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Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/105 – L’intesa vincente tra produttività e welfare nel gruppo Terna

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 30 maggio 2022, n. 21

 

 

Parti firmatarie e contesto

 

Il 9 maggio scorso è stata una giornata importante per le relazioni sindacali del gruppo Terna, tra i principali punti di riferimento per la trasmissione di energia elettrica in Italia. Infatti, in tale giornata si è celebrata la stipula di quattro accordi tra Terna S.p.A. – anche per conto della Società Terna rete Italia, Terna Energy Solutions e Terna Plus – e le organizzazioni sindacali Filctem – CGIL, Flaei – CISL, Uiltec – UIL, relativi principalmente alla regolazione del Premio di Risultato, disciplinato da un precedente accordo siglato il 26 luglio 2021.

 

Oggetto e tipologia di accordo

 

Questi accordi, i quali costituiscono come intese integrative di secondo livello, sono necessariamente connessi gli uni con gli altri, e tuttavia presentano delle proprie peculiarità. Nello specifico, il primo accordo che si intende analizzare ha come obiettivo quello di definire l’erogazione degli importi del Premio di Risultato connessi agli indicatori di reddittività e di incentivazione della produttività/qualità. In particolare, con l’intesa le parti verificano la sussistenza delle condizioni per procedere all’erogazione sia del premio connesso alla redditività aziendale sia di quello legato all’incentivazione della produttività/qualità. Inoltre, in base all’accordo del 20 luglio 2020, viene anche riconosciuta una integrazione aggiuntiva, pari ad un versamento di 10 € una tantum al fondo Fopen, vista la verifica di un valore dell’EBITDA del Gruppo Terna compreso all’interno degli intervalli tra il valore target e i valori corrispondenti all’erogazione degli importi minimo e massimo.

 

Definite le somme da erogare, con annesse integrazioni, le parti procedono a disciplinare degli aspetti collaterali. In particolare, nel secondo accordo si procede a stabilizzare la possibilità di conversione in servizi di welfare di parti del Premio di Risultato, introdotta fino a quel momento in via sperimentale. L’intesa, infatti, prevede che ogni dipendente abbia la facoltà di richiedere di convertire fino al 60% dell’importo erogato a titolo di premio di risultato in servizi di welfare. Tale scelta è accompagnata dal forte incentivo rappresentato dall’integrazione, riconosciuta da parte dell’azienda, pari al 16% della quota convertita. Inoltre, tale intesa prevede che, nel caso in cui il lavoratore sia iscritto al fondo di previdenza integrativa Fopen, eventuali residui non convertiti verranno destinati al fondo stesso. Nel terzo accordo invece, le parti vanno a definire la modalità di erogazione di una somma pari a 210 €, prevista dall’art. 38 del CCNL del 9 ottobre 2019 per i lavoratori addetti al settore elettrico e destinata ad integrare i premi di risultato contrattati a livello aziendale. Nel concreto, la disciplina nazionale affida alla contrattazione di secondo livello la definizione della modalità di erogazione. Per tale ragione le parti stabiliscono che questa importo aggiuntivo sia erogato secondo un principio di variabilità connessa al valore di EBITDA.

 

Infine, in questa sede, le parti procedono a siglare un’intesa volta a modificare l’inquadramento di alcune figure professionali. Infatti, in occasione della verifica del funzionamento relativo al modello multiskill (un piano formativo risalente al 2018, avente l’obiettivo di sviluppare figure professionali operative dotate di competenze variegate) si è proceduto a stabilire che dal 1° luglio i lavoratori che ricoprono la posizione di Specialista manutenzione stazioni con compiti di coordinamento passerà dalla categoria B1s a quella BS. Inoltre, alla nuova categoria BS viene abbinata la qualifica di “Coordinatore Stazioni”.

 

 

Valutazione d’insieme

 

Questo gruppo di accordi rappresenta senza dubbio un’importante operazione di completamento della struttura contrattuale all’interno del gruppo Terna. In particolare, si nota una spiccata connessione tra il sistema premiante e il sistema di welfare aziendale, che porta con sé i noti vantaggi fiscali e contributivi ma anche l’idea di una maggiore produttività e redditività che ricade direttamente in servizi per la platea dei lavoratori. Di particolare interesse potrebbe essere la verifica degli effetti di questa connessione nel lungo periodo al fine di comprendere la bontà di tale scelta.

 

Giacomo Pigni

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@PigniGiacomo

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/104 – Edilizia: siglato il Protocollo per l’inserimento socio-lavorativo dei cittadini stranieri in condizioni di vulnerabilità

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/104 – Edilizia: siglato il Protocollo per l’inserimento socio-lavorativo dei cittadini stranieri in condizioni di vulnerabilità

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

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Bollettino ADAPT 30 maggio 2022, n. 21

 

 

È stato siglato lo scorso 16 maggio tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Andrea Orlando, il Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, l’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori edili) e le organizzazioni sindacali Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil il Protocollo di intesa finalizzato all’inserimento socio-lavorativo dei richiedenti e titolari di protezione internazionale e altri cittadini stranieri in condizioni di vulnerabilità.

L’Intesa rappresenta un importante risultato raggiunto su istanza delle parti sociali di settore che, attraverso la collaborazione con il governo, mirano all’inserimento socio-lavorativo di almeno tremila persone tra richiedenti e titolari di protezione internazionale o temporanea, titolari di protezione speciale, minori stranieri non accompagnati in transizione verso l’età adulta ed ex minori stranieri non accompagnati.

 

Il Protocollo, la cui durata è fissata in tre anni dalla sottoscrizione, si pone in linea con gli obiettivi individuati a livello internazionale dall’Agenda 2030, dalla Commissione europea e dalla Convenzione ILO sui lavoratori migranti, oltre che dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e dal Piano Nazionale di Integrazione dei titolari di protezione internazionale.

La promozione delle politiche di inclusione volte a favorire la formazione e l’inserimento lavorativo costituisce, infatti, uno strumento fondamentale per la convivenza di cittadini italiani e stranieri e rappresenta una delle priorità politiche per l’anno 2022 secondo l’atto di Indirizzo del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali.

 

Le parti sociali dell’edilizia hanno, quindi, espresso la volontà di porsi come parti attive di un processo di formazione e integrazione da realizzare con l’ausilio degli enti bilaterali del settore, ossia le scuole edili coordinate dal Formedil a livello nazionale. Offrendo soluzioni concrete e opportunità di lavoro in regolarità e sicurezza, l’ANCE e le organizzazioni sindacali intendono promuovere un’occupazione di qualità in termini di diritti e tutele.

 

Perseguendo questa finalità, il Protocollo crea una stretta collaborazione tra le Parti firmatarie, in forza della quale l’individuazione specifica dei soggetti beneficiari dell’iniziativa avverrà in raccordo tra gli enti formativi territoriali e il sistema dell’accoglienza pubblica.

 

Alla Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali viene affidato il compito di favorire il coinvolgimento delle parti sociali firmatarie e dei relativi enti paritetici negli interventi di inserimento socio-lavorativo per migranti vulnerabili. A questo si aggiunge, inoltre, la promozione delle iniziative, avviate nell’ambito del Protocollo, rivolta alle associazioni e agli enti che operano a favore degli immigrati, iscritte al Registro di cui all’art. 42 del Testo Unico sull’Immigrazione, e agli altri stakeholder.

 

Al fine di facilitare l’individuazione dei beneficiari e il coinvolgimento degli stessi nelle iniziative promosse dal Protocollo, il Dipartimento per le Libertà Civili e per l’Immigrazione del Ministero dell’Interno si impegna, invece, a promuovere le iniziative nei centri di accoglienza e nel Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI), favorendo la creazione di una rete di contatti a livello nazionale e territoriale tra il Servizio Centrale e i Consigli Territoriali per l’Immigrazione delle Prefetture, le Associazioni territoriali e i relativi enti paritetici, gli Enti locali del SAI e gli enti gestori dei centri di accoglienza.

 

Attraverso le associazioni territoriali e il sistema bilaterale di settore, le parti sociali dell’edilizia si impegnano ad offrire ai beneficiari percorsi formativi dedicati e altre misure di politica attiva del lavoro promuovendo esperienze dirette nelle aziende.  L ’ANCE e le organizzazioni sindacali si impegnano, inoltre, ad informare i propri associati riguardo alle iniziative avviate nell’ambito del Protocollo, sensibilizzandoli sul valore dell’inclusione lavorativa dei beneficiari e sulle relative opportunità.

Il Protocollo prevede una prima fase di sperimentazione che, anche sulla base dei dati provinciali forniti in ordine all’accoglienza di migranti stranieri e di progetti analoghi attuati a livello territoriale con il supporto del sistema bilaterale, vedrà coinvolte alcune province e Scuole edili/Enti unificati di riferimento individuate dal gruppo di lavoro costituito a livello nazionale.

 

Infine, le Parti firmatarie hanno previsto la costituzione di un apposito gruppo di lavoro che avrà il compito di seguire l’attuazione del Protocollo, individuando soluzioni ad eventuali criticità, monitorando e valutando lo sviluppo e gli esiti delle relative iniziative. Il medesimo gruppo sarà anche incaricato di incentivare la creazione di tavoli territoriali per l’attuazione dell’Intesa.

 

La firma del Protocollo è stata accolta con grande soddisfazione sia dai Ministri che dalle parti sociali.

Il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando, ha definito l’Intesa “una grande opportunità per i lavoratori e per il Paese poiché formazione e lavoro sono sempre leve straordinarie per favorire l’integrazione, consentendo ai migranti di costruirsi una nuova vita in Italia e di contribuire alla crescita del nostro Paese”.

Secondo il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, “il Protocollo intende fornire la risposta a un bisogno concreto, quello di favorire l’inserimento lavorativo in un settore strategico dell’economia nazionale, come quello dell’edilizia, di cittadini stranieri vulnerabili”.

 

Come sottolineato da Gabriele Buia, Presidente dell’Ance e da Vito Panzarella, Enzo Pelle, Alessandro Genovesi, Segretari generali di Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil, “l’Intesa è volta a realizzare concrete azioni per la promozione di percorsi formativi e opportunità di lavoro nel settore dell’edilizia facendo ricorso al sistema delle scuole edili presenti in tutto il Paese. Attraverso il coinvolgimento di un minimo di 3000 destinatari, le Parti intendono rispondere al forte fabbisogno di manodopera da parte delle imprese, contrastando fenomeni di irregolarità, lavoro nero e sfruttamento”.

 

Silvia Rigano

Scuola di dottorato in apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@Silviarigano

Le relazioni industriali alla prova delle trasformazioni: la nuova sfida del settore telecomunicazioni

Le relazioni industriali alla prova delle trasformazioni: la nuova sfida del settore telecomunicazioni

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

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Bollettino ADAPT 23 maggio 2022, n. 20

 

L’istituzione del Fondo di Solidarietà Bilaterale per la Filiera delle Telecomunicazioni

 

Dopo un lungo percorso, iniziato formalmente con il rinnovo del contratto nazionale del 2020, il 20 aprile 2022 è stato istituito, con l’accordo siglato a Roma da Assotelecomunicazioni-Asstel e Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil e Ugl Telecomunicazioni, il “Fondo di Solidarietà Bilaterale per la Filiera delle Telecomunicazioni”.

 

L’accordo segnala una sfida importante per gli attori delle relazioni industriali del settore delle telecomunicazioni, caratterizzato da profondi processi di trasformazione, legati alle nuove esigenze del mercato dei servizi digitali e che richiede oggi una sempre più ampia combinazione e integrazione tra politiche attive e passive. Non si tratta dell’unico passaggio di rilievo sul tema nell’ultimo periodo – come dimostra l’ampio ricorso delle principali aziende delle telecomunicazioni a strumenti nuovi quali il Fondo Nuove Competenze e il contratto di espansione (Cfr. gli specifici approfondimenti nell’VIII Rapporto Adapt sulla contrattazione collettiva in Italia) – ma senza dubbio questo nuovo step mostra elementi innovativi e di particolare interesse.

 

Il ruolo dei fondi bilaterali nel solco della Legge di Bilancio 2021

 

Di rilievo è innanzitutto l’aspetto temporale. L’istituzione del fondo giunge infatti nella prima fase di attuazione di una riforma degli ammortizzatori sociali, introdotta dalla Legge di Bilancio 2021, che, nell’ottica di promuovere un “universalismo differenziato” valorizza il ruolo proprio quei fondi di solidarietà bilaterali che sono istituiti e regolamentati dalle parti sociali, talvolta attraverso la contrattazione collettiva di settore, talaltra con accordi separati.

 

La garanzia di un sostegno al reddito per i lavoratori interessati da sospensioni e riduzioni dell’attività lavorativa non è però l’unica missione di questi fondi, che possono altresì rivestire ulteriori funzioni, quali ad esempio la riqualificazione professionale dei dipendenti, anche uscendo dal perimetro dei settori già coperti dalla normativa in materia di integrazioni salariali (cfr. M. Squeglia, La “previdenze contrattuale”. Un modello di nuova generazione per la tutela dei bisogni previdenziali socialmente rilevanti, Giappichelli, 2014, pp. 70 ss.).

 

Sotto questo aspetto, analizzare sinteticamente i principali punti dell’accordo istitutivo del fondo permette non solo di indagare in quali ambiti tali fondi possono intervenire, ma anche, più in generale, quale spazio di autonomia venga lasciato a tali organismi (e quindi alla stessa contrattazione collettiva) e quanto invece l’azione pubblica arrivi a conformare le iniziative dell’autonomia collettiva, nell’ottica di una sua più ampia funzionalizzazione al perseguimento di fini pubblicistici.

 

Prestazioni e finanziamento

 

In primo luogo, emerge il vasto campo di applicazione del fondo, dato che gli interventi da esso previsti potranno essere rivolti a un ampio insieme di imprese, elencate all’art. 1 dell’accordo, che possono essere destinatarie o meno delle prestazioni dell’art. 10 del D. Lgs. n. 148 del 2015, ossia i trattamenti ordinari di integrazione salariale. Questa differenziazione della platea dei destinatari appare dirimente, nel momento in cui, all’art. 5, vengono individuate le prestazioni e il relativo finanziamento.

 

Da una parte, infatti, per la totalità delle imprese il fondo può erogare una serie molto variegata di misure, che toccano aspetti differenti legati alle diverse esigenze a cui devono far fronte le varie realtà. Possono infatti essere finanziati, in primo luogo, programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, eventualmente anche in concorso con fondi nazionali o europei. Centrale è poi la funzione del fondo per fornire prestazioni integrative o aggiuntive rispetto ai trattamenti di integrazione salariale in costanza o in caso di cessazione del rapporto di lavoro. Nel primo caso, si tratterà di un’integrazione esclusivamente sul piano degli importi, mentre nel secondo potranno essere fornite anche prestazioni aggiuntive in termini di durata rispetto a quanto previsto ordinariamente dalla legge. Infine, il fondo potrà erogare prestazioni di sostegno al reddito per i lavoratori che raggiungano, nel quadro dei piani di esodo, i requisiti ordinari per il pensionamento nei 5 anni successivi, nonché, nell’ambito di processi di ricambio generazionale, per i lavoratori coinvolti in riduzioni stabili dell’orario di lavoro.

 

L’importo di questa prima area di prestazioni varia a seconda delle singole misure, e viene disciplinato nell’art. 9 dell’accordo. Per quanto riguarda invece le modalità di finanziamento, il contributo ordinario mensile – pari allo 0,45% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali di tutti i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato (inclusi gli apprendisti e esclusi i dirigenti) – è ripartito per due terzi a carico del datore di lavoro e un terzo a carico del lavoratore. Sono poi previsti specifici contributi addizionali a carico del solo datore di lavoro per le prestazioni integrative rispetto ai trattamenti di integrazione salariale previsti dal legislatore, nonché un contributo aziendale mensile straordinario, di importo corrispondente al fabbisogno di copertura, per tutte le ulteriori prestazioni, fatta eccezione per quelle a copertura dei programmi formativi.

 

Dall’altra parte, per le imprese che non rientrino nel campo di applicazione dell’art. 10 del D. Lgs. n. 148 del 2015, il fondo diventa il riferimento per l’erogazione di un assegno di integrazione salariale, in relazione alle causali previste dalla legge in materia di integrazioni salariali ordinarie. In questi termini, le prestazioni assegnate dal fondo ai lavoratori rappresentano un regime sostitutivo rispetto al regime della cassa integrazione straordinaria, del Fondo di Integrazione Salariale (FIS) e dei rispettivi regimi di contribuzione. Il fondo garantirà un importo almeno pari a quello previsto dall’art. 3, c. 1 del D. Lgs. n. 148 del 2015, per una durata almeno pari ai trattamenti di integrazione salariale, a seconda della soglia dimensionale dell’impresa e della causale invocata, nel rispetto delle durate massime previste fissate dal legislatore. Per il finanziamento di tali prestazioni, è previsto un contributo ordinario mensile dello 0,80%, calcolato e ripartito con le stesse modalità previste per le altre misure, nonché un contributo addizionale a carico del datore di lavoro, nella misura dell’1,5%, calcolato con riferimento alla somma delle retribuzioni perse dai lavoratori interessati dalla misura.

 

Ulteriori aspetti

 

L’intesa disciplina poi, nello specifico, le modalità di amministrazione del fondo, che sarà gestito in via paritetica da rappresentanti delle parti sociali del settore, con la presenza di due Rappresentanti del Ministero del Lavoro e del Mef. Di particolare rilievo è anche la presenza, nelle riunioni del comitato amministratore, del collegio sindacale dell’INPS, nonché del direttore generale dello stesso Istituto (o di un suo delegato) con voto consultivo e con la facoltà di sospendere l’esecuzione delle decisioni del comitato, qualora siano ravvisati profili di illegittimità. Sono inoltre disciplinate le procedure di accesso e i criteri di precedenza per le misure, nonché i limiti di valore delle prestazioni. Infine, viene ribadito l’obbligo di pareggio di bilancio e l’impossibilità di garantire prestazioni in carenza di disponibilità per il fondo, il quale non ha personalità giuridica e gode di autonoma gestione finanziaria e patrimoniale presso l’INPS, del quale costituisce gestione.

 

Si tratta di elementi che, ancora una volta, evidenziano il complesso equilibrio da raggiungere tra autonomia collettiva e organizzazione amministrativa delle funzioni che i fondi sono chiamati a svolgere giacché si tratta pur sempre di fondi che non nascono e non vengono amministrati dallo Stato ma si sviluppano nell’alveo delle relazioni industriali e del loro tradizionale strumento, ossia la contrattazione collettiva. La sfida, carica di queste complessità, pare essere stata colta dalle parti sociali del settore delle telecomunicazioni. Occorre ora attendere i primi accordi aziendali del settore, per capire se aziende e parti sociali saranno in grado di cogliere le ampie potenzialità di questo strumento.

 

Michele Dalla Sega

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@Michele_ds95

Green@work: ripensare il ruolo delle parti sociali per la green e Just transition

Green@work: ripensare il ruolo delle parti sociali per la green e Just transition

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Bollettino ADAPT 23 maggio 2022, n. 20

 

È indubbio come il settore energetico si confronti attualmente, e si confronterà sempre più, con sfide e opportunità, ormai comune oggetto di discussione della scienza, dell’industria nonché delle agende politiche comunitarie e nazionali in vista dei definiti e riconosciuti obiettivi di sostenibilità e decarbonizzazione. È inoltre indiscusso come la crisi pandemica Covid-19 abbia però impattato in termini di occupazione e riduzione di PIL e abbia inciso nella ridefinizione di questi obiettivi, ovvero dei percorsi e delle politiche per il raggiungimento dei target. Si valuta, difatti, come la pandemia si sia riflessa sull’economia degli Stati membri, in particolare, con un regresso allo scenario dei mercati precedente alla crisi finanziaria del 2008. In questo contesto, si inseriscono le innumerevoli politiche comunitarie e nazionali che si pongono come obiettivo la ripresa economico-sociale nazionale degli Stati membri anche in virtù delle necessitate transizioni, digitali ed ecologiche. In particolare, il piano Next Generation EU è lo strumento temporaneo per la ripresa creato dall’Unione europea, un pacchetto a rifinanziamento delle economie degli Stati membri di oltre 800 miliardi, nel quale si inseriscono le progettazioni dei singoli Piani Nazionali.

 

Il PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è lo strumento di progettazione italiano che definisce obiettivi, strumenti e riforme che la penisola intende realizzare grazie ai fondi del Next Generation EU per attenuare l’impatto economico e sociale della pandemia e, al contempo, rendere il paese più equo, sostenibile secondo i dettami dell’oramai famoso Green Deal. I risultati attesi, fra gli altri, sono: migliorare la resilienza e la capacità di ripresa, ridurre l’impatto della pandemia, sostenere la transizione verde e digitale, sviluppare il potenziale di crescita dell’economia e del PIL nazionale e creare occupazione, soprattutto giovanile.

 

In questo quadro generale si inserisce il Progetto Green@Work, Achieving emission-free production in energy-intensive industries – A joint pilot project by German, Croatian and Italian unions, che si propone di studiare le potenzialità tecniche della transizione nel settore delle industrie ad alta intensità energetica (settore energia, settore chimico fra gli altri) e la loro social acceptance, nonché di riflettere sul ruolo dei sindacati e delle parti sociali nel rendere davvero concreta e sostenibile la trasformazione green dei settori. D’altronde, per espresso dettato della Commissione, il tema della transizione energetica deve coprire almeno il 37% dei fondi dei Piani nazionali di attuazione del Next generation EU, ancora una volta a sottolineare l’importanza e l’urgenza del tema.

 

Guardando difatti al contesto italiano, si può notare come il fabbisogno energetico nazionale sia attualmente soddisfatto prevalentemente tramite import (di gas, petrolio ovvero, in ultima, di fonti rinnovabili) e sia dunque condizionato dal quadro geopolitico estero. È evidente come, dunque, il settore energetico e le industrie particolarmente energivore, in quanto le prime e più altamente impattate dalle politiche di transizione energetica, siano centrali nelle politiche del PNRR, in particolare declinate nella Mission 2 – Rivoluzione verde e transizione ecologica, nonostante nella generalità delle missioni possano riconoscersi spunti sul tema dell’efficientamento energetico.

 

Obiettivi del piano sullo specifico tema energetico sono l’ammodernamento dello share delle fonti e l’utilizzo dell’idrogeno, peraltro secondo la strategia dettata dalla Commissione (EU’s hydrogen strategy), lo sviluppo di innovazione e ricerca, l’ammodernamento delle strutture, considerando inoltre come oramai i tavoli politici non vogliano eliminare completamente l’utilizzo delle fonti fossili, ma piuttosto, secondo il dettato di sostenibilità anche economica e sociale oltre che ambientale, vogliano puntare ad un ammodernamento dei processi produttivi già in essere.

 

Nel contesto generale del settore energetico, si pongono poi sfide per i settori hard-to-abate ovvero per quelli altamente energivori, come quello chimico. È evidente come le correnti sfide per il settore richiedano soluzioni creative ed innovative, date le complesse ed eterogenee catene produttive, che ricomprendono aziende di grandi dimensioni e PMI, così come imprese dedite alla chimica base contestualmente a quelle dedicate alla produzione di chimica specialistica. Se l’Italia si pone prima nel ranking europeo di produzione farmaceutica e terza per il settore chimico, anche guardando alla portata degli investimenti e ai big-data coinvolti, è indubbio come la sfida non possa essere affrontata a livello nazionale. Difatti, tematiche quali il costo dell’energia e delle materie prime, fattori che inevitabilmente condizionano fortemente l’andamento dei mercati e a loro volta largamente condizionate da elementi geopolitici esterni a valutazioni e volontà statali, debbono essere guardate secondo un forte senso comunitario, come peraltro ricordato al meeting del progetto da Emma Argutyan (DG ECEG).

 

Allo stesso tempo, per accompagnare e vincere le grandi sfide di transizione del settore, sono necessarie forti e rinnovate (e innovate) relazioni industriali, che possano accompagnare la transizione del settore verso una sempre maggiore sostenibilità economica, sociale e ambientale, come affermato da Davide Calabró (ENI Versalis). Un ripensamento delle relazioni industriali non significa però un pregiudiziale giudizio di necessarietà delle stesse: “le parti sociali sono utili quando sono uno strumento alla sostenibilità delle imprese, ad incremento della produttività e della competitività e a tutela dell’occupazione nei necessitati processi di transizione” (Paolo Cuneo, Federchimica).

 

È indubbio come la collaborazione e il dialogo sociale siano strumento per le attuali sfide dei processi di riconversione di settore: come sottolineato da Maike Niggemann (Industriall), la transizione è già iniziata e non è questione futura: è questione di responsabilità sociale renderla concreta. Come renderla concreta, è questione di innovazione e rinnovamento, nuovamente, non solo dei processi produttivi in transizione ma anche e soprattutto delle relazioni industriali, ad inaugurare una nuova stagione che ponga come temi centrali la riforma delle politiche attive del settore e dell’orientamento, ai fini di una concreta transizione occupazionale e della piena inclusività nei mercati del lavoro, sempre maggiormente interconnessi.

 

In questa prospettiva si pone anche la piattaforma di rinnovo del CCNL chimico-farmaceutico che, in prima battuta, riconosce sulla scia del precedente come un modello partecipativo e dialogato di relazioni sindacali possa concretizzarsi nella gestione di una giusta transizione che coniughi produzione, occupazione con la necessaria innovazione. Si aprono così a sperimentazioni in ambito organizzativo (accordo F.O.R. working); si rinnova il monitoraggio, dialogo e confronto sul territorio e sul sito per il tramite degli osservatori itineranti (strumenti prodromici a vere e proprie politiche attive, necessari alla comprensione delle necessità del settore); si confermano gli Organismi bilaterali settoriali, affermando quella politica di dialogo e collaborazione fra le parti sociali a sviluppo di temi quali, fra gli altri, di costruzione di adeguate strategie formative di life-long learning, reskilling e upskilling.

 

Il quadro delineato presenta innumerevoli sfide ambientali, produttive e sociali, che se perseguite nell’ottica di interesse singolo è indubbio come si prospettino di difficile ottenimento. In tal senso, le caratteristiche del settore, ma più in generale della transizione ecologica, che richiama e ricollega aspetti economici, sociali oltre che strettamente climatici, richiedono come i percorsi di transizione soddisfino i requisiti di co-determinazione dei lavoratori e delle parti sociali, in un’ottica di sempre maggior coinvolgimento di parti istituzionali e stakeholders.

 

Sara Prosdocimi

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena

@ProsdocimiSara

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/103 – La piattaforma sindacale per il rinnovo del CCNL Somministrazione: gli elementi fondamentali

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/103 – La piattaforma sindacale per il rinnovo del CCNL Somministrazione: gli elementi fondamentali

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

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Bollettino ADAPT 23 maggio 2022, n. 20

 

Introduzione

 

La presentazione dell’ipotesi di piattaforma del rinnovo del CCNL è un momento importante per le organizzazioni sindacali e per tutti i lavoratori del settore interessato. Infatti, è durante le assemblee di presentazione della piattaforma che i lavoratori hanno la possibilità di conoscere, discutere ed esprimersi sulle proposte elaborate dai sindacati. Oggetto del presente articolo è la piattaforma di rinnovo del settore della somministrazione: Felsa-Cisl, Nidil-Cgil e Uiltemp sono attualmente impegnate a esporre le proprie idee nelle aziende e a confrontarsi con i dipendenti delle Agenzie per il Lavoro (ApL).

 

Il CCNL della somministrazione e le sue particolarità

 

Il CCNL della somministrazione, firmato da Assosom e Assolavoro per le parti datoriali e da Felsa-Cisl, Nidil-Cgil e Uiltemp per le parti sindacali, è giunto a scadenza il 31 dicembre 2021 ed è attualmente agli esordi della fase di rinnovo.

 

Il suo ambito di applicazione prevede la disciplina unitaria, per tutto il territorio nazionale, dei rapporti di lavoro intercorrenti tra tutte le Agenzie di Somministrazione e i lavoratori in somministrazione assunti sia a tempo determinato che a tempo indeterminato, ai sensi del Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81 e del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e loro successive modificazioni ed integrazioni.

 

La particolarità del settore di somministrazione è che il contratto individuale è interessato dalla disciplina di due CCNL: quello della somministrazione e quello applicato dall’azienda utilizzatrice. Il primo è il CCNL effettivamente di competenza del settore, il secondo viene applicato per garantire il principio di parità di trattamento rispetto agli altri lavoratori direttamente assunti dall’azienda utilizzatrice.

 

Proprio perché nel rapporto di lavoro concorrono tre soggetti (lavoratore, agenzia per il lavoro e azienda utilizzatrice), l’organizzazione delle assemblee, spesso, coinvolge più parti e questo è un primo tema che merita di essere approfondito. A tale scopo, occorre considerare l’art. 19 del CCNL della somministrazione, denominato Diritto di Assemblea e bacheche sindacali. In esso è previsto che i lavoratori in somministrazione abbiano il diritto a riunirsi, durante l’orario di lavoro, per la trattazione di problemi di ordine sindacale presso locali messi a loro disposizione dalle imprese utilizzatrici, dove vengono esercitati i diritti dai dipendenti dell’utilizzatore così come anche previsto dall’art. 36, comma 1 e 2, del D.Lgs. n. 81/2015. Con questo obiettivo, le Agenzie si impegnano a formulare preventivamente una richiesta all’impresa utilizzatrice di mettere a disposizione locali aziendali per lo svolgimento della riunione dei lavoratori in somministrazione. In attuazione di quanto disposto dall’art. 36, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015, i lavoratori hanno diritto a partecipare alle assemblee del personale dipendente delle imprese utilizzatrici. Il ricorso a luoghi esterni al luogo di lavoro per la tenuta delle assemblee (o comunque diversi da quelli dove vengono esercitati i diritti dai dipendenti dell’utilizzatore) deve considerarsi eccezionale e deve essere adeguatamente motivato da Agenzia e utilizzatore.

 

Il CCNL vigente regola anche le relazioni sindacali, stabilendo che in ogni singola unità produttiva delle aziende utilizzatrici che impiegano almeno 15 lavoratori in somministrazione contemporaneamente per più di 2 mesi, anche di Agenzie per il Lavoro diverse, potrà essere adottata una sola forma di rappresentanza. La prima forma di rappresentanza descritta è quella del Delegato Sindacale Territoriale. I delegati sindacali territoriali a livello regionale o provinciale sono nominati dalle singole Organizzazioni Sindacali stipulanti del presente CCNL. Sono attribuiti a tali rappresentanti le funzioni di intervento nei confronti delle ApL per l’applicazione dei contratti e delle norme in materia di lavoro e per l’applicazione dei diritti sindacali in generale, nell’ambito di un territorio provinciale, interprovinciale o regionale definito.

 

Vi è poi il Rappresentante Sindacale in Azienda (RSA), il quale viene nominato tra i lavoratori in somministrazione operanti in una impresa utilizzatrice. Il Rappresentante Sindacale in Azienda ha compiti di intervento nei confronti delle ApL operanti nella specifica impresa utilizzatrice e si coordina con i delegati sindacali territoriali operanti nel suo territorio. Queste figure sono fondamentali, sia nel ruolo che svolgono quotidianamente, sia, nel caso specifico, nell’organizzazione delle assemblee all’interno degli spazi dell’utilizzatore, facendosi portavoce delle tematiche dell’assemblea, coinvolgendo i colleghi, interfacciandosi con i rappresentanti sindacali dell’azienda e con l’agenzia in caso di bisogno.

 

Ogni assemblea sulla presentazione dell’ipotesi di piattaforma di rinnovo del CCNL deve essere verbalizzata per tenere traccia del numero dei lavoratori che hanno preso parte alla discussione e sul loro parere espresso tramite voto palese di accordo o disaccordo sulle proposte contenute in essa.

 

Il contesto di rinnovo e i nuovi obiettivi sindacali

 

Il CCNL della somministrazione arriva a rinnovo in un contesto che vede, già da qualche anno, una forte crescita del settore della somministrazione in termini quantitativi, nonostante il periodo di contrazione dell’economia. Sono aumentate le durate medie dei rapporti di lavoro, così come sono cresciuti i contratti a tempo indeterminato. Ciò non ha portato, però, a porre fine ad alcune situazioni di forte turn over sui contratti a termine.

 

Le imprese del settore si sono ulteriormente consolidate sia in termini di presenza nel mercato del lavoro che in termini di risultati operativi.

 

Il contratto a tempo indeterminato in somministrazione, disciplinato dall’art. 24 del CCNL, ha vissuto un’impennata negli ultimi anni che lo vede attestarsi a una percentuale media pari  al 25% dei contratti in somministrazione. Nella nota congiunta pubblicata dall’osservatorio di Ebitemp ad aprile 2022, con riferimento ai dati fino a febbraio dello stesso anno, sono 111.066 i lavoratori ad essere impiegati tramite questa tipologia di contratto. Per i lavoratori a tempo indeterminato e a cui termina la missione, è prevista un’indennità di disponibilità che mette il lavoratore a disposizione dell’agenzia fino al nuovo successivo incarico. L’Agenzia, nel caso in cui non possa più mantenere alle proprie dipendenze uno o più lavoratori assunti a tempo indeterminato per mancanza di occasioni di lavoro, avvia la procedura prevista dall’art.25 (che la descrive e la disciplina). La sfida, per queste situazioni, sarà quella di incrementare la capacità delle Agenzie di ricollocare efficacemente i lavoratori.

 

Preso atto del contesto in cui si inserisce, la piattaforma di rinnovo contrattuale si propone degli obiettivi che intendono perseguire un incremento della qualità del settore della somministrazione attraverso interventi che vedono una redistribuzione ai lavoratori e alle lavoratrici dei risultati ottenuti, una maggiore continuità occupazionale (contrastando il turnover ingiustificato), una responsabilizzazione delle ApL e delle associazioni datoriali e un’attività formativa di maggiore qualità.

Viene ribadito con forza che la strada per ottenere tali obiettivi sia quella di perseguire l’unicità contrattuale e bilaterale del settore.

 

Le nuove proposte

 

Le parti sindacali, unitariamente, hanno predisposto un’ipotesi di piattaforma con le proposte da portare al tavolo di contrattazione.

Tale piattaforma è in corso di presentazione ai lavoratori somministrati attraverso le molte assemblee dedicate programmate nei vari territori. In queste sedi, i lavoratori sono anche chiamati a esprimere il proprio parere sulle proposte avanzate dai sindacati e, quindi, a votare a sostegno o meno delle stesse.

 

Di seguito alcune delle proposte che costituiscono la piattaforma unitaria di rinnovo del CCNL della somministrazione.

 

Come prima proposta, troviamo l’introduzione di un premio che possa distribuire la produttività e la redditività del settore. Tale proposta vuole tener conto del principio di parità di trattamento ma si pone anche l’obiettivo di richiedere, a fronte dello sviluppo del settore in termini qualitativi e quantitativi e dei conseguenti risultati operativi delle ApL, di strutturare un riconoscimento collettivo economico in favore delle lavoratrici e lavoratori del settore.

 

Un altro tema importante nella piattaforma è quello della continuità occupazionale, sia che si parli di contratti a tempo determinato che di contratti a tempo indeterminato. Per i primi, l’obiettivo è quello di contrastare le situazioni di turn over ingiustificato. A tal fine, si ritiene necessaria l’attivazione di procedure di confronto territoriale laddove le parti lo richiedano, costruendo un sistema incentivante nazionale per la continuità occupazionale da concordare a livello territoriale. Si chiede, in aggiunta, l’introduzione di un’indennità nel caso in cui non venga rispettato il termine per la comunicazione della proroga prevista dal CCNL vigente. Per i secondi, le parti sindacali ritengono necessaria una definizione puntuale della procedura prevista dall’art. 25 che disciplina i casi di Mancanza di occasioni di lavoro per garantire la continuità occupazionale delle lavoratrici e dei lavoratori. Nella piattaforma per il rinnovo è poi presente l’introduzione di forme di penalizzazione e costo aggiuntivo a fronte della cessazione della missione e la contemporanea sostituzione con altri lavoratori, soprattutto se ciò avviene nei casi di maternità ed infortunio. I sindacati propongono, inoltre, la strutturazione di una procedura collettiva per i  casi in cui le interruzioni di missioni riguardino più di 15 lavoratori nello stesso sito.

 

Tra i temi oggetto di modifica, non poteva mancare quello delle procedure previste rispettivamente dagli articoli 32 e 25 del vigente CCNL, cioè la procedura di disponibilità e quella di mancata occasione di lavoro. Viene richiesta una parificazione dell’indennità dell’art. 32, oggi di 800€ lordi, con quella dell’art. 25 tenendo anche conto dei livelli retributivi percepiti in corso di missione. Viene inoltre sottolineata dalle parti la necessità di chiarire le modalità applicative durante i periodi di disponibilità e MOL della gestione delle ferie, delle dimissioni, dell’offerta congrua, dei permessi legge 104, dei congedi parentali, della malattia e maternità.

 

Si ritiene poi di dover intervenire sul Monte Ore Garantito, sostenendo – visto l’uso fatto fino ad ora – che sia necessario riportarlo alle finalità previste dal CCNL. Per far ciò si propone l’introduzione di percentuali massime relative all’utilizzo della somministrazione nel sito e aumenti dell’orario minimo, prediligendo l’utilizzo del part time verticale definito dalle normative del CCNL degli utilizzatori.

 

Per quanto riguarda le modalità di erogazione salariale, si richiede la possibilità di mensilizzare nei casi di missione con orario su ciclo continuo al fine di evitare difficoltà interpretative rispetto alla parità di trattamento.

 

Anche i diritti sindacali sono oggetto di rinnovo: vista la specificità della somministrazione e dei relativi accordi sulla rappresentanza, si ritiene opportuno concordare le modalità di certificazione complessiva della rappresentanza che riguardino l’intero settore, individuando come ente preposto a tal compito Ebitemp. Si richiede, inoltre, una definizione specifica delle regole per le elezioni delle RSU adattando la pattuizioni vigenti alla specificità del settore, definendo le regole e responsabilità chiare nell’ambito della contrattazione di secondo livello, responsabilizzando le ApL e le rappresentanze sindacali aziendali e territoriali. Si ritiene anche necessario razionalizzare le attuali comunicazioni obbligatorie previste dal CCNL, nonché rendere strutturali le pattuizioni sulle assemblee da remoto e rendere effettive ed obbligatorie le bacheche elettroniche sindacali di agenzia.

 

Sul fronte della sicurezza sul lavoro, visto l’ancora eccessivo numero di infortuni, si ritiene che sia urgente un intervento mirato a ridosso dei luoghi di lavoro strutturando operativamente le commissioni territoriali, rendendo possibile un confronto sulle situazioni ritenute dalle parti a rischio, approfondendo il documento di valutazione dei rischi forniti dalle aziende utilizzatrici e monitorando l’attuazione della formazione specifica.

 

Viene poi richiesta un’attenzione particolare al tema della parità di genere e dell’introduzione di nuovi diritti. In particolare, al fine di favorire la continuità occupazionale in caso di mancato rinnovo di contratto a termine per le donne in gravidanza, si richiede di individuare nelle CSMT il luogo in cui effettuare la comunicazione di tali eventi e stimolare quindi un confronto, valutando le possibili azioni positive e la modalità applicativa del diritto di precedenza. Viene messo a fuoco il rischio di subire molestie nei luoghi di lavoro (intesi anche come aziende utilizzatrici): per contrastarlo, la proposta è quella di costituire un luogo protetto per coloro che vogliono denunciare le molestie subite. Tale luogo protetto deve avere carattere nazionale, garantire l’anonimato, tutelare la persona anche in termini salariali e attivare, qualora necessario l’accompagnamento alle strutture territoriali preposte. L’accesso al luogo protetto deve essere portato a conoscenza all’atto dell’assunzione e sui siti delle agenzie e degli enti bilaterali.

 

La bilateralità è interessata da proposte di aumento del valore economico delle prestazioni, di aumento della platea degli aventi diritto e di riduzione dei requisiti previsti per accedere agli attuali servizi. L’attenzione sarà in particolare alle prestazioni a sostegno della genitorialità, del diritto allo studio, ai costi del trasporto e all’infortunio. Anche l’attuale prestazione della mobilità territoriale sarà oggetto di proposta migliorativa. Oltre a ciò, vi è una proposta di estensione delle prestazioni Ebitemp anche a coloro che partecipano a corsi di formazione di lunga durata.

 

Al fine di sostenere l’adesione alla previdenza complementare (Fonte) e coprire i “buchi contributivi” si propone di prevedere un versamento aggiuntivo forfettario a carico della bilateralità per i beneficiari del diritto mirato.

 

In ultimo, ma non certo per importanza, sul fronte della formazione si propone che le risorse (mutualistiche) per la formazione continua a catalogo siano messe a disposizione per fare formazione e politiche attive per il lavoro contrattate dalle parti sociali a livello territoriale al fine di adeguarle agli obbiettivi e necessità che si rileveranno nelle CSMT, mirando ad una formazione di qualità anche in sinergia con altri soggetti della formazione e istruzione professionale. Nella piattaforma si trova la conferma del diritto mirato, aumentando la durata contrattuale necessaria al raggiungimento del placement, nell’ottica di garantire la continuità della presa in carico, allargando contestualmente la platea di riferimento e rendendo meno stringenti gli attuali requisiti di accesso, sarebbe quindi ipotizzabile rendere il diritto esigibile sin dal primo giorno di disoccupazione e riducendo al contempo la durata contrattuale minima per l’accesso alla misura. Per quanto riguarda la formazione

 

professionale erogata tramite Formatemp, si richiede maggiore qualità del placement, aumentando l’attuale settimana full time equivalente. Le competenze acquisite tramite le suddette modalità formative dovranno essere certificate e collegate ai percorsi di digital badge.

 

Conclusioni

 

In questo articolo, si è cercato di sottolineare come la somministrazione di lavoro sia una modalità di prestazione lavorativa oggetto di un percorso di affermazione e consolidamento. Per tale motivo, le rappresentanze sindacali di settore, che riconoscono e inquadrano il fenomeno, puntano a creare le condizioni affinché sia possibile una maggiore qualità del lavoro attraverso gli interventi descritti.

 

La piattaforma della somministrazione, se approvata dalla maggior parte dei lavoratori, sarà presentata alle parti datoriali in estate: in quel momento prenderà il via la vera negoziazione.

 

Annamaria Guerra

ADAPT Junior Fellow

@Annamar95342398

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/102 – Welfare e apprendistato nell’ipotesi di rinnovo del CCNL Consorzi Agrari

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 23 maggio 2022, n. 20

 

Contesto del rinnovo

 

Il 4 maggio 2022, presso la sede di ASSOCAP in Roma, è stata definita dall’Associazione nazionale dei consorzi agrari – ASSOCAP e dalle organizzazioni sindacali di categoria Fai, Flai, Uila l’ipotesi di accordo per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i dipendenti dei Consorzi Agrari.

Il processo di rinnovo non è stato privo di difficoltà. Da una parte,  il settore dei consorzi agrari, così come l’ASSOCAP stessa, sono stati protagonisti di importanti riassetti organizzativi nella struttura e nella governance; dall’altra, numerosi sono stati i ritardi che hanno caratterizzato i tavoli di trattativa per il rinnovo, più volte denunciati da parte sindacale

 

Dopo un anno di attesa l’ipotesi di accordo presenta risposte concrete alle esigenze dei lavoratori, che riguardano il potere d’acquisto delle retribuzioni, la garanzia a più diritti e tutele, l’aspetto solidaristico e che riconoscono il ruolo centrale alla formazione per la valorizzazione delle competenze professionali.

 

Parte economica

 

Dal punto di vista economico, l’ipotesi d’accordo si apre con il riconoscimento al personale in servizio alla data del 1° maggio 2022, un importo una tantum di 100€ per il periodo di carenza contrattuale 1° gennaio 2020-31 maggio 2022. Tale importo è da corrispondere insieme alle retribuzioni del mese di maggio 2022 e viene calcolato al lordo delle ritenute di legge; questo non avrà incidenze sugli istituti retributivi previsti dal vigente contratto collettivo, compresi il trattamento di fine rapporto e le mensilità aggiuntive.

 

È stato inoltre stabilito un incremento dello stipendio base dei lavoratori inquadrati al 3° livello, pari a 95€, il quale verrà erogato in due tranche: la prima di 65€ dal 1° giugno 2022, la seconda di 30€ dal 1° gennaio 2023.

 

Parte normativa

 

Per quanto riguarda la parte normativa, innanzitutto sono state aggiornate la decorrenza e la durata del CCNL, il quale avrà validità dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2023 e sarà tacitamente rinnovato di anno in anno qualora una delle parti stipulanti non vi receda.

 

Con riferimento al sistema di inquadramento e classificazione del personale, occorre poi segnalare la dichiarazione posta in coda all’articolo 19 del CCNL, con la quale le Parti prevedono la costituzione di una specifica commissione paritetica, che ha il ruolo di avviare i lavori per presentare, al termine della vigenza contrattuale, proposte di modifica e/o di aggiornamento dell’attuale sistema.

 

Relativamente al sistema di welfare, modifiche ed innovazioni sono state attuate in tema di congedi parentali e per gravi motivi familiari, ferie solidali e di trattamento di malattia ed infortunio. Nell’art. 27, rubricato Congedi parentali e per gravi motivi familiari, da un lato vengono garantiti tre giorni di permesso retribuito per ogni evento luttuoso, dall’altro al lavoratore padre vengono concessi due giorni di permesso retribuito in più rispetto a quanto previsto dalla legge per la nascita o l’adozione del figlio.

 

Viene inserito ex novo l’istituto delle ferie solidali così da facilitare, ai dipendenti che lo richiedano, l’assistenza a figli, parenti e affini di primo grado che necessitano di cure costanti. Viene poi esteso il diritto alla conservazione del posto di lavoro per i dipendenti colpiti da patologie oncologiche.

 

Come ulteriore forma di tutela dei lavoratori, le parti si inoltre sono accordate affinché per l’eventuale trasferimento di una/un dipendente da un’unità produttiva ad un’altra, vengano coinvolte le RSA o le RSU in un confronto preventivo ed obbligatorio.

 

Il rinnovo del 4 maggio 2022 disciplina poi per la prima volta l’apprendistato nel settore dei consorzi agrari. Rilevante, poiché non così diffuso nel panorama della contrattazione collettiva nazionale italiana, la circostanza per cui esso non contiene unicamente la regolazione dell’apprendistato professionalizzante, ma anche quella delle altre tipologie di apprendistato previste dalla legislazione, ossia l’apprendistato di primo e di terzo livello.

 

Parte obbligatoria

 

Scorrendo la parte normativa prevista nell’ipotesi di accordo, ci si rende conto fin dal principio che è stato rafforzato il sistema delle relazioni sindacali, rendendolo più efficace ed incisivo a tutti i livelli, attraverso la partecipazione strategica dei lavoratori e delle loro rappresentanze. Il rinnovato articolo 3 del CCNL evidenzia il rafforzamento della partecipazione sindacale fin dalla rubrica, la quale è stata modificata in Diritti di informazione e confronto partecipativo. Le parti, infatti, si impegnano reciprocamente a sviluppare un sistema di relazioni sindacali più efficace ed incisivo che sia in grado di prevenire situazioni di conflittualità, ma anche di garantire un confronto sulle politiche organizzative e societarie. Viene quindi sottolineata la garanzia per quanto riguarda il confronto sull’organizzazione del lavoro, sull’innovazione, su eventuali processi riorganizzativi o di fusione e sulle politiche reddituali, individuando il livello di rappresentanza sindacale regionale come possibile interlocutore. Inoltre, visto il presente riassetto del sistema consortile, è stata inserita una nota a verbale per garantire l’attuale livello di rappresentanza.

 

Si tratta dell’inserimento del principio di confronto partecipativo e del potenziamento dei meccanismi di informazione, i quali permettono un miglior governo dei Consorzi.

 

È stata inoltre accolta la richiesta di inserire una formazione che permetta di sostenere i processi di cambiamento e trasformazione verso una maggiore digitalizzazione del sistema consortile, così da dare la possibilità a RSA e RSU di presentare in modo autonomo proposte sui moduli formativi da somministrare ai lavoratori e alle lavoratrici.

 

Di particolare rilievo è infine l’impegno delle parti a sviluppare congiuntamente soluzioni che valorizzino il sistema della bilateralità in tema di assistenza sanitaria integrativa, previdenza complementare e di formazione professionale.

 

Valutazione d’insieme

 

L’intesa di rinnovo del CCNL Consorzi Agrari rappresenta un importante passaggio per le relazioni industriali del settore, in cui spicca l’introduzione di nuove tutele per i lavoratori, in particolare nel campo del welfare, e una prima regolamentazione per via contrattuale dell’istituto dell’apprendistato, nelle sue diverse forme.  Le segretarie nazionali delle organizzazioni sindacali firmatarie hanno manifestato la propria soddisfazione, sottolineando che è stato riaffermato il ruolo e il valore della contrattazione collettiva, delle relazioni sindacali, ma anche l’importanza strategica che il sistema consortile rappresenta nel panorama agricolo italiano.

 

Francesca Valente

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@valentefranc

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/101 – I rinnovi dei CCNL aziende artigiane area Legno e lapidei e area Tessile moda chimica ceramica: un confronto ragionato

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/101 – I rinnovi dei CCNL aziende artigiane area Legno e lapidei e area Tessile moda chimica ceramica: un confronto ragionato

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 16 maggio 2022, n. 19

 

Contesto dei rinnovi

 

Le Confederazioni Confartigianato, Cna, Casartigiani e Claai con Cgil, Cisl e Uil, nei giorni 3 e 4 maggio, hanno sottoscritto i rinnovi del CCNL Legno e lapidei e del CCNL Tessile moda chimica ceramica. Parti firmatarie dei rinnovi sono le federazioni di categoria delle organizzazioni artigiane e delle organizzazioni sindacali.: per l’area legno e lapidei a rappresentare i lavoratori sono Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Feneal-Uil, per l’area tessile moda chimica ceramica, invece, Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil. Gli accordi rinnovano i CCNL precedentemente scaduti, decorrono entrambi dal 1° gennaio 2019 e, fatta salva la clausola di salvaguardia, avranno validità fino al termine dell’anno in corso.

 

Prendendo spunto dalla contestualità dei due rinnovi, l’articolo mira a presentarne le principali novità, cogliendo l’occasione per raffrontare i due accordi di rinnovo ed evidenziarne similitudini e differenze.

 

L’accordo di rinnovo tessile moda chimica ceramica amplia al settore della concia il campo di applicazione del CCNL, già esteso poiché frutto del processo di unificazione e razionalizzazione, avvenuto con l’accordo del 14 dicembre 2017, del CCNL tessile moda e CCNL chimica ceramica; il CCNL continua ad applicarsi esclusivamente alle aziende artigiane. Di contro, l’accordo di rinnovo legno e lapidei non incide sul campo di applicazione, per cui il CCNL continua ad essere applicato ai dipendenti delle aziende artigiane e delle piccole e medie imprese, anche in forma cooperativistica e dei consorzi costituiti da artigiani dei settori del legno, arredamento, mobili, escavazione e lavorazione dei materiali lapidei.

 

Oltre agli aspetti retributivi, ad interessare i rinnovi vi è il recepimento dell’ultimo accordo interconfederale in materia di bilateralità per il comparto artigiano e l’adeguamento alle recenti novità normative.

 

Parte economica

 

Le Parti Sociali, come di consuetudine in occasione di rinnovo, convengono sugli aumenti retributivi, da erogarsi in due tranches: per il CCNL Legno e lapidei con la retribuzione del mese di maggio 2022 la prima tranche di aumento retributivo, a cui si aggiungerà, nel mese di settembre, la seconda; per il CCNL tessile moda chimica ceramica con le retribuzioni di ottobre e dicembre 2022. Nel primo caso, legno e lapidei, i minimi tabellari, il cui ultimo aumento risale a giugno 2018, verranno complessivamente aumentati di 75.00 € per le aziende artigiane del settore legno, arredamento e mobili, di 79.00 € per le aziende artigiane del settore lapidei, escavazione e marmo e rispettivamente di 76.00 € e 80.00 € per le aziende non artigiane dei medesimi settori. Nel secondo caso, per l’area tessile moda, i minimi tabellari, fermi a giugno 2019, saranno complessivamente aumentati di 66.00 € nel settore abbigliamento, 65.05 € nel settore tessile calzaturiero, 65.27 € nel settore lavorazioni a mano e su misura, 65.67 € nel settore pulitintolavanderie e 66.64 € nel settore occhialeria, mentre per l’area chimica ceramica di 70.09 e nel settore chimica plastica vetro e 66.26 € nel settore ceramica terracotta gres e decorazione piastrelle. In entrambi i testi dei rinnovi, al momento, le Parti Sociali hanno convenuto gli incrementi retributivi parametrati su un livello e viene fatta salva la notifica delle tabelle retributive, con la riparametrazione per ciascun livello contrattuale, non appena le Parti si incontreranno per la loro sottoscrizione.

 

La seconda novità che interessa la retribuzione diretta è l’erogazione dell’una tantum a copertura del periodo di carenza contrattuale: a ristoro dell’arco temporale intercorrente tra la scadenza del precedente rinnovo contrattuale e il mese di erogazione della prima tranche di aumenti retributivi (01/01/2019 – 30/04/2022 nel CCNL Legno e lapidei e 01/01/2019 – 31/09/2022 nel CCNL Tessile moda chimica ceramica), esclusivamente per i lavoratori in forza alla data di sottoscrizione dell’accordo, si prevede la corresponsione di un importo forfettario a titolo di una tantum pari ad € 150,00, da suddividersi in due tranches di pari importo, con le scadenze indicate nei rispettivi accordi di rinnovo. Al singolo lavoratore saranno riconosciute tante quote mensili, o frazioni, quanti sono i mesi di durata del suo rapporto di lavoro nel periodo di carenza. Specifiche modalità di calcolo sono poi individuate per i lavoratori con contratto di apprendistato e per i casi di servizio militare, assenza facoltativa post partum, part-time o sospensioni per mancanza di lavoro concordate tra le parti: per la prima tipologia l’una tantum sarà erogata nella misura del 70%, nei rimanenti casi, invece, sarà proporzionalmente ridotta. L’importo è stato quantificato considerando in esso anche i riflessi sugli istituti di retribuzione diretta ed indiretta, di origine legale o contrattuale, ed è quindi comprensivo degli stessi, mentre è escluso dalla base di calcolo del t.f.r. Nell’eventualità in cui, durante il periodo di carenza contrattuale, siano stati riconosciuti degli importi a titolo di futuri miglioramenti contrattuali, questi cesseranno di essere corrisposti con la retribuzione di maggio 2022 e andranno considerati a tutti gli effetti come anticipazioni dell’una tantum; pertanto, dovranno essere detratti dalla stessa fino a concorrenza.

 

Ad interessare esclusivamente la parte economica del CCNL Legno e lapidei, vi è l’introduzione, nel trattamento economico in caso di malattia in presenza di gravi patologie oncologiche degenerative e richiedenti terapia salvavita, di un aumento al 50% dell’indennità sostitutiva della retribuzione netta di fatto, nei casi di malattia superiore a 180 giorni, per un periodo massimo di 90 giorni. A tali lavoratori, proprio in ragione della loro situazione di fragilità, è infatti riconosciuta una disciplina di miglior favore in caso di malattia, sia in merito al trattamento economico, che al diritto alla conservazione del posto, per cui la parte comune ad entrambi i settori del CCNL già prevedeva il prolungamento del periodo di comporto di ulteriori 12 mesi in un periodo di 24 mesi consecutivi.

 

Parte normativa

 

Ad interessare la parte normativa in entrambi i rinnovi, si segnala l’ampliamento della disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, recentemente interessato da intervento normativo. Inoltre, per il solo CCNL Legno e Lapidei, è introdotta l’istituzione del lavoro stagionale, oltre al recepimento della disciplina legale in materia di congedi per le donne vittime di violenza e congedo di paternità. Di contro, nel CCNL Tessile moda chimica ceramica, è disciplinata, all’interno del contratto di apprendistato professionalizzante, la trasformazione dell’apprendistato da primo a secondo livello.

 

Per quanto attiene al primo contratto menzionato, quello a termine, si può osservare l’allineamento con la disciplina legale ad oggi vigente: come già avvenuto per la totalità dei CCNL recentemente rinnovati e in applicazione della delega prevista dall’art. 41 bis, D.L. n.73/2021, convertito in L. n. 26/2021, vi è la previsione, alternativamente alle causali legali, di causali contrattuali e quindi l’individuazione di specifiche esigenze, peculiari ai settori, che costituiscono ulteriori ipotesi di ricorso al contratto a termine, fatte salve le attività stagionali. Le causali contrattuali permettono di apporre un termine al contratto superiore a 12 mesi, ma comunque non eccedente i 24 e può essere apposto fino al 30 settembre 2022 (salvo successive modifiche o integrazioni alla disciplina legale) per le seguenti fattispecie: punte di più intensa attività derivate da richieste di mercato che non sia possibile evadere con il normale potenziale produttivo per la quantità e/o specificità del prodotto e/o delle lavorazioni richieste; incrementi di attività produttiva, di confezionamento e di spedizione del prodotto, di dipendenza di commesse eccezionali e/o termini di consegna tassativi; esigenze di collocazione nel mercato di diverse tipologie di prodotto non presenti nella normale produzione; esigenze di professionalità e specializzazioni diverse da quelle disponibili in relazione all’esecuzione di commesse particolari.

 

Come anticipato, il CCNL Legno e lapidei recepisce, inoltre, il rinvio a favore della contrattazione collettiva previsto dall’art. 21, comma 2, D. Lgs. n. 81/2015, individuando le fattispecie al cui realizzarsi è possibile ricorrere al lavoro stagionale. Anche il CCNL Tessile moda chimica ceramica dedica attenzione al lavoro stagionale, menzionandolo all’interno dei limiti quantitativi per il ricorso al lavoro a termine: individua alcune ipotesi di assunzione a termine connesse alla stagionalità e, per questo, escluse da limiti quantitativi, pur legate ad una durata massima di 5 mesi, nell’arco di 12.

 

Nel CCNL Legno e lapidei, le Parti Sociali concordano che siano stagionali le attività produttive concentrate in periodi dell’anno e collegate ad esigenze cicliche e alle variazioni climatiche, all’approvvigionamento di materie prime a sua volta condizionato dal clima, dal mercato che varia in funzione della stagione o perché obiettivamente connesse con le tradizionali e consolidate ricorrenze e festività. Le causali che sono individuate come rispondenti ai criteri indicati sono prettamente attinenti alle particolarità dei settori rientranti nel campo di applicazione del CCNL: fabbricazione e installazione di tende, zanzariere e ogni altra schermatura solare; lavorazione di estrazione del sughero naturale, selezione e stagionatura; fabbricazione di turaccioli comuni o da spumante; fabbricazione elementi di arredo ligneo per esterno o giardino. Nell’arco dello stesso ciclo stagionale, la durata complessiva massima è di 5 mesi per ogni singola azienda, comprese eventuali proroghe e rinnovi. Al fine di avere contezza del ricorso alla tipologia contrattuale oggetto di rinnovo, le aziende dovranno comunicare all’osservatorio, entro la fine di ogni anno e a soli fini statistici, i contratti stagionali attivati e le professionalità utilizzate, per le ipotesi diverse da quelle previste dalla legge.

 

Il CCNL Tessile moda chimica ceramica definisce l’apprendistato come un istituto di qualità per l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, nonché uno strumento indispensabile di trasmissione delle competenze e dei mestieri; il recente rinnovo recepisce il D. Lgs. n. 81/2015 nel comma in cui legittima la trasformazione in apprendistato professionalizzante il contratto di apprendistato per il conseguimento della qualifica e diploma professionale, con esclusione del periodo di prova e riduzione della durata del contratto di apprendistato professionalizzante fino ad un massimo di 12 mesi, con riferimento alla durata del precedente rapporto di apprendistato. Al termine del periodo di apprendistato professionalizzante, in caso di mantenimento in servizio, anche il periodo di apprendistato di primo livello sarà computato ai fini dell’anzianità di servizio.

 

Nel CCNL Legno e lapidei, in materia di congedi, è recepita la disciplina legale prevista dall’art. 24 del D. Lgs. n. 80/2015 per le donne vittime di violenza: esse hanno diritto ad un congedo retribuito non superiore a 3 mesi, fruibile, con un preavviso non inferiore a 5 giorni (dove invece per la legge è pari a 7 giorni), anche a giorni o a ore e utilizzabile nell’arco temporale di 3 anni. Come condizione di miglior favore, il CCNL estende il congedo ad ulteriori 2 mesi di aspettativa non retribuita. Indipendentemente dalla fruizione del congedo, la lavoratrice ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. Sempre con riferimento alla disciplina dei congedi, il CCNL esplicita che il congedo di maternità obbligatorio è utile ai fini del raggiungimento del semestre per l’acquisizione del diritto stesso e il congedo di paternità, obbligatorio e facoltativo, è recepito come disciplinato dalle disposizioni normative vigenti e s.m.i..

 

Parte obbligatoria

 

Con riferimento alla parte obbligatoria dei rinnovi, occorre innanzitutto segnalare che il 17 dicembre 2021 è stato sottoscritto da Confartigianato Imprese, Cna, Casartigiani e Claai con Cgil, Cisl e Uil un accordo interconfederale inerente il sistema della bilateralità nell’artigianato con decorrenza dal 01 gennaio 2022, ovvero dalla data di sottoscrizione del rinnovo del CCNL di categoria: in questo senso, l’accordo di rinnovo dei settori legno e lapidei recepisce l’accordo interconfederale, con la conseguenza che, dal mese di maggio 2022, la quota di contribuzione per le imprese aderenti al sistema di bilateralità è aumentata ad € 11,65 e l’elemento aggiuntivo della retribuzione per le imprese non aderenti e che non versano il relativo contributo ad € 30,00, per 13 mensilità.

 

Inoltre, in entrambi gli accordi di rinnovo viene richiamato l’accordo interconfederale del 26 novembre 2020, attuativo dell’accordo interconfederale sulle linee guida per la riforma degli assetti contrattuali e delle relazioni sindacali del 23 novembre 2016, che razionalizza gli assetti contrattuali e propone, in un’ottica di copertura contrattuale, di ampliare il campo di applicazione dei CCNL artigiani, così come avvenuto per il settore della concia.

 

Anche nel CCNL Legno e lapidei, come già era per l’area tessile moda e l’area chimica ceramica, le Parti Sociali individuano in Fondartigianato, costituito da Confartigianato, Cna, Casartigiani e Claai con Cgil, Cisl, Uil, il fondo interprofessionale per la formazione continua riconosciuto per l’espletamento delle attività legate alla formazione continua.

 

Infine, esclusivamente per l’area tessile moda, a vincolare le Parti firmatarie del CCNL, Confartigianato Moda, Cna Federmoda, Casartigiani e Claai con Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil, vi è l’impegno, delegato all’Osservatorio Nazionale, verso l’individuazione di soluzioni per la valorizzazione del settore moda.

 

Valutazione d’insieme

 

Dalla lettura congiunta dei due accordi di rinnovo i parallelismi sono evidenti, fatte salve alcune differenze dovute alle peculiarità dei settori o al precedente mancato adeguamento alle norme di legge: in entrambe le intese, si segnala l’attenzione delle parti rivoltaalla parte economica, che funge anche da ristoro per il periodo di vacanza contrattuale, nonché, con riferimento alla parte normativa, le ampie previsioni relative alla disciplina dei contratti di lavoro a tempo determinato e alla regolamentazione del lavoro stagionale, nell’ottica di una maggiore flessibilità per le imprese.

 

Nella parte obbligatoria, di particolare rilievo sono le novità sulla bilateralità, che inseriscono il CCNL Legno e Lapidei aziende artigiane e il CCNL Tessile moda chimica ceramica all’interno del percorso di consolidamento del sistema bilaterale EBNA, derivato dalla necessità di implementare il sistema di risorse e mezzi necessari per consentire un adeguamento e un rafforzamento delle prestazioni a favore di imprese e lavoratori. Ciò ad evidenziare, ancora una volta, la capillarità del bilateralismo nell’artigianato, che coinvolge sia le aziende artigiane, che le aziende non artigiane, applicanti i CCNL dell’artigianato (si veda E. Peruzzi, La capillarità del bilateralismo nell’artigianato, in Bollettino ADAPT 28 febbraio 2022, n. 8). Capillarità che emerge anche dalla lettura del campo di applicazione dei CCNL, il cui bacino è potenzialmente molto vasto, confluendo in essi una pluralità di settori e di aziende.

 

Utile menzionare che i CCNL rinnovati si accodano ai rinnovi artigiani che si sono susseguiti dalla fine dell’anno scorso ad oggi, con i rinnovi di dicembre 2021 (CCNL Metalmeccanica oreficeria e odontotecnica, CCNL Alimentazione e panificazione), febbraio 2022 (CCNL Moda Chimica Ceramica Decorazione piastrelle in terzo fuoco, in merito al quale si veda E. Peruzzi, Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/90 – Il rinnovo del CCNL Moda Chimica Ceramica Decorazione piastrelle in terzo fuoco: incrementi retributivi, causali contrattuali e bilateralità per il rinnovo delle OO.AA. artigiane nelle pmi, in Bollettino ADAPT 21 marzo 2022, n. 11) e maggio 2022 (CCNL Tessile moda chimica ceramica, CCNL Legno e Lapidei e CCNL Edilizia – quest’ultimo però escluso dalla contribuzione all’Ente Bilaterale Nazionale dell’Artigianato), ivi compreso il rinnovo di maggio 2021 (CCNL Autotrasporto merci e logistica).

 

Eleonora Peruzzi

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@PeruzziEleonora

Questione salariale: guardare la luna, non il dito. A proposito di dinamiche retributive, salario minimo e dei presunti 1.000 contratti collettivi nazionali di lavoro

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Bollettino ADAPT 9 maggio 2022, n. 18

 

Sì, sono quasi 1.000 i CCNL depositati al CNEL (992 al 31 dicembre 2021). Tuttavia, consultando i dati provenienti dagli Uniemens, emerge il fatto che soltanto 419 CCNL sono rilevati nel 2021 in queste dichiarazioni.

 

Anche decurtando dal totale dei CCNL depositati al CNEL nel 2021 (992) i CCNL del settore Agricoltura (A) e Lavoro domestico (H1) che non sono rilevati negli Uniemens1, risulta che soltanto il 46% dei CCNL depositati al CNEL è utilizzato o almeno rilevato nelle denunce mensili Uniemens, mentre il restante 54%, non lo è. Sarebbe quindi opportuno, nella comunicazione pubblica e anche nel confronto politico, sottolineare questo dato per evitare equivoci e malintesi su una presunta patologia del nostro sistema di relazioni industriali.

 

CCNL depositati al CNEL e rilevati in Uniemens – Anno 2021

CCNL Depositati al CNEL 992
CCNL settore Agricoltura (A) 57
CCNL settore Lavoro domestico (H1) 29
CCNL depositati al CNEL senza CCNL settore Agricoltura e Lavoro domestico 906
CCNL rilevati in Uniemens 419 46%
Differenza CCNL depositati e rilevati 487 54%

Fonte: Elaborazione su dati Archivio dei contratti collettivi nazionali di lavoro depositati al CNEL [file: “CCNL settore privato 29 aprile 2022”] e CNEL, 14° Report periodico dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro vigenti depositati nell’Archivio CNEL, dicembre 2021).

 

Va anche segnalato che questo 46% dei CCNL depositati, rilevati e quindi utilizzati, sono applicati a 12.914.115 di lavoratori dipendenti del settore privato, impiegati presso 1.461.446 di datori di lavoro. Emerge poi che di quei 419 CCNL applicati, sono 162 (cioè 38,7% degli applicati e 17,9% dei depositati senza CCNL settore Agricoltura e Lavoro domestico) firmati da CGIL-CISL-UIL coprono 12.527.049 di lavoratori (97,0%) rilevati nei flussi Uniemens (v., anche, N. Giangrande, I Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro: numero di contratti, lavoratori interessati, ruolo dei sindacati confederali, Fondazione Di Vittorio, 3 maggio 2022).

 

Tutti questi dati smentiscono dunque categoricamente chi afferma che queste sigle sindacali non governano più la contrattazione collettiva per la maggior parte della forza lavoro oppure che lasciano scoperti moltissimi lavoratori. E smentiscono anche quanti sollevano l’urgenza di una legge sindacale o di una legge sul salario minimo legale sul presupposto, non fondato, di una estrema polverizzazione del nostro sistema di contrattazione collettiva.

 

Per quanto riguarda i livelli retributivi, i dati ISTAT (novembre 2020) rilevano retribuzioni contrattuali orarie lorde da un minimo di 6,15 euro degli operai agricoli con la qualifica più bassa ad un massimo di 56,85 euro per le figure apicali del settore del credito, con un valore medio di 14,00 euro e quello mediano è 12,57 euro (v. ISTAT, Memoria scritta dell’Istituto nazionale di statistica, Audizione della 11° Commissione del Senato della Repubblica sulla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea (n. COM(2020) 682 definitivo), 20 gennaio 2021).

 

Con riferimento, invece, alla retribuzione lorda per ora lavorata, nel 2019 l’ISTAT ha calcolato un valore medio di 18,2 euro per il totale dell’economia per i dipendenti regolari, che diventava di 17,1 euro se si computano anche i lavoratori irregolari. Infatti, l’ISTAT stima per questi lavoratori una retribuzione media pari a poco meno della metà di quella dei lavoratori regolari e un tasso di irregolarità pari a 15,1%, misurato come dipendenti irregolari sul totale in unità di lavoro equivalenti a tempo pieno. Sono inoltre individuati il settore agricolo e quello del lavoro domestico come i settori con la maggiore incidenza di irregolarità pari rispettivamente al 39,7% e al 58,6% delle unità di lavoro equivalente a tempo pieno. Queste evidentemente determina un forte impatto sulla retribuzione lorda per ora lavorata, che infatti in questi settori è calcolata in 9,2 euro nel settore agricolo e di 7,3 euro per il lavoro domestico, i valori più bassi registrati tra tutti i settori (v. ISTAT, Memoria scritta dell’Istituto nazionale di statistica, Audizione della 11° Commissione del Senato della Repubblica sulla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea (n. COM(2020) 682 definitivo), 20 gennaio 2021, p. 8 e 9).

 

Per ragionare sull’eventuale necessità, come da qualcuno sostenuto, del salario minimo legale per garantire livelli retributivi minimi adeguati, sono utili alcuni altri dati relativi alle posizioni lavorative a “bassa retribuzione”, individuate come quelle con retribuzione oraria inferiore ai 7,66 euro lordi (dati 2018). Sempre l’ISTAT informa che sono circa il 6% (5,9%) del totale delle posizioni: concentrate in alcune specifici settori (in particolare 22% nel settore “Altre attività di servizi”: servizi alla persona e attività di organizzazioni economiche, di datori di lavoro e professionali); più diffuse tra le donne (6,5%) rispetto agli uomini (5,5%); tra gli stranieri (8,7%) rispetto agli italiani (5,4%); tra i giovani sotto i 29 anni (10,9%) in confronto delle classi di età più adulta (sotto al 5%); nelle imprese di piccole dimensioni (meno di 10 dipendenti) (7,6%) rispetto alle imprese con almeno 250 dipendenti (4%); al Sud (9,5%) più del Centro (6,5%), del Nord ovest (4,9%) e del Nord Est (4,1%) (v. ISTAT, Memoria scritta dell’Istituto nazionale di statistica, Audizione della 11° Commissione del Senato della Repubblica sulla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea (n. COM(2020) 682 definitivo), 20 gennaio 2021, p. 7).

 

I dati mostrano che i lavoratori che si trovano nelle posizioni a più bassa retribuzione sono appartenenti a categorie note come le più svantaggiate sul mercato del lavoro. Ma questo non può dipendere dalle retribuzioni fissate dalla contrattazione collettiva, perché queste non discrimino tra uomini e donne, italiani e stranieri ecc. Pertanto, il problema del lavoro povero (se non per alcune figure professionali o settori specifici) non pare potersi attribuire alle retribuzioni fissate dalla contrattazione collettiva, ma piuttosto dalla modalità di applicazione dei contratti nei confronti delle diverse categorie di lavoratori o nei diversi contesti (aziendali o geografici) e dalle caratteristiche del rapporto di lavoro.

 

Il problema delle posizioni lavorative a “bassa retribuzione” non può essere nemmeno attribuito all’elevato numero di CCNL o dei contratti definiti in gergo sindacale “pirata”, poiché si è già detto che i CCNL effettivamente applicati sono meno della metà di quelli depositati e ancora meno sono quelli applicati alla stragrande maggioranza dei lavoratori.

 

Invece, per i dati sopra indicati, il problema dei lavori a bassa retribuzione dovrebbe essere ricercato nell’alta diffusione del lavoro irregolare che lascia i lavoratori privi di ogni tutela, compresa quella relativa ai salari minimi contrattuali. Altre cause del lavoro povero sono la discontinuità e frammentarietà dei rapporti di lavoro e il limitato numero di ore di lavoro (c.d. part time involontario). A tutto ciò, ci aggiunge anche la crescente diffusione di lavoro occasionale o di forme di lavoro senza contratto (tirocini extracurriculari) che per definizione sono escluse dalla applicazione della contrattazione collettiva.

 

Se tutto ciò è vero, non si può allora sostenere che la contrattazione collettiva non sia in grado di garantire la fissazione di minimi retributivi adeguati (tranne per alcune identificate basse qualifiche e per alcuni specifici e limitati settori), perché appunto le posizioni lavorative a bassa retribuzione oraria (low pay jobs) sono determinate proprio dalla non applicazione o dalla applicazione non corretta dei contratti collettivi, dall’impiego di stagisti, collaboratori autonomi, lavoratori part-time involontari, lavoratori occasionali e temporanei. Vero anche che la contrattazione collettiva è molto di più della semplice fissazione di un salario. È un processo sociale di costruzione e crescita dei mercati del lavoro, delle professionalità, del welfare negoziale e contrattuale che concorre a creare i presupposti della produttività e della creazione di valore che è la sola ricetta credibile per impostare il problema redistributivo che è il punto terminale di ogni ragionamento e non il punto di inizio (cfr. R. Brunetta, M. Tiraboschi, Salari e nuova questione sociale: la via maestra delle relazioni industriali, Working Paper ADAPT n. 4/2022, p. 11).

 

Invocare, allora, il salario minimo legale come soluzione per tutelare le fasce di lavoratori che percepiscono basse retribuzioni significa non conoscere le dinamiche retributive sopradescritte, né le relazioni industriali (si veda il webinar ADAPT, La proposta europea di salario minimo: quale impatto su contrattazione e rappresentanza?, 11 novembre 2020). Veramente si crede che qualcuno, magari una commissione di professori designati dalla politica, sia in grado di definire la tariffa meglio degli attori sociali che rappresentano imprese e lavoratori dei diversi settori produttivi? (cfr., anche, M. Dalla Sega, Il ruolo della CCNL oggi, tra autonomia negoziale e interventismo: qualche spunto da alcune ultime analisi sulla contrattazione in Italia, in Bollettino ADAPT 9 maggio 2022, n. 18).

 

Inoltre, la richiesta del salario minimo legate come soluzione al lavoro povero rischia di essere semplicistica, perché la questione è anche di effettività. Il salario minimo legale non garantisce maggiore effettività rispetto al salario minimo contrattuale. In entrambi i casi, è necessario il rispetto della previsione normativa, legale o contrattuale (S. Spattini, Salario minimo legale: quando semplificare significa negare la complessità del lavoro, in Bollettino ADAPT 27 settembre 2021, n. 33), che può facilmente essere disattesa. Esempio ne è il lavoro irregolare, che sfuggirebbe dalle maglie del salario minimo legale, come sfugge da quelle dei salari minimi contrattuali.

 

Infine, se il problema del lavoro povero non è la fissazione di minimi retributivi adeguati da parte della contrattazione che risultano, allo stato e fatta eccezione per il caso particolare del lavoro domestico, superiori alle cifre indicate nelle diverse proposte legislative (vedi lo studio su Salario minimo e contrattazione collettiva curato dall’Ordine dei Dottori Commercialisti di Milano richiamato recentemente da Pietro Ichino) e la contrattazione collettiva copre ancora una percentuale altissima di lavoratori, la soluzione al lavoro povero e a basse retribuzioni non è l’introduzione del salario minimo legale. Questo è dimostrato anche dalla comparazione. Infatti, i paesi che dagli anni’90 del Novecento ad oggi hanno introdotto il salario minimo legale come strumento per combattere il fenomeno del lavoro povero, lo hanno fatto perché hanno visto inesorabilmente diminuire la copertura della contrattazione collettiva ben sotto l’80%. Al contrario i paesi europei che insieme all’Italia non hanno salari minimi legali hanno coperture contrattuali oltre questa soglia (S. Spattini, La proposta europea di salario minimo legale: il punto di vista italiano e comparato in Bollettino ADAPT 21 settembre 2020, n. 34 (articolo aggiornato il 10 novembre 2020) e Salario minimo legale vs contrattazione collettiva in Italia e in Europa, in Bollettino ADAPT 23 marzo 2015, n. 11).

 

Se i sostenitori della legge sul salario minimo legale o della legge sulla rappresentanza e l’efficacia generalizzata del contratto collettivo hanno buoni argomenti per sostenere l’inadeguatezza del sistema contrattuale italiano rispetto alla fissazione di minimi retributivi, è ora di tirarli fuori. La storiella dei 1.000 contratti collettivi nazionali davvero non regge e sorprende che provenga da autorevoli studiosi che pure per lungo tempo hanno avuto ruoli istituzionali presso il nostro ente previdenziale con tutta la possibilità dunque di conoscere la realtà di questi contratti e delle dinamiche retributive sottostanti.

 

Silvia Spattini 
Direttrice ADAPT
@SilviaSpattini

 

Michele Tiraboschi

Coordinatore scientifico ADAPT

@MicheTiraboschi

 

1 «Sono esclusi i CCNL del settore “agricoltura” e “lavoro domestico”, perché in tali settori le informazioni su aziende e lavoratori affluiscono all’INPS almeno in parte attraverso flussi informativi diversi da UNIEMENS», CNEL, Foglio “guida al file”, CCNL settore privato 29 aprile 2022.

Il ruolo del CCNL oggi, tra autonomia negoziale e interventismo: qualche spunto da alcune ultime analisi sulla contrattazione in Italia

Il ruolo del CCNL oggi, tra autonomia negoziale e interventismo: qualche spunto da alcune ultime analisi sulla contrattazione in Italia

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Bollettino ADAPT 9 maggio 2022, n. 18

 

Lo scorso 3 maggio, a Roma è stato presentato il Rapporto a cura della Fondazione di Vittorio dal titolo I Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro: numero di contratti, lavoratori interessati, ruolo dei sindacati confederali. L’analisi offre un’utile prospettiva per guardare all’attuale stato di salute delle relazioni industriali in Italia e, in particolare, di quello che rimane lo strumento centrale per la determinazione delle condizioni economiche e normative per i lavoratori occupati nei diversi settori del nostro mercato del lavoro, ossia il contratto nazionale. Uno strumento che, negli ultimi anni, è stato messo a dura prova a causa della proliferazione degli stessi contratti, connessa ad una sempre più ampia frammentazione degli attori della rappresentanza e aggravata dall’incertezza relativa alla situazione pandemica e dalle conseguenze economiche dell’attuale crisi internazionale.

Sotto il primo aspetto, appaiono fortemente indicativi i dati del Cnel, riportati nello stesso report della Fondazione, dai quali emerge come tra il 2012 e il 2021 i contratti depositati presso il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro siano aumentati dell’80%, sfiorando quota 1.000. Al 31 dicembre 2021 risultavano infatti depositati 992 contratti vigenti.

Sotto il secondo profilo, invece, è stata registrata la difficoltà delle relazioni industriali di garantire “certezze” sul piano economico e normativo ai lavoratori dei diversi settori a fronte dei rischi, disagi ed incertezze determinati dalle circostanze inedite degli ultimi due anni. Si tratta di una dinamica emersa anche nell’ultimo Rapporto Adapt sulla contrattazione collettiva in Italia, laddove è stato evidenziato che le trattative per i più importanti rinnovi nazionali siano state rallentate o interrotte per lunghe fasi. Difficoltà che hanno allungato inevitabilmente i periodi di vacanza contrattuale – anche di quei contratti “affetti” da un’ultrattività cronica – e che sono testimoniate dall’ampio ricorso delle parti, in sede di rinnovo, all’introduzione di specifiche quote una tantum finalizzate a fornire una prima risposta sul piano economico a lavoratrici e lavoratori che per mesi, e in alcuni casi anni, si sono visti applicare un contratto nazionale scaduto.

A fronte di questi elementi critici, sono molte le voci che si sono espresse in favore di un “cambio di passo” da parte non solo degli attori delle relazioni industriali ma anche della politica, sia per arginare la piaga della proliferazione dei contratti collettivi che per migliorare le condizioni salariali dei lavoratori. Tra queste, si segnala anche l’ultimo intervento di Tito Boeri e Roberto Perotti, che lo scorso 5 maggio, dalle pagine di Repubblica, hanno manifestato l’urgenza di introdurre da un lato una legge sulla rappresentanza, per “porre ordine nel caos della contrattazione collettiva”; dall’altro, di introdurre per legge un salario minimo, al fine fornire risposte ai lavoratori impiegati nelle tantissime imprese che non sono coperte da contratti collettivi.

Eppure, da questo punto di vista, lo scenario che ci viene consegnato dall’ultimo report della Fondazione di Vittorio, presenta alcuni elementi di particolare interesse, che paiono mettere in discussione questa narrazione “interventista” sul tema. In primo luogo, la ricerca ha il merito di fare sintesi tra le analisi di alcuni centri di ricerca nazionali e internazionali (Istat, Inapp, Ocse, Amsterdam Institute for Advanced Labour Studies) che, al di là delle fonti e delle metodologie di indagine differenti, concordano nell’indicare come il nostro Paese si collochi, in Europa, tra quelli con la più estesa copertura contrattuale. Dati che si trovano ben al di sopra, in ogni caso, rispetto alle soglie di percentuale minima di copertura della contrattazione collettiva che sono attualmente in sede di discussione, nell’ambito della Proposta di direttiva n. 682 del 2020 sui salari minimi adeguati nell’Unione Europea (UE).

Guardando poi a quali sono, nel dettaglio, i contratti che sono applicati ai lavoratori nel settore privato, in questo caso i dati Uniemens elaborati dal CNEL e riportati dalla Fondazione Di Vittorio forniscono un ulteriore elemento interessante. Emerge infatti come, nonostante i contratti siglati dalle federazioni di categoria di Cgil, Cisl e Uil (autonomamente o insieme ad altre sigle sindacali) corrispondano, sul piano quantitativo, solo al 24,8% dei 992 CCNL depositati, questi siano applicati al 97% dei lavoratori coperti dalla contrattazione collettiva nel settore privato, con punte che si avvicinano al 100% nei macro-settori (rappresentanti dall’industria metalmeccanica, da quella chimica e alimentare), e una percentuale inferiore al 90% (nello specifico, 84,3%) solo nel macrosettore “plurisettoriale, microsettoriale e altri”, entro il quale sono ricompresi CCNL di diversa natura.

Questi elementi, naturalmente, invitano comunque a non abbassare la guardia su alcuni effetti che la moltiplicazione dei contratti collettivi nazionali, al di là della loro scarsa copertura contrattuale, portano con sé. Da una parte, come evidenziato nello stesso report della Fondazione, una prima conseguenza può essere rappresentata dalla pressione verso il basso, sui salari e sulle condizioni lavorative”, che i contratti “concorrenti” esercitano nei confronti dei “CCNL più consolidati e rappresentativi. In secondo luogo, la contemporanea presenza di un numero sempre maggiore di associazioni sindacali e datoriali nel panorama nazionale – e quindi una vera e propria “frammentazione” del sistema della rappresentanza – può rappresentare un ostacolo allo svolgimento delle trattative per il rinnovo di importanti contratti nazionali, nonché dare vita ad annosi contrasti giurisprudenziali. Paradigmatico di entrambi i processi è il caso della vigilanza privata, di cui si è parlato recentemente anche su questo Bollettino (G. Piglialarmi, Abusus non tollit usum. Brevi note sulle ragioni di un contratto, in Bollettino ADAPT, 2022, n. 17). Infine, il fatto che molti CCNL stipulati da soggetti di dubbia rappresentatività si applichino ad un esiguo numero di imprese – basti vedere, sotto questo aspetto, i dati riportati dall’analisi congiunta di INPS e CNEL del 2018 sui numerosi contratti nazionali che si applicano a meno di 5 aziende (esemplificativo in questo senso è il CCNL FAMAR per le imprese agricole e affini, che viene applicato da una sola impresa e copre 2 lavoratori) – testimonia come tanti contratti siano in effetti costruiti “su misura” rispetto alla istanze di singole aziende che sfuggono al campo di applicazione dei CCNL più consolidati.

La questione, quindi, invita a riflettere in maniera più ampia su quanto le stesse parti sociali possano agire, in via autonoma, per dare forza ai contratti nazionali, affinché continuino a mantenere quel ruolo di “autorità salariali” nei diversi settori (F. Liso, Autonomia collettiva e occupazione, in DLRI, 1998, n. 78, p. 223). Sotto questo aspetto, negli ultimi rapporti Adapt sono stati evidenziati numerosi elementi di interesse. Da una parte è vero che le federazioni di Cgil, Cisl e Uil hanno mostrato, anche in questi ultimi due anni, importanti segnali di vitalità, arrivando a siglare 22 rinnovi di CCNL, in un anno profondamente condizionato dall’emergenza pandemica quale il 2020. Un dato che è quasi raddoppiato nel corso del 2021, con alcuni passaggi particolarmente importanti (si pensi alla conclusione della tornata contrattuale del settore metalmeccanico) e che è destinato a consolidarsi nel corso del 2022. Guardando però a un’analisi trasversale dei vari contratti, sono emersi anche alcuni limiti degli attuali contenuti e assetti della contrattazione nazionale. In primo luogo, la complessità nel governare efficacemente la dinamica salariale, attraverso meccanismi autonomi e preventivi dell’aumento dei minimi tabellari, quasi sempre slegati dalle linee guida poste da un livello interconfederale che fatica sempre più a governare i processi delle singole federazioni di categoria. A questo primo elemento si aggiunge il forte disallineamento tra contratti nazionali “moderni” – che hanno saputo introdurre tutele innovative nel campo di temi quali la sicurezza, la formazione e il welfare – e soluzioni negoziali che si sono limitate esclusivamente ad un rinnovo dei minimi tabellari. Infine, sullo sfondo, restano sempre due questioni: il debole coordinamento tra i diversi livelli di contrattazione, all’interno di molti contesti produttivi, come dimostra l’ampia autonomia regolatoria da parte della contrattazione aziendale in diversi settori; e la difficoltà di dirimere i conflitti che insorgono tra le imprese, sempre più disomogenee per grandezza e per caratteristiche. È questo insanabile conflitto che, spesso, tenta le imprese ad abbandonare il sistema di relazioni industriali per approdare alla ben nota contrattazione pirata, non a caso, definita come contrattazione priva di dinamiche di rivendicazione perché piegata a soddisfare le uniche esigenze organizzative dell’impresa.

Tutto ciò non toglie che l’impressione, in sintesi, è che la migliore risposta alle problematiche presentate possa giungere principalmente dagli stessi attori delle relazioni industriali, chiamati nei prossimi rinnovi nazionali a rispondere a sfide sempre più complesse attraverso soluzioni che sappiano essere allo stesso tempo pragmatiche e coraggiose. Potrebbe infatti essere questo il modo più efficace per far sì che i rinnovi contrattuali nazionali non rappresentino un mero rito simbolico ma mantengano la propria funzione anticoncorrenziale di riferimento nei vari settori del nostro mercato del lavoro, senza la necessità di particolari “invasioni di campo” da parte del legislatore.

Michele Dalla Sega

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@Michele_ds95

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/100 – Il rinnovo del Contratto Collettivo Aziendale di Stiga S.p.A.: tra flessibilità organizzativa e welfare aziendale

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/100 – Il rinnovo del Contratto Collettivo Aziendale di Stiga S.p.A.: tra flessibilità organizzativa e welfare aziendale

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 9 maggio 2022, n. 18

 

Parti firmatarie e contesto

 

Il 28 marzo 2022 la Società Stiga S.p.A., assistita da Assindustria Venetocentro, e la RSU, assistita da Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil hanno sottoscritto un nuovo contratto collettivo di secondo livello e stipulato un accordo di prossimità ai sensi dell’art. 8 d.l. n.138/2011.

 

Il nuovo contratto integrativo aziendale, valido dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2024 sia per la parte normativa che per la parte economica, ha carattere novativo e sostitutivo di quello scaduto il 31 agosto 2020 e poi prorogato sino al 31 marzo 2022, mentre l’accordo di prossimità ha validità fino al 31 dicembre 2023.

 

Oggetto e tipologia di accordo

 

Lo scopo del nuovo contratto collettivo di II livello è accompagnare lo sviluppo aziendale nel triennio 2022-2024, in modo da mantenere e accrescere la competitività dell’azienda operante nel settore della produzione e commercializzazione di prodotti per il taglio dell’erba e la cura del giardino. Per questo, in esso vengono individuate delle regole e delle soluzioni condivise, da una parte adottando un’organizzazione del lavoro più flessibile e rispondente ai bisogni delle attività produttive, dall’altra valorizzando il ruolo cruciale dei lavoratori nel miglioramento delle performance aziendali, anche tramite meccanismi di premialità.

L’accordo di prossimità, invece, viene stipulato contestualmente in ossequio a quanto stabilito nel ccal stesso, con l’obiettivo di migliorare l’organizzazione del lavoro anche attraverso l’utilizzo di forme contrattuali flessibili.

 

Temi trattati / punti qualificanti / elementi originali o di novità

 

Il contratto collettivo aziendale è molto articolato, prevedendo delle novità sia nella parte normativa che economica.  Alla parte normativa, più specificatamente al punto 4, si riconnette l’intesa di prossimità mentre alla parte economica fanno riferimento gli allegati al ccal, i quali costituiscono parte integrante di esso e che specificano tutti gli indici-obiettivo che compongono il premio di risultato.

 

Parte normativa

 

Per quanto afferisce alle novità introdotte nella parte normativa del contratto collettivo aziendale, le parti intervengono sul sistema di relazioni industriali sancendo che la Società s’impegna a fornire le informative trimestrali o semestrali previste a livello contrattuale o legislativo. Nello stesso ambito viene modificata, in ottica migliorativa, la disciplina dei permessi sindacali prevedendo, tra le altre cose, un monte ore di permessi di 210 ore per le RLS e di 3000 ore per le RSU.

 

Alcune novità vengono introdotte anche in materia di classificazione del personale. Viene istituita una Commissione congiunta, composta da un rappresentante della RSU per ogni sigla sindacale e da rappresentanti dell’azienda, con lo scopo di dar evidenza delle rispondenze tra le professionalità e le declaratorie contrattuali e per verificare la possibilità di modificare o adattare queste ultime alle peculiarità del contesto aziendale. Per valorizzare le professionalità presenti in azienda, le parti convengono anche sulla necessità di favorire degli interventi formativi finalizzati alla crescita professionale individuale – anche in relazione a quanto previsto dal CCNL di riferimento – e di valutare l’adozione di strumenti volti a favorire il ricambio intergenerazionale.

 

Di particolare rilievo è la disciplina migliorativa riguardante permessi e congedi per i lavoratori dell’azienda. Da questo punto di vista, si segnala il riconoscimento di ulteriori 8 ore di permesso retribuito per i lavoratori con più di 25 anni di anzianità aziendale nonché 4 ore di permesso retribuito per effettuare visite mediche specialistiche per tutta la platea aziendale.

 

Per favorire una migliore conciliazione vita-lavoro dei lavoratori e lavoratrici, viene introdotta un’integrazione per l’indennità di congedo parentale a carico del datore di lavoro pari al 20% della retribuzione, fino a un massimo di sei mesi immediatamente consecutivi al termine del congedo obbligatorio.

 

Il punto di maggior intervento dell’accordo, tuttavia, riguarda l’organizzazione del lavoro.

In questo campo, con lo scopo di garantire la sostenibilità e la competitività dell’azienda grazie alla modulazione della forza lavoro sulla base della ciclicità che caratterizza alcune attività, le parti danno attuazione di quanto previsto dall’art. 5, sez. IV, Titolo Terzo del CCNL metalmeccanici, ovvero disciplinano l’articolazione del regime orario flessibile (plurisettimanale), attivabile per un massimo di 130 ore annue per ogni dipendente impiegato (e un massimo di 10 ore settimanali) o nel reparto saldatura e funzioni correlate o nel reparto assemblaggi, robot e funzioni correlate.

 

Nella stessa ottica, le parti concordano sulla necessità di utilizzare alcuni strumenti contrattuali flessibili. In particolare, si fa riferimento, da una parte, al contratto a tempo indeterminato part-time verticale, in merito al quale le parti intervengono aumentando la durata della prestazione da 8 a 9 mesi a tempo pieno (sia per i contratti vigenti che per i futuri) e inserendo due clausole nei contratti individuali.

 

Una prima clausola (c.d. elastica) riguarda il quantum e alle modalità di gestione del lavoro straordinario; una seconda (c.d. flessibile) che invece conferisce all’impresa la facoltà di variare la collocazione temporale della prestazione del dipendente.

 

Dall’altra parte, si rinvia invece ai contratti di lavoro temporaneo, che vengono differenziati tra non stagionali e stagionali. In relazione ai primi, viene confermata l’attuale disciplina relativa alle percentuali di utilizzo dei rapporti a tempo determinato e/o in somministrazione a tempo determinato.

 

Per quanto riguarda invece i rapporti di lavoro temporaneo stagionali, si tratta del tema oggetto dell’accordo di prossimità, sottoscritto ai sensi dell’art. 8, d.l. n.138/2011. All’interno di tale intesa, le parti qualificano le attività stagionali come quelle che si collocano in un preciso arco temporale (tra il 16 ottobre e il 15 giugno, previo accordo con le RSU anticipabile o posticipabile non oltre i 30 giorni, nei limiti di una durata complessiva di 8 mesi) e che dipendono dalle tipologie di prodotto e mercato, in particolare le attività di produzione (assemblaggi e lavorazioni meccaniche, saldatura e verniciatura) e i servizi ad esse correlati (come magazzino, gestione e movimentazione dei materiali) come specificato al punto n.2 dell’accordo specificati.

 

Con riferimento ai rapporti di lavoro a tempo determinato relativi a tali attività stagionali, le parti intervengono in deroga alla disciplina in materia di contratti a termine in merito al limite di durata complessiva, all’apposizione delle causali, al termine di distacco tra un contratto nonché ai limiti percentuali previsti dalla contrattazione collettiva e dalla legge (artt. 19 ss d.lgs. n.81/2015). I contratti a tempo determinato così stipulati, inoltre, sono prorogabili per un massimo di tre mesi in occasione del periodo di stagionalità, in deroga al limite stabilito dalla legge.

 

Parte economica

 

Oltre alle novità in materia di organizzazione flessibile del lavoro, come anticipato, le parti firmatarie hanno altresì innovato profondamente la disciplina in materia economica.

 

Ai lavoratori che effettuano il turno notturno, oltre alle maggiorazioni orarie previste dal CCNL, viene riconosciuta l’erogazione di un importo ulteriore e fisso pari a 1 euro lordi, omnicomprensivo dell’incidenza su tutti gli istituti diretti, indiretti e differiti ma che, ai sensi dell’art. 2120 c.c., co.2, è escluso dalla base per il calcolo del TFR.

 

Novità rilevanti sono poi state apportate sul fronte retributivo: da questo punto di vista le parti delineano un nuovo sistema incentivante capace di perseguire obiettivi di maggior efficienza, produttività, qualità, redditività e competitività attraverso una differente strutturazione del premio di risultato, destinato a tutti i dipendenti (ad eccezione dei dirigenti).

 

Le parti individuano ben sette indici per determinare il premio di risultato totale annuo, che sono: presenza, qualità della produzione, produttività aziendale, efficienza della produzione complessiva media annuale, qualità della produzione complessiva media annuale, ritardi di produzione verso date confermate a clienti su base annua e indice frequenza infortuni. Con l’individuazione di questi indici le parti danno rilevanza agli obiettivi aziendali di qualità, produttività, efficienza e competitività. La quantificazione del premio è individuale, deve essere parametrata al perseguimento di tali obiettivi ed è ricollegata all’anzianità lavorativa.  In ogni caso, ciascun indice determina quota parte del premio totale, le cui modalità di maturazione e di erogazione sono definite dettagliatamente dalle parti nelle tabelle in allegato all’accordo.

 

È inoltre prevista, per i soli lavoratori con contratto a tempo indeterminato, la possibilità di conversione totale del premio in piani di welfare (art. 51, co. 2-3, TUIR); in questo caso l’azienda incentiva tale scelta con un incremento della somma del 10%.

 

Per tutti i lavoratori (esclusi i dirigenti) viene messo poi a disposizione un pacchetto di beni e servizi di welfare tramite apposita piattaforma online, per un importo annuo di massimo 310 euro o 240 euro se composto da soli buoni benzina o spesa, fruibile fino al termine dell’anno successivo alla maturazione. Dalla medesima piattaforma online (una volta operativa) saranno poi fruibili anche gli strumenti di welfare previsti dal CCNL per l’industria metalmeccanica: su questo punto le parti prevedono una clausola di maggior favore, poiché il valore di quanto previsto dal CCNL resterà disponibile per tutto l’anno successivo (ma entro e non oltre il 31 dicembre) a quello di erogazione.

 

Infine, l’ultima novità sul fronte economico è il riconoscimento, a partire dal mese di gennaio 2022, di un superminimo assorbibile d’importo pari al 2% della retribuzione normale mensile lorda. Anche in questo caso però vi è una delimitazione dell’ambito soggettivo di applicazione, poiché detta misura è riconosciuta solo ed esclusivamente per i lavoratori in forza al 28 marzo 2022 e che hanno maturato almeno 8 mesi di servizio nel corso dell’anno 2021.

 

Valutazione d’insieme

 

In definitiva, la sottoscrizione di questi due accordi segna un importante passo per la Società e per i lavoratori in essa impiegati. Come emerge dall’esame qui proposto, le parti hanno cercato di bilanciare le esigenze produttive con quelle dei lavoratori, ponendo maggiore attenzione alla valorizzazione di questi ultimi. Il contemperamento degli interessi in gioco si è tradotto nei fatti in una valorizzazione, anche economica, del capitale umano aziendale soprattutto grazie all’attivazione di misure di welfare aziendale.

 

Chiara Altilio

ADAPT Junior Fellow

@chialtilio

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