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Salario minimo e contrattazione collettiva: spunti dal Rapporto UNI Europa “Time for action!”

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Bollettino ADAPT 2 dicembre 2024 n. 43

 

Introduzione

 

L’articolo che segue si propone di analizzare il recente rapporto “TIME FOR ACTION!”, edito da UNI – Europa, la Federazione Sindacale Europea dei Servizi, che rappresenta in Europa 272 sindacati nazionali. Il report è inserito nell’ambito di un progetto più ampio, svoltosi da agosto 2022 ad agosto 2024 e coordinato dalla federazione, che è volto a individuare strategie per il rafforzamento della contrattazione collettiva nel settore dei servizi. Un obiettivo che, proprio con riferimento a questo ambito settoriale, assume una rilevanza centrale, considerato il tasso generalmente molto basso di copertura della contrattazione nei vari Paesi, in ogni caso ben al di sotto della soglia minima dell’’80% individuata dalla Direttiva UE 2022/2041 sui salari minimi adeguati.

 

Nel report è quindi fatta sintesi tra numerosi contributi di alcuni esperti nazionali sulla contrattazione collettiva e analisi di esperienze di policy attuate in diversi Stati europei, con l’obiettivo di arricchire il dibattito in merito alle strategie più efficaci da adottare a livello nazionale per lo sviluppo della contrattazione, nel solco degli obiettivi posti a livello eurocomunitario. Per fare ciò, sono individuati due macro – obiettivi: uno strutturale, cioè orientato all’apportare cambiamenti di policy volti a migliorare l’attività sindacale e i processi di sviluppo della contrattazione; uno culturale, volto allo sviluppo di una coscienza “comune”, nella società, sul valore del ruolo della contrattazione collettiva.

 

Il primo obiettivo è il più complesso da affrontare e si suddivide in tre ambiti d’intervento: l’incremento della capacità contrattuale degli attori coinvolti; la riforma dell’impianto normativo e organizzativo della contrattazione collettiva; l’efficacia e l’impatto degli accordi collettivi raggiunti. Tali ambiti sono a loro volta organizzati intorno a cinque aree tematiche, ricche di suggestioni e di proposte, su cui si sviluppa l’analisi. Parte delle misure suggerite dagli esperti sono riconducibili a un approccio più flessibile, il c.d. carrot approach (approccio della carota), altre invece a un approccio più incisivo, il c.d. stick approach (approccio del bastone).

 

Prima area d’intervento: capacità e forza contrattuale delle organizzazioni sindacali

 

Nella prima parte dell’analisi, vengono proposte alcune azioni di policy volte a rimuovere alcuni ostacoli che, attualmente, rendono più complesso l’esercizio delle attività delle organizzazioni sindacali.

 

In questa prospettiva, sono presentate alcune prime riflessioni in merito al requisito della rappresentatività, secondo il quale ai sindacati è riconosciuta la possibilità di negoziare i contratti collettivi nel caso in cui dimostrino di avere una certa consistenza e capacità di mobilitazione e di protezione degli interessi collettivi nel settore, territorio o azienda di riferimento. Il requisito della rappresentatività è disciplinato dai legislatori nazionali attraverso l’individuazione di soglie, le quali possono essere, a seconda dei casi, particolarmente stringenti (molto alte) o permissive (molto basse). Ognuna di queste eventualità può comportare problemi di natura diversa sul piano dell’azione sindacale: infatti soglie troppo alte renderebbero di fatto impossibile la partecipazione alla contrattazione delle organizzazioni; al contrario, soglie basse renderebbero troppo facile la costituzione di una rappresentanza e la partecipazione di questa al tavolo della contrattazione, aumentando così il rischio di yellow unions, ossia organizzazioni sindacali asservite agli interessi del datore di lavoro. Sulla scorta di alcune esperienze nazionali, vengono quindi suggeriti alcuni rimedi, che vanno dalla predisposizione di un sistema di rappresentatività automatica basato sulla firma di accordi collettivi (Croazia) alla creazione di un sistema di mutuo riconoscimento in cui gli accordi collettivi siano applicati a prescindere dal rispetto delle soglie di rappresentatività (Malta).

 

Una seconda questione problematica è rappresentata dalla presenza di discriminazioni sul luogo di lavoro: questo fattore può infatti ostacolare la partecipazione dei lavoratori alle organizzazioni sindacali, nel momento in cui vengano indotte le dimissioni o negate specifiche opportunità di carriera ai lavoratori sindacalizzati. Sono numerose le proposte di rafforzamento dei sistemi normativi che già prevedono sanzioni in merito, ad esempio attraverso l’estensione della protezione assicurata ai whistleblower e la predisposizione di politiche che portino alla stipulazione di patti a tutela della carriera.

 

Un terzo punto riguarda il tempo e le risorse a disposizione delle rappresentanze sindacali dei lavoratori per dirigere e organizzare le attività sindacali. In quest’ottica, si propone la disponibilità di utilizzo degli spazi e materiali aziendali (come uffici e computer), così come la previsione di aumenti salariali in virtù del numero di lavoratori rappresentati. È importante garantire ai rappresentanti l’incontro con i lavoratori, favorendone le condizioni, soprattutto in situazioni con un alto tasso di lavoratori da remoto, dispersi o mobili, ad esempio consentendo la presenza dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali al momento dell’assunzione, di modo da consentire la possibilità per il sindacato di farsi conoscere e da rendere consapevoli i lavoratori dei propri diritti.

 

Un quarto nodo problematico riguarda la costante presenza di forme di lavoro flessibile e precario, dato che i lavoratori assunti con tipologie contrattuali non standard sono disincentivati a unirsi alle organizzazioni sindacali.

 

Infine un tema critico che si riscontra in fase di applicazione degli accordi collettivi aziendali riguarda i soggetti beneficiari delle negoziazioni; di fatto gli accordi raggiunti ricadono sia sui lavoratori iscritti sia sui non iscritti, potendo così comportare una riduzione della partecipazione sindacale. Si tratta della questione dei c.d.free – riders, cioè dei lavoratori che non si iscrivono ai sindacati, potendo comunque beneficiare dei risultati delle negoziazioni. Per far fronte a questo nodo problematico, sono delineate tre possibili linee d’azione: limitare il costo dell’iscrizione ai sindacati, attraverso sgravi fiscali, indennità o rimborsi; prevedere “commissioni solidali” costituite da quote monetarie versate da ogni lavoratore e volte alla creazione di un fondo per la contrattazione collettiva che andrebbe a finanziare economicamente l’attività di contrattazione dei sindacati; prevedere l’applicazione degli accordi solo agli iscritti al sindacato firmatario, una soluzione che tuttavia sarebbe incostituzionale secondo gli ordinamenti di molti paesi. Infine una visione più stringente della tematica porterebbe alla creazione di un sistema obbligatorio d’iscrizione alle organizzazioni sindacali, così come attuato in Austria dove è prevista l’iscrizione obbligatoria dei lavoratori alla Camera del lavoro, la quale offre assistenza al lavoratore e fornisce servizi legali.

 

Seconda area d’intervento: il potere contrattuale e la partecipazione dei datori di lavoro alla contrattazione collettiva

 

Nell’ambito del report viene poi analizzata la questione del mandato delle organizzazioni datoriali, la cui mancanza mina la capacità (e volontà) dei datori di lavoro ad avviare le negoziazioni con le organizzazioni dei lavoratori. Problema urgente, soprattutto per le realtà multi –datoriali, che può essere risolto solo con l’intervento del’azione pubblica.

 

Su tale questione, sono suggerite due strategie di portata diversa.

 

L’approccio più morbido suggerisce l’introduzione di fondi, incentivi, co – finanziamenti, crediti fiscali e la possibilità di deroga ad alcune leggi, riconosciuti ai datori di lavoro che si impegnino attivamente nella contrattazione di settore. Tali incentivi hanno lo scopo di rendere disponibili maggiori risorse per i datori di lavoro, così che questi possano muoversi più liberamente nell’ambito delle regole poste attraverso la contrattazione collettiva. Inoltre, essendo necessaria la formazione dei soggetti coinvolti nelle trattative, soprattutto in ambiti multi – settoriali, è cruciale la previsione di corsi e la messa a disposizione di risorse, come la consulenza di esperti o il rimborso per i costi sostenuti in merito.

 

Diversamente si potrebbe prevedere l’obbligo di adesione obbligatoria alle organizzazioni datoriali, come accade in Austria e Slovenia, visione certamente più coercitiva che può avere l’effetto di richiedere un impegno maggiore ai soggetti coinvolti, senza predisporre risorse adeguate.

 

Terza area d’intervento: l’importanza della politica

 

In linea con quanto visto sopra, le politiche pubbliche possono rivestire un ruolo importante nello sviluppo dei processi di contrattazione collettiva, in particolare nell’ottica di favorire il raggiungimento di accordi compromissori. In questo senso la politica, oltre alla predisposizione di risorse conferite alle organizzazioni sindacali e finalizzate ad agevolare il loro operato, può assicurare la disponibilità di dati accurati e completi, supportando indagini statistiche settoriali, favorendo la trasparenza e ampliando il principio di buona fede cui s’ispirano le regole della contrattazione.

 

Secondo un approccio più flessibile, la politica può poi prevedere la creazione di “sedi” di negoziazione, finanziate e organizzate dallo Stato, dove i datori di lavoro e le organizzazioni sindacali possano incontrarsi per discutere; la messa a disposizione di esperti governativi, con un ruolo di mediazione; la previsione di benefit (es. sgravi fiscali) condizionati alla conclusione di un accordo collettivo. Inoltre, sempre la politica potrebbe obbligare le parti sociali a confrontarsi su determinati argomenti come salute, formazione e sicurezza, salario, equilibrio vita – lavoro, rischio occupazionale e schemi classificatori, come accade in Francia. D’altro canto, il processo di contrattazione può essere salvaguardato anche attraverso la previsione di obblighi in capo ai datori di lavoro, rendendo la contrattazione coercitiva, sia su determinati argomenti che in un’ottica generale, oppure attraverso la previsione di standard di settore, applicabili in caso di fallimento delle negoziazioni collettive (es. Nuova Zelanda, Australia). Inoltre in molti Paesi è stato introdotto il diritto unilaterale di ricorrere all’arbitrato, misura già applicata su richiesta di entrambe le parti, in caso d’impossibilità a raggiungere un accordo (es. Grecia).

 

Da ultimo, l’intervento della politica è cruciale in tema di diritto di sciopero, punto critico e fondamentale per il funzionamento del sistema e l’effettività della contrattazione collettiva. In questo senso, sarebbe auspicabile la previsione di minori restrizioni al suo esercizio, sia legislative, sia rimuovendo le barriere culturali: sempre più spesso, infatti, ciò che manca è la consapevolezza da parte dei lavoratori in merito al potere di questo strumento.

 

Quarta area d’intervento: riconoscimento ed efficacia degli accordi collettivi

 

La quarta area tematica sottolinea la necessità di rafforzare lo status giuridico degli accordi collettivi, soprattutto in relazione alle altre norme applicate in tema di diritto del lavoro. In questi termini, si parla di una necessaria chiarificazione del loro ruolo all’interno della gerarchia delle norme prevista nei vari ordinamenti e dell’introduzione del principio di favore, secondo cui in caso di concorso tra diverse norme, prevalgono quelle che prevedono un trattamento più favorevole al lavoratore.

 

Anche su questo aspetto, le strategie suggerite si distinguono tra carrot e stick approach.

 

Interventi più accomodanti incoraggiano l’ampliamento dell’ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali, rendendoli applicabili non solo ai soggetti firmatari, ma a tutti i lavoratori del settore attraverso la fissazione di standard minimi di lavoro con riguardo agli aspetti fondamentali del rapporto di lavoro, come l’ammontare degli stipendi e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Utile al fine sarebbe anche la previsione di clausole d’uscita e la restrizione nell’uso di clausole d’eccezione, in modo da rendere possibile derogare all’accordo solo con procedure e requisiti precisi, in maniera tale da limitare gli abusi. Inoltre potrebbero essere introdotti meccanismi pubblici che prevedano l’applicazione automatica degli accordi collettivi di settore in caso d’appalto pubblico o premiando la loro applicazione attraverso il sistema fiscale, estendendo la validità dei contratti collettivi applicati anche sui nuovi assunti (come nel caso tedesco). Nei Paesi dove non via sia un corpus normativo preesistente sul tema sul quale intervenire è auspicabile la stipula di accordi ex novo che applichino quanto descritto in precedenza.

 

Proposte più forti auspicano invece la creazione di corti del lavoro specializzate per rendere gli accordi collettivi obbligatori eil potenziamento dei servizi ispettivi del lavoro, al fine di monitorare con più efficacia lo sviluppo della contrattazione su alcuni temi cruciali.

 

Quinta area d’intervento: interventi culturali ed educativi

 

Infine, nel documento si sottolinea come sia fondamentale lo sviluppo di una consapevolezza culturale sul ruolo della contrattazione collettiva nei vari sistemi nazionali: per questo motivo, diversi esperti suggeriscono la creazione di meccanismi di controllo per monitorare l’estensione e il contenuto degli accordi collettivi, nonché l’introduzione di fondi alla ricerca, accademica e non, sui temi delle relazioni industriali, così che in questo modo si possa contribuire allo sviluppo del dialogo tra le parti sociali.

 

Per creare una “cultura” sul valore della contrattazione collettiva, non si può poi prescindere dall’ “educazione”: centrale, anche in questo campo, può essere il sostegno del sistema pubblico. Tra gli esempi virtuosi, si osserva come in alcuni Paesi siano stati istituiti servizi di avvio al lavoro, anche per migranti, e corsi di gestione aziendale per incentivare l’interesse alla contrattazione collettiva. Inoltre, è suggerito l’utilizzo di campagne pubbliche d’informazione sui benefici legati all’applicazione degli accordi collettivi.

 

Conclusioni

 

Il report analizzato chiarisce come la politica possa svolgere un ruolo cruciale nello sviluppo dei sistemi di contrattazione collettiva: essa può incoraggiare il confronto direttamente attraverso modifiche normative, ma anche indirettamente attraverso il sistema educativo. La creazione di spazi atti al dialogo tra parti sociali e la predisposizione di risorse ad hoc su questi temi, sono poi fattori imprescindibili al fine di sviluppare accordi collettivi che assicurino condizioni di lavoro dignitose ed eque per tutti i lavoratori.

 

Celeste Sciutto

ADAPT Junior Fellow Fabbrica dei Talenti

@celeste_sciutto

 

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Bollettino ADAPT 25 novembre 2024 n. 42

 

Lo scorso 15 novembre è scaduto il termine per la trasposizione negli ordinamenti nazionali della direttiva europea n. 2022/2041 sui salari minimi adeguati. Pochi Stati membri si sono fatti trovare pronti all’appuntamento. Unicamente Lituania, Romania e Repubblica Ceca hanno infatti adottato provvedimenti per adempiere alle prescrizioni europee. Mentre solo la Germania ha inviato formale documentazione alla Commissione UE per attestare la piena conformità della legislazione tedesca ai contenuti della direttiva. Pesa indubbiamente l’attesa per l’esito del ricorso promosso lo scorso anno dalla Danimarca, con il sostegno del governo svedese, davanti alla Corte di Giustizia europea per l’annullamento della direttiva. Per questi Paesi la determinazione del livello dei salari negli Stati membri sarebbe infatti materia che esula pacificamente dalle competenze del legislatore dell’Unione.

 

In Italia la direttiva e il percorso per la sua attuazione hanno invero riscosso ben poco interesse. Tutta l’attenzione, tanto nel dibattito politico-sindacale che nel confronto accademico, è stata infatti indirizzata sulla proposta di una legge per la fissazione dei salari minimi. Questo nonostante la direttiva non imponga agli Stati membri di introdurre un salario minimo legale, ammettendo infatti l’ipotesi che ciascuno Stato possa affidare la tutela dei salari alla contrattazione collettiva nei confronti della quale è se mai richiesto un maggior impegno dei legislatori interni per la sua promozione e per il rafforzamento della capacità delle parti sociali di determinare trattamenti retributivi minimi adeguati e trasparenti. Sono così uscite dai radar previsioni importanti contenute in questa direttiva; previsioni che, quale che sia l’esito della proposta sul salario minimo per legge, è bene ricordare perché si tratta di misure destinate a incidere sulle dinamiche salariali e sul funzionamento dei sistemi nazionali di contrattazione collettiva. Il riferimento è, in particolare, agli articoli 10 e 11 della direttiva che impongono, rispettivamente, un sistematico monitoraggio e processo di documentazione e valutazione delle dinamiche retributive (largamente assente nella nostra visione delle politiche del lavoro e nella nostra cultura delle relazioni industriali) e una facile accessibilità ai trattamenti retributivi da parte dei lavoratori e del pubblico in generale.

 

Da questo punto di vista merita, pertanto, di essere segnalato l’intervento del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro con due modifiche di grande rilievo del proprio regolamento (vedile in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 264 dell’11 novembre 2024)) che vanno appunto nella direzione di contribuire a dare piena ed effettiva attuazione alla direttiva anche nel nostro Paese.

La prima modifica attiene all’Archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro di cui all’articolo 17, commi 1-3, della legge 30 dicembre 1986, n. 936 (si veda il nuovo articolo 25-bis del regolamento del CNEL). Come è noto, la Commissione dell’informazione del CNEL impartisce alla direzione generale competente, anche attraverso l’approvazione di un apposito regolamento, gli indirizzi generali e le direttive per l’organizzazione e la gestione dell’archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro di cui all’articolo 17 della legge 936/1986. La modifica del regolamento richiede ora che l’organizzazione e la gestione dell’archivio dei contratti siano improntati ai principi di trasparenza e piena accessibilità «in modo tale da fornire alle istituzioni pubbliche e agli operatori informazioni chiare e utili a contribuire a un ordinato sviluppo delle relazioni industriali e di lavoro e a monitorare le dinamiche della contrattazione collettiva». L’organizzazione e la gestione dell’archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro devono in ogni caso «risultare coerenti con la normativa di recepimento della direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022 così da garantire, conformemente agli articoli 10 e 11 della medesima, pubblicità e totale trasparenza nel monitoraggio e nella raccolta dei dati».

 

La seconda modifica attiene al Procedimento istruttorio per l’attribuzione del codice alfanumerico unico di cui all’art. 16-quater del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni dalla legge 11 settembre 2020, n. 120 in sede di acquisizione del contratto collettivo nell’archivio di cui all’articolo 17, commi 1 e 2, della legge 30 dicembre 1986, n. 936 (si veda il nuovo articolo 25-ter del regolamento del CNEL). Il regolamento consente ora di formulare alle parti firmatarie dei contratti collettivi nazionali di lavoro oggetto di deposito specifiche «osservazioni e richieste di chiarimenti» disponendo inoltre eventuali indagini sulle retribuzioni previste e applicate dai nuovi contratti collettivi nazionali di categoria per i quali si richieda l’attribuzione del codice alfanumerico unico. Entro il mese di gennaio e il mese di luglio di ogni anno il CNEL predisporrà «un apposito quadro sinottico e un prospetto riepilogativo» relativamente ai contratti depositati e ai rinnovi contrattuali avvenuti nel semestre precedente e per i quali è stata conseguentemente disposta l’assegnazione del codice alfanumerico unico così da garantire trasparenza sui contenuti dei contratti e sui loro firmati anche con riferimento al loro «effettivo radicamento nel sistema di relazioni industriali» ovvero al grado di «diffusione nel settore o sottosettore di riferimento» del relativo contratto visto che il CNEL è in grado di dare precise indicazioni sul numero reale di lavoratori e di aziende ai quali un CCNL è applicato.

 

Saranno ora Governo e Parlamento a valutare cosa rispondere alla Commissione europea per documentare la conformità o meno del nostro ordinamento giuridico alle prescrizioni della direttiva. L’impegno del CNEL per una maggiore conoscibilità e pubblicità dei testi contrattuali è comunque un contributo pragmatico per dare piena attuazione a una delle previsioni cardine della direttiva: quella che impone agli Stati membri di assicurare a tutti i lavoratori un facile accesso e informazioni complete rispetto ai trattamenti retributivi previsti dai contratti collettivi così da assicurare totale trasparenza e prevedibilità delle condizioni di lavoro ad essi applicabili.

 

Michele Tiraboschi

Università di Modena e Reggio Emilia

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*pubblicato anche su Contratti & contrattazione collettiva, n. 44/2024

 

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Bollettino ADAPT 9 ottobre 2023, n. 34

 

Il dibattito pubblico sul tema del lavoro povero e del salario minimo si arricchisce di un nuovo capitolo. È stato infatti reso noto dal CNEL il documento Elementi di riflessione sul salario minimo in Italia, quale esito della istruttoria tecnica svolta su incarico della presidenza del Consiglio dei Ministri dello scorso 11 luglio ai sensi dell’art. 99 della Costituzione. Il documento passa ora alla Assemblea del CNEL per il voto finale previsto per il prossimo 12 ottobre.

 

Con riferimento alla parte di inquadramento e analisi del problema, è di particolare interesse che siano state evidenziate le criticità legate alle basi informative relative ai dati sulle retribuzioni (v. Parte I, punto 4), che risultano fondamentali per poter procedere a una corretta rappresentazione delle retribuzioni percepite dai lavoratori, a confronti e a valutazioni sul tema (sul punto sia consentito rimandare a S. Spattini, Retribuzione oraria e salario minimo legale: l’importanza di comprendere la fonte e la generazione dei dati, in Bollettino ADAPT 24 luglio 2023, n. 28).

 

Inoltre, si afferma la necessità di meglio sviluppare l’Archivio dei contratti collettivi nazionali di lavoro del CNEL, in particolare allineando la classificazione in macro aree e settori in parallelo con la revisione dei codici ATECO in corso da parte di ISTAT.

 

Nell’inquadramento della questione dei salari minimi, vengono, invece, sottolineate le ragioni del lavoro povero in Italia, che ISTAT ha in diversi documenti evidenziato come legate alla scarsa intensità e continuità del lavoro. Anche Banca d’Italia sottolinea la presenza di redditi più bassi collegati a forme di lavoro temporaneo e a lavoro part‑time.

 

Rispetto alla questione problematica della c.d. contrattazione pirata, fenomeno che si vorrebbe contrastare con il salario minimo legale, viene dal CNEL certificato come «fattore di grave perturbazione del sistema di relazioni industriali e anche di corretta concorrenza tra le imprese con particolare riferimento ad alcune aree geografiche del Paese e in alcuni settori produttivi». Tuttavia, anche il CNEL sottolinea come di fatto il fenomeno si possa considerare marginale poiché le categorie che aderiscono a CGIL, CISL, UIL firmano 211 contratti collettivi nazionali di lavoro, che coprono 13.364.336 lavoratori dipendenti del settore privato (sempre con eccezione di agricoltura e lavoro domestico) (96,5% dei dipendenti dei quali si conosce il contratto applicato, in quanto indicato negli Uniemens), mentre i sindacati non rappresentati al CNEL sono attualmente firmatari di 353 CCNLapplicati soltanto a 54.220 lavoratori dipendenti, pari allo 0,4% dei lavoratori di cui è noto il CCNL applicato.

 

Dal documento emerge chiaramente che la sola introduzione di un salario minimo legale non risolverebbe innanzitutto la rilevante questione del lavoro povero, che, come evidenziato, è dovuto non tanto al livello delle retribuzioni orarie, ma piuttosto a ridotta intensità e continuità della occupazione. Ugualmente un salario minimo legale non inciderebbe né sulla pratica del dumpingcontrattuale, tanto meno potrebbe rafforzare la contrattazione collettiva.

 

Nell’affermare la centralità della contrattazione collettiva nella fissazione dei trattamenti salariali adeguati, posizione che potrebbe considerarsi scontata provenendo dal CNEL, dove siedono in maggioranza rappresentanti delle parti sociali, si argomenta, in sostanza, riportando le ragioni per cui un salario minimo legale non può essere un perfetto sostituto dei minimi contrattualiInfatti, questi costituiscono soltanto una parte, ancorché rilevante, del trattamento retributivo del lavoratore. Peraltro, occorre ricordare che i contratti collettivi fissano minimi per ogni livello del sistema di classificazione professionale. Inoltre, viene evidenziato come la contrattazione collettiva non sia un semplice sostituto della contrattazione economica individuale, ma al contrario «una vera e propria istituzione “politica” che concorre alla compensazione tra la domanda e l’offerta di lavoro».

 

Altra conclusione a cui perviene la Commissione del CNEL è «l’opportunità e l’urgenza di un piano di azione nazionale affidato al CNEL per la valorizzazione e il sostegno della contrattazione collettiva anche in termini di contributo al ripensamento delle misure pubbliche di incentivazione economica a imprese e lavoro». Da un lato tale piano dovrebbe supportare la contrattazione collettiva a prendere in considerazione le trasformazioni della domanda e della offerta di lavoro e quindi adeguare la strutturazione dei contratti collettivi per dare risposta sia alla questione salariale sia al nodo della produttività. Dall’altro lato, il menzionato piano di azione nazionale potrebbe diventare in supporto per Governo e Parlamento nel prendere in considerazione una revisione delle risorse economiche a sostegno della contrattazione collettiva, dell’occupazione di qualità, del welfare aziendale, della bilateralità delle piccole e medie imprese, della attività d’impresa e della produttività, in particolare riorientandoli verso i soli sistemi di contrattazione collettiva e bilateralità più consolidati e la cui fruibilità andrebbe subordinata alla condizione della integrale applicazione dei trattamenti retributivi complessivi garantiti dai contratti collettivi più diffusi a livello nazionale di categoria.

 

Un punto di particolare interesse riguarda la posizione che suggerisce la valorizzazione degli accordi interconfederali come strumento per individuare a livello di settore una giusta retribuzioneAuspicabilmente, essi potrebbero inserirsi in un quadro creato da un protocollo triangolare sulla politica dei redditi e della occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo sull’esempio del Protocollo Ciampi-Giugni del 1993. In questo ambito, la Commissione ritiene che potrebbero anche essere gestita la nota criticità dei ritardi nei rinnovi contrattuali, «prevedendo adeguati meccanismi di salvaguardia del potere d’acquisto dei lavoratori».

 

Si ritiene, poi, che in quella cornice potrebbe essere trattata un’altra questione importante, quanto delicata, consistente nei criteri per stabilire per ogni i settori la rappresentatività delle parti contraenti. 

 

Infine, si riferisce anche della volontà di promuovere una riflessione istituzionale sulla promozione della contrattazione collettiva, sulla rappresentanza, sui perimetri contrattuali e sui sistemi qualificati di bilateralità.

 

Sulla base dell’analisi e delle osservazioni conclusive, il documento del CNEL perviene a una serie di proposte operative pensate principalmente in relazione alla prossima legge di bilancio e al collegato lavoro.

 

Con riferimento all’ambito di produttività e salari, innanzitutto, ritiene che il CNEL possa essere promosso come sede del National Productivity Board per l’Italia. Si tratta di un organismo previsto dalla Raccomandazione del Consiglio del 20 settembre 2016 sull’istituzione di comitati nazionali per la produttività e di cui l’Italia (insieme a pochi altri Paesi) è sprovvista. In questo contesto, le parti sociali potrebbero intervenire nel tentativo di legare le dinamiche retributive a quelle della produttività.

 

Si suggerisce poi una revisione degli incentivi previsti per i contratti di prossimità, per il welfare aziendale e per le misure di detassazione del premio di risultato, affinché siano più efficaci rispetto agli obiettivi dati, con attenzione verso le piccole e medie imprese, che si lega poi alla proposta delle parti sociali di intervenire in modo strutturale sul cuneo fiscale.

 

Sulla rilevante questione del lavoro povero, evidenziato che esso riguarda in modo più accentuato lavoratori temporanei, parasubordinati, lavoratori non genuinamente autonomi, lavoratori occasionali, stagisti, lavoratori con mansioni discontinue o di semplice attesa o custodia e lavoratori a tempo parziale involontario, si suggerisce di introdurre per questi lavoratori una tariffa tramite contrattazione, parametrata sugli indicatori della direttiva europea (60% del salario mediano o il 50% del salario medio).

 

Con particolare riferimento alla problematica del limitato numero di ore di lavoro, che caratterizza i contratti in alcuni settori, di interesse è la proposta di interventi legislativi specifici volti appunto a garantire un minimo di ore di lavoro, come per esempio l’istituto del “monte ore garantito” del CCNL delle agenzie di somministrazione o analogo meccanismo esistente nel settore del turismo.

 

Rispetto, poi, ad alcuni settori più critici dal punto di vista dei livelli retributivi, viene suggerita la strada di interventi volti al supporto al reddito dei lavoratori e delle famiglie, al contrasto al sommerso, al controllo delle gare pubbliche al massimo ribasso. In particolare, pensando all’ambito del lavoro domestico e di cura, dove i datori di lavoro sono le famiglie e dove un aumento delle tariffe retributive significherebbe uno scivolamento verso il lavoro nero, la Commissione dell’informazione suggerisce interventi e incentivi pubblici volti al sostegno alla famiglia, all’invecchiamento attivo e alla non autosufficienza.

 

Di particolare rilevanza, poi, è il suggerimento di re-introdurre la regola di parità di trattamento retributivo nell’ambito degli appalti.

 

Il problema dei c.d. contratti “pirata” potrebbe, secondo la Commissione, essere affrontato in sede legislativa con un intervento che favorisca i contratti collettivi maggiormente diffusi per ogni settore di riferimento, che generalmente sono quelli che garantiscono migliori condizioni normative ed economiche, rispetto alla contrattazione al ribasso. Da segnalare la proposta di condizionare la registrazione di un nuovo CCNL nell’Archivio nazionale dei contratti collettivi nazionali di lavoro e l’assegnazione del codice alfanumerico unico al rispetto del trattamento economico e normativo dei contratti collettivi maggiormente applicati, proprio per evitare la concorrenza al ribasso.

 

Si suggerisce poi un intervento normativo volto a chiarire che, nella determinazione del trattamento retributivo di cui all’articolo 36 della Costituzione, il giudice debba fare riferimento non solo al minimo tabellare ma al trattamento economico complessivo ordinario spettante al lavoratore in applicazione dei contratti collettivi di maggiore diffusione.

 

Di rilievo infine è la proposta di un intervento normativo che potrebbe individuare come standard di riferimento per la retribuzione minima adeguata la retribuzione stabilita come minimale contributivo, consistente in quella prevista dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative.

 

Silvia Spattini 
Direttrice ADAPT
@SilviaSpattini

Conoscere per deliberare: quale impatto per lavoratori, sindacati e imprese di un salario minimo legale a 9 euro?

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Bollettino ADAPT 3 luglio 2023 n. 25

 

Sta facendo molto discutere la proposta di un salario minimo legale fissato a 9 euro. Il dibattito è, come al solito in Italia, fortemente polarizzato, tra chi è favorevole e chi è contrario. Una sorta di guerra di religione dove, tuttavia, nessuno entra nel merito del contendere se non in termini molto superficiali.

 

Occorre allora precisare che, stando al testo della bozza in circolazione dell’accordo appena raggiunto tra i partiti di opposizione, parliamo di un salario minimo orario di 9 euro lordi che indicherebbe il “trattamento economico complessivo, comprensivo del trattamento minimo tabellare, degli scatti di anzianità, delle mensilità aggiuntive e delle indennità contrattuali fisse e continuative dovute in relazione all’ordinario svolgimento dell’attività lavorativa.

 

Se questa è la proposta, per capire l’impatto che questa misura potrebbe avere sul nostro mercato del lavoro, tanto rispetto alla questione del lavoro povero quanto in relazione al costo del lavoro e al rischio che un datore trovi conveniente abbandonare i contratti collettivi per attestarsi sul minimo legale, è in realtà sufficiente calcolare i trattamenti economici complessivi orari previsti per alcune delle figure più basse nella scala dei sistemi di inquadramento dei nostri contratti collettivi nazionali e fare un banale confronto. Questo lasciando ovviamente per il momento da parte il nodo, non secondario per chi sia interessato alla reale soluzione del problema, legato al numero complessivo di ore lavorate (incidenza del part-time), alla durata dei contratti (incidenza del lavoro precario) e all’uso distorto di alcuni schemi giuridici, tra cui i tirocini extracurriculari (incidenza del lavoro irregolare).

 

Ebbene, come indica la tabella 1 che segue, allo stato attuale la tariffa dei 9 euro lordi omnicomprensivi risulta inferiore a quella fissata dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Nel nostro caso abbiamo preso come riferimento, a titolo meramente esemplificativo, solo undici contratti collettivi nazionali tra i più applicati, tanto nei settori forti (per il rischio di sganciamento dal sistema contrattuale) che nei settori deboli (per valutare l’incidenza o meno della misura prospettata nel dibattito politico), ma il quadro non cambierebbe molto ampliando il campione.

 

Infatti, prendendo come riferimento le figure professionali più frequenti nei livelli di inquadramento più bassi, osservando la tabella 1 si registra un trattamento economico complessivo orario medio di 10,29 euro, che parte dai 9,25 euro di una guardia giurata inquadrata al quarto livello del CCNL vigilanza privata fino ad arrivare alla cifra di 11,34 euro di un operatore di laboratorio di livello E2 del CCNL chimica – farmaceutica.

 

TABELLA 1 – PROFILI PROFESSIONALI BASSI PIÙ FREQUENTI

CCNL Profilo professionale esemplificativo Minimo tabellare orario Con scatti di anzianità Con mensilità aggiuntive Trattamento economico complessivo
Chimica -farmaceutica Operatore di laboratorio livello E2 9,66 € 9,70 € 10,51 € 11,34 €
Logistica, trasporto merci e spedizione Riders con bici livello I 8,86 € 9,60 € 11,20 € 11,20 €
Metalmeccanica industria Manutentore livello D2 9,81 € 10,10 € 10,65 € 11,18 €
Industria alimentare Addetto macchina confezionamento livello 5 9,84 € 10,12 € 10,97 € 11,11 €
Terziario distribuzione e servizi (Commercio) Aiutante commesso livello V 9,14 € 9,38 € 10,94 € 11,01 €
Tessile abbigliamento Orditore livello 2 9,37 € 9,46 € 10,24 € 10,39 €
Distribuzione moderna organizzata Imballatore livello VI 8,51 € 8,75 € 10,21 € 10,25 €
Pubblici esercizi Commis di cucina livello 6S 8,14 € 8,51 € 9,92 € 9,92 €
Turismo Cameriere ai piani di albergo livello VI 8,01 € 8,37 € 9,77 € 9,77 €
Pulizia – multiservizi Addetto potatura livello III 7,73 € 8,09 € 9,43 € 9,43 €
Vigilanza privata  Guardia giurata fissa livello 4 7,68 € 7,93 € 9,25 € 9,25 €

Tutti gli importi indicati sono lordi.

Il trattamento economico complessivo è comprensivo di minimi tabellari, scatti di anzianità, mensilità aggiuntive e indennità contrattuali fisse e continuative.
A fini esemplificativi per gli scatti di anzianità si è ipotizzato il caso di due scatti maturati anche se i diversi CCNL li disciplinano diversamente (numero di scatti o cadenza differente).

 

Significativo, poi, che in tutti i contratti analizzati già soltanto considerando le ipotesi che prevedono minimi tabellari, due scatti di anzianità maturati e i ratei delle mensilità aggiuntive si superano i 9 euro lordi proposti e addirittura in cinque dei contratti presi in considerazione il trattamento economico risulta superiore ai 9 euro lordi già solo considerando i minimi tabellari (CCNL chimica – farmaceutica, CCNL metalmeccanica industria, CCNL industria alimentare, CCNL commercio e CCNL tessile abbigliamento).

 

Se finanche si volesse ricondurre l’analisi agli ultimi due livelli di inquadramento (che vengono nella realtà poco utilizzati) e a lavoratori da poco tempo in azienda (eliminando del tutto la componente degli scatti di anzianità), la situazione non cambierebbe molto.

 

La tabella 2 mostra il trattamento economico complessivo al penultimo livello di inquadramento e si nota che tra i contratti analizzati solo due contratti risultano inferiori, per pochi centesimi, alla soglia indicata dei 9 euro (CCNL pulizia – multiservizi e CCNL vigilanza privata). Al contrario, nove degli undici contratti analizzati anche in questa ipotesi poco frequente risultano garantire già oggi un trattamento superiore alla cifra fissata dalla proposta di salario minimo legale.

 

TABELLA 2 – PROFILI PROFESSIONALI AL PENULTIMO LIVELLO DI INQUADRAMENTO

CCNL Profilo professionale esemplificativo Trattamento economico complessivo
Metalmeccanica industria Manutentore livello D2 10,89 €
Industria alimentare Addetto macchina confezionamento livello 5 10,78 €
Chimica farmaceutica Campionatore livello E4 10,59 €
Logistica, trasporto merci e spedizione Guardiano livello 6 10,41 €
Tessile abbigliamento Orditore livello 2 10,30 €
Distribuzione moderna organizzata Imballatore livello VI 9,98 €
Terziario distribuzione e servizi (Commercio) Addetto carico/scarico livello VII 9,94 €
Pubblici esercizi Caffettiere barista livello VI 9,38 €
Turismo Cameriere ai piani di albergo livello VI 9,35 €
Pulizia – multiservizi Addetto pulizia livello II 8,59 €
Vigilanza privata  Guardia giurata livello 5 (dal 19° al 36° mese) 8,51 €

Tutti gli importi indicati sono lordi.

Il trattamento economico complessivo è comprensivo di minimi tabellari, mensilità aggiuntive e indennità contrattuali fisse e continuative (senza scatti di anzianità).

 

La tabella 3 indica infine, così da togliere gli ultimi dubbi sulla scarsa se non nulla incidenza in positivo della proposta in discussione, il caso del trattamento economico complessivo di lavoratori inquadrati all’ultimo livello del CCNL (utilizzato molto raramente nella pratica) e senza alcuna anzianità maturata.

 

Ebbene anche in questo caso in sei contratti collettivi su undici si supera la soglia dei 9 euro lordi omnicomprensivi. Ciò non accade in cinque settori (CCNL pubblici esercizi, CCNL turismo, CCNL tessile abbigliamento, CCNL pulizia – multiservizi e CCNL vigilanza privata) che peraltro sono quelli a più alta incidenza di lavoro irregolare e dove dilagano i cosiddetti contratti pirata. Inoltre, occorre evidenziare che nella pratica, e talvolta anche per previsione contrattuale (come nel caso delle guardie giurate del CCNL vigilanza), l’ultimo livello di inquadramento rappresenta spesso un mero salario di ingresso in attesa del passaggio al livello successivo dopo alcuni mesi di adattamento.

 

TABELLA 3 – PROFILI PROFESSIONALI ALL’ULTIMO LIVELLO DI INQUADRAMENTO

CCNL Profilo professionale esemplificativo Trattamento economico complessivo
Metalmeccanica industria Addetto servizi collaudo D1 10,31 €
Industria alimentare Addetto scarico e carico merci livello 6 10,10 €
Logistica, trasporto merci e spedizione Addetto movimentazione merci livello 6J 9,49 €
Chimica -farmaceutica Addetto carico scarico livello F 9,45 €
Distribuzione moderna organizzata Addetto pulizie livello VII 9,06 €
Terziario distribuzione e servizi (Commercio) Addetto alle pulizie livello VII 9,04 €
Pubblici esercizi Addetto pulizie sala livello VII 8,77 €
Turismo Commissioniere livello VII 8,76 €
Tessile abbigliamento Etichettatore livello 1 8,22 €
Pulizia – multiservizi Manovale livello 1 8,16 €
Vigilanza privata    Guardia giurata livello 6 (primi 18 mesi) 7,47 €

Tutti gli importi indicati sono lordi.
Il trattamento economico complessivo è comprensivo di minimi tabellari, mensilità aggiuntive e indennità contrattuali fisse e continuative (senza scatti di anzianità).

 

L’analisi qui condotta, oltre a confermare valutazioni di politica del lavoro che abbiamo sviluppato in altra sede (vedi i contributi raccolti in E. Massagli, D. Porcheddu, S. Spattini, Una legge sul salario minimo per l’Italia? Riflessioni e analisi dopo la direttiva europea, Materiali di discussione, 5/2022 e anche F. Lombardo, M. Tiraboschi, Le retribuzioni degli italiani: cosa davvero sappiamo?, in Bollettino ADAPT 13 giugno 2023 n. 22)  ci porta alle considerazioni di Luigi Einaudi nelle sue Prediche inutili: prima conoscere, poi discutere e solo dopo deliberare.

 

Un principio di buon senso purtroppo oggi dimenticato dalla politica, che cerca di risolvere problemi complessi a colpi di tweet e annunci improvvisati, ma anche dalle parti sociali che vengono accusate di una difesa corporativa dei propri interessi (e non di quelli di lavoratori e imprese) quando si oppongono al salario minimo per legge e a cui basterebbe presentare in dettaglio questi e altri dati per spiegare le buone ragioni della difesa dei vigenti sistemi di contrattazione collettiva (che certamente sono da migliorare) senza farsi dettare l’agenda da chi questi temi li conosce solo in superficie (M. Tiraboschi, Giusta retribuzione: chi detta l’agenda politica del lavoro?, in Bollettino ADAPT 3 luglio 2023 n. 25).

 

Francesco Lombardo
Assegnista di ricerca presso l’Università di Modena e Reggio Emilia

ADAPT, Università degli Studi di Siena
@franc_lombardo

 

Michele Tiraboschi

Università di Modena e Reggio Emilia

Coordinatore scientifico ADAPT

@MicheTiraboschi

 

NOTA METODOLOGICA

 

Contratti analizzati

 

I contratti collettivi nazionali di lavoro analizzati nella presente indagine sono stati selezionati secondo il criterio della maggiore applicazione (e quindi coinvolgimento di un maggior numero di imprese e lavoratori) nell’ambito dei settori economici e produttivi di riferimento sulla base del database CNEL (Archivio dei contratti collettivi nazionali di lavoro depositati al CNEL, Aggiornamento al 24 maggio 2023).

 

L’indagine è stata svolta sui minimi retributivi dei CCNL aggiornati al 1° luglio 2023.

 

Per ogni contratto è indicato il codice alfanumerico unico dei contratti collettivi nazionali di lavoro di cui all’art. 16-quater della legge n. 120/2020 (c.d. decreto Semplificazioni) che ne assegna l’attribuzione al CNEL, che cura e gestisce l’Archivio nazionale dei contratti di lavoro pubblici e privati.

 

Oggetto della presente analisi sono i seguenti contratti collettivi:

1) CCNL industria metalmeccanica e installazione di impianti (codice univoco C011) sottoscritto da Federmeccanica (Confindustria), Assistal (Confindustria) (Parte datoriale) e Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm (Parte sindacale);

2) CCNL industria chimica-farmaceutica (codice univoco B011) sottoscritto da Federchimica (Confindustria), Farmindustria (Confindustria) (Parte datoriale) e Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec (Parte sindacale);

3) CCNL terziario, distribuzione e servizi (Confcommercio) (codice univoco H011) sottoscritto da Confcommercio (Parte datoriale) e Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs (Parte sindacale);

4) CCNL logistica, trasporto, spedizioni (codice univoco I100) sottoscritto da Aite, Aiti (Confetra), Assoespressi (Confetra), Assologistica, Fedespedi (Confcommercio), Fedit, Fisi (Confetra), Trasportounito, Confetra, Anita (Confindustria), Fai (Confcommercio), Federtraslochi (Confcommercio), Federlogistica (Confcommercio), Unitai, Conftrasporto (Confcommercio), Cna Fita, Confartigianato Trasporti, Sna Casartigiani, Claai, Confcooperative Lavoro e servizi, Legacoop Produzione e servizi, Agci Servizi (Parte datoriale) e Filt Cgil; Fit Cisl; Uiltrasporti (Parte sindacale);

5) CCNL pubblici esercizi (codice univoco H05Y) sottoscritto da Fipe (Confcommercio), Angem, Legacoop Produzione e servizi, Confcooperative Lavoro e servizi, Agci (Parte datoriale) e Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs (Parte sindacale);

6) CCNL distribuzione moderna organizzata (codice univoco H008) sottoscritto da Federdistribuzione (Parte datoriale) e Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs (Parte sindacale);

7) CCNL pulizie e multiservizi (codice univoco K511) sottoscritto da Fise Confindustria (ora Anip), Legacoop Produzione e servizi, Confcooperative Lavoro e servizi, Agci Servizi, Unionservizi (Confapi) (Parte datoriale) e

Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltrasporti (Parte sindacale);

8) CCNL vigilanza privata (codice univoco HV17) sottoscritto da Assiv (Confindustria), Legacoop Produzione e servizi, Confcooperative Lavoro e servizi, Agci Servizi (Parte datoriale) e Filcams Cgil, Fisascat Cisl (Parte sindacale).

9) CCNL industria tessile-abbigliamento (codice univoco D014) sottoscritto da Smi (Confindustria) (Parte datoriale) e Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec (Parte sindacale);

10) CCNL industria alimentare (codice univoco E012) sottoscritto da Federalimentare (Confindustria), Aidepi, Aiipa (ora confluite in Unione Italiana Food) (Confindustria), Ancit (Confindustria, Anicav (Confindustria), Assalzoo (Confindustria), Assica (Confindustria), Assitol (Confindustria), Assobibe (Confindustria), Assobirra (Confindustria), Assocarni (Confindustria), Assolatte (Confindustria), Federvini (Confindustria), Italmopa (Confindustria), Mineracqua (Confindustria), Unionzucchero (Confindustria) (Parte datoriale) e Fai Cisl;, Flai Cgil e Uila (Parte sindacale).

11) CCNL turismo Confcommercio (codice univoco H052) sottoscritto da Federalberghi, Faita, Confcommercio (Parte datoriale) e Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs (Parte sindacale).

 

Minimo tabellare

 

Di seguito le modalità di calcolo dei minimi tabellari orari indicati nel contributo.

1. CCNL metalmeccanica: paga base conglobata divisa per divisore orario contrattuale.

2. CCNL chimica farmaceutica: somma di minimo contrattuale ed EDR diviso per divisore orario contrattuale.

3. CCNL commercio: somma di minimo contrattuale e contingenza diviso per divisore orario contrattuale.

4. CCNL logistica: somma di minimo contrattuale (primi 6 mesi) ed EDR diviso per divisore orario contrattuale.

5. CCNL pubblici esercizi: somma minimo contrattuale e indennità di contingenza diviso per divisore orario contrattuale.

6. CCNL DMO: somma paga base, indennità di contingenza, terzo elemento, acconto futuro aumento diviso per divisore orario contrattuale.

7. CCNL pulizie e multiservizi: somma minimo contrattuale, indennità di contingenza ed EDR diviso per divisore orario contrattuale.

8. CCNL vigilanza privata: minimo conglobato diviso per divisore orario contrattuale.

9. CCNL industria tessile-abbigliamento: elemento retributivo nazionale diviso per divisore orario contrattuale.

10. CCNL industria alimentare: somma minimo mensile e indennità contingenza diviso per divisore orario contrattuale.

11. CCNL turismo Confcommercio: paga base nazione conglobata per divisore orario contrattuale.

 

Minimo tabellare con scatti di anzianità

 

Di seguito le modalità di calcolo dei minimi tabellari con scatti di anzianità indicati nel contributo.

1. CCNL metalmeccanica: somma di paga base conglobata e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

2. CCNL chimica farmaceutica: somma di minimo contrattuale, EDR e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

3. CCNL commercio: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

4. CCNL logistica: somma di minimo contrattuale (primi 6 mesi), EDR e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

5. CCNL pubblici esercizi: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

6. CCNL DMO: somma di paga base, indennità di contingenza, terzo elemento, acconto futuro aumento e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

7. CCNL pulizie e multiservizi: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza, EDR e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

8. CCNL vigilanza privata: minimo conglobato più due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

9. CCNL industria tessile-abbigliamento: somma di elemento retributivo nazionale e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

10. CCNL industria alimentare: somma di minimo mensile, indennità di contingenza e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

11. CCNL turismo Confcommercio: somma di paga base nazione conglobata e due scatti di anzianità per divisore orario contrattuale.

 

Minimo tabellare con scatti di anzianità e ratei mensilità aggiuntive

 

Di seguito le modalità di calcolo dei minimi tabellari con scatti di anzianità e con mensilità aggiuntive indicati nel contributo.

1. CCNL metalmeccanica: somma di paga base conglobata, due scatti di anzianità e rateo tredicesima divisa per divisore orario contrattuale.

2. CCNL chimica farmaceutica: somma di minimo contrattuale, EDR, due scatti di anzianità e rateo tredicesima diviso per divisore orario contrattuale.

3. CCNL commercio: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale.

4. CCNL logistica: somma di minimo contrattuale (primi 6 mesi), EDR, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale.

5. CCNL pubblici esercizi: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale.

6. CCNL DMO: somma di paga base, contingenza, terzo elemento, acconto futuro aumento, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale.

7. CCNL pulizie e multiservizi: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza, EDR, due scatti anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale.

8. CCNL vigilanza privata: somma di minimo conglobato, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale.

9. CCNL industria tessile-abbigliamento: somma di elemento retributivo nazionale, due scatti di anzianità e rateo tredicesima diviso per divisore orario contrattuale.

10. CCNL industria alimentare: somma di minimo mensile, contingenza, due scatti di anzianità e rateo tredicesima diviso per divisore orario contrattuale.

11. CCNL turismo Confcommercio: somma di paga base nazione conglobata, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima per divisore orario contrattuale.

 

Trattamento economico complessivo

 

Di seguito le modalità di calcolo del trattamento economico complessivo orario comprensivo dei minimi tabellari, scatti di anzianità, mensilità aggiuntive e indennità fisse e continuative indicati nel contributo.

Di seguito le modalità di calcolo dei minimi tabellari orari con scatti di anzianità e con mensilità aggiuntive indicati nel contributo.

1. CCNL metalmeccanica: somma di paga base conglobata, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo elemento perequativo divisa per divisore orario contrattuale.

2. CCNL chimica farmaceutica: somma di minimo contrattuale, EDR, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e IPO diviso per divisore orario contrattuale.

3. CCNL commercio: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza, due scatti di anzianità, rateo tredicesima, rateo quattordicesima e terzo elemento Milano (nelle tabelle 2, 3 elemento nazionale 2,07) diviso per divisore orario contrattuale.

4. CCNL logistica: somma di minimo contrattuale (primi 6 mesi), EDR, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale (nessuna indennità aggiunta).

5. CCNL pubblici esercizi: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale (nessuna indennità aggiunta).

6. CCNL DMO: somma di paga base, contingenza, terzo elemento, acconto futuro aumento, due scatti di anzianità, rateo tredicesima, rateo quattordicesima ed elemento economico garanzia aziende meno 10 dip. diviso per divisore orario contrattuale.

7. CCNL pulizie e multiservizi: somma di minimo contrattuale, contingenza più EDR, due scatti anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale (nessuna indennità aggiunta).

8. CCNL vigilanza privata: somma di minimo conglobato, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale (nessuna indennità aggiunta).

9. CCNL industria tessile-abbigliamento: somma di elemento retributivo nazionale, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo elemento garanzia retributiva diviso per divisore orario contrattuale.

10. CCNL industria alimentare: somma di minimo mensile, indennità di contingenza, due scatti di anzianità e rateo tredicesima diviso per divisore orario contrattuale.

11. CCNL turismo Confcommercio: somma di paga base nazione conglobata, due scatti di anzianità, rateo tredicesima, rateo quattordicesima e trattamento economico mancata contrattazione II livello per divisore orario contrattuale (nessuna indennità aggiunta).

 

Nelle tabelle 2 e 3 sono stati effettuati i medesimi calcoli senza considerare però alcuno scatto di anzianità.