contrattazione collettiva

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/200 – L’accordo aziendale di Holcim Italia: i punti chiave per il 2024-2026

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/200 – L’accordo aziendale di Holcim Italia: i punti chiave per il 2024-2026

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 15 aprile 2024, n. 15

 

Oggetto e tipologia di accordo

 

Il giorno 29 febbraio 2024 è stata siglata l’ipotesi di accordo integrativo aziendale tra la direzione di Holcim (Italia) S.p.a e il coordinamento delle RSU del gruppo, assistite dalle Segreterie Regionali della Lombardia di Feneal-UIL, Filca-CISL e Fillea-CGIL e dalle Segreterie Territoriali delle medesime federazioni (Como e Varese). L’accordo ha l’obiettivo di rinnovare il CIA del Gruppo Holcim Italia per il triennio 2024-2026 e di integrare alcune misure di welfare e formazione non presenti nel CCNL di settore.

 

Parti firmatarie e contesto

 

Holcim (Italia) S.p.a è la group company italiana di Holcim, azienda multinazionale operante nel settore dei materiali da costruzione. Il gruppo italiano si occupa prevalentemente di calcestruzzo, cemento e aggregati.

L’accordo, firmato dopo 8 mesi di trattativa tra le parti sopra citate, è stato accolto con commenti positivi, come riportato in alcuni articoli della stampa locale e in alcuni comunicati stampa, sia dall’AD del Gruppo Holcim Italia, che sottolinea gli aspetti legati alla sostenibilità e al welfare, sia dalle organizzazioni sindacali, che sottolineano invece gli aspetti retributivi, le misure legate al work-life balance e alle modalità di gestione del turnover.

 

Temi trattati / punti qualificanti / elementi originali o di novità

 

Sin dalla premessa si possono individuare due punti fondamentali dell’accordo: l’impegno verso la de-carbonizzazione del ciclo produttivo e una maggiore protezione sociale dei lavoratori e delle lavoratrici.

Per quanto concerne il primo punto, l’azienda, oltre a indicare la quota di capitale destinata alla ricerca, all’innovazione e allo sviluppo (45 milioni di euro per il triennio 2024-2026), si impegna a informare le RSU in merito allo sviluppo degli investimenti e si rende altresì disponibile a una collaborazione con le istituzioni per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni di CO2 entro il 2050.

 

Il secondo punto è quello più sviluppato all’interno del testo dell’accordo e tocca tre elementi principali: formazione, welfare e trattamento retributivo. Per quanto riguarda la formazione, nel triennio di validità dell’accordo vengono istituiti due momenti: uno tra le 14 e le 16 ore per dipendente in merito allo sviluppo delle professionalità e un altro, compreso fra le 6 e le 8 ore per dipendente, incentrato sulla sicurezza sul lavoro e sulla prevenzione degli infortuni. Viene inoltre istituito un periodo di affiancamento lavorativo per i lavoratori e le lavoratrici neoassunti in azienda che andranno a sostituire colleghi e colleghe che cesseranno l’attività lavorativa a causa del pensionamento.

 

L’area del welfare viene invece espansa con misure a sostegno del work-life balance con l’introduzione di permessi annui di 12 ore (che diventeranno 16 a partire dal 1° gennaio 2025) per i dipendenti con genitori over 70 che non hanno accesso a permessi analoghi. Inoltre, per ogni ora versata dai dipendenti nella Banca Ore Solidale, l’azienda si impegna a versare dei contributi che saranno definiti in futuro dalle parti. Un aspetto innovativo concerne l’implementazione di un servizio di lavanderia per tutti i lavoratori e le lavoratrici che durante le prestazioni indossano i dispositivi di protezione individuale. Tale misura, da un alto contribuirà ad alleviare il carico di lavoro domestico dei dipendenti e dall’altro permetterà di incentivare l’uso dei DPI in continuità con gli impegni presi dall’azienda in tema di sicurezza sul lavoro. Infine, viene allargato l’elenco delle motivazioni per le quali si può accedere all’anticipo del TFR prevedendo delle condizioni più favorevoli nei confronti dei lavoratori rispetto alla normativa vigente in materia.

 

A modifica del trattamento retributivo viene riconosciuto un superminimo non assorbibile per i lavoratori e le lavoratrici “in polifunzionalità”, ovvero, come descritto nel testo dell’accordo, “che svolgono mansioni a differente e maggiore contenuto professionale”. Si assiste dunque a un riconoscimento, anche sul piano economico, della professionalità dei dipendenti.

 

Infine, all’interno della sezione dedicata alle “Politiche di genere”, l’azienda, oltre a enunciare i principi di pari opportunità a fondamento di tali politiche, rinnova l’impegno nel mettere a disposizione un servizio di sostegno psicologico per i dipendenti e promette di definire, in accordo con le parti sindacali, un programma di formazione per attuare politiche di sensibilizzazione e prevenzione di fenomeni discriminatori.

 

Incidenza sul trattamento retributivo e sulle misure di welfare

 

Entrando nel merito del trattamento retributivo, in caso di polifunzionalità il superminimo sarà equivalente all’80% della differenza tra il livello di inquadramento e quello immediatamente superiore “quando la lavoratrice/lavoratore […] dispiega un contenuto di professionalità maggiore, anche se in modo non prevalente, del livello in cui è inquadrato”, o del 50% della suddetta differenza se i contenuti di professionalità non sono  totalmente sovrapponibili al livello superiore di inquadramento. Il superminimo sarà considerato assorbibile solo nel caso in cui il lavoratore o la lavoratrice venga inquadrata al livello superiore.

 

Al Premio di Risultato (PDR) vengono dedicate diverse pagine nelle quali si illustrano le percentuali di incidenza dei vari parametri e come questi vengono calcolati per l’attribuzione del premio. In particolare, è da notare come il parametro relativo alla formazione cresca in percentuale rispetto all’integrativo precedente, e garantisca un PDR al raggiungimento dell’obiettivo minimo dell’80% delle ore definite dall’azienda. Gli importi previsti dalle tabelle sono, per l’obbiettivo target, rispettivamente 2150, 2250 e 2400 euro per ognuno degli anni che compongono il triennio 2024-2026; gli importi totali sono ricavati dalla somma degli importi dei singoli parametri. I PDR rappresenteranno una componente variabile del salario e verranno erogati al raggiungimento dei singoli obiettivi come indicato nel testo dell’accordo. Non sono riportate delle distinzioni in merito alla tipologia contrattuale dei dipendenti che possono accedere al premio: questo significa che anche chi ha lavorato con un contratto a termine o in somministrazione ne ha diritto.

 

Un ultimo cambiamento è presente per i lavoratori o le lavoratrici iscritti al fondo di previdenza complementare Previgen, per il quale è previsto un doppio aumento dell’aliquota contributiva a carico dell’azienda, rispettivamente 3,10% dal 10/07/2024 e 3,40% dal 01/01/2026.

 

Valutazione di aspetti di innovazione rispetto al nazionale

 

La contrattazione di secondo livello è disciplinata dall’art. 1 del CCNL Cemento, Calce e Gesso Industria. Gli elementi trattati dal testo del rinnovo fanno riferimento a quanto presente nel CCNL, ma presentano anche degli elementi di originalità.

 

Gli articoli 2 e 2bis del CCNL sono un richiamo importante per il contratto integrativo. Il primo nella terza parte elenca i principi che guidano l’azienda nel percorso verso la sostenibilità e la responsabilità sociale d’impresa. Il secondo invece elenca le azioni positive per le pari opportunità e per far fronte alle discriminazioni di genere; rispetto a quest’ultimo il contratto integrativo aggiunge esplicitamente l’impegno ad implementare dei corsi di formazione volti a sensibilizzare e a prevenire tali discriminazioni.

 

Il tema del welfare è invece trattato all’articolo 61 del CCNL, rispetto al quale l’accordo per l’integrativo aggiunge i permessi per i dipendenti con genitori over 70 e il servizio di lavaggio indumenti aziendale. Per quanto riguarda la banca ore solidale, definita nella terza parte del suddetto articolo, come richiamato in precedenza, l’azienda si impegna a versare dei contributi aggiuntivi per ogni ora depositata.

 

Per quanto riguarda il PDR, l’accordo Holcim coglie la delega che viene fatta dal CCNL alla contrattazione integrativa, (art. 51, per definire gli obbiettivi e l’ammontare dei premi contenuti). Diverso è invece il riferimento alla polifunzionalità, che non trova un preciso riferimento negli articoli legati al tema del mutamento delle mansioni o eventuale promiscuità delle stesse (art. 31 e 32) e per il quale il contratto integrativo presenta un’innovazione rispetto alla disciplina di livello nazionale.

 

Valutazione d’insieme

 

Nel complesso, il rinnovo del contratto integrativo di Holcim Italia contiene significative innovazioni rispetto alla versione precedente e alle previsioni del CCNL Cemento. I comunicati che accompagnano la firma dell’ipotesi di accordo pongono molta enfasi sul tema della sostenibilità: tale elemento, tuttavia, ha un piccolo spazio nel testo, e vi sarà bisogno di future analisi per comprendere l’efficacia degli investimenti previsti dall’azienda per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione previsti nell’accordo stesso.

 

In un momento di espansione e differenziazione del gruppo Holcim Italia è di rilievo l’attenzione posta sulla polifunzionalità di lavoratrici e lavoratori coinvolti in attività differenti rispetto alla mansione di inquadramento.

 

Sempre nel campo della retribuzione, l’aumento dell’importo dei premi di risultato, se verranno raggiunti gli obiettivi previsti dall’accordo, contribuirà a salvaguardare il potere di acquisto dei lavoratori e delle lavoratrici. Dato che sia il PDR sia l’indennità di polifunzionalità non vanno a incidere sugli istituti retributivi, sarà necessario attendere il rinnovo del CCNL di settori, previsto per il prossimo anno, per avere uno sguardo completo sugli aspetti salariali dei lavoratori dell’azienda.

 

Davide Rossi

ADAPT Junior Fellow

@98Rdavide

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/199 – L’accordo IFOA: prospettive innovative su orario di lavoro e welfare aziendale

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/199 – L’accordo IFOA: prospettive innovative su orario di lavoro e welfare aziendale

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

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Bollettino ADAPT 15 aprile 2024, n. 15 

 

Oggetto e contesto

 

Il 15 febbraio 2024, IFOA ha stipulato con le rappresentanze sindacali aziendali, assistite da Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil, un nuovo accordo aziendale, superando e riunendo in un unico testo, integrativo rispetto alle previsioni del CCNL Terziario, Distribuzione e Servizi, tutti i precedenti contratti collettivi di secondo livello sottoscritti nel corso degli anni. Nello specifico, con il nuovo accordo le parti mirano, da un lato, a superare il precedente contratto di solidarietà sottoscritto nel 2013 e tutte le intese ad esso collegate e, dall’altro, a consolidare prassi già in atto, a partire dalla regolazione del lavoro agile e dalle pratiche volte a garantire la conciliazione vita-lavoro.

 

Temi trattati / punti qualificanti / elementi originali o di novità

 

L’accordo si apre con la nuova disciplina dell’orario di lavoro in azienda, a cui dedica grande spazio. Nello specifico, l’intesa, nel superare il precedente contratto di solidarietà, prevede, rinviando alla sottoscrizione di accordi individuali ex art. 8, co. 2, D. Lgs. n. 81/2015, la trasformazione dei rapporti di lavoro a tempo pieno in rapporti a tempo parziale di durata pari a 38 ore settimanali. In questo senso, dunque, a tutti i fini normativi ed economici, l’orario di lavoro, una volta stipulati gli accordi individuali di trasformazione, sarà da considerarsi di 38 ore settimanali, con la conseguenza che, per il calcolo di tutti gli istituti – a partire dalla retribuzione – la cui determinazione avviene in base alla durata della prestazione lavorativa, avverrà un riproporzionamento sulla base di un impegno lavorativo quantificato in 38 ore anziché nelle 40 previste dal contratto collettivo nazionale.

 

Per quanto riguarda l’articolazione dell’orario, è precisato che la durata della prestazione lavorativa è distribuita su cinque giornate in maniera non omogenea, dal momento che dal lunedì al giovedì la giornata lavorativa ha una durata di otto ore e mezzo, mentre il venerdì di sole quattro ore. I lavoratori, inoltre, possono godere di fasce di flessibilità in entrata, dalle 8.00 alle 9.30, ed in uscita, dalle 17.00 (dalle 12.00 per il venerdì) in poi. È precisato, infine, che, nella giornata del venerdì, si prevede che i lavoratori eseguano la prestazione in modalità agile. Appare dunque evidente che l’articolazione dell’orario in IFOA permette una grande autonomia dei lavoratori nella gestione del proprio tempo di lavoro, un’autonomia che sembra confermata dall’obbligo, posto in capo agli stessi lavoratori, di rispettare l’orario, potendo anche effettuare, nell’arco di ciascun mese, recuperi compensativi tra le ore eccedenti e quelle mancanti rispetto all’orario previsto, con il solo vincolo di ricevere l’autorizzazione per eventuali recuperi superiori alle due ore giornaliere nonché effettuati al di fuori delle fasce di flessibilità.

 

L’intesa, poi, conferma quanto già previsto in azienda circa la regolazione del lavoro agile, identificato come strumento per incentivare una migliore conciliazione vita-lavoro e promuovere la genitorialità. Nello specifico, si prevede che ogni lavoratore abbia diritto ad eseguire, oltre che nella giornata del venerdì, la prestazione di lavoro in modalità agile in altre sei giornate al mese, da collocarsi esclusivamente tra il martedì e il giovedì. In ogni caso, però, il lavoratore è tenuto a concordare con il proprio responsabile la fruizione delle giornate di smart working, anche frazionabili in mezze giornate ove l’organizzazione del lavoro lo consenta. Ad alcune categorie di lavoratori (segnatamente: lavoratori con figli fino a 12 anni ovvero con figli affetti da disabilità; lavoratori affetti da disabilità; lavoratori affetti o a rischio contagio da covid; lavoratrici in stato di gravidanza; lavoratori residenti in luogo distante oltre un’ora di viaggio dalla sede di lavoro; lavoratori con genitori anziani non autosufficienti) è riconosciuta priorità nella fruizione di giornate di lavoro agile ulteriori rispetto alla misura massima di sei giornate al mese ovvero da collocare nella giornata del lunedì.

 

Infine, a chiusura delle disposizioni in materia di orario di lavoro, in virtù dell’ampiezza dell’articolazione oraria (che, previo accordo tra il lavoratore ed il suo responsabile, potrebbe coinvolgere, sia per esigenze del lavoratore sia per motivi organizzativi di IFOA, fasce orarie diverse da quelle normalmente previste) e delle peculiari esigenze organizzative che interessano l’azienda, l’intesa riconosce ai lavoratori un’indennità, detta di modulazione oraria, di 20 euro lordi erogata su 14 mensilità e utile ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto, affiancata dalla previsione di un superminimo individuale non assorbibile di 32 euro mensili.

 

Per quanto riguarda i profili retributivi, inoltre, l’accordo IFOA prevede anche la conferma dell’elemento (definito “elemento A”) retributivo integrativo, utile ai fini del calcolo di tutti gli istituti contrattuali – compreso il trattamento di fine rapporto – erogato per quattordici mensilità e parametrato, in base ai livelli di inquadramento, da un minimo di settanta euro ad un massimo di duecentootto.

Da sottolineare sono poi le previsioni in materia di welfare, a partire dal riconoscimento, per ogni giornata lavorata nel mese – ad eccezione delle giornate di lavoro inferiori a 4 ore -, di ticket restaurant di ammontare pari a 5 euro e dalla previsione di un piano di flexible benefits che prevede l’erogazione di un voucher di ammontare pari a 250 euro per lavoratore.

 

L’accordo, inoltre, interviene in materia di tutela della persona, della famiglia e della genitorialità, prevedendo e sistematizzando diverse misure di conciliazione vita-lavoro. Nello specifico, si prevedono tre giornate, anche frazionabili in mezze giornate, all’anno di permessi retribuiti per ragioni personali e familiari, che possono riguardare l’inserimento presso scuole dell’infanzia o asili e l’assistenza di figli o nipoti, un congedo aggiuntivo rispetto al congedo obbligatorio di legge per il padre lavoratore oppure altri eventi relativi a parenti o conviventi. Per quanto riguarda le lavoratrici madri, l’intesa prevede che, nei due mesi precedenti il parto e sino al terzo anno del figlio, possano concordare più incisive modalità di godimento della flessibilità oraria in entrata e in uscita nonché di fruizione delle giornate di lavoro agile, anche in deroga a quanto previsto dall’accordo stesso. Sempre in ottica di tutela della persona, inoltre, si prevede l’istituzione della banca ore etico-solidale, che permette, secondo quanto previsto dall’art. 24 D. Lgs. n. 151/2015, ai dipendenti di donare su base volontaria ore di ferie ai colleghi in situazioni di difficoltà.

 

Destano infine grande interesse due ulteriori previsioni. In primo luogo, l’intesa si occupa di promuovere e sostenere i percorsi formativi dei figli dei dipendenti, stabilendo particolari condizioni di favore per l’accesso ai servizi offerti da IFOA (tra cui spiccano corsi, colloqui, sostegno all’inserimento al lavoro e tirocini). In secondo luogo, le parti aziendali hanno istituito, per far fronte al diffuso aumento del livello di stress, ansia e disagio psicologico causato dalla sempre più difficile conciliazione vita-lavoro, un servizio di consulenza e orientamento psicologico, che consente a tutti i dipendenti interessati di poter fruire di un primo incontro di consulenza psicologica a titolo gratuito e di godere di tariffe agevolate per gli incontri successivi.

 

Valutazione d’insieme

 

L’analisi del contratto aziendale di IFOA permette di evidenziare due interessanti dimensioni che la contrattazione decentrata può fruttuosamente coltivare. Primariamente, come emerge anche dall’ampio spazio dedicato dallo stesso accordo al tema, è importante sottolineare gli importanti spazi di regolazione che legge e contrattazione nazionale delegano alla contrattazione di livello aziendale per quanto riguarda la disciplina dell’orario di lavoro, soprattutto nella sua dimensione organizzativa. Da questo punto di vista, come emerge dall’analisi svolta, l’accordo IFOA offre, anche in virtù delle peculiarità proprie dell’azienda, un interessante esempio di regolazione, in cui trovano una sintesi le diverse esigenze di autonomia del lavoratore nell’autodeterminazione dei profili temporali della prestazione lavorativa e di salvaguardia delle esigenze aziendali. In questo senso è da leggere, ad esempio, l’eliminazione delle timbrature in uscita, che sposta, nell’ottica di favorire la partecipazione del lavoratore, la misurazione della prestazione dal piano cronometrico a quello del raggiungimento dei risultati. Accanto alla centralità dell’orario, emerge la volontà delle parti di potenziare il welfare aziendale, prevedendo inediti strumenti volti a tutelare la persona che lavora in relazione anche a nuovi bisogni emergenti, come dimostra l’istituzione del servizio di consulenza e orientamento psicologico.

 

Francesco Alifano

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@FrancescoAlifan

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/198 – Il rinnovo del CCNL dell’Industria alimentare: tra aumenti retributivi e novità normative

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/198 – Il rinnovo del CCNL dell’Industria alimentare: tra aumenti retributivi e novità normative

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

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Bollettino ADAPT 15 aprile 2024, n. 15

 

Contesto del rinnovo

 

Nella notte del 1° marzo 2024 le quattordici Associazioni datoriali dell’Industria Alimentare insieme a Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil sono finalmente giunte alla firma dell’accordo di rinnovo del CCNL per l’industria alimentare, stipulato in data 31 luglio 2020 e giunto a scadenza nel novembre 2023. Il nuovo CCNL esplica i suoi effetti dal dicembre 2023 ed ha validità per la parte normativa ed economica fino al 30 novembre 2027.

 

La trattativa – svoltasi per sette lunghi mesi e conclusasi con quattro giornate finali di negoziazione no-stop – si è chiusa con grande gratificazione delle rappresentanze sindacali, le quali, così come emerge dalle dichiarazioni rilasciate dai tre segretari generali, si sono mostrate alquanto soddisfatte degli obbiettivi raggiunti sia per ciò che attiene la parte economica dell’accordo, quindi gli aumenti retributivi, sia per quanto riguarda le migliori condizioni di svolgimento della prestazione lavorativa in relazione alla questione dell’orario di lavoro e alla riduzione della precarietà.

 

Parte economica

 

Andando ad analizzare quelle che sono state le modifiche apportate al trattamento economico, va innanzitutto evidenziato come lo scopo perseguito dalle rappresentanze sindacali sia stato quello di ridare potere d’acquisto ai lavoratori della filiera alimentare eroso negli ultimi anni dal crescente fenomeno inflazionistico.

 

Per ciò che attiene al Trattamento Economico Minimo è stato predisposto un aumento progressivo dei minimi tabellari, il quale sarà erogato in cinque tranche, rispettivamente nei mesi di dicembre 2023, settembre 2024, gennaio 2025, gennaio 2026, gennaio 2027.

 

Tali aumenti, calcolati sul valore parametrale 137, corrisponderanno ad un aumento complessivo mensile nel quadriennio di 214 euro.

 

Prendendo invece in considerazione il Trattamento Economico Complessivo, agli aumenti previsti per il TEM si sommano gli aumenti dell’Incremento Aggiuntivo di Retribuzione (IAR), il quale, sempre determinato sul valore parametrale 137, sarà erogato in un importo pari a 55 euro a partire dal dicembre 2023, e in un importo pari a 11 euro a partire dal settembre 2027.

 

In un’ottica di sempre maggior riguardo alla condizione di welfare attuale, è stato previsto l’aumento della contribuzione a carico delle aziende ad Alifond, il Fondo di previdenza complementare di riferimento del settore, in caso di adesione al fondo da parte dei lavoratori. A partire dal 1° gennaio 2025, in caso di versamento da parte del lavoratore di una quota almeno pari all’1% della retribuzione assunta a base per la determinazione del TFR, il datore di lavoro sarà tenuto a versare una percentuale pari all’1,50% (+0,3 rispetto a quanto previsto nel regime precedente).

 

Seguendo questa scia di una sempre maggiore attenzione delle parti sociali alle forme di assistenza integrativa, è stato altresì previsto, sempre a far data dal 1° gennaio 2025, un aumento di 4 euro mensili dell’importo versato in qualità di finanziamento del Fondo sanitario integrato (FASA), con un’ulteriore implementazione di 2 euro/mese per dodici mensilità a decorrere dal 1° giugno 2029.

 

Parte normativa

 

Così come per la parte economica, sono state introdotte importanti novità anche in relazione a quella che è la disciplina collettiva cha va ad incidere direttamente sul rapporto di lavoro. In particolare sono due le innovazioni introdotte nella parte normativa di questo rinnovo ed entrambe riguardano alcune delle tematiche più calde del dibattito giuslavoristico attuale: l’orario di lavoro e l’utilizzo del contratto a termine.

 

Per ciò che attiene alla disciplina dell’orario di lavoro, che nella filiera alimentare non subiva modifiche da una trentina d’anni, si sono riuscite ad ottenere consistenti conquiste circa le ore di riduzione dell’orario di lavoro (ROL). La prima categoria a beneficiare di tale miglioramento sarà quella dei turnisti; è stata infatti prevista, a far data dal 1° gennaio 2026 una prima riduzione di 4 ore dell’orario di lavoro per tutti i dipendenti che svolgono turni da 18 e 21 ore, alla quale si andrà ad aggiungere, dal 1° gennaio 2027, un’ulteriore riduzione, sempre dell’ammontare di 4 ore. Per quanto riguarda i dipendenti non turnisti, sempre a partire dal 1° gennaio 2027, potranno godere di una ROL di 4 ore.

 

Accanto alla nuova disciplina dei ROL, nel rinnovo del CCNL si registra un’apertura alle attuali istanze di riduzione dell’orario di lavoro, poiché le parti assegnano alla contrattazione aziendale il compito di individuare meccanismi di gestione e fruizione dei riposi volti a garantire la riduzione collettiva dell’orario settimanale di lavoro.

 

Passando invece alla nuova disciplina circa l’utilizzo del contratto a tempo determinato, il rinnovo del CCNL dell’industria alimentare segna un importante intervento sul tema, in linea con gli spazi aperti alla contrattazione collettiva da parte del D.L. 48/2023 convertito poi in L. n. 85/2023. La nuova disciplina limita l’utilizzo del contratto a termine sia con riguardo al novero di casistiche in presenza delle quali è possibile ricorrervi, sia con riferimento ai limiti di contingentamento.

 

Per quanto riguarda le causali, ai sensi del novellato art. 19, co.1, lett. a, D. Lgs n. 81/2015, viene prevista la possibilità di utilizzo del contratto a termine, nei soli due casi di esecuzione di progetti, opere o servizi definiti e predeterminati nel tempo e non rientranti nelle normali attività dell’impresa e di realizzazione di progetti temporanei legati alla modifica e modernizzazione degli impianti produttivi e attivazione di nuovi processi produttivi.

 

È stato altresì ristretto il numero massimo di proroghe del contratto a termine stipulabile nei confronti di uno stesso lavoratore, che è passato da 5 a 4.

 

 Di grande rilevanza è anche la previsione della soglia percentuale del 25%, “da calcolarsi sulla base dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato occupati nell’impresa alla data del 1° gennaio dell’anno di assunzione”, quale complessivo limite per l’assunzione di lavoratori con contratto a termine e in somministrazione, sia a tempo determinato sia a tempo indeterminato.

 

A queste che sono le due innovazioni di maggior peso, va ad aggiungersi un’ulteriore novità riguardo l’aspetto della formazione e che evidenzia una sempre maggior attenzione delle parti collettive nel cercare di voler combinare l’aspetto professionale con quello formativo: viene introdotta la possibilità di richiedere permessi ad hoc per un massimo di 40 ore, finalizzati alla frequenza di percorsi formativi oltre a quelli già precedentemente contemplati, a fronte dell’impegno da parte del lavoratore a rimanere in azienda nei 2 anni successivi.

 

Infine, in linea con le ultime pronunce della giurisprudenza (su tutte Cass. N. 9095/2023) che avevano ravvisato una discriminazione nella previsione di un comporto di malattia identico per lavoratori disabili e non, è stata introdotta una disciplina differenziata per quanto attiene al comporto per i lavoratori con disabilità accertata ai sensi della L. n. 68/99. Nello specifico si prevede un aumento di 90 giorni dei termini ordinari previsti per la conservazione del posto di lavoro durante la malattia per tutti i lavoratori con disabilità accertata, indipendentemente che l’assenza per malattia sia riconducibile alla patologia invalidante. A ciò si aggiunge l’onere per l’azienda di dare al lavoratore interessato, almeno 48 ore prima, comunicazione del raggiungimento del limite del periodo di conservazione del posto e, in ogni caso, 48 ore prima dell’adozione del provvedimento di risoluzione del rapporto di lavoro.

 

Parte obbligatoria

 

Studiando infine i cambiamenti introdotti nella parte obbligatoria del CCNL, è possibile notare in prima istanza la ridefinizione dell’ambito di applicazione del presente rinnovo, cioè l’indicazione della categoria contrattuale ad opera delle parti del contratto collettivo. Tale indicazione è preziosa perché, in questo modo, le parti hanno inteso definire il perimetro di applicazione del contratto, stabilendo quali imprese vi rientrano.

 

Emerge poi in maniera dirompente la volontà di “implementazione di un sistema di bilateralità”, alla quale si ricollega l’ampliamento delle funzioni e delle responsabilità poste in capo all’Ente Bilaterale di Settore (EBS), al fianco del quale, per la gestione di specifiche tematiche, le parti sociali si impegnano a fornire il loro diretto contributo, assistendolo in attività di analisi e ricerca. Viene assunto altresì l’impegno alla creazione, sempre su istanza e in accordo tra i sindacati e le associazioni datoriali, di appositi Osservatori di comparto merceologico al fine di rendere più funzionale ed efficace il lavoro di analisi condotto dall’EBS.

 

Ulteriori impegni vengono assunti per quanto riguarda il raggiungimento dell’obiettivo della parità di genere, di lotta ai fenomeni di violenza e mobbing sul luogo di lavoro tramite l’accordo sulla realizzazione di appositi incontri ed eventi di sensibilizzazione, formativi ed informativi. A dimostrazione di un sempre maggior riguardo alle tematiche appena citate c’è stata anche l’introduzione di un apposito paragrafo intitolato “Diversità e inclusione”.

 

Valutazione d’insieme

 

Il rinnovo del CCNL dell’industria alimentare si ascrive sicuramente in un filone positivo, di generale miglioramento delle condizioni di lavoro a cui sono sottoposti i lavoratori dipendenti della filiera alimentare. Pur non trattandosi di cambiamenti epocali, sia l’aumento del trattamento economico, quanto forse maggiormente le innovazioni riguardanti la disciplina dei contratti a termine e dell’orario di lavoro rendono l’accordo raggiunto ampiamente significativo e soddisfacente per i lavoratori del settore.

 

A queste modifiche di maggior peso fanno da corollario la maggiore sensibilità e il maggior interesse mostrato nei confronti di tematiche sociali dal carattere sempre più dirompente nella realtà odierna, quali il maggior riguardo alla parità, all’inclusione e alla conciliabilità famiglia-lavoro.

 

Marta Migliorino

ADAPT Junior Fellow

@martamigliorino

Le tendenze della contrattazione aziendale in Italia*

Le tendenze della contrattazione aziendale in Italia*

Bollettino ADAPT 26 febbraio 2024, n. 8

 

Il 2024 è già stato annunciato come l’anno dei rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Poca attenzione viene invece prestata alla contrattazione decentrata e soprattutto a quella aziendale che è un fenomeno ancora troppo poco conosciuto e monitorato. L’unica rilevazione ufficiale è quella del Ministero del lavoro, in relazione ai contratti decentrati oggetto di obbligo di deposito ai fini della fruizione di benefici pubblici, che però è una analisi di tipo meramente quantitativo che non entra nel contenuto dei contratti depositati. Che la rilevazione sia parziale lo dimostra in ogni caso il semplice fatto che, secondo l’ultimo report del Ministero del lavoro (febbraio 2024), sono poco meno di 10.000 gli accordi decentrati di produttività “incentivati” vigenti in Italia a fronte dei 114.000 contratti collettivi di secondo livello segnalati dal report sulla contrattazione collettiva del Ministero del lavoro francese (l’ultimo rapporto disponibile si riferisce al 2022) dove esiste un obbligo generale di deposito di tutti i contratti collettivi.

 

Un contributo alla conoscenza del fenomeno in termini sistematici, cioè in correlazione con la produzione contrattuale di livello nazionale, è dato dal rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia (giunto alla sua decima edizione) che consente di costruire le dinamiche della contrattazione aziendale dal 2012 al 2023. Il X rapporto ADAPT si concentra, in particolare, su oltre quattrocento accordi aziendali sottoscritti nel corso del 2023 da Cgil, Cisl e Uil. La maggioranza di tali accordi proviene dal settore del credito e delle assicurazioni, seguito dal settore metalmeccanico e delle telecomunicazioni. Del tutto non rappresentati invece, settori pur molto rilevanti per l’economia nazionale, come ad esempio il settore del turismo, della ristorazione, e dell’edilizia per i quali vige, di regola, una contrattazione di tipo territoriale. Da notare, inoltre, come la maggior parte degli accordi analizzati sia stata stipulata a livello aziendale (55%) o di gruppo (42%), con una distribuzione geografica che vede circa la metà degli accordi con copertura multi-territoriale, e numeri molto bassi per quanto concerne gli accordi unicamente applicabili nelle regioni del centro-sud. A livello tematico, le materie più frequentemente oggetto di negoziazione aziendale sono (a) l’organizzazione del lavoro; (c) il lavoro agile; (d) il salario di produttività; (e) il welfare aziendale; (f) la conciliazione vita-lavoro; (g) la formazione.

 

Il 25% degli accordi aziendali stipulati nel 2023 ha disciplinato la tematica della organizzazione dell’orario di lavoro, con una maggiore incidenza nei settori connotati da stagionalità o picchi di produzione (come, ad esempio, l’industria alimentare o il terziario, distribuzione e servizi). Frequente è la presenza di clausole volte a regolare e definire l’orario normale di lavoro (35%), le quali tuttavia talvolta prevedono una disciplina parzialmente diversa, in termini di collocazione, da quella approntata in sede nazionale. Molto diffuse, poi, sono le disposizioni concernenti la flessibilità multiperiodale, il lavoro a turni, oltre alle fasce di flessibilità di ingresso e uscita. Tra le disposizioni di portata più innovativa, si registrano quelle dedicate alla eliminazione totale o parziale della pratica della timbratura e quelle che sanciscono una riduzione dell’orario (rispetto a quanto previsto dalla contrattazione nazionale di settore) senza diminuzione del salario, talvolta anche tramite un’articolazione della settimana di lavoro su 4 giorni invece di 5 (Luxottica, Intesa San Paolo).

 

Con riguardo alla retribuzione di produttività, il 26% degli accordi introduce un premio annuale, infrannuale o ultrannuale legato all’incremento di specifici parametri, sia collettivi che individuali. In linea con le tendenze nazionali monitorate periodicamente dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, tali premi sono per la maggior parte legati a indicatori di redditività aziendale e produttività: deve essere segnalata, tuttavia, la crescente presenza degli indicatori legati alla sicurezza sul lavoro, alla formazione e alla sostenibilità ambientale ed energetica. Si conferma poi un forte interesse delle parti sottoscrittrici alla possibilità di convertire parte del premio in beni e servizi di welfare aziendale. La c.d. “welfarizzazione” del premio di risultato, infatti, è inclusa nell’85% degli accordi, molti dei quali offrono altresì incentivi aggiuntivi, chiamati “bonus di conversione” (che possono arrivare fino al 30% dell’importo convertito) per incoraggiare i dipendenti a scegliere tale soluzione.

 

L’interesse verso la tematica del welfare da parte di aziende è sindacati è confermata dalla forte presenza di misure di welfare occupazionale all’interno degli accordi analizzati (58%), con particolare attenzione alle misure di conciliazione vita-lavoro e alle politiche per le pari opportunità: queste ultime includono iniziative per la promozione della parità di genere e la tutela delle vittime di violenza di genere. Le misure di flessibilità organizzativa e oraria, incluso il lavoro agile, sono poi particolarmente diffuse (45%), e spesso dirette ai lavoratori con esigenze di cura dei figli, insieme a congedi e permessi. Per quanto concerne le misure di welfare aziendale non organizzativo, le più diffuse sono, come facilmente prevedibile, i buoni pasto, l’assistenza sanitaria integrativa e la previdenza complementare.

 

Coerentemente con le più recenti istanze sociali, circa il 20% dei contratti aziendali stipulati nel 2023 si concentra sulla regolamentazione di questioni legate alla tutela ambientale, e alla salute e alla sicurezza dei lavoratori. Gli accordi stipulati riflettono una diversificazione significativa sia delle aree di intervento sia degli strumenti utilizzati da sindacati e associazioni datoriali per guidare e regolare i processi di “transizione verde” e le questioni relative alla prevenzione dei rischi e alla sicurezza sul luogo di lavoro.

 

Infine, il 16% degli accordi aziendali del 2023 contiene disposizioni specifiche riguardanti la formazione dei lavoratori, prevedendo l’istituzione di organismi paritetici, definendo i contenuti e la platea di destinatari delle attività formativa e elaborando forme di riconoscimento e valorizzazione (anche economica) delle competenze acquisite.

 

In termini conclusivi, la varietà dei contenuti delle clausole all’interno della contrattazione aziendale del 2023 segnala un rinnovato attivismo delle parti sociali, in special modo per quanto concerne l’organizzazione del lavoro anche in termini di orario – forse spinte dalle numerose suggestioni provenienti dal contesto internazionale – e le misure di welfare occupazionale. Entrambi tali rilevazioni possono essere certamente ascritte alla tendenza prettamente post-pandemica relativa alla maggiore attenzione per la persona del lavoratore, ma anche a nuove politiche aziendali di attraction e retention, volte ad adattarsi ad un mercato del lavoro caratterizzato da uno spiccato mismatch tra domanda e offerta di lavoro.

 

Michele Tiraboschi

Università di Modena e Reggio Emilia

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*pubblicato anche in Contratti & Contrattazione CollettivaIl Sole 24 ore, 23 febbraio 2024

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/188 – L’accordo Luxottica: un presidio di territorio oltre la “settimana corta”

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/188 – L’accordo Luxottica: un presidio di territorio oltre la “settimana corta”

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 12 febbraio 2024, n. 6

 

Il 30 novembre 2023, Luxottica S.r.l., Luxottica Italia S.r.l., Luxottica Group S.p.a., Nextore S.r.l. (società del gruppo EssilorLuxottica) e Filctem-CGIL, Femca-CISL, Uiltec-UIL hanno siglato un corposo accordo aziendale, integrativo rispetto alle previsioni del CCNL per le aziende che producono occhiali e articoli inerenti all’occhialeria, recentemente rinnovato il 28 aprile 2023 (si veda, su tale recente rinnovo, A. Megazzini, Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/165 – CCNL occhiali e occhialeria: le principali novità, Bollettino ADAPT 19 giugno 2023, n. 23). All’interno delle premesse, le parti sottoscrittrici specificano come tale accordo costituisca una risposta alle dinamiche di contesto economico e geopolitico in cui l’azienda si trova attualmente ad operare, ma anche ai «processi di cambiamento culturali, individuali e sociali» che hanno un significativo impatto sulle necessità dei lavoratori impiegati presso Luxottica e non solo. A questo fine, le parti affermano che le novità incluse nell’accordo in tema di organizzazione del lavoro, conciliazione vita-lavoro e sostenibilità possano essere idonee a soddisfare tali esigenze, così come il miglioramento dei processi partecipativi dei lavoratori, da realizzare mediante lo sviluppo di un confronto continuo all’interno dell’azienda, è individuato come strategia per riconoscere i bisogni dei singoli e sperimentare soluzioni.

 

Temi trattati / punti qualificanti / elementi originali o di novità

 

Coerentemente con le esigenze esposte nelle premesse, l’accordo si apre con la descrizione del sistema di relazioni industriali aziendale, che si articola su due livelli di contrattazione, di gruppo e di singolo stabilimento, e, al contempo, prevede la presenza di diversi organismi, quali ad esempio il Comitato di governance del Welfare e le diverse Commissioni tematiche (es. Commissione Pari Opportunità, Commissione Organizzazione e orario di lavoro, etc.), partecipati, dal lato sindacale, da componenti delle RSU e da membri designati dalle Segreterie Territoriali. Previsione di significativa rilevanza è quella per cui tali commissioni hanno la possibilità, al fine di meglio approfondire i temi trattati, di farsi assistere da esperti esterni – opportunità simile a quella prevista per i Consigli di fabbrica all’interno delle aziende tedesche (par. 80, Betriebsverfassungsgesetz).

 

Il sistema di relazioni industriali di Luxottica è altresì integrato da una molteplicità di forme e strumenti volti a favorire la partecipazione dei dipendenti ai processi aziendali, già introdotti nel CIA del 2015 e confermati nel successivo accordo del 2019 (per una panoramica sui contenuti dell’accordo del 2019, si veda G. Pigni, V. Piccari, Storie di azione e contrattazione collettiva – Tutte le potenzialità del nuovo integrativo Luxottica: partecipazione, flessibilità e welfare, Bollettino ADAPT 22 luglio 2019, n. 28). Tra essi si segnalano uno sviluppato sistema di informazione e consultazione dei lavoratori, attuato anche tramite strumenti di comunicazione informatica, un c.d. «Comitato di partecipazione di Alto Livello», durante le cui riunioni i rappresentanti della direzione aziendale condividono con i rappresentanti sindacali informazioni sulle politiche industriali, le logiche commerciali e il processo di integrazione del gruppo, un piano di azionariato dei dipendenti, e i c.d. «Team sperimentali per il miglioramento continuo di reparto»: questi ultimi sono composti da un rappresentante della produzione, uno della qualità, e tre operatori scelti dai lavoratori dei reparti interessati, e si occupano di suggerire miglioramenti tecnici e organizzativi e di proporli alla Direzione Aziendale e alla RSU.

 

Certamente, però, i temi per cui il contratto aziendale stipulato presso Luxottica ha destato più attenzione nel dibattito pubblico sono quelli inerenti all’organizzazione del lavoro. Da questo punto di vista, le parti hanno inteso definire diversi modelli di gestione dell’orario di lavoro per raggiungere gli obiettivi aziendali e contemporaneamente per rispondere alle necessità dei lavoratori. Una volta stabilito che l’orario normale di lavoro è quello stabilito dal CCNL (40 ore settimanali) e definite le regole in materia di flessibilità multiperiodale, banca ore, permessi individuali retribuiti, lavoro straordinario e schemi di turnistica, a suscitare grande interesse sono state le clausole in materia di modelli orari differenziati, a cui i dipendenti possono aderire su base volontaria.

 

Un primo modello, già previsto dal precedente contratto aziendale, è rappresentato dal part-time incentivato a trentasette ore, ossia un sistema orario che garantisce, su base annua, una media di trentasette ore settimanali di lavoro, realizzata alternando trenta settimane in cui la prestazione lavorativa giornaliera ha una durata di otto ore e ventidue settimane in cui la giornata lavorativa è ridotta a sei ore. I lavoratori che decidono di articolare la propria prestazione in regime di part-time incentivato sono retribuiti mensilmente sulla base di trentasette ore medie settimanali, procedendo poi ad eventuali conguagli a fine anno qualora la media delle ore ordinarie retribuite sia inferiore o superiore alla media delle ore ordinarie effettive, e godono di un Premio di Incentivazione di 700 euro lordi (frazionato in dodici mensilità), riconosciuto a fronte dell’accettazione della clausola elastica (concernente eventuali modifiche al piano orario) contenuta nel contratto individuale.

 

L’intesa, però, al fine di rispondere alle nuove esigenze produttive e per permettere ai lavoratori di poter conciliare al meglio tempi di vita e di lavoro, prevede anche due nuovi modelli orari caratterizzati da una riduzione dell’orario a fronte del mantenimento della stessa retribuzione corrisposta per i lavoratori a tempo pieno. Anche in questo caso è bene premettere che si tratta di modelli sperimentali a cui i lavoratori possono aderire su base volontaria. Il primo modello è caratterizzato da un orario ridotto al 94,23% (l’orario medio su base annua è pari, quindi, a 37,69 ore), in cui a trentadue settimane lavorative articolate su cinque giornate da otto ore si affiancano venti settimane con orario ridotto a trentadue ore, distribuite su quattro giornate da otto ore. In questo caso, la riduzione si ottiene, per cinque delle venti settimane, mediante l’assorbimento di permessi individuali retribuiti, mentre per le altre quindici settimane è a carico dell’azienda. Un secondo modello prevede un orario ridotto al 95% (orario medio su base annua pari a 38 ore) e differisce dal primo unicamente perché, nell’ambito delle venti settimane con orario ridotto a trentadue ore di lavoro, sono sette quelle in cui la riduzione è realizzata mediante l’assorbimento di permessi individuali retribuiti e tredici quelle in cui la riduzione è a carico della parte datoriale.

 

In ogni caso, il contratto prevede che, poiché l’applicazione del modello orario sperimentale deve avvenire in maniera da non ledere, all’interno di aree omogenee preventivamente individuate, l’organizzazione del lavoro, l’effettiva applicazione dell’orario ridotto è condizionata al fatto che tutti i lavoratori addetti alla medesima area omogenea aderiscano alla sperimentazione oppure che vi aderiscano in una configurazione tale da non pregiudicare la fattibilità tecnico-organizzativa della prestazione lavorativa di coloro che non hanno aderito alla sperimentazione. Per questo motivo, dunque, l’accordo precisa che, finché non è raggiunta la soglia di omogeneità all’interno della singola area, non possono essere accolte le richieste individuali di adesione al nuovo modello orario. A tale previsione, che rischierebbe di ridurre drasticamente la portata innovativa della previsione, si accompagna un’altra clausola, volta a precisare che l’azienda ha la facoltà di procedere a spostamenti di reparto o di area per facilitare il raggiungimento dell’omogeneità applicativa all’interno della singola area e consentire l’attivazione degli orari sperimentali. In ogni caso, inoltre, le parti si obbligano ad incontrarsi nel caso in cui si registrassero particolari problemi di attuazione e comunque prevedono incontri di monitoraggio con cadenza trimestrale.

 

Oltre che attraverso l’adozione dei modelli orari qui descritti, le parti dell’accordo Luxottica adottano numerose altre soluzioni per favorire la conciliazione vita-lavoro dei propri dipendenti e, più in generale, il loro benessere. In particolare, le parti pongono attenzione sia alla dimensione individuale del problema che a quella collettiva. Al fine di favorire il benessere individuale, è espressa la volontà di trovare soluzioni individualizzate per i gruppi di dipendenti con le più disparate esigenze specifiche: a titolo di esempio, si dispone l’effettuazione di un’indagine di clima per individuare i migliori strumenti per favorire il c.d. “invecchiamento attivo” dei lavoratori over 50, tra cui sono elencate la job rotation o la ginnastica posturale. In termini di benessere collettivo, invece, Azienda e RSU si impegnano a monitorare lo stato del clima aziendale e ad adottare specifici interventi in caso di contrapposizioni e conflitti tra lavoratori e responsabili.

Inoltre, le parti individuano una vasta gamma di strumenti per i lavoratori genitori, quali permessi e congedi di paternità (5 giorni in più rispetto a quanto previsto dalla legge), permessi per l’inserimento dei figli all’asilo nido o alla scuola materna o in generale per la cura della salute dei figli, organizzazione oraria compatibile con le esigenze delle lavoratrici in rientro dalla maternità o dei genitori di figli con disturbi dell’apprendimento, aspettative brevi per fare fronte a documentate necessità familiari. Al fine di favorire l’uso dello strumento della Banca Ore etica, Luxottica si impegna a raddoppiare il numero delle ore donate da parte dei dipendenti.

 

Relativamente al tema della formazione, le parti introducono una serie di disposizioni migliorative rispetto a quanto previsto dal CCNL di settore, come ad esempio permessi aggiuntivi (sebbene non retribuiti) per gli studenti che devono sostenere la maturità o esami universitari, un incremento di 24 ore del monte ore per la fruizione del diritto allo studio previsto annualmente a livello nazionale (150 ore), utilizzabili anche per la frequentazione di percorsi formativi differenti da quelli elencati nel CCNL (ITS, master post-laurea). Interessante altresì la previsione che permette la conversione delle ore annue non utilizzate dai dipendenti per la formazione continua in borse di studio a beneficio dei figli degli stessi dipendenti, a sostegno di percorsi di formazione nell’ambito della cultura digitale.

 

In ultimo, sempre al fine di favorire l’invecchiamento attivo dei dipendenti, le parti confermano lo strumento della “staffetta generazionale”, introdotta in azienda già dall’accordo integrativo aziendale siglato nel 2015 (per una panoramica dei contenuti del CIA del 2015, si veda R. Arcidiacono, Integrativo Luxottica: un’organizzazione del lavoro “a misura di persona”, Bollettino ADAPT, 9 novembre 2015, n. 39).

 

Viene altresì dedicato un capitolo ai c.d. «Rapporti di lavoro qualificati», che include previsioni in tema di tipologie contrattuali e inquadramento professionale. Oltre a sancire che il contratto a tempo indeterminato rappresenta la forma di contratto privilegiata in Luxottica, poiché «in grado di garantire stabilità, professionalità e adesione ai modelli aziendali» le parti ribadiscono la necessità di rafforzare l’istituto dell’apprendistato professionalizzante agli stessi fini, mentre i contratti a tempo determinato e di somministrazione sono limitati ai casi di presenza di specifiche necessità produttive e tecnico-organizzative aggiuntive a quelle preventivate. In ogni caso, le parti stabiliscono la necessità di effettuare verifiche periodiche per valutare il ricorso alle diverse tipologie contrattuali (nonché delle PCTO e degli stage di inserimento) all’interno dell’azienda, anche attraverso il coinvolgimento tempestivo delle RSU.

 

L’inquadramento professionale all’interno di Luxottica è declinato coerentemente con quanto stabilito dal CCNL di settore, il quale prevede una classificazione basata su competenze (su cui si basano i passaggi di livello) e comportamenti organizzativi – misurati tramite schede professionali individuali – che determinano un riconoscimento economico denominato PPVA (premio di professionalità a valore aggiunto), che, nell’accordo Luxottica, ha importi superiori a quelli previsti dal contratto nazionale.

 

Infine, per quanto concerne la formazione e l’aggiornamento professionale, le parti dell’accordo individuano la necessità di interventi diversificati a seconda dei destinatari interessati – da definirsi in collaborazione con la Commissione bilaterale della formazione e il Coordinamento sindacale. Se alla generalità dei dipendenti sono rivolte le iniziative in materia digitale e tecnologica, per i responsabili di stabilimento di reparto e di linea è prevista una formazione maggiormente focalizzata su temi organizzativi, in particolare volta a “gestire in modo positivo e rispettoso” le nuove articolazioni di orario previste in azienda.

 

L’azienda appare altresì particolarmente attenta al tema della salute e sicurezza dei lavoratori. Alcune previsioni sono dirette alle figure preposte alla gestione di tale materia all’interno dell’azienda: vengono infatti aumentati i permessi per i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), i quali passano da 40 a 72 ore annue pro capite; inoltre, sia gli RLS che i RSPP dovranno essere coinvolti in attività di formazione – adattate alle peculiarità dei singoli stabilimenti – per almeno otto ore l’anno.

Allo stesso tempo, tuttavia, l’azienda afferma di volere implementare un progetto di Behavioural Based Safety (B-BS) basato sull’analisi quotidiana del comportamento dei lavoratori al fine di trovare le migliori soluzioni per salvaguardarne la salute e la sicurezza. Tale progetto necessita di una partecipazione attiva e volontaria dei lavoratori, i quali sono chiamati a fornire periodicamente opinioni e feedback ai propri responsabili sul tema in oggetto.

 

Incidenza sul trattamento retributivo e sulle misure di welfare

 

L’accordo in esame interviene anche in materia di welfare e retribuzione premiale. In particolare, per quanto attiene al welfare, le parti osservano che esso «fonda la sua ragione d’essere su una comprensione reciproca delle esigenze organizzative di flessibilità ed apprendimento continuo e dei bisogni dei lavoratori e dei loro nuclei familiari». Per queste ragioni, dunque, azienda e rappresentanze sindacali hanno inteso costituire un fondo volto a favorire l’accesso a beni e servizi per le fasce deboli, il Fondo Welfare Solidale per la Conciliazione, inizialmente finanziato con un contributo pari ad un milione di euro a carico dell’azienda e successivamente rifinanziato da contributi volontari erogati dai dipendenti a cui si sommano contributi di pari importo a carico dell’azienda. Questo nuovo fondo si aggiunge agli altri istituti già previsti dalla contrattazione aziendale in Luxottica, ossia il Sistema Welfare e la Cassa di solidarietà, i cui interventi, al fine di evitare sovrapposizioni, sono determinati dal Comitato Governance del Welfare e dal confronto tra il medesimo Comitato e la presidenza della Cassa. Le stesse parti, in ogni caso, rilevano l’esigenza di sviluppare e moltiplicare le iniziative di welfare implementate in azienda, includendo, oltre ai tradizionali strumenti di sostegno al reddito, misure in grado di porre «la persona al centro a 360°», attraverso la previsione di borse di studio o tutele sanitarie, fino a superare «i confini degli stabilimenti e delle sedi aziendali», erogando servizi di c.d. Welfare di Comunità, con iniziative quali il carrello della spesa, i pasti a domicilio, un’ampia copertura sanitaria o specifici percorsi culturali e sportivi.

 

Per quanto riguarda la retribuzione premiale, invece, le parti superano l’impianto dichiaratamente transitorio approntato in occasione della crisi pandemica dal precedente accordo aziendale in materia (in proposito si veda G. Pigni, Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/35 – Il sistema premiale di Luxottica alla prova della pandemia, in Bollettino ADAPT, 17 maggio 2021, n. 19) prevedendo l’erogazione del premio di risultato nel caso in cui, rispetto ai valori registrati nel 2023, si dovesse riscontrare, nel corso del 2024, l’incremento di almeno un valore tra quelli registrati dai sei indicatori “cancello” relativi ad obiettivi di produttività (riduzione del tasso di assenteismo e miglioramento del livello di servizio), qualità (riduzione degli scarti), efficienza (sostenibilità energetica) e riduzione dei costi fissi. Nei casi di erogazione del premio, il relativo ammontare è legato all’indice di bilancio, dato dal rapporto tra utile e fatturato netto, e agli indici di sostenibilità aziendale. Sulla base dell’andamento del primo indice, il premio potrà raggiungere la cifra di 4100 euro lordi annui, a cui potrà sommarsi un ulteriore importo da calcolare in base all’andamento del secondo indice. L’importo del premio così determinato è poi ulteriormente proporzionato sulla base delle ore di effettiva presenza al lavoro e incrementata del 10% in caso di anzianità aziendale di almeno 15 anni e di 11 euro per ogni sabato lavorato. È data, infine, ai lavoratori la possibilità di convertire tutto o parte del premio di risultato in beni e servizi di welfare.

 

Valutazione di aspetti di innovazione rispetto al nazionale

 

L’accordo siglato in Luxottica è utile per osservare come la contrattazione decentrata può interagire con quanto stabilito al livello nazionale. I molteplici aspetti di innovazione che apporta il contratto aziendale, infatti, possono essere letti all’interno dell’evoluzione della regolazione del mercato del lavoro individuato dal contratto nazionale dell’industria degli occhiali e dell’occhialeria, di cui, indubbiamente, Luxottica rappresenta uno dei principali attori. Nel corso degli anni, è stato dunque possibile osservare come, in questo particolare settore, il rapporto tra la contrattazione nazionale e la contrattazione aziendale non sia stato unidirezionale, ma, anzi, è da sottolineare che molte innovazioni elaborate dai rinnovi del contratto Luxottica sono poi state recepite dalle parti sociali in sede di rinnovo del CCNL occhiali e occhialeria. In questo modo, quindi, è possibile affermare che, nel settore in esame, non si è registrato soltanto un impulso che, dai rinnovi stipulati al livello nazionale, ha introdotto innovazioni anche sulle clausole contrattuali formulate al livello aziendale, ma anche una spinta verso la sperimentazione di innovazioni contrattuali che, dal livello aziendale, ha inciso sulle soluzioni adottate in sede centrale.

 

Un esempio può essere fornito dal premio di professionalità a valore aggiunto (PPVA), che, introdotto dal rinnovo nazionale del 2017, nel corso degli anni è stato oggetto di più interventi, soprattutto per quanto riguarda gli importi, che, dal contratto Luxottica, sono stati poi recepiti anche al livello nazionale. Tale dinamica, quindi, potrebbe ripetersi anche con il rinnovo Luxottica del 2023, che ha innalzato ulteriormente gli importi riconosciuti per il PPVA e che potrebbe, in futuro, influenzare le trattative per il rinnovo del CCNL.

 

Un’altra materia oggetto di particolari sperimentazioni ed esemplificativa della reciproca influenza tra livelli della contrattazione è rappresentata dall’orario di lavoro. In particolare, il contratto aziendale Luxottica sperimenta soluzioni di flessibilità diverse rispetto al CCNL ANFAO, prevedendo, ad esempio, limiti più stringenti per il ricorso alla flessibilità multiperiodale (maggiorazioni più elevate, limitazione della flessibilità multiperiodale alla giornata del sabato, prevedibilità dei periodi di supero, peculiari deroghe e permessi in favore di alcuni dipendenti) e peculiari modalità di flessibilità in favore del dipendente (si pensi alle particolari modalità di fruizione dei permessi individuali retribuiti che, unitamente alla quota di riduzione oraria posta a carico dell’azienda, possono dar luogo alle forme di settimana corta esaminate in precedenza). Anche queste clausole, dunque, in futuro potrebbero essere oggetto di trattativa in sede nazionale.

 

Valutazione d’insieme

 

In conclusione, è possibile osservare che l’accordo Luxottica ha suscitato un grande interesse nel dibattito pubblico per la previsione della sperimentazione della c.d. settimana corta, che, però, come visto in precedenza, presenta diverse limitazioni: la misura si applica soltanto a venti settimane lavorative nell’arco dell’anno ed è in parte a carico dell’azienda e in parte a carico del lavoratore (che ne beneficerà attraverso l’impiego di ore di permessi retribuiti); inoltre, poiché l’adesione alla sperimentazione è su base volontaria, è necessario che, all’interno di ogni area dell’azienda, si raggiunga una soglia di adesioni tale per cui non sia pregiudicata l’organizzazione del lavoro del reparto, rendendo potenzialmente vana la volontà di aderire alla misura del singolo lavoratore inserito in un’area in cui tale soglia non è raggiunta.

 

Nonostante questi fattori possono ridurre la portata innovativa dell’accordo, però, bisogna comunque rilevare che il contratto Luxottica è uno dei primi, insieme agli accordi siglati in Lamborghini (su cui si veda A. Zaniboni, Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/181 – Flessibilità e conciliazione vita-lavoro: le parole d’ordine dell’Ipotesi di Contratto integrativo aziendale di Automobili Lamborghini, in Bollettino ADAPT 18 dicembre 2023, n. 44) e Intesa San Paolo, (su cui si veda D. Porcheddu, Smart working e “settimana corta” in Intesa Sanpaolo: un esempio di “transizione digitale” negoziata, in DRI, 2023, n. 3, pp. 852-861) che pone al centro del dibattito mediatico in maniera dirompente la questione dei tempi di lavoro, indicando una delle possibili strade che, attraverso la contrattazione collettiva, le parti sociali possono percorrere.

Da rilevare, inoltre, come l’accordo Luxottica punti ad emanciparsi dalla dimensione esclusivamente aziendale, ampliando la propria portata anche all’ambito territoriale, in parte nell’ottica del ricambio generazionale (anche attraverso specifiche misure dedicate ai figli dei dipendenti) e attraverso le misure di c.d. “Welfare di Comunità” citate in precedenza.

 

In definitiva, molti sono i profili innovativi dell’accordo siglato in Luxottica, la cui portata va ben oltre l’eco mediatica generata dalla previsione della settimana corta, che pure resta una misura innovativa e, per certi versi, dirompente. Ma è da sottolineare che il contratto aziendale in esame ha mirato a regolare molti aspetti del rapporto di lavoro, dal welfare nella “comunità” aziendale alla partecipazione dei lavoratori passando per la retribuzione variabile, per cercare di offrire soluzioni inedite all’interno di un mercato del lavoro che, come ricordano le parti nelle premesse dell’accordo, è in continua trasformazione.

 

Francesco Alifano

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@FrancescoAlifan

 

Diletta Porcheddu

ADAPT Research Fellow

@DPorcheddu

 

Conoscere per deliberare: quale impatto per lavoratori, sindacati e imprese di un salario minimo legale a 9 euro?

Conoscere per deliberare: quale impatto per lavoratori, sindacati e imprese di un salario minimo legale a 9 euro?

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

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Bollettino ADAPT 3 luglio 2023 n. 25

 

Sta facendo molto discutere la proposta di un salario minimo legale fissato a 9 euro. Il dibattito è, come al solito in Italia, fortemente polarizzato, tra chi è favorevole e chi è contrario. Una sorta di guerra di religione dove, tuttavia, nessuno entra nel merito del contendere se non in termini molto superficiali.

 

Occorre allora precisare che, stando al testo della bozza in circolazione dell’accordo appena raggiunto tra i partiti di opposizione, parliamo di un salario minimo orario di 9 euro lordi che indicherebbe il “trattamento economico complessivo, comprensivo del trattamento minimo tabellare, degli scatti di anzianità, delle mensilità aggiuntive e delle indennità contrattuali fisse e continuative dovute in relazione all’ordinario svolgimento dell’attività lavorativa.

 

Se questa è la proposta, per capire l’impatto che questa misura potrebbe avere sul nostro mercato del lavoro, tanto rispetto alla questione del lavoro povero quanto in relazione al costo del lavoro e al rischio che un datore trovi conveniente abbandonare i contratti collettivi per attestarsi sul minimo legale, è in realtà sufficiente calcolare i trattamenti economici complessivi orari previsti per alcune delle figure più basse nella scala dei sistemi di inquadramento dei nostri contratti collettivi nazionali e fare un banale confronto. Questo lasciando ovviamente per il momento da parte il nodo, non secondario per chi sia interessato alla reale soluzione del problema, legato al numero complessivo di ore lavorate (incidenza del part-time), alla durata dei contratti (incidenza del lavoro precario) e all’uso distorto di alcuni schemi giuridici, tra cui i tirocini extracurriculari (incidenza del lavoro irregolare).

 

Ebbene, come indica la tabella 1 che segue, allo stato attuale la tariffa dei 9 euro lordi omnicomprensivi risulta inferiore a quella fissata dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Nel nostro caso abbiamo preso come riferimento, a titolo meramente esemplificativo, solo undici contratti collettivi nazionali tra i più applicati, tanto nei settori forti (per il rischio di sganciamento dal sistema contrattuale) che nei settori deboli (per valutare l’incidenza o meno della misura prospettata nel dibattito politico), ma il quadro non cambierebbe molto ampliando il campione.

 

Infatti, prendendo come riferimento le figure professionali più frequenti nei livelli di inquadramento più bassi, osservando la tabella 1 si registra un trattamento economico complessivo orario medio di 10,29 euro, che parte dai 9,25 euro di una guardia giurata inquadrata al quarto livello del CCNL vigilanza privata fino ad arrivare alla cifra di 11,34 euro di un operatore di laboratorio di livello E2 del CCNL chimica – farmaceutica.

 

TABELLA 1 – PROFILI PROFESSIONALI BASSI PIÙ FREQUENTI

CCNL Profilo professionale esemplificativo Minimo tabellare orario Con scatti di anzianità Con mensilità aggiuntive Trattamento economico complessivo
Chimica -farmaceutica Operatore di laboratorio livello E2 9,66 € 9,70 € 10,51 € 11,34 €
Logistica, trasporto merci e spedizione Riders con bici livello I 8,86 € 9,60 € 11,20 € 11,20 €
Metalmeccanica industria Manutentore livello D2 9,81 € 10,10 € 10,65 € 11,18 €
Industria alimentare Addetto macchina confezionamento livello 5 9,84 € 10,12 € 10,97 € 11,11 €
Terziario distribuzione e servizi (Commercio) Aiutante commesso livello V 9,14 € 9,38 € 10,94 € 11,01 €
Tessile abbigliamento Orditore livello 2 9,37 € 9,46 € 10,24 € 10,39 €
Distribuzione moderna organizzata Imballatore livello VI 8,51 € 8,75 € 10,21 € 10,25 €
Pubblici esercizi Commis di cucina livello 6S 8,14 € 8,51 € 9,92 € 9,92 €
Turismo Cameriere ai piani di albergo livello VI 8,01 € 8,37 € 9,77 € 9,77 €
Pulizia – multiservizi Addetto potatura livello III 7,73 € 8,09 € 9,43 € 9,43 €
Vigilanza privata  Guardia giurata fissa livello 4 7,68 € 7,93 € 9,25 € 9,25 €

Tutti gli importi indicati sono lordi.

Il trattamento economico complessivo è comprensivo di minimi tabellari, scatti di anzianità, mensilità aggiuntive e indennità contrattuali fisse e continuative.
A fini esemplificativi per gli scatti di anzianità si è ipotizzato il caso di due scatti maturati anche se i diversi CCNL li disciplinano diversamente (numero di scatti o cadenza differente).

 

Significativo, poi, che in tutti i contratti analizzati già soltanto considerando le ipotesi che prevedono minimi tabellari, due scatti di anzianità maturati e i ratei delle mensilità aggiuntive si superano i 9 euro lordi proposti e addirittura in cinque dei contratti presi in considerazione il trattamento economico risulta superiore ai 9 euro lordi già solo considerando i minimi tabellari (CCNL chimica – farmaceutica, CCNL metalmeccanica industria, CCNL industria alimentare, CCNL commercio e CCNL tessile abbigliamento).

 

Se finanche si volesse ricondurre l’analisi agli ultimi due livelli di inquadramento (che vengono nella realtà poco utilizzati) e a lavoratori da poco tempo in azienda (eliminando del tutto la componente degli scatti di anzianità), la situazione non cambierebbe molto.

 

La tabella 2 mostra il trattamento economico complessivo al penultimo livello di inquadramento e si nota che tra i contratti analizzati solo due contratti risultano inferiori, per pochi centesimi, alla soglia indicata dei 9 euro (CCNL pulizia – multiservizi e CCNL vigilanza privata). Al contrario, nove degli undici contratti analizzati anche in questa ipotesi poco frequente risultano garantire già oggi un trattamento superiore alla cifra fissata dalla proposta di salario minimo legale.

 

TABELLA 2 – PROFILI PROFESSIONALI AL PENULTIMO LIVELLO DI INQUADRAMENTO

CCNL Profilo professionale esemplificativo Trattamento economico complessivo
Metalmeccanica industria Manutentore livello D2 10,89 €
Industria alimentare Addetto macchina confezionamento livello 5 10,78 €
Chimica farmaceutica Campionatore livello E4 10,59 €
Logistica, trasporto merci e spedizione Guardiano livello 6 10,41 €
Tessile abbigliamento Orditore livello 2 10,30 €
Distribuzione moderna organizzata Imballatore livello VI 9,98 €
Terziario distribuzione e servizi (Commercio) Addetto carico/scarico livello VII 9,94 €
Pubblici esercizi Caffettiere barista livello VI 9,38 €
Turismo Cameriere ai piani di albergo livello VI 9,35 €
Pulizia – multiservizi Addetto pulizia livello II 8,59 €
Vigilanza privata  Guardia giurata livello 5 (dal 19° al 36° mese) 8,51 €

Tutti gli importi indicati sono lordi.

Il trattamento economico complessivo è comprensivo di minimi tabellari, mensilità aggiuntive e indennità contrattuali fisse e continuative (senza scatti di anzianità).

 

La tabella 3 indica infine, così da togliere gli ultimi dubbi sulla scarsa se non nulla incidenza in positivo della proposta in discussione, il caso del trattamento economico complessivo di lavoratori inquadrati all’ultimo livello del CCNL (utilizzato molto raramente nella pratica) e senza alcuna anzianità maturata.

 

Ebbene anche in questo caso in sei contratti collettivi su undici si supera la soglia dei 9 euro lordi omnicomprensivi. Ciò non accade in cinque settori (CCNL pubblici esercizi, CCNL turismo, CCNL tessile abbigliamento, CCNL pulizia – multiservizi e CCNL vigilanza privata) che peraltro sono quelli a più alta incidenza di lavoro irregolare e dove dilagano i cosiddetti contratti pirata. Inoltre, occorre evidenziare che nella pratica, e talvolta anche per previsione contrattuale (come nel caso delle guardie giurate del CCNL vigilanza), l’ultimo livello di inquadramento rappresenta spesso un mero salario di ingresso in attesa del passaggio al livello successivo dopo alcuni mesi di adattamento.

 

TABELLA 3 – PROFILI PROFESSIONALI ALL’ULTIMO LIVELLO DI INQUADRAMENTO

CCNL Profilo professionale esemplificativo Trattamento economico complessivo
Metalmeccanica industria Addetto servizi collaudo D1 10,31 €
Industria alimentare Addetto scarico e carico merci livello 6 10,10 €
Logistica, trasporto merci e spedizione Addetto movimentazione merci livello 6J 9,49 €
Chimica -farmaceutica Addetto carico scarico livello F 9,45 €
Distribuzione moderna organizzata Addetto pulizie livello VII 9,06 €
Terziario distribuzione e servizi (Commercio) Addetto alle pulizie livello VII 9,04 €
Pubblici esercizi Addetto pulizie sala livello VII 8,77 €
Turismo Commissioniere livello VII 8,76 €
Tessile abbigliamento Etichettatore livello 1 8,22 €
Pulizia – multiservizi Manovale livello 1 8,16 €
Vigilanza privata    Guardia giurata livello 6 (primi 18 mesi) 7,47 €

Tutti gli importi indicati sono lordi.
Il trattamento economico complessivo è comprensivo di minimi tabellari, mensilità aggiuntive e indennità contrattuali fisse e continuative (senza scatti di anzianità).

 

L’analisi qui condotta, oltre a confermare valutazioni di politica del lavoro che abbiamo sviluppato in altra sede (vedi i contributi raccolti in E. Massagli, D. Porcheddu, S. Spattini, Una legge sul salario minimo per l’Italia? Riflessioni e analisi dopo la direttiva europea, Materiali di discussione, 5/2022 e anche F. Lombardo, M. Tiraboschi, Le retribuzioni degli italiani: cosa davvero sappiamo?, in Bollettino ADAPT 13 giugno 2023 n. 22)  ci porta alle considerazioni di Luigi Einaudi nelle sue Prediche inutili: prima conoscere, poi discutere e solo dopo deliberare.

 

Un principio di buon senso purtroppo oggi dimenticato dalla politica, che cerca di risolvere problemi complessi a colpi di tweet e annunci improvvisati, ma anche dalle parti sociali che vengono accusate di una difesa corporativa dei propri interessi (e non di quelli di lavoratori e imprese) quando si oppongono al salario minimo per legge e a cui basterebbe presentare in dettaglio questi e altri dati per spiegare le buone ragioni della difesa dei vigenti sistemi di contrattazione collettiva (che certamente sono da migliorare) senza farsi dettare l’agenda da chi questi temi li conosce solo in superficie (M. Tiraboschi, Giusta retribuzione: chi detta l’agenda politica del lavoro?, in Bollettino ADAPT 3 luglio 2023 n. 25).

 

Francesco Lombardo
Assegnista di ricerca presso l’Università di Modena e Reggio Emilia

ADAPT, Università degli Studi di Siena
@franc_lombardo

 

Michele Tiraboschi

Università di Modena e Reggio Emilia

Coordinatore scientifico ADAPT

@MicheTiraboschi

 

NOTA METODOLOGICA

 

Contratti analizzati

 

I contratti collettivi nazionali di lavoro analizzati nella presente indagine sono stati selezionati secondo il criterio della maggiore applicazione (e quindi coinvolgimento di un maggior numero di imprese e lavoratori) nell’ambito dei settori economici e produttivi di riferimento sulla base del database CNEL (Archivio dei contratti collettivi nazionali di lavoro depositati al CNEL, Aggiornamento al 24 maggio 2023).

 

L’indagine è stata svolta sui minimi retributivi dei CCNL aggiornati al 1° luglio 2023.

 

Per ogni contratto è indicato il codice alfanumerico unico dei contratti collettivi nazionali di lavoro di cui all’art. 16-quater della legge n. 120/2020 (c.d. decreto Semplificazioni) che ne assegna l’attribuzione al CNEL, che cura e gestisce l’Archivio nazionale dei contratti di lavoro pubblici e privati.

 

Oggetto della presente analisi sono i seguenti contratti collettivi:

1) CCNL industria metalmeccanica e installazione di impianti (codice univoco C011) sottoscritto da Federmeccanica (Confindustria), Assistal (Confindustria) (Parte datoriale) e Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm (Parte sindacale);

2) CCNL industria chimica-farmaceutica (codice univoco B011) sottoscritto da Federchimica (Confindustria), Farmindustria (Confindustria) (Parte datoriale) e Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec (Parte sindacale);

3) CCNL terziario, distribuzione e servizi (Confcommercio) (codice univoco H011) sottoscritto da Confcommercio (Parte datoriale) e Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs (Parte sindacale);

4) CCNL logistica, trasporto, spedizioni (codice univoco I100) sottoscritto da Aite, Aiti (Confetra), Assoespressi (Confetra), Assologistica, Fedespedi (Confcommercio), Fedit, Fisi (Confetra), Trasportounito, Confetra, Anita (Confindustria), Fai (Confcommercio), Federtraslochi (Confcommercio), Federlogistica (Confcommercio), Unitai, Conftrasporto (Confcommercio), Cna Fita, Confartigianato Trasporti, Sna Casartigiani, Claai, Confcooperative Lavoro e servizi, Legacoop Produzione e servizi, Agci Servizi (Parte datoriale) e Filt Cgil; Fit Cisl; Uiltrasporti (Parte sindacale);

5) CCNL pubblici esercizi (codice univoco H05Y) sottoscritto da Fipe (Confcommercio), Angem, Legacoop Produzione e servizi, Confcooperative Lavoro e servizi, Agci (Parte datoriale) e Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs (Parte sindacale);

6) CCNL distribuzione moderna organizzata (codice univoco H008) sottoscritto da Federdistribuzione (Parte datoriale) e Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs (Parte sindacale);

7) CCNL pulizie e multiservizi (codice univoco K511) sottoscritto da Fise Confindustria (ora Anip), Legacoop Produzione e servizi, Confcooperative Lavoro e servizi, Agci Servizi, Unionservizi (Confapi) (Parte datoriale) e

Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltrasporti (Parte sindacale);

8) CCNL vigilanza privata (codice univoco HV17) sottoscritto da Assiv (Confindustria), Legacoop Produzione e servizi, Confcooperative Lavoro e servizi, Agci Servizi (Parte datoriale) e Filcams Cgil, Fisascat Cisl (Parte sindacale).

9) CCNL industria tessile-abbigliamento (codice univoco D014) sottoscritto da Smi (Confindustria) (Parte datoriale) e Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec (Parte sindacale);

10) CCNL industria alimentare (codice univoco E012) sottoscritto da Federalimentare (Confindustria), Aidepi, Aiipa (ora confluite in Unione Italiana Food) (Confindustria), Ancit (Confindustria, Anicav (Confindustria), Assalzoo (Confindustria), Assica (Confindustria), Assitol (Confindustria), Assobibe (Confindustria), Assobirra (Confindustria), Assocarni (Confindustria), Assolatte (Confindustria), Federvini (Confindustria), Italmopa (Confindustria), Mineracqua (Confindustria), Unionzucchero (Confindustria) (Parte datoriale) e Fai Cisl;, Flai Cgil e Uila (Parte sindacale).

11) CCNL turismo Confcommercio (codice univoco H052) sottoscritto da Federalberghi, Faita, Confcommercio (Parte datoriale) e Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs (Parte sindacale).

 

Minimo tabellare

 

Di seguito le modalità di calcolo dei minimi tabellari orari indicati nel contributo.

1. CCNL metalmeccanica: paga base conglobata divisa per divisore orario contrattuale.

2. CCNL chimica farmaceutica: somma di minimo contrattuale ed EDR diviso per divisore orario contrattuale.

3. CCNL commercio: somma di minimo contrattuale e contingenza diviso per divisore orario contrattuale.

4. CCNL logistica: somma di minimo contrattuale (primi 6 mesi) ed EDR diviso per divisore orario contrattuale.

5. CCNL pubblici esercizi: somma minimo contrattuale e indennità di contingenza diviso per divisore orario contrattuale.

6. CCNL DMO: somma paga base, indennità di contingenza, terzo elemento, acconto futuro aumento diviso per divisore orario contrattuale.

7. CCNL pulizie e multiservizi: somma minimo contrattuale, indennità di contingenza ed EDR diviso per divisore orario contrattuale.

8. CCNL vigilanza privata: minimo conglobato diviso per divisore orario contrattuale.

9. CCNL industria tessile-abbigliamento: elemento retributivo nazionale diviso per divisore orario contrattuale.

10. CCNL industria alimentare: somma minimo mensile e indennità contingenza diviso per divisore orario contrattuale.

11. CCNL turismo Confcommercio: paga base nazione conglobata per divisore orario contrattuale.

 

Minimo tabellare con scatti di anzianità

 

Di seguito le modalità di calcolo dei minimi tabellari con scatti di anzianità indicati nel contributo.

1. CCNL metalmeccanica: somma di paga base conglobata e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

2. CCNL chimica farmaceutica: somma di minimo contrattuale, EDR e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

3. CCNL commercio: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

4. CCNL logistica: somma di minimo contrattuale (primi 6 mesi), EDR e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

5. CCNL pubblici esercizi: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

6. CCNL DMO: somma di paga base, indennità di contingenza, terzo elemento, acconto futuro aumento e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

7. CCNL pulizie e multiservizi: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza, EDR e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

8. CCNL vigilanza privata: minimo conglobato più due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

9. CCNL industria tessile-abbigliamento: somma di elemento retributivo nazionale e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

10. CCNL industria alimentare: somma di minimo mensile, indennità di contingenza e due scatti di anzianità diviso per divisore orario contrattuale.

11. CCNL turismo Confcommercio: somma di paga base nazione conglobata e due scatti di anzianità per divisore orario contrattuale.

 

Minimo tabellare con scatti di anzianità e ratei mensilità aggiuntive

 

Di seguito le modalità di calcolo dei minimi tabellari con scatti di anzianità e con mensilità aggiuntive indicati nel contributo.

1. CCNL metalmeccanica: somma di paga base conglobata, due scatti di anzianità e rateo tredicesima divisa per divisore orario contrattuale.

2. CCNL chimica farmaceutica: somma di minimo contrattuale, EDR, due scatti di anzianità e rateo tredicesima diviso per divisore orario contrattuale.

3. CCNL commercio: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale.

4. CCNL logistica: somma di minimo contrattuale (primi 6 mesi), EDR, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale.

5. CCNL pubblici esercizi: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale.

6. CCNL DMO: somma di paga base, contingenza, terzo elemento, acconto futuro aumento, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale.

7. CCNL pulizie e multiservizi: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza, EDR, due scatti anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale.

8. CCNL vigilanza privata: somma di minimo conglobato, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale.

9. CCNL industria tessile-abbigliamento: somma di elemento retributivo nazionale, due scatti di anzianità e rateo tredicesima diviso per divisore orario contrattuale.

10. CCNL industria alimentare: somma di minimo mensile, contingenza, due scatti di anzianità e rateo tredicesima diviso per divisore orario contrattuale.

11. CCNL turismo Confcommercio: somma di paga base nazione conglobata, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima per divisore orario contrattuale.

 

Trattamento economico complessivo

 

Di seguito le modalità di calcolo del trattamento economico complessivo orario comprensivo dei minimi tabellari, scatti di anzianità, mensilità aggiuntive e indennità fisse e continuative indicati nel contributo.

Di seguito le modalità di calcolo dei minimi tabellari orari con scatti di anzianità e con mensilità aggiuntive indicati nel contributo.

1. CCNL metalmeccanica: somma di paga base conglobata, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo elemento perequativo divisa per divisore orario contrattuale.

2. CCNL chimica farmaceutica: somma di minimo contrattuale, EDR, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e IPO diviso per divisore orario contrattuale.

3. CCNL commercio: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza, due scatti di anzianità, rateo tredicesima, rateo quattordicesima e terzo elemento Milano (nelle tabelle 2, 3 elemento nazionale 2,07) diviso per divisore orario contrattuale.

4. CCNL logistica: somma di minimo contrattuale (primi 6 mesi), EDR, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale (nessuna indennità aggiunta).

5. CCNL pubblici esercizi: somma di minimo contrattuale, indennità di contingenza, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale (nessuna indennità aggiunta).

6. CCNL DMO: somma di paga base, contingenza, terzo elemento, acconto futuro aumento, due scatti di anzianità, rateo tredicesima, rateo quattordicesima ed elemento economico garanzia aziende meno 10 dip. diviso per divisore orario contrattuale.

7. CCNL pulizie e multiservizi: somma di minimo contrattuale, contingenza più EDR, due scatti anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale (nessuna indennità aggiunta).

8. CCNL vigilanza privata: somma di minimo conglobato, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo quattordicesima diviso per divisore orario contrattuale (nessuna indennità aggiunta).

9. CCNL industria tessile-abbigliamento: somma di elemento retributivo nazionale, due scatti di anzianità, rateo tredicesima e rateo elemento garanzia retributiva diviso per divisore orario contrattuale.

10. CCNL industria alimentare: somma di minimo mensile, indennità di contingenza, due scatti di anzianità e rateo tredicesima diviso per divisore orario contrattuale.

11. CCNL turismo Confcommercio: somma di paga base nazione conglobata, due scatti di anzianità, rateo tredicesima, rateo quattordicesima e trattamento economico mancata contrattazione II livello per divisore orario contrattuale (nessuna indennità aggiunta).

 

Nelle tabelle 2 e 3 sono stati effettuati i medesimi calcoli senza considerare però alcuno scatto di anzianità.

 

La tipizzazione nei contratti collettivi delle condotte disciplinari: un tema ancora aperto

La tipizzazione nei contratti collettivi delle condotte disciplinari: un tema ancora aperto

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Bollettino ADAPT 13 giugno 2023 n. 22

 

Tra le cause che prevedono la reintegrazione nel posto di lavoro, dopo la modifica dell’art.18 della legge n. 300/1970 introdotta dalla legge Fornero (l.92/2012), vi è quella del licenziamento adottato quando «il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili».

 

La stessa causale non compare tuttavia nell’art.3 del successivo decreto legislativo n. 23/2015, che si applica solo al personale assunto dopo il 7 marzo 2015.

 

La tipizzazione degli illeciti disciplinari cui è collegata la reintegrazione in caso di licenziamento illegittimo risulta pertanto applicabile solo agli assunti fino alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 23/2015.

 

Il comma 2 del’art. 3 dispone infatti che «esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento  per  giustificato motivo  soggettivo  o  per  giusta  causa in  cui  sia  direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento, il  giudice  annulla  il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione  del lavoratore nel posto  di  lavoro  e  al  pagamento  di  un’indennità’ risarcitoria» […]

 

Sulla vexata quaestio della [presunta] discriminazione tra vecchi e nuovi assunti, insorta per aver il legislatore del Jobs Act espunto dalle cause di reintegrazione le condotte per le quali i contratti prevedono sanzioni conservative, si sono ampiamente pronunciati i Giudici di merito, la Corte Costituzionale ed il Supremo Collegio, senza produrre una tesi definitiva (e soprattutto convincente).

 

Va premesso che la discriminazione (rectius: il diverso trattamento tra lavoratori) in ordine alle tutele in caso di licenziamento illegittimo, storicamente riguarda i lavoratori di aziende sotto e sopra la fatidica soglia dei 15 lavoratori, ed è stata affrontata (e più volte respinta) dalla Corte Costituzionale  a partire dalla storica sentenza n. 45/1965 ma anche, più recentemente, dalla sentenza n.183/2022 con cui la Corte ha affermato che spetta al legislatore «nel quadro della politica prescritta dalla norma costituzionale» adeguare le tutele in caso di licenziamenti illegittimi. Più in particolare, che «la possibile modulazione delle tutele contro i licenziamenti illegittimi è demandata all’apprezzamento discrezionale del legislatore, vincolato al rispetto del principio di eguaglianza, che vieta di omologare situazioni eterogenee e di trascurare la specificità del caso concreto».

 

Se questo orientamento sia ancora in linea con la realtà socio economica e col diritto vivente, a 50 anni dallo Statuto dei Lavoratori, è da più parti messo in dubbio (ed oggetto di ripetute rimessioni alla Corte, con diverse motivazioni, da parte dei giudici di merito), atteso che il discrimine tra piccole e grandi imprese, che stava all’origine delle scelte del legislatore dello Statuto, non si basa più sul numero dei dipendenti e sul fatturato, ma sul risultato economico dell’impresa. È evidente infatti che un’impresa tecnologicamente avanzata e con pochi lavoratori è spesso in grado di realizzare fatturati e utili maggiori di una grande impresa labour intensive.

 

Tornando sul punto, la questione posta dai commentatori più ostili alla riforma del Jobs Act riguardava l’asserita violazione della legge delega (legge n.183/2014) che avrebbe imposto al Governo (art.1 comma 7, lett. C) di individuare «specifiche fattispecie di condotte disciplinari che consentono la reintegrazione del lavoratore ingiustificatamente licenziato». Il legislatore delegato, tuttavia, assecondando le istanze delle imprese che invocavano certezze sui costi effettivi del licenziamento, avrebbe eluso [o comunque ristretto] l’ambito della delega individuando un’unica fattispecie (al netto delle predette ipotesi di nullità e discriminazione, comuni ad entrambe le discipline) che consente la reintegrazione sul posto di lavoro. In tal modo ignorando anche il ruolo della contrattazione collettiva, cui storicamente è affidato il compito di «tipizzare» la gravità delle condotte disciplinari e le conseguenze sanzionatorie per la loro violazione.

 

Per chiarezza espositiva va osservato che, indipendentemente dalle riforme e dalle intervenute pronunce, il giudice, nel rispetto ed a tutela della volontà negoziale, è comunque obbligato a tener conto delle condotte disciplinari (più o meno) tipizzate dalla contrattazione collettiva. Lo scontro interpretativo si è focalizzato pertanto sul fatto che la gravità delle condotte e la proporzionalità delle sanzioni applicate dal datore di lavoro, venivano (di fatto) sottratte al libero apprezzamento del giudice. Nella sua rigida formulazione, l’art. 3 del decreto legislativo n. 23/2015 chiede infatti al giudice di limitarsi a «costatare» la sussistenza o meno del fatto materiale, «rispetto alla quale resta estranea ogni [sua] valutazione circa la sproporzione del licenziamento».

 

Al contrasto dialettico è seguito una progressiva demolizione dell’art.3 da parte della giurisprudenza che, insinuandosi nell’incerta definizione del fatto «materiale» contestato, ha allargato le ipotesi di reintegrazione a quei comportamenti in cui il fatto, pur se materialmente accaduto, risulta, secondo il convincimento del giudice, privo di rilievo disciplinare per carenza dei presupposti soggettivi e/o oggettivi [con particolare riferimento alla sua imputabilità al lavoratore ed al nesso causale]. Fino ad affermare il principio nomofilattico, sancito dapprima con sentenza n.12174/2019 e successivamente con sentenza 12745/2022, secondo il quale non può ritenersi legittimo un provvedimento espulsivo «laddove le circostanze in cui si verifica il fatto siano di gravità tale da non giustificare il licenziamento», ovvero «non sia idoneo a ledere irrimediabilmente il vincolo di fiducia che deve sorreggere il rapporto di lavoro in termini di affidabilità quanto ad un futuro adempimento della prestazione».

 

Queste decisioni, che da una parte restituiscono al giudice il potere-dovere di decidere la controversia secondo il proprio libero apprezzamento, anche indipendentemente dalla stessa previsione contrattuale, hanno contestualmente riacceso il contrasto istituzionale tra chi le leggi è chiamato a farle e chi è chiamato ad applicarle nel caso concreto. Che si traduce in un’incertezza che danneggia sia le imprese che i lavoratori.

 

Altra questione, che riveste tuttavia un carattere «metagiuridico», ma ugualmente importante ai fini della ricostruzione storica dei fatti su cui spesso si innestano le decisioni della giurisprudenza, riguarda la ragione per cui, nonostante le due riforme miranti a restringere le ipotesi di reintegrazione, le parti collettive (datoriali e sindacali) non si siano mai attivate per colmare il vuoto delle definizioni generiche delle condotte disciplinari inserite nei contratti collettivi.

 

Alcuni addebitano il fatto ad una semplice (e colpevole) trascuratezza di chi avrebbe dovuto provvedervi, o al fatto che, quando si procede al rinnovo di un contratto nazionale, le parti siano interessate solo al confronto su alcune materie che incontrano la sensibilità dei lavoratori (come il salario, la gestione dell’orario, le ferie ed i permessi).

 

Nulla di più sbagliato. Vero è che solo alcune questioni sono rese pubbliche in quanto trattate in assemblea «plenaria», a cui partecipano [senza diritto di voto e di parola] i lavoratori e la vasta platea dei sindacalisti che presenziano [ma che in buona parte non sottoscrivono] il testo del rinnovo. Il vero confronto sull’intero contratto da rinnovare avviene infatti nelle [separate] commissioni composte dai soli esperti, nominate da ciascuna delle parti stipulanti, sindacali e datoriali, che a loro volta riportano le conclusioni ad una commissione bilaterale ristretta, che decide, in termini di importanza, su quali punti portare avanti il rinnovo del contratto.

 

Le conclusioni «politiche» vengono infine affidate ad una ristretta commissione tecnica che ha il compito di stendere il testo finale, misurando termini e parole con quel linguaggio criptico, a volte ambiguo, in una parola «sindacale», che spesso (e volutamente) non è un modello di chiarezza ma serve a far passare quelle misure che possono essere mal «digerite» dalle rispettive controparti e dalle basi dalle stesse rappresentate.

 

Scartata quindi l’ipotesi di una [presunta] apatia delle parti collettive sul tema della tipizzazione degli illeciti disciplinari, resta una sola possibile interpretazione: nessuna delle parti aveva (ed ha tuttora) interesse a definire con precisione e dettaglio le “condotte” la cui violazione determina o esclude la reintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato.

 

Una formulazione troppo dettagliata, infatti, lascia inevitabilmente fuori altre ipotesi sanzionatorie, restringendo il campo d’azione della causale. Questo non conviene alla parte datoriale, che ha interesse ad avvalersi di una formulazione generica della condotta per poterla applicare, per estensione, a fatti analoghi. Per opposti motivi non conviene alla parte sindacale, che ha l’interesse contrario ad eccepire che un comportamento illecito, se genericamente formulato, non integra il requisito della tipizzazione, legittimando in tal modo l’opposizione al licenziamento disciplinare per «insussistenza del fatto contestato».

 

L’ambiguo comportamento delle parti, ed i conflitti che ne derivano in chiave interpretativa, restano dunque tra i motivi dell’altalenante orientamento della giurisprudenza, spesso additata a censore delle scelte politiche del Legislatore ma a volte costretta a surrogarsi alle sue lacune, fino a reinterpretare la volontà negoziale in modo contrario a chi quelle norme le ha scritte e votate.

 

Anche su questo punto il Supremo Collegio, fino al 2012 (vedasi: sentenza n.12365/2019), aveva fatto proprio un orientamento restrittivo esigendo una previsione esplicita dei comportamenti da punire con sanzione conservativa ed escludendo la possibilità di allargare il campo della reintegra attraverso l’analogia. A distanza di tre anni tuttavia, con la sentenza n.11665/2022 ha cambiato orientamento richiamando la necessità di rifarsi alla volontà negoziale che comporta un’interpretazione restrittiva delle ipotesi reintegratorie, interpretando il riferimento alle condotte meritevoli di sanzioni conservative ai soli casi esplicitamente tipicizzati come tali.  E ciò «anche nei casi in cui le parti introducono criteri valutativi della gravità della condotta con formule riassuntive».

 

Il tema resta dunque di nuovo aperto, riproponendo la necessità di por mano ai codici disciplinari in un clima di perenne conflitto interpretativo che lascia nell’incertezza le imprese e gli operatori del diritto, spesso chiamati a rispondere se un fatto addotto come motivo di licenziamento possa dar origine, in caso di soccombenza, a tutele indennitarie (e, nel caso, di quale gravità) o alla possibilità di reintegrazione del lavoratore sul posto di lavoro.

 

Una risposta utile potrebbe forse ricavarsi dalla stessa formulazione della norma, che esclude il licenziamento quando «il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili». Un codice disciplinare infatti, anche se generalmente frutto della contrattazione collettiva, può essere unilateralmente predisposto dallo stesso datore di lavoro.

 

In tale ultimo caso, tuttavia, è opportuno tipizzare il fatto in modo tale da non porlo in contraddizione con l’astratta fattispecie contrattuale, eventualmente allargando il codice disciplinare interno a tutte le altre condotte potenzialmente disciplinari, riconducibili cioè non solo alla normale diligenza ma anche, ad esempio, agli obblighi di sicurezza, alla normativa sulla privacy ed al modello organizzativo sulla responsabilità amministrativa dell’impresa.

 

Avendo presente che, trattandosi pur sempre di un atto unilaterale predisposto dal datore di lavoro senza il concorso della parte sindacale, la sua efficacia obbligatoria si acquista solo con l’accettazione scritta da parte del lavoratore, che tuttavia generalmente avviene al momento stesso della costituzione del rapporto di lavoro, senza quindi che lo stesso ne abbia preso preventiva visione.

 

In ogni caso può costituire un aiuto alla chiarezza, certamente non risolutivo, ma che toglie qualche dubbio in attesa che, chi ha il compito di farlo, fornisca maggiori certezze.

 

Antonio Tarzia

ADAPT Professional Fellow

 

Contratti a tempo determinato e autonomia collettiva. La best practice dello Stabilimento Electrolux di Solaro: flessibilità e occupazione

Contratti a tempo determinato e autonomia collettiva. La best practice dello Stabilimento Electrolux di Solaro: flessibilità e occupazione

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

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Bollettino ADAPT 29 maggio 2023 n. 20

 

Il 21 marzo 2023, lo Stabilimento Electrolux di Solaro (Milano), ha sottoscritto con la RSU FIM FIOM e UILM un Accordo diretto ad introdurre una maggiore flessibilità nel rinnovo di contratti a tempo determinato limitatamente ad un c.d. ‘bacino’ costituito da lavoratori già precedentemente occupati presso le aree produttive dello Stabilimento.

 

Tale Accordo rappresenta il punto di incontro tra esigenze apparentemente contrapposte: la flessibilità nell’impiego di lavoratori e la qualità, in prospettiva, dell’occupazione dei lavoratori stessi.

 

Lo scenario in cui si inserisce l’Intesa è un settore (quello degli elettrodomestici) che nell’ultimo quadriennio è stato (e continua ad essere) fortemente impattato da fattori pandemici/post-pandemici e geopolitici. Lo Stabilimento di Solaro, nel triennio 2020-2022, ha saputo reagire tempestivamente ad una forte accelerazione della domanda commerciale (anche con ricorso al lavoro a tempo determinato per più di 160 contratti) per, poi, compiere brusche riduzioni del gettito produttivo (anche mediante il ricorso alla cassa integrazione ordinaria).

 

A partire dalla fine del mese di marzo 2023 si è prospettata nuovamente l’opportunità di un incremento della domanda commerciale con contestuale ritorno all’orario pieno di lavoro e necessità di assumere personale a tempo determinato.

 

È in vista di tali assunzioni temporanee che Azienda e le Parti Sociali di cui all’art. 51 D. Lgs. 81/2015 hanno convenuto, da un lato, sulla necessità di rispondere velocemente alle richieste del mercato (in termini di adeguatezza dei volumi, dei tempi di consegna e dei livelli qualitativi del prodotto); dall’altro, sulla opportunità di dare vita ad un ‘bacino occupazionale’ costituito da lavoratori che, essendo già stati precedentemente occupati presso lo Stabilimento, fossero in possesso di competenze professionali aggiornate ed immediatamente spendibili presso le aree produttive.

 

Ciò al fine di dare ulteriore concretezza alle prospettive occupazionali generate da un importante Accordo sottoscritto poco meno di due mesi prima (accordo del 17 gennaio 2023) che – nel creare le condizioni per l’avvio di un investimento volto all’introduzione di una nuova Piattaforma di prodotto – ha previsto l’assunzione di 100 nuovi lavoratori individuati tra il personale che sia e/o sia stato in forza con contratto a tempo determinato presso lo Stabilimento ed in possesso di competenze e professionalità adeguate.

 

Entro questo quadro, quindi, l’apertura all’utilizzo flessibile dei contratti a tempo determinato nell’ambito di un bacino di lavoratori predeterminato crea le premesse per un ulteriore accrescimento delle competenze professionali e, quindi, l’aumento delle chances di occupazione stabile.

 

Per attuare la prospettiva individuata e superare le rigidità della regolazione legislativa che non rendeva possibile il rinnovo dei contratti a tempo determinato in assenza delle ormai note causali rigide e ‘impossibili’ dell’art. 19, co. 1 lett. a) e b), la via da seguire passava attraverso le maglie dell’art. 19 D. Lgs. 81/2015 (così come allargate dal c.d. Decreto Sostegni bis) e le indicazioni operative contenute nella Nota INL del 14 settembre 20211: tramite la contrattazione collettiva era necessario individuare le ‘specifiche esigenze’ su cui fondare il rinnovo dei contratti a tempo determinato.

 

Pur, quindi, nella comune consapevolezza che, «il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro» e che, quindi, un accordo volto a favorire (rendendolo più flessibile) il rinnovo di contratti a tempo determinato doveva essere improntato a canoni di temporaneità ed eccezionalità, Azienda e OO.SS. hanno concordato che – fino al 31 dicembre 2023 e nel limite complessivo di durata di 24 mesi – sarà possibile (ex artt. 21, co. 01 e 19, co. 1 lett. b-bis), rinnovare e/o prorogare i contratti a tempo determinato già stipulati con il personale precedentemente occupato per ‘esigenze connesse a incrementi dell’attività ordinaria in relazione all’andamento della domanda commerciale nel periodo aprile-dicembre 2023’.

 

La clausola individuata risponde all’esigenza di adeguare il fabbisogno di lavoro temporaneo alle effettive esigenze della programmazione produttiva che, tuttavia, sconta una visibilità molto breve.  Per tale motivo entro la più ampia determinazione contrattuale, in sede di accordo individuale, viene fatto espresso riferimento alla percentuale di aumento delle vendite che, di volta in volta, giustifica il rinnovo o la proroga contrattuale oltre i 12 mesi.

 

L’intesa descritta, a parere di chi scrive, rappresenta un esempio di una contrattazione di secondo livello che introduce, regolandoli, elementi di flessibilità che si mostrano essenziali per consentire allo Stabilimento di reagire velocemente alle richieste dei mercati, specie in un momento storico in cui «la nostra industria è fortemente focalizzata nel continuare a proporre soluzioni efficienti, innovative, capaci di fare davvero la differenza in termini di sostenibilità» (vedi GFK, Le Tendenze dei Mercati nel 2022) pur entro la sussistenza di una molteplicità di variabili che non agevola (rendendola particolarmente mutevole nel tempo) la programmazione aziendale (stravolgimenti subiti dal mercato, dalla supply chain e dalle abitudini dei consumatori degli ultimi due anni di pandemia).

 

Tale Accordo, che oggi si pone in linea con la scelta fatta dal legislatore del c.d. ‘Decreto Lavoro’, rappresenta una best practice di intervento della contrattazione collettiva aziendale quale strumento idoneo a soddisfare le sempre più mutevoli esigenze delle aziende regolando l’utilizzo della flessibilità per agganciarla – con visione prospettica – all’occupazione stabile ed al valore sociale che quest’ultima genera.

 

Una assunzione di responsabilità che ha visto Azienda e Sindacati cucire, con metodo e logica partecipata, un accordo sulla misura delle esigenze aziendali per vincere una scommessa diretta alla continuità occupazionale.

 

Marta Vendramin

HR Business Partner – Electrolux Solaro Plant

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1 La Nota INL chiariva che il regime transitorio (fino al 30 settembre 2022) previsto dal nuovo co. 1.1. dell’art, 19 D. Lgs. 81/2015 per la stipulazione di contratti a tempo determinato superiore a dodici mesi non vale anche «[…] in materia di rinnovi e proroghe». Le «regole in materia di rinnovi e proroghe», infatti, limitandosi a «richiamare il comma 1 dell’art. 19, senza fare riferimento al nuovo comma 1.1, non sono condizionate temporalmente e, pertanto, sarà possibile prorogare o rinnovare i contratti a termine in ragione delle causali previste dalla contrattazione collettiva, anche successivamente al 30 settembre 2022».

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/160 – Accordo Comifar Distribuzione: unità, flessibilità e welfare

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/160 – Accordo Comifar Distribuzione: unità, flessibilità e welfare

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 22 maggio 2023, n. 19

 

Parti firmatarie e contesto

 

Nella giornata di giovedì 9 marzo 2023, la Direzione Aziendale di Comifar Distribuzione S.p.A., assistita da Confcommercio, e Filcams-CGIL, Fisascat-CISL e Uiltucs-UIL hanno sottoscritto il rinnovo del contratto di secondo livello con vigenza fino al gennaio 2026. Il risultato delle trattative è costituito da un testo corposo e originale, che, nato nell’alveo del CCNL Confcommercio rinnovato nel 2015, rappresenta il frutto della volontà delle parti firmatarie di accompagnare la crescita aziendale con un percorso condiviso in materia, soprattutto, di andamento economico complessivo e sicurezza.

 

Comifar Distribuzione è una società del Gruppo Comifar, leader nella distribuzione farmaceutica in Italia. Si tratta di una realtà imprenditoriale nata nel 1944 e diffusa su tutto il territorio italiano con 20 Unità Distributive e 2 Hub.

 

Oggetto e tipologia di accordo

 

L’accordo si configura come la sottoscrizione del rinnovo del contratto integrativo aziendale e opera un aggiornamento tanto della parte economica, quanto delle sezioni obbligatorie e normative.

 

Il testo contrattuale si qualifica come reazione costruttiva a un rischio e come risposta collaborativa a un’esigenza dell’azienda.

 

In primo luogo, tutti i sistemi di relazioni industriali delle realtà aziendali posizionate su territori molto vasti corrono il rischio della dispersione territoriale e della mancata unità sul piano della prassi e dell’applicazione degli istituti. Comifar Distribuzione, pertanto, intende reagire in modo costruttivo a questo rischio attraverso un’operazione di sistematizzazione di alcuni istituti e di alcuni punti qualificanti dell’integrativo.

 

In secondo luogo, il contratto in esame costituisce la risposta a un’esigenza aziendale di flessibilità, di aumento della capacità produttiva, nonché di efficienza organizzativa. All’interno dello scambio formalizzato dal contratto, dunque, a fronte di un incremento delle turnistiche attivabili e di un maggior utilizzo delle prestazioni di lavoro straordinario, i firmatari introducono un vasto numero di misure di welfare, tra cui alcuni specifici permessi finalizzati a supportare il dipendente nella gestione del bilanciamento tra vita personale e sfera lavorativa.

 

I due fattori fondamentali dell’accordo, ossia il rischio e l’esigenza segnalati nelle righe precedenti, trovano entrambi una risposta complessiva e sistematica, infine, nella struttura del premio di risultato disegnato nelle pagine economiche dell’accordo.

 

Il sistema di relazioni industriali

 

Per quanto riguarda il primo obiettivo segnalato, ossia la necessità di dare sistematicità al sistema di relazioni industriali di Comifar Distribuzione, le parti confermano nel nuovo testo contrattuale un sistema di confronto articolato su un livello nazionale e su un livello territoriale, a cui viene affidata la trattazione di tematiche coerenti con il piano di interlocuzione. In quest’ottica, è da segnalare l’esplicito impegno dei firmatari nel garantire uniformità di prassi sia per quanto riguarda le procedure di elezione e costituzione di RSA e RSU, sia per quanto concerne il calcolo e la fruizione dei permessi sindacali, includendo anche le modalità di gestione di un eventuale superamento del monte ore.

 

A completamento di questa prima parte dell’accordo, si evidenzia l’istituzione di nuovi organi di confronto quali le commissioni nazionali, nonché la formalizzazione di un Coordinamento Nazionale sindacale, istituito insieme a un particolare monte ore di permessi dedicato, che, sul piano HSE, viene accompagnato da un organismo di Coordinamento, di pari livello, di tutti gli RLS della società.

 

Flessibilità e welfare

 

Al fine di aumentare la capacità produttiva e renderne più flessibile la gestione, l’accordo prevede poi la possibilità di efficientare il turno serale finalizzato al completamento degli allestimenti, mediante l’attivazione di prestazioni di lavoro straordinario, retribuite attraverso una specifica indennità, su base volontaria. Il testo sottoscritto include, inoltre, la possibilità di prolungare, previo confronto, l’orario lavorativo oltre le ore ordinarie anche in caso di situazioni imprevedibile e non derivanti dalla necessità di completare gli allestimenti, nonché l’attivabilità del turno notturno. L’accordo comprende possibilità gestionali in casi di flessione dei volumi con la creazione di “serbatoio di flessibilità”, in cui far confluire quote di permessi e ferie maturate.

 

A fronte, dunque, di questi aggiornamenti in merito alla turnistica e all’orario di lavoro e al fine di garantire il benessere in azienda, le parti introducono un set di misure di welfare molto corposo, in cui l’attenzione alla salute del lavoratore è centrale. In particolare, l’accordo prevede quote di ore annuali di permessi per le visite mediche specialistiche, per l’inserimento dei figli alla scuola materna, per decessi e gravi infermità e per la cura dei figli affetti da gravi patologie comportamentali, in modo tale da supplire all’assenza del beneficio dei permessi previsti dalla Legge 104 del 1992. I firmatari introducono inoltre la flessibilità in entrata e in uscita per il personale degli uffici, nonché una forma di recupero flessibile del ritardo per la restante popolazione delle Unità Distributive.

 

Il quadro di misure dedicate al welfare viene inoltre integrato, in via esemplificativa, con l’aumento della percentuale di personale in part time per maternità e con la possibilità di mantenere il posto di lavoro per tutta la durata di percorsi riabilitativi in caso di personale affetto da ludopatia.

 

L’inserimento all’interno del testo sottoscritto di iniziative di microcredito a sostegno e a supporto delle spese mediche e scolastiche dei dipendenti costituisce infine un elemento particolarmente caratterizzante e indicativo dell’attenzione delle parti per alcune fasi particolarmente critiche della vita di ogni lavoratore e di ogni persona.

 

Il premio di risultato

 

Qualche considerazione finale va infine effettuata in merito all’istituto del premio di risultato introdotto col nuovo accordo, la cui struttura rispecchia profondamente, da un lato l’unitarietà dell’organizzazione, dall’altro la flessibilità del contesto aziendale. L’unità è garantita dal posizionamento di un indicatore generale finanziario, a livello di Gruppo, legato agli utili prima delle imposte, direzionato a dare unità di senso a tutte le ramificazioni dell’azienda. La flessibilità è data invece dalla possibilità di declinare altri due parametri a livello di Unità Distributiva, ufficio o reparto, al fine di allineare gli indici alle particolarità della singola unità organizzativa e ai suoi obiettivi. Il complesso di questi parametri è, poi, rimodulato alla luce dei giorni di mancata prestazione lavorativa del singolo lavoratore.

 

Valutazione d’insieme

 

In conclusione, si può affermare che il contratto integrativo di Comifar Distribuzione nasce dalla particolarità della disposizione organizzativa e geografica dell’azienda e dalle caratteristiche salienti del momento del mercato.

 

Dal primo fattore deriva il rischio di frammentazione e dispersione territoriale, rispetto a cui la sistematizzazione di alcuni istituti e la formalizzazione del sistema di relazioni industriali costituiscono la principale risposta delle parti. Dai tratti dello scenario di mercato discende invece l’esigenza dell’azienda di garantire al proprio management la possibilità di gestire le attività in modo più flessibile e dinamico. Esigenza che viene declinata attraverso un ampio ricorso a misure di flessibilità organizzativa e all’utilizzo, nel premio, di indicatori di sito.

 

L’ampio spazio dedicato alle misure di welfare, rientrante a pieno titolo nella dimensione dello scambio, esprime poi la consapevolezza, da parte dei protagonisti della trattativa, dell’origine extra aziendale del benessere organizzativo. In altri termini, la sostenibilità e la crescita della capacità produttiva trovano la loro condizione necessaria nella corretta cura di una dimensione non produttiva e non riconducibile a parametri di efficienza, ossia la dimensione extralavorativa della vita del dipendente.

 

Filippo Reggiani

Scuola di Dottorato di ricerca in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@FilippoReggian3