratteristiche e finalità, si svolgono o sono intensificate in determinate stagioni o periodi dell’anno, ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. 81\2015 e ss mm, come ad esempio il periodo di Pasqua e Natale, individuando anche le figure professionali che possono essere coinvolte in tale tipologia contrattuale (Impiegato di banco; Check-in man; Operatore di centrale di assistenza tecnica/alla persona/alla info mobilità; Operatore di sosta/centrale operativa; Addetto approntamento/lavaggio vetture).

 

Sempre sul piano delle novità normative è stata ulteriormente potenziata la norma sugli appalti di filiera, con particolare attenzione alle procedure nei cambi di appalto, a partire dal processo di selezione degli appaltatori, con l’obiettivo di tutelare i livelli complessivi dell’occupazione, anche al fine di evitare l’insorgere di fenomeni distorsivi della concorrenza, valorizzando così le azioni in linea con i principi etici e i comportamenti di responsabilità sociale.

 

Le Parti hanno poi introdotto, all’art. 37, l’istituto del lavoro agile che viene regolato dalle vigenti disposizioni di legge, dalle norme del CCNL nonché da eventuali accordi aziendali e la cui flessibilità organizzativa può favorire l’incremento della produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita con i tempi di lavoro. Vengono individuati gli ambiti organizzativi, i luoghi e i requisiti di priorità per la richiesta. Priorità di accesso sarà di fatto espressamente riconosciuta alle dipendenti nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo obbligatorio di maternità (art. 16, D.Lgs. n. 151/2001); ai dipendenti con figli fino a dodici anni di età; ai dipendenti con disabilità in situazione di gravità accertata ai sensi dell’art. 4, comma 1, della legge 5.2.1992, n. 104 o che siano caregivers ai sensi dell’art. 1, comma 255, della legge 27.12.2017, n. 205; nonchè ai dipendenti con parenti entro il primo grado e/o figli in condizioni di disabilità grave, tali da richiedere un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione (art. 3, comma 3, L. n. 104/1992).

 

Fondamentale viene ritenuta la formazione\informazione prima dell’inizio del lavoro agile (o, in mancanza, in costanza dello stesso) a favore dei dipendenti e dei Responsabili interessati, sulle caratteristiche e modalità tecniche di svolgimento della prestazione, anche con specifico riferimento alle disposizioni della L. n. 81/2017.

 

Infine, sempre dal punto di vista normativo, sono state recepite le recenti novità introdotte dal c.d. Decreto Famiglia, a partire dal congedo obbligatorio per i padri, che è stato incrementato di una giornata (due giornate in caso di parto plurimo) rispetto a quanto già previsto dalla normativa. Inoltre, sempre a sostegno della genitorialità, rispetto ai congedi retribuiti al 30%, la copertura economica a carico delle aziende, sempre per i primi 30 giorni, è stata elevata dal 40% all’80%. Ancora, per le lavoratrici madri con figli fino a tre anni, verranno valutate a livello aziendale delle agevolazioni rispetto all’assegnazione dei turni di lavoro.

 

L’attenzione alla tutela della genitorialità si evidenza anche, sempre all’art. 67 CCNL, con il riconoscimento esplicito alla possibilità per la lavoratrice madre o, in alternativa, per il lavoratore padre di richiedere la trasformazione del rapporto di lavoro da full-time in part-time con orario non inferiore al 50% dell’orario normale per il periodo che va fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.

 

Le Parti hanno altresì convenuto che, al rientro da congedi parentali per maternità, le lavoratrici debbano essere messe nella condizione di riprendere il lavoro con efficacia grazie all’accesso a percorsi di reinserimento formativi con lo scopo di ripristinare le competenze necessarie a svolgere il lavoro precedente o equivalente.

 

Da ultimo, con il rinnovo, maggiori tutele sono state riconosciute anche alle persone tossicodipendenti, etilisti, malati di ludopatia e di AIDS (art. 73 CCNL) e ai loro familiari, garantendo anche a questi ultimi un periodo di aspettativa per concorrere al programma terapeutico-riabilitativo del familiare tossicodipendente. Ai lavoratori di cui sopra, che richiedono un periodo di aspettativa non retribuita per il trattamento terapeutico-riabilitativo, l’azienda potrà facoltativamente erogare la retribuzione nella misura del 50%, per un massimo di sei mesi, qualora vi siano situazioni familiari di grave disagio economico e sociale.

 

Parte obbligatoria

 

Tra i temi centrali della nuova ipotesi di Accordo vi è sicuramente quello della salute e sicurezza sul lavoro. Al fine di monitorare e prevenire la fenomenologia degli infortuni e delle malattie professionali del settore, le Parti hanno affidato all’Ente Bilaterale (EBAN) il ruolo di osservatorio paritetico nazionale di settore. Inoltre, ai lavoratori è stato concesso il diritto, per ogni anno solare, a due ore di assemblea retribuita per trattare temi legati alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, che esulano dalle ore già previste e garantite dall’art. 20 dello Statuto dei Lavoratori.

 

Sono stati infine ribaditi i rapporti sindacali tra le Parti, introducendo l’onere per l’azienda di inviare, entro il 31 gennaio di ciascun anno, alle organizzazioni firmatarie del CCNL in esame, l’elenco dettagliato degli iscritti e le relative somme trattenute.

 

Valutazione d’insieme

 

L’ipotesi di rinnovo in esame contiene un adeguamento del contratto collettivo alle normative vigenti del mercato del lavoro, recependone tutte le recenti novità in materia.

Nonostante il contesto di forte crisi in cui si sono avvicendate le trattative, si può affermare che questo rinnovo rappresenta l’occasione per valorizzare l’apporto che il fattore lavoro garantisce rispetto alla tenuta del settore, anche dopo la pandemia, dando alle aziende la forza per proseguire sulle ulteriori sfide, tra evoluzione tecnologica e transizione ecologica.

 

Graziana Ligorio

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@LigorioGraziana

La contrattazione decentrata in Italia nel 2022: la dimensione quantitativa

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

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Bollettino ADAPT  9 gennaio 2023, n. 1

 

Il XXIV Rapporto Mercato del lavoro e Contrattazione collettiva, rilasciato dal CNEL alla fine del 2022, dedica un intero capitolo alla contrattazione collettiva decentrata. L’analisi della materia, senz’altro di interesse per il bollettino ADAPT che settimanalmente dà conto di “storie della contrattazione collettiva in Italia”, è affidata ad alcuni rappresentati delle organizzazioni sindacali e datoriali. L’obiettivo, anche in forza del lavoro di monitoraggio dei rispettivi osservatori, è quello di ricostruire le caratteristiche di un fenomeno che, per quanto permangano «detrattori» che gli imputino la responsabilità di «indebolimento del ruolo del CCNL», ha assunto un’entità tale da meritare una analisi oggettivo-quantitativa.

 

La dimensione quantitativa della contrattazione decentrata è stata spesso oggetto di critiche, essenzialmente per tre motivi. Innanzitutto, possiamo constatare una pluralità di Enti (Ministero del lavoro, parti sociali, centri di ricerca come ADAPT) che, a titolo e finalità diverse, sono impegnati nella raccolta degli accordi di secondo livello; in secondo luogo, il fenomeno in esame è tendenzialmente eterogeneo e non banalmente quantificabile (plurime sono le materie coinvolte, così anche le specifiche situazioni che si presentano e il fattore temporale gioca un ruolo centrale); infine, possiamo appurare la presenza di varie tipologie di accordi (dai classici contratti aziendali a quelli di gruppo, quelli territoriali di categoria, di filiera e di sito, sino alla contrattazione sociale). Non esiste una banca dati, né pubblica né “privata”, in cui siano presenti tutti gli accordi aziendali sottoscritti nel nostro Paese e, di conseguenza, è anche impossibile costruire campioni di studio rappresentativi.

 

Detto delle inevitabili difficoltà metodologiche, il rapporto CNEL ha il merito di offrire alcuni dati che comunque ci consentono di trarre le principali tendenze della contrattazione decentrata in Italia nel 2022.

 

Le indagini di Confindustria e del Ministero del lavoro (dati relativi al 2020) mostrano che il numero delle aziende coinvolte varia a seconda dei settori produttivi e delle dimensioni d’impresa: tale contrattazione è maggiormente diffusa nel settore del credito ordinario, in quello chimico e nelle grandi imprese. Il numero assoluto di lavoratori coinvolti risulta invece sarebbe quasi totalitario nel settore bancario e comunque molto alto negli altri, con un tasso di copertura pari al 64%. Infine, l’incidenza delle materie oggetto di contrattazione aziendale deve tenere conto anche dell’andamento economico e del verificarsi di situazioni eccezionali come l’avvento della pandemia nell’anno 2020.

 

Al netto di queste situazioni, i temi sviluppati all’interno dei contratti decentrati sono classificati per «importanza gerarchica». Si osserva che nel tempo alcuni temi sono diventatati centrali ed altri più marginali, alcuni tendono a perpetuarsi nel tempo, mentre altri evolvono nei loro contenuti ed infine insorgono tematiche nuove. In linea generale, gli Osservatori delle Organizzazioni sindacali e Confindustria hanno individuato fra i temi che rimangono costanti nel tempo: il salario, le misure volte a fronteggiare la crisi d’impresa e l’occupazione, l’orario di lavoro e la sua organizzazione, i diritti sindacali e d’informazione. Fra le tematiche che si sono diffuse negli ultimi anni troviamo invece i c.d. flexible benefit, le richieste di conciliazione vita-lavoro, i protocolli di sicurezza, il premio collettivo di risultato, la formazione aggiuntiva, il lavoro agile, la regolazione della disconnessione, le forme partecipative e il contratto di espansione (molti di questi sono divenuti centrali proprio nel 2020).

 

Rispetto alle materie sopra elencate, è il caso di sintetizzare i dati forniti dai report ministeriali sui contratti decentrati depositati ex art. 14 D.Lgs 151/2015, facenti riferimento al lasso temporale intercorso tra il 2019 e il 2022. Si tratta di elementi raccolti in modo non omogeneo dal 2016 ad oggi e che, in ogni caso, non consentono di fare una valutazione analitica completa, ma che tuttavia rappresentano una valida fonte a cui attingere al fine di compiere alcune valutazioni di carattere generale. In sintesi, i report citati mettono in luce l’importanza della contrattazione dei premi di risultato e del welfare a beneficio dei lavoratori (in termini di detassazione, di erogazione di specifici servizi ovvero l’accredito di una somma). Rispetto a questi due temi, le imprese maggiormente coinvolte risultano essere quelle del nord Italia operanti nel settore dei servizi (la percentuale è in crescita dal 53% del 2019, al 57% del 2020, al 59% del 2021 e il 60% ad ottobre 2022, fermo restando le incertezze causate dalla guerra in Ucraina e dai rincari energetici). Inoltre, dal contenuto degli accordi di welfare sottoscritti nel 2022 si possono notare diverse formulazioni a seconda che l’azienda abbia istituito tali forme prima o dopo la fase acuta della pandemia. Nel primo caso, infatti, la contrattazione interverrà semplicemente aggiornando ed attualizzando il modello originario alle nuove necessità dei lavoratori o incrementando la somma erogata. Negli accordi sottoscritti dopo la fase acuta della pandemia notiamo, invece, la tendenza a motivare la scelta di costituire forme di welfare aziendale: da un lato, la volontà di inserire queste previdenze in un contesto più ampio; dall’altro, l’opportunità di ottenere vantaggi fiscali.

 

Sul punto, gli autori dell’analisi sono molto cauti nel segnalare che se su un piano teorico il welfare aziendale rappresenta uno strumento di benessere, su quello sostanziale bisogna fare i conti con alcuni problemi: occorre definire chiaramente cosa appartenga o meno al welfare aziendale e a quello contrattuale – di modo da evitare la contrapposizione strumentale fra gli stessi – e, infine, occorre garantire la diffusione del welfare di bilateralità.

 

Veniamo ora al tema cult degli ultimi anni, quello del lavoro agile. Sulla scorta degli accordi aziendali più significativi, siglati con le Organizzazioni sindacali dei trasporti e sottoscritti tra la fine del 2021 e il 2022, notiamo che generalmente le parti ne confermano l’utilizzo e convengono per la sua prosecuzione anche in prospettiva post pandemica. L’argomento cardine è sicuramente quello della salute e sicurezza dei lavoratori agili: in special modo, aumentare la consapevolezza dei rischi connessi all’uso della strumentazione tecnologica che ad essi viene fornita.  Per quanto riguarda, poi, i diritti sindacali dei lavoratori agili viene di regola riproposta la formulazione ex art. 8 Protocollo 07/12/2021 e il rinvio alla disciplina ex artt. 18, 22 e 23 L. 81/2017 e agli obblighi di cui al D.Lgs. 81/2008 s.m.i.

 

Per quanto riguarda il diritto alla disconnessione, occorre richiamare le previsioni di cui all’art. 19 L. 81/2017 e il Protocollo del 2021. In linea generale, nella maggior parte degli accordi la fascia di disconnessione viene intesa come quella nella quale il lavoratore non eroga alcun tipo di prestazione lavorativa, nemmeno l’invio di comunicazioni lavorative per mezzo di mail aziendale. In ogni caso, la previsione di una fascia oraria di riposo mira a garantire il rispetto dei periodi di riposo giornaliero del lavoratore agile ed evita qualsivoglia uso improprio dei canali digitali.

 

Relativamente alle forme partecipative definite con la contrattazione decentrata, nel 2021-2022 possiamo riscontrare nuove prassi come quella dei gruppi di lavoro e la costituzione di Osservatori aziendali (ancora poco diffusi). A ciò si aggiunge anche l’adozione di forme partecipative sui singoli problemi, finalizzate alla gestione del welfare aziendale e dei problemi connessi alla pandemia. Inoltre, fra le tipologie di partecipazione oggetto dei contratti, le più diffuse risultano essere quella organizzativa-gestionale e non finanziaria. Tuttavia, pur in presenza di alcune esperienze significative, ad oggi si registra la quasi totale la mancata vincolatività della maggior parte delle previsioni ed una diffusione limitata delle forme suddette.

 

Adriana Ghezzi

ADAPT Junior Fellow

@ghezzi_adriana

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/142 – Le Relazioni Industriali nell’accordo del Gruppo Burgo: rilanciare il valore lavoro grazie alla partecipazione dei lavoratori

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

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Bollettino ADAPT 9 gennaio 2023, n. 1

 

Oggetto e tipologia di accordo

 

Il giorno 27 settembre 2022, il Gruppo Burgo S.p.A., assistito da Confindustria Vicenza, le Segreterie Nazionali e Territoriali di SLC CGIL, FISTEL CISL, UILCOM UIL, UGL CARTA e CHIMICI e l’Esecutivo Sindacale di Gruppo hanno siglato il verbale di Accordo sul sistema di Relazioni Industriali.

Come suggerito dal titolo, l’oggetto dell’accordo è rappresentato dal complesso sistema delle relazioni sindacali ed industriali aziendali e le relative modalità di gestione.

 

Si precisa che il contratto è stato sottoscritto da Burgo Group S.p.A. anche in rappresentanza delle Società da esso controllate, quali Mosaico, Burgo Distribuzione e Burgo Energia e, pertanto, si applica a tutti i dipendenti delle loro sedi e stabilimenti in Italia e all’estero. Ad oggi, il Gruppo conta 11 stabilimenti e 3125 dipendenti.

 

Nello specifico, l’intesa aggiorna e supera i precedenti Accordi di Gruppo in materia (siglati il 21 ottobre 2005 e il 8 ottobre 2013), e rinvia espressamente sia alle disposizioni del CCNL per le aziende esercenti l’industria della carta e del cartone , da ultimo rinnovato con accordo del 28 luglio 2021, sia alle norme relative al Testo Unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014 e agli indirizzi contenuti nell’Accordo interconfederale (“Patto della Fabbrica”) del 9 marzo 2018, entrambi sottoscritti da Confindustria, CGIL, CISL e UIL.

 

Nel perimetro degli artt. 2 b, 5, 7, 10, 12 (Sezione Prima – Istituti di carattere sindacale) del CCNL applicato, l’Accordo si qualifica come Integrativo, proponendo strumenti e soluzioni innovative e di miglior favore per i lavoratori del Gruppo rispetto all’impianto contrattuale nazionale.

 

L’accordo è immediatamente applicabile e non prevede una scadenza predeterminata. Esso rimane infatti valido fintantoché non verrà presentata ufficiale disdetta da uno dei contraenti.

 

Parti firmatarie e contesto

 

La firma dell’accordo, giunta in una fase estremamente delicata per il settore cartario, dovuta anche al recente aumento dei costi energetici, ha gratificato entrambe le Parti Sociali: le Organizzazioni Sindacali hanno infatti espresso soddisfazione per l’intesa raggiunta, in quanto consolida le Relazioni Sindacali del Gruppo, attraverso un percorso di confronto utile a fornire risposte più efficaci ai lavoratori e alle lavoratrici.

 

Con uno sguardo d’insieme, si potrebbe affermare che la crisi attuale che coinvolge l’intera filiera e le caratteristiche dell’azienda quali la sua dimensione, l’attenzione alla sostenibilità e la consolidata tradizione concertativa rappresentino forse gli elementi che hanno reso maggiormente possibile la ripresa di interesse, anche da parte datoriale, sul tema del coinvolgimento dei lavoratori.

 

A riprova di quanto detto, come si evince dai comunicati e dalle premesse del verbale, è scopo comune quello di favorire politiche di crescita e di incentivazione, costruendo un’architettura economico-strategica in grado di affrontare il carattere oramai strutturale delle emergenze degli ultimi anni.

Dunque, nel panorama di una consolidata tradizione sindacale, il valore lavoro (così come citato dal presente accordo e dal CCNL di settore all’art.1) rappresenta la lente con cui leggere il rinnovo del protocollo di relazioni industriali in Burgo Group.

 

Rivitalizzare un clima collaborativo, favorire il dialogo ed esercitare l’ascolto attivo di tutte le istanze appaiono perciò gli obiettivi principali del nuovo accordo.

 

Temi trattati / punti qualificanti / elementi originali o di novità

 

L’accordo offre numerosi ed originali spunti che qualificano le relazioni industriali in un’ottica fortemente partecipativa.

Esso è composto da cinque capitoli, ognuno contenente strumenti o procedure utili al consolidamento delle relazioni sindacali.

 

Riassumendo in punti salienti l’accordo, emerge che il ruolo di stampo apicale è riconosciuto all’Esecutivo di Gruppo, sia per le competenze ad esso attribuite, sia per la funzione di veicolo di informazione che esso rappresenta.

Tale organismo, a cui partecipano congiuntamente i rappresentanti individuati dall’Azienda e i rappresentanti nominati dalle Organizzazioni Sindacali firmatarie del CCNL, può essere definito come uno strumento di partecipazione innovativo, fortemente incentivato da entrambi i sottoscrittori dell’accordo. Ad esso è affidato potere decisionale, attuato mediante l’attività negoziale e di consultazione, su tutti quei temi normativi e/o retributivi comuni alla gran parte dei lavoratori del Gruppo.

Di particolare rilievo è l’ampia gamma di competenze su cui l’organismo può intervenire. Rispetto alla lunga lista che viene proposta, si segnala nello specifico la possibilità per l’Esecutivo di incidere ora anche sulla gestione dei piani industriali e di ristrutturazione del lavoro, nonché sull’applicazione omogenea degli inquadramenti sulla base delle declaratorie contrattuali, argomenti tradizionalmente di gestione esclusivamente aziendale.

 

In particolare, all’attività dell’Esecutivo possono essere affiancate apposite commissioni paritetiche, istituite previa decisione della direzione aziendale e delle organizzazioni sindacali, che hanno il compito di analizzare e redigere pareri su temi di particolare interesse che riguardano l’intera dimensione azienda.

All’esito anche delle proposte tecniche elaborate delle commissioni, l’organismo interviene così attraverso un complesso sistema di determinazione di pesi e di maggioranze. La deliberazione con voto favorevole o contrario avviene secondo criteri che considerano: il peso assegnato ad ogni stabilimento/sede; il numero dei dipendenti e il numero degli iscritti al sindacato; il numero dei componenti R.S.U. nell’Esecutivo; il raggiungimento di un quorum di maggioranza.

 

Un ulteriore capitolo riguarda invece il sistema di informazione. Fermo restando le previsioni dell’art. 7 del CCNL e dei precedenti Accordi aziendali, vengono confermati gli incontri, a cadenza annuale, in cui l’azienda fornirà all’Esecutivo di Gruppo informazioni circa la situazione del settore, l’andamento economico dell’impresa, le prospettive di mercato, il livello occupazionale e dell’organizzazione del lavoro (per il Gruppo e per lo Stabilimento) e le iniziative di formazione.

 

Particolare attenzione viene poi riservata al livello di contrattazione locale (riferita allo stabilimento/sede), dove il primo interlocutore negoziale è individuato nella R.S.U.

Di fatto, mentre il complesso sistema di agibilità sindacale rinvia espressamente a disposizioni normative preesistenti, per quanto attiene sia alla composizione numerica della Rappresentanza Sindacale sia al monte ore annuo dei permessi sindacali viene adottata una “condizione di miglior favore” rispetto alle norme e agli accordi interconfederali regolanti la materia (si veda a tal proposito l’art. 23 della Legge 300/1970 e l’Accordo Interconfederale 20 dicembre 1993).

 

In tal senso, l’elemento di originalità è rappresentato dalla possibilità per alcuni iscritti individuati dal sindacato di fruire di ulteriori ore di permesso retribuite per la partecipazione ad incontri e sessioni di formazione promossi dalle OO.SS. su tematiche di natura giuridica, contrattuale, sindacale e congressuale. In questo senso, si evince la volontà di sostenere concretamente il processo di crescita delle relazioni industriali e l’importanza per le rappresentanze sindacali di giungere preparati ai tavoli negoziali.

 

In aggiunta al quadro di forte impronta collaborativa e complice la posizione di rilievo internazionale che il Gruppo occupa, le Parti, riferendosi all’art. 5 del CCNL vigente, richiamano l’importanza anche del Comitato Aziendale Europeo. Esso si qualifica quale strumento partecipativo volto allo scambio informativo, ad agevolare le iniziative comuni e ad evitare controversie a seconda del paese in cui opera l’azienda.

Sempre sulla necessità di prevenire, nonché gestire, queste ed altre potenziali azioni di conflitto, il documento conclude indicando concretamente le procedure da osservare per il “raffreddamento dei conflitti”. Ad integrazione di quanto stabilito dall’art.2b del CCNL di settore, si individua in un arco temporale di 20 giorni (eventualmente prorogabili) in cui le iniziative conflittuali vengono congelate, e le Parti che hanno manifestato dissenso devono attivarsi con tutti i mezzi disponibili per addivenire ad una soluzione positiva della vertenza.

Se così non fosse, vengono previste delle sanzioni. Se a violare la clausola di salvaguardia è la parte sindacale, si determina l’azzeramento del monte ore annuo di permessi sindacali per un periodo di 12 mesi; allo stesso modo, se il mancato rispetto delle regole è imputabile all’azienda, si realizza un incremento di pari entità del monte ore e con riguardo allo stesso periodotemporale.
Valutazione d’insieme

 

Complessivamente, l’accordo rappresenta un esempio virtuoso e costruttivo nell’ambito della gestione delle Relazioni Industriali e la presenza dell’Esecutivo di Gruppo, quale protagonista della concertazione sociale, è di certo una delle sue particolarità maggiormente rilevanti.

 

Ancor più interessanti risultano però le competenze ad esso riconosciute e le regole che lo disciplinano. Il comitato bilaterale diviene infatti stabile, regolato formalmente, ma soprattutto specializzato nella trattazione congiunta di questioni di carattere strategico per l’impresa.

L’Esecutivo, sebbene già presente nel Gruppo Burgo da qualche tempo, acquista così, grazie alle ulteriori disposizioni che ne tracciano il contesto, un nuovo metodo ed una rinnovata importanza, dedita non solo a rendere omogenei i trattamenti dei lavoratori appartenenti a diversi stabilimenti (evitando così le disparità), ma creando altresì un luogo teso a favorire moderne relazioni industriali.

 

Ora, l’auspicio è che il coinvolgimento dei lavoratori non sia solamente uno strumento per superare le fasi di crisi, ma che diventi una delle precondizioni strategiche per affrontare le nuove sfide economiche e sociali, e più complessivamente, le trasformazioni del lavoro.

 

Anna Marchiotti

ADAPT, Scuola di dottorato in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

@Marchiotti_Anna

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/141 – Rinnovato il CCNL Lapidei Industria

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 9 gennaio 2023, n. 1

 

Contesto del rinnovo

 

Il 24 novembre 2022 è stato sottoscritto l’accordo di rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro “per i dipendenti da aziende esercenti l’attività di escavazione e lavorazione dei materiali lapidei” da parte di Confindustria Marmomacchine, A.N.E.P.L.A., Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil. Dopo circa otto mesi di trattative dalla scadenza dello scorso contratto del 31 marzo 2022, interviene quindi il nuovo contratto nazionale di settore che coinvolge circa 5.000 aziende e oltre 50.000 addetti e decorre dal 1° aprile 2022 con scadenza al 31 marzo 2025.

 

Il contesto macroeconomico in cui si inserisce la negoziazione sindacale è fin da subito critico e incerto non solo per il settore ma anche per l’economia nazionale. Il conflitto tra Russia e Ucraina, scoppiato nel febbraio 2022, ha infatti generato una spirale inflazionistica che ha impattato imprese e lavoratori. L’inflazione, così, rimette al centro delle trattative la questione salariale dopo diversi anni in cui tale tematica appariva meno urgente. Del pari, le imprese subiscono l’erosione dei margini di profitto a causa dell’incremento del costo dei beni energetici, che rappresentano una tra le principali voci dei bilanci aziendali.

 

In questo scenario, non sono mancati momenti di criticità nella evoluzione della trattativa. Ciononostante, le Parti firmatarie, con forte senso di responsabilità e pragmatismo, sono riuscite a trovare di volta in volta un punto di equilibrio negoziale sui vari temi oggetto di confronto, senza pregiudicare il soddisfacimento dei rispettivi interessi collettivi e, da non trascurare, senza che sia stato necessario effettuare nemmeno un’ora di sciopero da parte delle segreterie nazionali delle OO.SS. stipulanti.

Sul piano dei contenuti, il rinnovo prevede una serie di novità rilevanti non solo dal punto di vista dei trattamenti economici, ma anche degli istituti contrattuali a contenuto normativo e obbligatorio.

 

Parte economica

 

Per quanto riguarda la componente economica, il rinnovo prevede un aumento del Trattamento Economico Minimo (TEM) pari a una somma complessiva di euro 123,00 lordi riferiti al parametro del livello C, a fronte di una richiesta in piattaforma sindacale presentata all’inizio del 2022 pari a euro 150,00. Detto aumento è distribuito in tre tranche, che decorrono dal 1° gennaio rispettivamente del 2023, 2024 e 2025: la prima è di 40,00 euro lordi, la seconda di 39,00 euro lordi, la terza di 44 euro lordi.

Con riferimento ai restanti aspetti economici del rinnovo, si prevede un aumento della contribuzione dello 0,40 % al Fondo Arco a carico dell’Azienda, suddiviso in due tranches di pari importo ed aventi decorrenza dal 1° luglio 2023 (prima tranche) e 1° luglio 2024 (seconda tranche) con mantenimento della natura volontaria e facoltativa dell’iscrizione al Fondo di previdenza complementare da parte del lavoratore. Pertanto, l’aliquota contributiva a carico azienda passa dal 2,50% della retribuzione utile al calcolo del T.F.R. al 2,70% a decorrere dal 1° luglio 2023, fino ad arrivare al 2,90% a decorrere dal 1° luglio 2024.

 

Considerato il periodo storico caratterizzato da un notevole aumento dei prezzi dell’energia, le Parti hanno previsto di riconoscere nel corso del mese di dicembre 2022 un importo pari ad euro 100,00 netti da erogarsi tramite fringe benefits (buoni spesa/buoni carburante) nel rispetto di quanto previsto dal DL 18.11.2022, n. 176, cd. Aiuti quater.

 

Inoltre, è previsto un aumento di 20,00 euro lordi annui sul valore dell’Elemento di Garanzia Retributiva (EGR) a decorrere dal 1° gennaio 2023, che passa quindi dagli originari 190,00 euro lordi a 210,00 euro lordi. A tal riguardo, è bene ricordare come tale emolumento spetta solo ed esclusivamente “a quei lavoratori che, nel corso dell’anno precedente, non abbiano percepito altri trattamenti economici individuali o collettivi, comunque, soggetti a contribuzione oltre a quanto spettante dal presente CCNL“.

 

Rimane invece inalterato l’ammontare di contribuzione al Fondo di assistenza sanitaria integrativa (Fondo Altea).

 

Parte normativa

 

Un tema di interesse per l’accordo di rinnovo è quello dei congedi laddove si prevedono, per i permessi per eventi e cause particolari, due giorni aggiuntivi di permesso retribuito al/alla lavoratore/lavoratrice straniero che dovesse recarsi nel suo paese di origine per determinati casi prestabiliti. Inoltre, è stato specificato che al lavoratore, al fine di favorire l’inserimento dei figli all’asilo nido/scuola materna, saranno riconosciute otto ore di permesso retribuito.

 

Altra tematica rilevante e sentita da ambedue le parti è stata quella dei Congedi per le donne lavoratrici vittime di violenza. In particolare, è stato stabilito che tali lavoratrici avranno diritto di astenersi dal lavoro per un periodo retribuito di ulteriori 6 mesi rispetto al periodo non inferiore a 3 mesi prescritto ai sensi dell’art. 24 D. Lgs. n. 80 del 2015 e che saranno agevolate, in ogni caso, nell’utilizzo di forme di flessibilità oraria e/o di modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.

 

Sulla malattia (artt. 72, 84 e 95) è stato stabilito che, su richiesta scritta dei lavoratori, l’azienda fornirà a questi ultimi la situazione relativa al comporto. Inoltre, sono state aumentate le percentuali di conservazione del posto e di durata dei periodi di trattamento economico dal 50% al 60% in caso di assenze per malattia dovuta a patologie oncologiche, emodialisi, infarto e trapianto di organi.

 

Da ultimo, in materia Appalti e Legalità (art. 30), è stato specificato che le Aziende appaltanti dovranno esigere da quelle appaltatrici il rispetto “dei contratti collettivi di lavoro, sottoscritti dalle OO.SS. comparativamente più rappresentative a livello nazionale, del settore merceologico cui appartengono le imprese appaltatrici stesse” attraverso la stipulazione di una corrispondente clausola sociale. Inoltre, è stato elevato da cinque a dieci giorni il periodo di preavviso per la comunicazione preventiva da parte delle imprese appaltanti alla rispettiva RSU per l’avvio dei lavori di manutenzione affidati in appalto, con l’elenco delle ditte appaltatrici e i nominativi degli RLS ove nominati. Viene invece specificato che tale preavviso è ridotto a 24 ore solo in caso di urgenze “non programmata” intendendosi con tale locuzione la imprevedibile necessità produttiva sopraggiunta.

 

Parte obbligatoria

 

Sulla parte obbligatoria del rinnovo, gli attori negoziali del CCNL hanno convenuto di istituire il “Gruppo di lavoro sulla bilateralità”, che dovrà presentare alle parti sociali un progetto riguardante la costituzione di un “Comitato Bilaterale dei Materiali da Costruzione (CBMC)”, nel quale dovrà concretizzarsi il confronto su conoscenze e valutazioni per determinate tematiche. Tale Organismo bilaterale sarà composto da sei rappresentanti designati dalle OO.SS. e da sei rappresentanti designati da Confindustria Marmomacchine e ANEPLA.

 

Valutazione d’insieme

 

Per quanto riguarda il rinnovo in esame, si potrebbe affermare che l’accordo raggiunto a novembre 2022 rappresenti in una certa misura un avanzamento per il settore contrattuale, in quanto prevede aumenti salariali più alti dei precedenti rinnovi: basti pensare che si è passati da una percentuale di circa il 70% tra quanto richiesto in piattaforma dalle OO.SS. a quanto erogato nell’accordo di chiusura del contratto ad una percentuale di circa l’80%. È chiaro che, a tal fine, ha giocato un ruolo decisivo l’attuale periodo caratterizzato da un tasso inflazionistico che non si vedeva in Italia ormai da decenni. A ciò si aggiunga l’inserimento del bonus di 100,00 euro netti che mirano anch’essi a salvaguardare il potere di acquisto delle retribuzioni temporaneamente eroso dalla inflazione.

 

Ma anche relativamente alla parte normativa dell’accordo, si segnalano importanti novità sotto il profilo della tutela dei diritti dei lavoratori del settore. Al proposito, le Parti hanno decisamente optato per un miglioramento delle condizioni di favore derivanti da una normativa già comunque propositiva e migliorativa. Basti pensare in questi termini alle 8 ore di permesso retribuito aggiuntivo per l’inserimento all’asilo nido o alla scuola materna dei figli, così come all’introduzione della banca ore solidale per quei lavoratori in situazione di bisognoche necessitino di tale salvaguardia, per poi addivenire alle tutele in favore delle lavoratrici vittime di violenza con un incremento del periodo di astensione dal lavoro nonché dell’agevolazione della flessibilità dell’orario di lavoro.

 

Si può quindi concludere che le Parti sono riuscite, in uno spirito caratterizzato dalle ottime relazioni sindacali che del resto si evidenziano anche sui territori maggiormente rappresentativi del settore, a cogliere l’obiettivo di un miglioramento di tutte le condizioni contrattuali dei lavoratori che operano in un ambito sempre improntato al rispetto della sicurezza delle condizioni di lavoro senza tralasciare la tutela economica rispetto al sempre maggiore incremento del costo della vita.

 

Massimo Bani

Referente Lavoro e Previdenza

Confindustria Livorno Massa Carrara

 

Lorenzo Patacchia

Funzionario Relazioni Industriali

Unindustria Roma

@lor_patacchia

I premi di risultato: una fotografia della contrattazione aziendale tra il 2012 e il 2021

I premi di risultato: una fotografia della contrattazione aziendale tra il 2012 e il 2021

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

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Bollettino ADAPT 19 dicembre 2022, n. 44

 

Come noto il premio di risultato è un elemento della retribuzione complementare ai minimi fissati dai contratti di categoria, di natura monetaria e a carattere variabile, la cui corresponsione è collegata alla misurazione e al raggiungimento di obiettivi di redditività, produttività e qualità del lavoro. Il premio, sostenuto da robuste normative di agevolazione sul piano fiscale e contributivo, può essere istituito unilateralmente dalla direzione aziendale oppure, più spesso, dalla contrattazione, individuale o collettiva, a livello aziendale oppure nazionale.

 

La retribuzione di risultato si diffonde a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, ma è solo negli anni Ottanta e Novanta che si assiste a un suo primo radicamento nella esperienza italiana  (vedi, ad accesso aperto, il numero monografico del 1991 della rivista Diritto delle Relazioni Industriali dedicato alla retribuzione ad incentivi); anni in cui, nella dialettica tra lavoratori e datori di lavoro, si manifestano i diversi e coincidenti interessi ad ottenere la condivisione dei benefici legati all’andamento positivo dell’azienda, da un lato, e ad incentivare la prestazione lavorativa dei dipendenti, dall’altro. La funzione dei premi di risultato, dunque, è fin dal principio duplice: per i lavoratori, infatti, consente la redistribuzione dei ricavi conseguenti alle migliori prestazioni aziendali, per i datori di lavoro, invece, permette di stimolare i lavoratori a raggiungere determinati obiettivi di redditività, produttività e qualità del lavoro. Alla funzione redistributiva e a quella incentivante si è poi aggiunta anche una funzione sanzionatoria, solitamente connessa ai giorni di assenza dal lavoro.

 

In virtù della logica sottesa a tale istituto, dunque, è stata principalmente la contrattazione collettiva aziendale a farne uso, tanto da portare la retribuzione premiale ad essere la materia più presente negli accordi di secondo livello. È a livello aziendale, infatti, che la previsione di premi può essere maggiormente utile per garantire, nell’ambito di una cooperazione tra datore di lavoro e lavoratore, il raggiungimento di determinati obiettivi d’impresa, nell’ottica affermata, ad esempio, dall’accordo Hayes Lemmerz del 2013 (vedi il I Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia relativo agli anni 2012-2014, qui p. 228), secondo cui «il premio di risultato ha lo scopo di contribuire a massimizzare la partecipazione e il coinvolgimento dei collaboratori al conseguimento dei risultati aziendali» connessi «al conseguimento di obiettivi concordati tra le parti, misurati attraverso opportuni indicatori di performance».

 

È possibile affermare, come testimoniato dall’esperienza degli ultimi dieci anni, che esiste una enorme varietà nella regolazione della retribuzione di risultato, che muta in considerazione delle strategie e dell’organizzazione della singola azienda. Anche per quanto attiene alla modalità di determinazione, quindi, esistono molteplici tipologie di indicatori e algoritmi utili a stabilire l’an e il quantum del premio, che è determinato in funzione degli obiettivi aziendali, a loro volta funzione del tipo di processo produttivo, del tipo di prodotto e della tipologia di mercato di riferimento.

 

Per quanto attiene agli indicatori la misurazione cronometrica dei tempi di lavoro non è più oggi il principale parametro della retribuzione di risultato. La principale distinzione, infatti, può esser fatta tra indicatori di redditività e indicatori di efficienza produttiva/qualità del lavoro, anche se è complesso tracciare una linea di demarcazione netta, poiché, in realtà, i premi risultano spesso calcolati sulla base di un’ibridazione dei diversi indicatori, su cui incidono anche altri indici costruiti ad hoc in base alla realtà aziendale di riferimento. Pur nell’impossibilità di adottare una rigida categorizzazione, si possono osservare, esaminando i contratti aziendali, alcune linee di tendenza, come la maggiore incidenza di parametri connessi a redditività e efficienza.

 

La redditività, in particolare, permette di parametrare la retribuzione di risultato alle sorti dell’impresa, implicando una gratificazione del lavoratore a seguito di un’effettiva crescita economica dell’attività imprenditoriale, anche se è da sottolineare come i risultati dell’attività d’impresa non dipendano esclusivamente da fattori endogeni, ma anche esogeni, come la concorrenza, la selettività, la collocazione dei prodotti sul mercato e così via. Per riequilibrare tale circostanza, quindi, alcuni contratti affiancano al premio di risultato una gratifica una tantum per i lavoratori che si distinguono per l’apporto all’attività d’impresa. Da questo punto di vista è molto peculiare il caso dell’accordo Rodacciai del 2012 (I Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia relativo agli anni 2012-2014, qui p. 228), che ha introdotto una indennità di polivalenza per il lavoratore che si è distinto per la capacità di svolgere mansioni diverse da quelle per le quali viene assunto, stabilendo un premio congruo all’ulteriore mansione svolta e meritevole di gratifica. Una simile prassi, tuttavia, potrebbe rivelarsi in contrasto con la disciplina delle mansioni prevista dall’art. 2103 del Codice Civile. Meno ambiguo, da questo punto di vista, si rivela, invece, l’accordo integrativo Tenaris del 2019 (VI Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia relativo all’anno 2019, qui p. 177),  che, ad integrazione del premio di risultato, prevede una serie di premi volti a gratificare i lavoratori che si sono distinti sotto alcuni profili sul posto di lavoro (sicurezza sul lavoro, professionalità, assiduità o formazione oltre l’orario ordinario di lavoro).

 

Quanto all’indicatore dell’efficienza, è diversamente definito a seconda dell’azienda e del settore produttivo, ma è possibile affermare che si tratta generalmente di indicatori che riguardano l’efficienza orientata in termini di produttività, qualità e riduzione dei costi. Gli indicatori di produttività utilizzati dalle aziende sono i più disparati: il rapporto tra il tempo predeterminato per l’effettuazione delle singole produzioni e il tempo utilizzato per raggiungere l’obiettivo, il raggiungimento di determinati tempi di consegna e di eliminazione delle non conformità, il rapporto tra i costi di produzione interna e i giorni di produzione interna, il rapporto tra ore assegnate e ore lavorate, ma anche indicatori relativi all’efficienza organizzativa e produttiva, come la crescita dello smart working e la riduzione dei tempi di reazione dell’organizzazione aziendale alle oscillazioni della domanda. Alcuni accordi, poi, prevedono che l’efficienza sia da intendere in termini di qualità, utilizzando quale indicatore il rapporto tra il numero di prodotti buoni e processati in linea di montaggio oppure il numero di pezzi difettosi su ogni milione di pezzi consegnati. È interessante il caso dell’accordo Spumador (IV Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia relativo all’anno 2017, qui p. 225), dove, a partire dal 2018, l’indicatore di produttività misura la prestazione della singola linea produttiva in termini di efficienza, di qualità e di manutenzione, così da valorizzare il tempo di lavoro effettivamente produttivo. Per quanto attiene all’efficienza organizzativa è emblematico l’accordo Sibelco Italia del 2019 (VI Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia relativo all’anno 2019, qui p. 174), che, mirando a perseguire logiche coerenti con le trasformazioni tecnologiche e organizzative, ha individuato come presupposti dell’erogazione della retribuzione di risultato l’«introduzione dello smart working tra il 3% e il 5% dei ruoli compatibili» e la diminuzione dei costi effettivi inerenti al monte ore ferie.

 

Spesso il premio è assegnato in base alla combinazione di diversi indicatori legati a redditività e produttività: è il caso dell’accordo Fisher&Paykel del 2021 (VIII Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia relativo all’anno 2021, qui p. 195), che prevede che il premio dipenda per un 20% da indicatori di redditività, per un 40% dall’efficienza produttiva, intesa come rapporto tra ore assegnate e ore lavorate, e per un 40% da un indice di qualità della produzione, calcolato sulla base della difettosità primaria.

 

Alcuni accordi collettivi, inoltre, prevedono indicatori diversi dalla efficienza e dalla redditività, volti a raggiungere altri obiettivi dell’impresa, ad esempio in materia di sicurezza sul lavoro: è il caso dell’indicatore del Total Case Incident Rate, previsto dall’accordo Pittway del 2014 (I Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia relativo agli anni 2012-2014, qui p. 234),  che esprime il numero di infortuni registrati rispetto al target stabilito dall’azienda. Con una logica simile, l’accordo Diamalteria Italiana del 2019 (VI Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia relativo all’anno 2019, qui p. 170) prevede che gli obiettivi di efficienza aziendale siano connessi a indicatori che valutano la partecipazione di tutti i dipendenti a progetti utili a identificare i rischi e a rinforzare i comportamenti positivi in materia di sicurezza sul lavoro.

 

La retribuzione incentivante, inoltre, può anche collegarsi alla misurazione delle competenze dei lavoratori: nel caso della Santander, ad esempio, una quota di retribuzione premiale è demandata dal 2016 ad una valutazione delle competenze comportamentali dei lavoratori, al cui esito si lega l’importo del premio. Il tema è affrontato in maniera articolata anche dall’accordo ICAM del 2021 (VIII Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia relativo all’anno 2021, qui p. 192), che realizza un sistema di retribuzione della professionalità e delle competenze acquisite dai lavoratori, valido per tutte le mansioni e per tutti i dipendenti: tale sistema prevede un importo fisso, denominato “professionalità” e legato alla mansione svolta dal lavoratore, e un importo variabile, definito attraverso un sistema chiamato “pagella”, basato sulla valutazione complessiva delle competenze tecniche e comportamentali del lavoratore. Un ultimo spunto interessante è offerto dall’accordo Bonfiglioli del 2021 (VIII Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia relativo all’anno 2021, qui p. 197), che collega il premio di risultato alla professionalità e quest’ultima alla formazione, stabilendo che l’accesso ad una quota significativa della retribuzione premiale venga subordinato alla frequenza di alcune ore di formazione tecnica (svolta in maniera individuale e al di fuori dell’orario di lavoro) e in materia di sicurezza sul lavoro (svolta collettivamente all’interno dell’orario di lavoro).

 

Un’altra traiettoria evolutiva è segnata dalla diffusione di intese che prevedono meccanismi retributivi connessi ai c.d. “obiettivi verdi”, parametri finalizzati all’efficienza e conservazione energetica, come nel caso dell’accordo Luxottica del 2015 (II Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia relativo all’anno 2015, qui p. 210), dove il premio di risultato è legato ad una serie di indicatori di sostenibilità, detti “zero sprechi”, legati al consumo di energia elettrica, alla riduzione di stampe, all’incremento di utilizzo dei mezzi pubblici, nonché alla riduzione nel consumo di materiali indiretti in funzione dei volumi di produzione.

 

Dall’analisi degli indicatori previsti dai contratti collettivi, è possibile affermare che il sistema del premio di risultato è volto ad incentivare non il singolo lavoratore, ma l’intera azienda o quantomeno un’area produttiva. Soltanto attraverso un buon andamento dell’azienda nel complesso e dell’organizzazione in cui è inserito il singolo lavoratore, infatti, è possibile conseguire il premio. La retribuzione di risultato, dunque, così intesa ha natura collettiva, in quanto incentiva il personale ad una maggiore efficienza ed è spesso legato anche alla redditività dell’azienda. Il singolo, per quanto virtuoso possa essere, non ha la possibilità di conseguire un premio elevato se il resto della forza lavoro non è altrettanto efficiente e l’azienda non raggiunge determinati risultati in termini di redditività o efficienza.

 

Tuttavia, non sempre la condotta del singolo lavoratore è irrilevante ai fini della determinazione del premio. Gli accordi collettivi, infatti, possono prevedere una rimodulazione del premio in base all’effettiva presenza in azienda del dipendente. A tal proposito, dunque, si osservano indici individuali correttivi di adeguamento del premio di risultato percepito dal singolo lavoratore. In particolare, il coefficiente moltiplicatore correttivo può essere strutturato in tre diversi modi: il premio presenza, che interviene aumentando il premio di risultato al raggiungimento dell’obiettivo di presenze, ma non ha effetti in caso contrario; la penalità per assenza, che comporta una diminuzione del premio in corrispondenza di certe soglie di eventi di assenza; il correttivo proporzionale in funzione della presenza e dell’assenza, che agisce in entrambe le direzioni. Emblematico è, da questo punto di vista, l’accordo Menarini del 2016 (III Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia relativo all’anno 2016, qui p. 172), che, con una previsione confermata anche nel successivo accordo del 2019, considera l’assiduità individuale sul posto di lavoro come «uno dei fattori principali per il conseguimento del risultato economico dell’Azienda». A tal fine l’accordo prevede che l’importo del premio possa crescere o decrescere in base alla frequenza dei periodi di malattia e della durata della stessa (con esclusione dei ricoveri ospedalieri e dei giorni dedicati a particolari tipi di terapie). Il premio, quindi, non è corrisposto ai lavoratori che si trovino in aspettativa, in maternità (per il periodo di astensione facoltativa), in cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, ovvero in periodi di solidarietà superiori a due settimane. Ispirato da una logica simile è anche l’accordo Lombardini del 2020 (VII Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia relativo all’anno 2020, qui p. 174), che affianca ad un elemento di natura collettiva legato all’andamento globale dello stabilimento, misurato in termini di produttività e qualità del lavoro, un indicatore di assiduità individuale, che misura la percentuale di assenza dello stabilimento (intesa come carenza per malattia con costo interamente a carico del datore di lavoro) e le ore di assenza individuali. Un caso parzialmente diverso è quello dell’accordo AARTEE del 2020 (VII Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia relativo all’anno 2020, qui p. 179), che prevede distinti premi di risultato erogati in base a produttività e qualità dei prodotti a livello di stabilimento e assiduità delle presenze a livello individuale.

 

Per quanto attiene all’apporto individuale, è possibile anche che gli accordi mirino a premiare particolari contributi dei singoli lavoratori, come nel caso dell’accordo Peroni del 2018  (V Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia relativo all’anno 2018, qui p. 172),  in cui «il premio si pone gli obiettivi di riconoscere i contributi eccellenti, le idee più innovative e valorizzare le persone, considerandole centrali anche per il processo di cambiamento».

 

Con riferimento alle modalità di corresponsione, si segnala un’ulteriore diversificazione negli accordi di secondo livello: il premio può essere riconosciuto in un’unica soluzione durante l’anno o, alternativamente, le parti possono prevedere la rateizzazione in due o più tranches, solitamente collocate a metà e a fine anno. In ogni caso, però, il premio fa riferimento all’annualità, con la conseguenza che per i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo parziale è da riproporzionare considerando solo il tempo effettivamente lavorato.

 

Diversi contratti aziendali, inoltre, consentono al lavoratore di richiedere la conversione del premio di risultato in beni e servizi di welfare. Tale conversione può riguardare l’intero premio di risultato, come nel caso dell’accordo Liquigas del 2020 (VII Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia relativo all’anno 2020, qui p. 178),  che lascia al lavoratore la possibilità di determinare la quota (compresa tra il 5% e il 100%) del premio da convertire, o solo una parte, come previsto dall’accordo Hera del 2017, confermato per la stessa azienda anche dal contratto del 2020 (VII Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia relativo all’anno 2020, qui p. 175), per cui è possibile convertire fino alla metà del premio. Alcuni accordi, inoltre, possono decidere di selezionare i lavoratori a cui viene riservata la possibilità di welfarizzazione della retribuzione di risultato: è il caso dell’accordo Creval del 2021 (VIII Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia relativo all’anno 2021, qui p. 194),  che prevede una simile facoltà solo per i dipendenti con redditi da lavoro superiori a €80.000. Altri contratti, invece, adottano a monte una combinazione tra le diverse modalità di erogazione della retribuzione premiale: ad esempio il contratto Albaleasing del 2021 (VIII Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia relativo all’anno 2021, qui p. 194) prevede, sempre con riferimento ai lavoratori con redditi superiori a €80.000, che il premio sia erogato al 50% in forma monetaria e al 50% sotto forma di servizi di welfare. Di particolare interesse risulta anche l’accordo Ineos del 2017 (IV Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia relativo all’anno 2017, qui p. 225),  che consente ai lavoratori di convertire una piccola quota del premio di risultato (corrispondente a 60 euro lordi) in una giornata di riposo da godere durante l’anno.

 

In chiusura, è possibile osservare, analizzando le previsioni della contrattazione collettiva di secondo livello in materia di retribuzione di risultato nel corso dell’ultimo decennio, come, sul punto, la linea di tendenza principale sia rappresentata dall’utilizzo di parametri e indicatori che sempre meno hanno a che fare con la mera misurazione del tempo di lavoro. Gli indicatori più diffusi, infatti, sono quelli collegati ai risultati raggiunti dall’impresa in termini di redditività e produttività, ma si stanno affermando anche parametri che premiano il raggiungimento di obiettivi legati ad altri interessi, come quelli relativi alla sicurezza sul lavoro o alla sostenibilità ambientale ed energetica. In quest’ottica, dunque, si può affermare che la retribuzione di risultato è certamente un importante testimone del passaggio da un mercato del lavoro connotato principalmente come mercato del tempo di lavoro ad un diverso modello in cui rilevano maggiormente competenze e professionalità, necessarie per raggiungere gli obiettivi delle imprese.

 

Francesco Alifano

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@FrancescoAlifan

Il ruolo della contrattazione collettiva nell’organizzazione dell’orario di lavoro dei quadri e degli impiegati direttivi. Il caso del CCNL Chimico-Farmaceutico

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Bollettino ADAPT 12 dicembre 2022, n. 43

 

In un rapporto di lavoro subordinato, il tempo di lavoro ha sempre rappresentato un elemento centrale in quanto ancora oggi, fatta eccezione per i dirigenti, la retribuzione mensile risulta commisurata alle ore di lavoro prestate e i contratti collettivi fissano, sulla base di norme di rinvio legali, maggiorazioni per lavoro notturno, eccedente, straordinario o festivo, assegnando quindi un valore diverso a ore di lavoro perché svolte in determinati periodi del giorno o dell’anno o perché aggiuntive rispetto all’orario normale di lavoro. La tradizionale distinzione tra locatio operis e locatio operarum, rispettivamente riconducibili a lavoro autonomo e lavoro subordinato, trova ancora un significato dal momento che, se nel lavoro autonomo l’oggetto della prestazione consiste in un’opera o un servizio, nel lavoro subordinato il lavoratore dipendente mette a disposizione del datore di lavoro le proprie energie e le proprie competenze prestando lavoro manuale o intellettuale che trova nel tempo di lavoro una sua quantificazione e, al tempo stesso, una tutela secondo le norme di legge e della contrattazione collettiva.

 

Tuttavia, nelle professioni che richiedono applicazione di conoscenze di alto livello o legate a ruoli gestionali, il tempo di lavoro non trova più un valore oggettivo della sua misurazione: ciò risulta sempre più attuale non soltanto per i dirigenti, ma anche per la categoria dei quadri e degli impiegati direttivi, figure che rientrano nel novero degli impiegati ex art. 2095 c.c. Se si pensa a figure prevalentemente gestionali o anche al lavoro creativo o di ricerca, il tempo di lavoro perde quel valore oggettivo dal momento che la sua quantificazione non trova una corrispondenza diretta in termini di aumento di volumi produttivi come potrebbe avvenire per una professione manuale. Oggi tali lavoratori prestano un’attività lavorativa in un determinato tempo messo a disposizione del datore di lavoro per svolgere una prestazione che debba raggiungere o garantire determinati obiettivi, o che talvolta consiste in una obbligazione di mezzi a partire da competenze elevate e da progetti da seguire. Si potrebbe affermare, in un certo senso, che il tempo di lavoro per queste categorie di lavoratori acquisisca un valore come il negativo di una fotografia, in quanto garanzia del diritto al riposo e al tempo libero del singolo e non più garanzia – per il datore di lavoro –  dello svolgimento di una prestazione che porta a risultati produttivi; in questo, la retribuzione di produttività risulta essere la migliore “cartina tornasole”, dal momento che, se gli strumenti per incrementare la produttività del lavoratore manuale sono riconducibili al lavoro a cottimo o a indicatori con un approccio quantitativo nei premi di risultato collettivi, per il personale direttivo si è progressivamente sviluppata una gestione per obiettivi (definita appunto MBO, e quindi Management by Objectives”) che sono strategici per l’azienda e slegati ad un oggettivazione del tempo di lavoro.

 

Conseguentemente, la disciplina dell’orario di lavoro affidata alla legge e alla contrattazione collettiva si è modificata con l’obiettivo di garantire maggiore flessibilità anche a figure come quadri e impiegati direttivi e di uscire da una logica di misurazione del tempo di lavoro che ricollega la retribuzione ad una quantità di ore prestate e non alla qualità del lavoro svolto, piuttosto che a determinati obiettivi raggiunti. In particolare, la norma di riferimento è l’articolo 17, comma 5 del D.lgs. n. 66/2003, la quale dispone che “Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, le disposizioni di cui agli articoli 3, 4, 5, 7, 8, 12 e 13 non si applicano ai lavoratori la cui durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non è misurata o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi […]”. Le deroghe previste sono assai ampie, poiché di fatto vengono disapplicati gli articoli sull’orario normale di lavoro, sulla durata massima dell’orario di lavoro, sul lavoro straordinario, sul riposo giornaliero, sulle pause e sul lavoro notturno: ne risulta una disciplina assai scarna, in cui, fermo li rispetto dei principi generali della protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori, restano solo le ferie e il riposo settimanale a trovare applicazione per i suddetti lavoratori. Il medesimo comma, inoltre, stabilisce un elenco a cui applicare le deroghe: dirigenti, personale direttivo delle aziende o altre persone aventi potere di decisione autonomo, manodopera familiare, lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose e prestazioni rese nell’ambito di rapporti di lavoro a domicilio e di telelavoro. Sulla norma è intervenuta la Circolare n. 3/2005 del Ministero del Lavoro, che, anzitutto, ha stabilito che l’elenco di figure professionali a cui applicare le deroghe è esemplificativo, e non tassativo; in più, il medesimo documento si sofferma sulla lettera a) del quinto comma dell’articolo 17 – “dirigente, personale direttivo aziendale o di altre persone aventi potere di decisione autonomo” – specificando che “nell’ampia formulazione della norma trovano ingresso nuove figure professionali che, sebbene prive di potere gerarchico, conservano, nel disimpegno delle loro attribuzioni, ampia possibilità di iniziativa, di discrezionalità e di determinazione autonoma sul proprio tempo di lavoro”. Tali indicazioni, peraltro, rispecchiano una posizione del Ministero del Lavoro già emersa con la Circolare n. 10/2000 (antecedente al D.lgs. n. 66/2003) che, sulla nozione di personale direttivo, ha evidenziato come la giurisprudenza sia costante nel ritenere che tale concetto “è comprensivo non soltanto di tutti i dirigenti ed institori che rivestono qualità rappresentative o vicarie, bensì anche – in difetto di una pattuizione contrattuale in deroga – del personale direttivo c.d. “minore”, ossia gli impiegati con funzioni direttive, i capi di singoli servizi o sezioni di aziende e, in definitiva, i capi ufficio ed i capi reparto che eccezionalmente possono svolgere persino attività manuali”. Inoltre, il Ministero ha puntualizzato come “l’inquadramento nella categoria del personale direttivo dipende dalla corrispondenza delle mansioni in concreto assegnate al lavoratore a quelle previste dalla disposizione definitoria di detto personale, non potendo derivare dal mero dato formale del conferimento della qualifica”.

 

In un simile scenario le Parti Sociali, nell’accordo interconfederale de l2 novembre 1997 che recepisce la Direttiva UE 93/104 in materia di organizzazione dell’orario di lavoro, sono intervenute con una previsione tanto semplice quanto incisiva: infatti, nella parte dell’intesa relativa alle deroghe alla disciplina sulla durata settimanale dell’orario, la clausola dispone una deroga per il personale con funzioni direttive o da altre persone aventi potere di decisione autonomo sul proprio tempo di lavoro, “tenuto comunque conto di eventuali limiti fissati dalla contrattazione collettiva”. In tal senso, le Parti hanno sottolineato come la contrattazione collettiva possa autonomamente stabilire dei “limiti” alle deroghe poi previste dal D.lgs. n. 66/2003 e quindi hanno aperto esplicitamente alla possibilità che i contratti collettivi introducano una differente organizzazione dell’orario di lavoro per il personale direttivo. La giurisprudenza della Corte di Cassazione, al tempo stesso, ha fissato due principi in materia di limitazioni dell’orario di lavoro del personale direttivo: il primo interpreta il limite legale di cui all’articolo 17, comma 5 del D.lgs. n. 66/2003 e quindi guarda ai principi generali in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, mentre il secondo appare in linea con le previsioni dell’accordo interconfederale sopracitato e attiene al ruolo della contrattazione collettiva: “i funzionari direttivi, esclusi dalla disciplina legale delle limitazioni dell’orario di lavoro, hanno diritto al compenso per lavoro straordinario se la disciplina collettiva delimiti anche per essi l’orario normale e tale orario venga in concreto superato oppure se la durata della loro prestazione valichi il limite di ragionevolezza in rapporto alla necessaria tutela della salute e dell’integrità fisiopsichica garantita dalla Costituzione a tutti i lavoratori” (Cass. Civile n. 11929/2003; Cass. Civile n. 3038/2011; Cass. Civile n. 12687/2016).

 

Dal quadro normativo e giurisprudenziale delineato, integrato con le previsioni dell’accordo interconfederale e con la prassi amministrativa del Ministero del Lavoro, emerge una disciplina dell’organizzazione dell’orario di lavoro che trova nelle deroghe dell’articolo 17, comma 5 del D.lgs. n. 66/2003 un livello di tutela standard – in conformità alla Direttiva UE 2003/88 – sul quale può intervenire una disciplina collettiva o individuale di favore. Ai fini del presente contributo risulta dunque d’interesse guardare non tanto alla figura del dirigente, per il quale i contratti collettivi (si pensi, ad esempio, al CCNL Dirigenti Industria siglato il 30 luglio 2019) non intervengono sulla disciplina dell’orario di lavoro, ma ai quadri e agli impiegati direttivi, in cui una limitazione dell’orario di lavoro stride con l’autonomia e la natura delle mansioni svolte e del ruolo ricoperto in un determinato contesto lavorativo. La contrattazione collettiva nazionale è intervenuta in diversi settori per modellare l’organizzazione dell’orario di lavoro dei funzionari direttivi definendo il relativo inquadramento contrattuale e introducendo specifiche discipline in materia di maggiorazioni o riposi che integrano in melius le previsioni dell’articolo 17, comma 5 del D.lgs. n. 66/2003: diversamente, alla luce del quadro delineato, anche a quadri e impiegati direttivi si applicherebbe il contratto collettivo nazionale con i relativi limiti di orario di lavoro.

 

Un esempio concreto è rappresentato dal CCNL Chimico-Farmaceutico, che interviene in due aspetti: da una parte, nelle declaratorie contrattuali riconduce la Categoria A alla qualifica dei quadri e la Categoria B alla qualifica di “impiegati che espletano funzioni direttive”, e dall’altra all’articolo 9 lett. B) riconosce che tali lavoratori non siano soggetti a limitazione di orario e siano esclusi dall’applicazione delle maggiorazioni per prestazioni eccedenti e straordinarie, rinviando all’articolo 21, che rappresenta una disposizione apposita del CCNL. Tale articolo, tra le altre cose, riconosce a quadri e impiegati direttivi il diritto al godimento delle riduzioni di orario e introduce un’apposita maggiorazione “a fronte di prestazioni aggiuntive in giorno di sosta (il sabato, n.d.r.) o in orario di lavoro notturno” e limitatamente a “prestazioni espressamente richieste o comunque dettate da fattori esterni all’autonomia e discrezionalità di tali lavoratori”. Una simile previsione, in un certo senso, si innesta sulle deroghe previste dall’articolo 17, comma 5 del D.lgs. n. 66/2003 per ricostruire una disciplina speciale che esclude i lavoratori della Categoria A e B dalle ordinarie maggiorazioni per prestazioni eccedenti o straordinarie (non li esclude in caso di lavoro festivo o notturno ordinario),  ma riconosce comunque agli stessi maggiorazioni speciali in caso di lavoro aggiuntivo nella giornata di sabato o di notte che non sia dettato dall’autonomia e dalla discrezionalità degli stessi lavoratori.

 

L’esempio del CCNL Chimico-Farmaceutico dimostra l’importanza del ruolo della contrattazione collettiva nell’organizzazione dell’orario di lavoro di lavoratori la cui prestazione lavorativa risulta difficilmente inquadrabile nell’ordinaria disciplina legale ma che, al tempo stesso, può richiedere interventi ulteriori a tutela degli stessi non limitandosi ad un rinvio alle deroghe di cui all’articolo 17, comma 5 del D.lgs. n. 66/2003. In quest’ottica, spetta al sistema di relazioni industriali e quindi alle Parti sociali affrontare il tema dell’organizzazione dell’orario di lavoro, che può diventare un punto di forza per la qualità di un lavoro in cui il tempo perde quell’oggettività che ha connotato il Novecento industriale e richiede anch’esso un ripensamento e una ricostruzione a partire dalle peculiarità dei nuovi contesti sociali e di lavoro.

 

Lorenzo Citterio

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@CitterioLorenzo

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