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Il coinvolgimento delle parti sociali nell’implementazione dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza: evidenze dall’ultimo report Eurofound

Il coinvolgimento delle parti sociali nell’implementazione dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza: evidenze dall’ultimo report Eurofound

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

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Bollettino ADAPT  3 aprile 2023, n. 13

 

Il Dispositivo per la ripresa e resilienza (Recovery and Resilience Facility) rappresenta lo strumento principale del Piano NextGenerationEU, un ambizioso programma di investimenti e riforme finalizzato a stimolare la crescita e a stabilizzare l’attuale contesto europeo post-crisi. Questo strumento, orientato alla domanda e basato sulle performance, è una componente chiave della strategia orientata al futuro dell’UE, destinato a contribuire significativamente all’European Green Deal. A oltre un anno e mezzo dalla sua adozione, la valutazione della Commissione Europea di luglio 2022 indica che l’implementazione dei Piani di Ripresa e Resilienza sta procedendo adeguatamente. Tuttavia, il coinvolgimento delle parti sociali nella preparazione e implementazione dei suddetti, stabilito nel regolamento del Recovery and Resilience Facility, è stata alquanto insufficiente. Un recente studio elaborato da Eurofound ha infatti evidenziato una certa insoddisfazione per la qualità generale del coinvolgimento delle parti sociali, con i sindacati maggiormente critici del loro ruolo nell’esecuzione degli investimenti e le organizzazioni dei datori di lavoro più positive, soprattutto in merito alle politiche di digitalizzazione rivolte alle PMI. Viene, inoltre, rilevato come il coinvolgimento delle stesse sia stato più evidente durante la progettazione dei Piani, svoltasi principalmente nel 2021, rispetto alla fase di implementazione.

 

Coinvolgimento generale

 

Ad eccezione di alcuni Stati membri come Repubblica Ceca, Spagna e Svezia, e di alcuni aspetti specifici come il tempo dedicato alla consultazione in Danimarca, le valutazioni delle parti sociali per quanto riguarda l’attuazione dei Piani di Ripresa e Resilienza e la preparazione dei Programmi Nazionali di Riforma risultano molto simili.

 

La maggioranza delle parti sociali reclama che il tempo dedicato al loro coinvolgimento nella stesura dei Programmi Nazionali di Riforma o nell’attuazione delle varie misure incluse nel Piano di Ripresa e Resilienza sia stato inadeguato. Sono poi in molti ad affermare che in alcuni Stati membri è mancato un vero e proprio processo di consultazione e discussione, nonostante diversi Stati abbiano istituito nuovi organismi con il fine specifico di coinvolgere le parti. In aggiunta, viene lamentato che, anche quando si verifica, la consultazione è tipicamente un processo piuttosto formale e superficiale in cui le decisioni vengono adottate unilateralmente dal governo. Un ulteriore criticità emersa si riferisce, inoltre, al fatto che le autorità nazionali hanno dimostrato di non riflettere adeguatamente le opinioni e le proposte dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro, mentre la partecipazione alle istituzioni di dialogo sociale tripartito è stata principalmente limitata allo scambio di informazioni.

 

Tuttavia, tali conclusioni generali dovrebbero essere contestualizzate in riferimento alle strutture nazionali di dialogo sociale e all’impatto che una procedura senza precedenti come lo sviluppo dei Piani di Ripresa e Resilienza ha avuto sulla politica nazionale. Infatti, le valutazioni delle parti sociali possono essere influenzate da vari fattori, come ad esempio le diverse velocità degli Stati membri nell’attuazione delle riforme e degli investimenti, il fatto che il processo di attuazione sia ancora alle prime fasi, la complessità e la diversità delle misure nei PRR che ha favorito in alcuni casi la consultazione degli esperti rispetto ai processi di dialogo sociale, le diverse architetture di governance degli Stati membri che influiscono sul livello di attuazione (centrale, federale o regionale), l’assenza di coordinamento tra i vari ministeri e dipartimenti coinvolti, il diverso impatto finanziario dei Piani all’interno dei vari Stati membri, l’importanza attribuita dalle stesse parti sociali ai PRR, o dispute nazionali e divergenze in merito al dialogo sociale che potrebbero aver influenzato le risposte fornite. Ciononostante, la qualità e l’intensità del coinvolgimento dimostra ancora una volta che nei Paesi con strutture di dialogo sociale ben stabilite, l’attuazione delle riforme richiede un impegno costante con le parti sociali.

 

Coinvolgimento per categoria di misure in 11 Stati membri

 

In merito all’analisi della partecipazione delle parti sociali nello sviluppo e nell’attuazione di alcune delle misure più rilevanti del Piano di Ripresa e Resilienza, basata esclusivamente su 11 Stati membri( Bulgaria, Croazia, Estonia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia), il report indica che le parti sociali tendono ad essere più coinvolte nelle misure afferenti alla dimensione della giustizia, in quanto rientrano generalmente nelle loro competenze (prestazioni sociali, dialogo sociale, ecc.). Tuttavia, ciò non vale per tutti gli Stati membri. Infatti, sono stati frequenti casi in cui le stesse parti hanno criticato la qualità del loro coinvolgimento in misure chiave che avrebbero dovuto essere oggetto di significativi processi di dialogo sociale (ad esempio, nel caso del nuovo Registro generale delle organizzazioni sindacali in Grecia). D’altro canto, le parti sociali sono risultate meno coinvolte nelle misure relative alla sostenibilità e, in particolare, alla transizione digitale e alla produttività. L’analisi ha inoltre mostrato che vi è stata una partecipazione disuguale dei sindacati e delle organizzazioni datoriali in diverse misure. In generale, sembra che le organizzazioni datoriali siano state più prominenti dei sindacati nell’attuazione di misure relative alle competenze digitali (ad esempio, in Estonia e Grecia) e alla sostenibilità (ad esempio, in Estonia, Grecia e Romania). Al contrario, i sindacati in alcuni Stati membri sono stati più coinvolti in misure concernenti la dimensione della giustizia (ad esempio, regolamentazione delle entità dell’economia sociale in Polonia o emendamenti legali contro la corruzione in Slovacchia).

 

Indirizzi politici

 

Il rapporto in questione offre diverse indicazioni politiche sulla base delle criticità emerse. In primo luogo, viene ribadita la necessità di intensificare gli sforzi per migliorare la qualità del coinvolgimento delle parti sociali al fine di garantire una corretta implementazione dei Piani di Ripresa e Resilienza, in linea con gli interessi dei datori di lavoro, dei lavoratori e della società nel suo insieme. Infatti, il coinvolgimento delle medesime nella formulazione delle politiche e in particolare nell’implementazione dei suddetti Piani è un indicatore della qualità del dialogo sociale, come dimostrato durante la crisi COVID-19, in cui il dialogo sociale di buona qualità ha contribuito a gestire la crisi e mitigare i suoi effetti economici e sociali. Inoltre, una volta adottati i Piani, è importante mantenere il coinvolgimento delle parti sociali anche nella fase di implementazione delle misure, e non solo in quella di preparazione. Poiché l’attuazione del Dispositivo per la ripresa e resilienza, compreso REPowerEU, rimarrà al centro della politica macroeconomica dell’UE, l’attuazione delle diverse riforme e investimenti inclusi nei Piani di Ripresa e Resilienza richiederà, parimenti, l’instaurazione di una dinamica idonea al coinvolgimento efficace delle parti sociali in fase di consultazione, soprattutto nei Paesi membri dove si è segnalata una carenza di dialogo sociale. Occorre altresì garantire che le lacune e la frammentazione tra le attività dei diversi dipartimenti governativi e i diversi livelli di governo non siano di impedimento all’efficace coinvolgimento delle parti sociali. Infatti, un approccio governativo nazionale omogeneo o unificato per includere le stesse nell’attuazione dei PRR aiuterebbe a facilitare i periodi e le procedure di consultazione. Allo stesso modo, i Paesi membri dovrebbero prendere in considerazione il bisogno di sforzi aggiuntivi volti a migliorare la segnalazione del coinvolgimento delle parti sociali nei Programmi Nazionali di Riforma, ad esempio indicando quali misure sono supportate dalle stesse o fornendo ulteriori dettagli sulle procedure di consultazione.

 

Valeria Virgili

ADAPT Junior Fellow

@Virgil11Valeria

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/107 – Il rinnovo del CCNL aziende artigiane area Comunicazione: verso l’innovazione per le aziende artigiane e PMI del settore

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/107 – Il rinnovo del CCNL aziende artigiane area Comunicazione: verso l’innovazione per le aziende artigiane e PMI del settore

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 6 giugno 2022, n. 22

 

 

Contesto del rinnovo

 

In data 16 maggio 2022 Confartigianato Comunicazione, CNA Comunicazione e terziario avanzato, Casartigiani e Claai con Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil hanno rinnovato il contratto dell’area comunicazione per i dipendenti delle aziende artigiane, microimprese non artigiane, delle piccole e medie imprese e dei consorzi di imprese artigiane e non artigiane. L’accordo decorre dal 1° gennaio 2019 e, fatta salva la clausola di salvaguardia, avrà validità fino al 31 dicembre 2022, andando così a rinnovare il CCNL scaduto al termine del 2018.

 

Il campo di applicazione del CCNL, invariato dall’accordo di rinnovo, è esteso in quanto esso è applicabile sia alle aziende artigiane (a cui è dedicata la parte I del CCNL), che alle imprese non artigiane (a cui è dedicata la parte II del CCNL e, per quanto non espressamente previsto, la disciplina contenuta nella parte I) operanti nell’area comunicazione, esemplificativamente riconducibile ai settori della grafica, anche pubblicitaria, stampa, editoria, cartotecnica, fotografia e videofonografica, servizi di informatica, progettazione, realizzazione e sviluppo di software, implementazione e manutenzione di hardware, ivi compresi la manutenzione e l’assistenza, la commercializzazione, la consulenza e le ricerche di mercato. Non da ultimo, il CCNL si applica ai dipendenti dalle Confederazioni datoriali dell’artigianato a tutti i livelli, nonché dai loro enti e/o società costituiti, partecipati o promossi.

 

Oltre agli aspetti retributivi, tra i contenuti fondamentali del rinnovo vi è il recepimento dell’ultimo accordo interconfederale in materia di bilateralità per il comparto artigiano, nonché verso una contrattazione che regola l’innovazione, l’introduzione di nuove figure professionali e la disciplina del lavoro svolto in modalità agile.

 

Parte economica

 

Le Parti Sociali convengono di erogare gli incrementi retributivi in due tranches, rispettivamente a giugno e dicembre 2022 e, come è accaduto per i recenti rinnovi che hanno coinvolto le medesime confederazioni di categoria (si veda, a titolo esemplificativo il rinnovo del CCNL Legno e lapidei sottoscritto in data 3 maggio 2022, le cui tabelle retributive sono state pubblicate in data 17 maggio 2022), fanno salva la riparametrazione degli aumenti per ciascun livello contrattuale, impegnandosi ad incontrarsi successivamente per la sottoscrizione delle tabelle retributive. Gli incrementi retributivi si differenziano se destinati alle aziende artigiane o a quelle non artigiane: nel primo caso l’incremento salariale a regime sarà pari a 78,00 €, di cui 28,00 € con la retribuzione di giugno e 50,00 € con la retribuzione del mese di dicembre 2022; i dipendenti delle aziende non artigiane, invece, quest’anno si vedranno computati 30,00 € nel cedolino paga di giugno.

 

L’aumento retributivo giunge dopo 41 mesi di carenza contrattuale e, al fine di ristorare i lavoratori, le parti sociali concordano l’erogazione di un importo a titolo di una tantum: a copertura dell’arco temporale intercorrente tra la scadenza del precedente rinnovo contrattuale e il mese di erogazione della prima tranche di aumenti retributivi (01/01/2019 – 30/05/2022), esclusivamente per i lavoratori in forza alla data di sottoscrizione dell’accordo, si prevede la corresponsione di un importo forfettario a titolo di una tantum pari ad € 155,00, da suddividersi in 55,00 € con la retribuzione di luglio 2022 e 100,00 € ad agosto del medesimo anno. La natura dell’una tantum è sostanzialmente la medesima dei precedenti rinnovi artigiani, e quindi al singolo lavoratore saranno riconosciute tante quote mensili, o frazioni, quanti sono i mesi di durata del suo rapporto di lavoro nel periodo di carenza. Specifiche modalità di calcolo sono poi individuate per i lavoratori con contratto di apprendistato e per i casi di servizio militare, assenza facoltativa post partum, part-time o sospensioni per mancanza di lavoro concordate tra le parti: per la prima tipologia di lavoratori l’una tantum sarà erogata nella misura del 70%, nei rimanenti casi, invece, sarà proporzionalmente ridotta. L’importo è stato quantificato considerando in esso anche i riflessi sugli istituti di retribuzione diretta ed indiretta, di origine legale o contrattuale, ed è quindi comprensivo degli stessi, mentre è escluso dalla base di calcolo del t.f.r.. Nell’eventualità in cui, durante il periodo di carenza contrattuale, siano stati riconosciuti degli importi a titolo di futuri miglioramenti contrattuali, questi cesseranno di essere corrisposti con la retribuzione di giugno 2022 e andranno considerati a tutti gli effetti come anticipazioni dell’una tantum; pertanto, dovranno essere detratti dalla stessa fino a concorrenza.

 

Parte normativa

 

La parte normativa è notevolmente impattata dal rinnovo, mediante, come sovente sta accadendo nei rinnovi intercorsi successivamente al D. L. n. 73/2021, l’ampliamento della disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato; la conferma della normativa in materia di contratto a termine stagionale, con un leggero ampliamento; modifiche nella disciplina del contratto di apprendistato professionalizzante, e ancora, novità in termini di classificazione del personale e orario di lavoro.

 

Per quanto attiene al contratto a tempo determinato, si richiama l’applicazione della delega contenuta nella disciplina legale vigente, nello specifico l’art. 41 bis, D.L. n.73/2021, convertito in L. n. 26/2021. Le parti sociali individuano, in aggiunta alle causali legali, specifiche causali contrattuali, afferenti a specifiche esigenze, peculiari ai settori rientranti nel vasto campo di applicazione del CCNL. Il contratto a termine assume quindi una valenza maggiormente flessibile e competitiva, attraverso la previsione di ulteriori ipotesi di ricorso. Le causali contrattuali che permettono di apporre un termine al contratto superiore a 12 mesi, ma comunque non eccedente i 24, sono: punte di più intensa attività derivate da richieste di mercato che non sia possibile evadere con il normale potenziale produttivo per la quantità e/o specificità del prodotto e/o delle lavorazioni richieste; incrementi di attività produttiva, di confezionamento e di spedizione del prodotto, di dipendenza di commesse eccezionali e/o termini di consegna tassativi; esigenze di collocazione nel mercato di diverse tipologie di prodotto non presenti nella normale produzione; esigenze di professionalità e specializzazioni diverse da quelle disponibili in relazione all’esecuzione di commesse particolari.

 

Il testo del rinnovo prevede plurime modifiche inerenti la disciplina dell’apprendistato professionalizzante, sia a livello retributivo che in termini di durata: rammentando che il trattamento economico dell’apprendista segue il principio della percentualizzazione del livello di destinazione finale, il rinnovo prevede la riduzione delle percentuali per il calcolo del trattamento retributivo relativamente al terzo e quarto semestre. In merito alla durata, il CCNL individua la durata massima del periodo di apprendistato professionalizzante a seconda della dipendenza dell’apprendista da un’azienda artigiana o non artigiana e del gruppo di inquadramento: la durata massima può essere ridotta al realizzarsi di specifici eventi, che l’accordo di rinnovo individua nella riduzione della durata del contratto di apprendistato professionalizzante fino ad un massimo di 12 mesi, con riferimento alla durata del precedente rapporto di apprendistato, nel caso di trasformazione in apprendistato professionalizzante del contratto di apprendistato per il conseguimento della qualifica e diploma professionale, con esclusione del periodo di prova e nella riduzione della durata complessiva del periodo di apprendistato di un anno, nel caso di periodi di apprendistato professionalizzante svolti presso più datori di lavoro, purché stati svolti per una durata pari ad almeno 12 mesi, non separati da interruzioni superiori ad un anno e riferiti alle medesime attività. Infine, in regime di tempo parziale, le parti interessate nel rapporto di lavoro potranno concordare di ridurre temporaneamente l’orario settimanale per agevolare la frequenza delle lezioni e ai laboratori, fermo restando il rispetto degli obblighi formativi.

 

Con il rinnovo, le parti sociali recepiscono le recenti trasformazioni in merito allo svolgimento della prestazione lavorativa, introducendo la disciplina del lavoro agile, che di fatto recepisce la disciplina legale prevista dalle L. n. 81/2017, e tratta i temi dell’organizzazione del lavoro agile, regolazione della disconnessione, luogo di lavoro, strumenti di lavoro, salute e sicurezza sul lavoro, infortuni e malattie professionali, diritti sindacali, parità di trattamento e pari opportunità, protezione dei dati personali e riservatezza, formazione e informazione.

 

Il tentativo delle parti sociali di avvicinarsi alle innovazioni tecnologiche legate allo svolgimento della prestazione lavorativa appare evidente analizzando le introduzioni attinenti la classificazione del personale, attraverso l’ampliamento delle attrezzature di lavoro con strumenti anche informatici, ma soprattutto grazie all’introduzione di nuove figure professionali, a cui le parti sociali si impegnano di attribuire un livello di inquadramento: addetto al copywriting, addetto alle relazioni con i media, digital content creator e addetto al social management.

 

Infine, risulta utile menzionare due ulteriori novità: la previsione in aumento del limite massimo di ore annue (da 144 ore a 160 ore) superanti l’orario contrattuale in regime di flessibilità dell’orario di lavoro, con relativa maggiorazione e la complessiva riduzione del periodo di   preavviso in caso di licenziamento e dimissioni, esclusivamente per gli impiegati del settore ICT, in cui rientrano le attività nelle quali la commercializzazione dei prodotti risulta strumentale all’erogazione di servizi informatici.

 

Parte obbligatoria

 

Per quanto riguarda la parte obbligatoria, occorre in primo luogo considerare che il 17 dicembre 2021 è stato sottoscritto da Confartigianato Imprese, Cna, Casartigiani e Claai con Cgil, Cisl e Uil un accordo interconfederale inerente il sistema della bilateralità nell’artigianato con decorrenza dal 1°gennaio 2022, ovvero dalla data di sottoscrizione del rinnovo del CCNL di categoria: in questo senso, l’accordo di rinnovo del contratto nazionale recepisce l’accordo interconfederale, con la conseguenza che, dal mese di giugno 2022, la quota di contribuzione per le imprese aderenti al sistema di bilateralità è aumentata ad € 11,65 e l’elemento aggiuntivo della retribuzione per le imprese non aderenti e che non versano il relativo contributo ad € 30,00, per 13 mensilità.

 

Non solo bilateralità: le parti sociali si impegnano anche ad avviare un lavoro di analisi e studio finalizzato all’aggiornamento della classificazione del personale, sia in considerazione delle evoluzioni caratterizzanti il settore dell’ICT, sia integrando la classificazione stessa inserendo anche le figure professionali previste dello standard European e-competence framework.

 

Infine, le parti sociali si impegnano, tramite l’Osservatorio nazionale, a monitorare i risultati raggiunti a livello nazionale attraverso il lavoro agile e lo sviluppo della contrattazione territoriale e aziendale di regolazione del lavoro agile stesso.

 

Valutazione d’insieme

 

Ad interessare le aziende rientranti nel campo di applicazione del CCNL, artigiane e non, sono gli aumenti retributivi per parte economica, che funge anche da ristoro per il periodo di vacanza contrattuale, ma anche le numerose novità attinenti la parte normativa: la maggiore flessibilità accordata al lavoro a tempo determinato, permettendo maggiore competitività alle imprese, l’ampliamento del lavoro stagionale anche alle nuove collezioni del settore artistico e alle produzioni stagionali del settore agroalimentare e turistiche, la nuova disciplina dell’apprendistato, nonché la regolamentazione del lavoro agile.

 

In merito alle causali contrattuali del contratto a tempo determinato è interessante il fatto che esse siano sostanzialmente le medesime a cui fanno riferimento i recenti rinnovi artigiani del CCNL Legno e lapidei e CCNL Tessile moda chimica ceramica, entrambi del mese di maggio (vedi Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/101 – I rinnovi dei CCNL aziende artigiane area Legno e lapidei e area Tessile moda chimica ceramica: un confronto ragionato, in Bollettino ADAPT del 16 maggio 2022, n. 19); circostanza per cui appare manifesta la natura condivisa del comparto dell’artigianato.

 

La parte obbligatoria è sicuramente impattata dalla bilateralità, che inserisce il CCNL all’interno del percorso di consolidamento del sistema bilaterale EBNA, derivante dalla necessità di implementare il sistema di risorse e mezzi necessari per consentire un adeguamento e un rafforzamento delle prestazioni a favore di imprese e lavoratori (in tema di bilateralità artigiana si veda La capillarità del bilateralismo nell’artigianato, in Bollettino ADAPT del 28 febbraio 2022, n. 8). Capillarità che emerge anche dalla lettura del campo di applicazione dei CCNL artigiani, il cui bacino è potenzialmente molto vasto, confluendo in essi una pluralità di settori e di aziende.

 

Utile evidenziare, in conclusione, il raccordo con i rinnovi di maggio 2021 (CCNL Autotrasporto merci e logistica), dicembre 2021 (CCNL Metalmeccanica oreficeria e odontotecnica, CCNL Alimentazione e panificazione), febbraio 2022 (CCNL Moda Chimica Ceramica Decorazione piastrelle in terzo fuoco, in merito al quale si veda Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/90 – Il rinnovo del CCNL Moda Chimica Ceramica Decorazione piastrelle in terzo fuoco: incrementi retributivi, causali contrattuali e bilateralità per il rinnovo delle OO.AA. artigiane nelle pmi, in Bollettino ADAPT del 21 marzo 2022, n. 11) e maggio 2022 (CCNL Tessile moda chimica ceramica, CCNL Legno e Lapidei e CCNL Edilizia).

 

Eleonora Peruzzi

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@PeruzziEleonora

Il sapere non ha padrone: le ragioni di un rinnovato dialogo tra sindacato e intellettuali

Il sapere non ha padrone: le ragioni di un rinnovato dialogo tra sindacato e intellettuali

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Bollettino ADAPT 2 maggio 2022, n. 17

 

L’intervento di Bruno Manghi al XX Congresso della FIM-CISL, tenutosi a Torino lo scorso 22 aprile, è stato rilanciato a più riprese sui social. Si tratta in effetti di un discorso molto evocativo non solo per il ricordo dello storico segretario generale della FIM, e poi della CISL, Pierre Carniti e della sua epoca sindacale (che ormai una buona parte dei fimmini e più in generale, di chi studia e pratica le relazioni industriali oggi non ha vissuto), ma anche per il messaggio e le provocazioni lanciati alla nuova classe di dirigenti sindacali.

 

C’è un passaggio che colpisce in particolare e su cui Manghi, che per tanti anni ha svolto attività di ricerca, formazione e consulenza in FIM (tanto da essere elencato tra gli intellettuali di riferimento sul sito dell’organizzazione sindacale), si sofferma per alcuni minuti: la consapevolezza di Carniti che “il sapere non ha padrone”. Al contrario di quanto si potrebbe ipotizzare, quell’espressione non fa semplicemente riferimento alla necessità che la conoscenza sia diffusa e messa in circolazione e non sia quindi custodita gelosamente da chi presuppone di detenerla; nel racconto di Bruno Manghi, questo approccio di Carniti parte dal riconoscimento che il sapere, non avendo padrone, non dovrebbe essere valutato per la sigla sindacale, il colore politico o la parte del tavolo contrattuale su cui siede chi ne è il portavoce: il sapere passa attraverso le persone di qualsiasi orientamento culturale, politico, religioso, e come tale dovrebbe essere rispettato e colto anche in chi non condivide le nostre stesse idee; idee che peraltro, come aggiunge lo stesso Manghi, evolvono continuamente nel corso della vita. È un messaggio importante per chi occupa lo spazio pubblico oggi, anche perché come scriveva Hannah Arendt (1958), solo riconoscendo la pluralità di punti di vista che la caratterizzano possiamo vedere la realtà per come è. Il totale isolamento, così come l’interpretazione del mondo sotto un’unica prospettiva, al contrario, determinerebbero la fine dello spazio comune in quanto tale. Pensiamo alla radicalità e alla potenza di questo insegnamento oggi, dentro il sindacato e non solo.

 

Bruno Manghi è convinto che questa consapevolezza abbia accompagnato la storia di Carniti e quella della FIM-CISL, favorendo relazioni solide e costruttive non solo con esponenti politici, sindacali e della società civile di diverso orientamento (come padre Reina, gesuita e consulente dell’associazione degli imprenditori cattolici, Giuseppe Sacchi della Camera del Lavoro di Milano, o Giulio Polotti, che fu tra i fondatori della UIL), ma anche con molti intellettuali, come gli economisti Ezio Tarantelli e Federico Caffè, chiamati a fare lezione ai sindacalisti, nonostante le divergenze di opinioni su alcuni temi. E in parte proprio questa apertura, secondo Manghi, avrebbe contribuito alla rilevanza della categoria dei metalmeccanici a livello confederale (tanti i fimmini poi diventati i segretari generali della CISL). Una posizione, quella della FIM-CISL, certamente distintiva rispetto ad altre categorie, ma che non dovrebbe indurre a dimenticare la dimensione confederale in cui si colloca e l’appartenenza a una storia e a un movimento sindacale che sono internazionali. È in questo passaggio che l’idea di un sapere senza padrone rende esplicito il proprio legame con il valore dell’umiltà, che è precondizione per apprendere dagli altri.

 

Il messaggio non può che giungere forte e chiaro alle orecchie dei sindacalisti presenti, esortati ad abbattere le barriere (spesso ideologiche) che, tanto in CISL quanto nelle altre organizzazioni, possono rallentare e ostacolare il confronto tra le categorie, con la confederazione, e con gli altri sindacati in Europa e nel mondo. E il fatto che provenga da una persona che ha dedicato gran parte della propria vita al sindacato e che ancora oggi non nasconde il proprio amore per il mestiere del sindacalista (il mestiere di chi, con competenza, si occupa dei problemi degli altri), permette di coglierlo senza ostilità.

 

Ma quella di ricercare e riconoscere il sapere senza padrone è una sfida che non può essere delegata al solo sindacato e che anzi dovrebbe coinvolgere tutti coloro che, dopo quasi due secoli di storia, credono ancora nel sindacato e nelle relazioni industriali. Se la cultura sindacale non scaturisce da un processo interno all’organizzazione ma è necessariamente alimentata e arricchita da relazioni esterne, il nostro compito, come ricercatori e sostenitori del ruolo del sindacato anche nell’odierno spazio pubblico, deve essere quello di accompagnare la rappresentanza del lavoro in questo processo: non accontentarci dei testi scientifici e dei comunicati stampa, ma provare a interloquire direttamente con il sindacato e a strutturare insieme percorsi di ricerca e formazione condotti nelle strutture e nei luoghi dove esso opera, senza perdere quell’umiltà necessaria a cercare altre strade di incontro e conoscenza se quelle preventivate risultano inefficaci, e preparandoci a riconoscere che i primi a trarre un grande sapere saremo noi.

 

Ilaria Armaroli

ADAPT Research Fellow

@ilaria_armaroli

 

La contrattazione collettiva in Germania: le tendenze del 2021

La contrattazione collettiva in Germania: le tendenze del 2021

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Bollettino ADAPT 28 marzo 2022, n. 12

 

L’Istituto di scienze sociali ed economiche (Wirtschafts- und Sozialwissenschaftliche Institut – WSI) della Fondazione Hans Böckler ha di recente pubblicato un interessante report che analizza le linee di tendenza della contrattazione collettiva in Germania nel 2021.

Il report si apre con un dato che rende evidente come la pandemia da COVID-19 abbia segnatamente influenzato la dinamica delle relazioni industriali all’interno del paese: durante il 2021, la vigenza media degli accordi collettivi è stata di 23.8 mesi, spiccatamente maggiore di quanto avvenuto nell’anno precedente, durante il quale la stessa è stata molto più breve, in risposta alle incertezze connaturate al periodo emergenziale.

 

Un dato che viene inserito al termine del documento, ma che risulta tuttavia necessario al fine di contestualizzare gli ulteriori elementi riportati, è quello della copertura della contrattazione collettiva in Germania, la quale risulta in costante declino dagli anni 90’ in poi. Nel 2020, soltanto il 51% dei lavoratori tedeschi svolgeva la loro prestazione in un’azienda che applicava un contratto collettivo, di primo o di secondo livello. Gli autori riportano inoltre che, anche se una percentuale abbastanza grande di imprese al di fuori del sistema della contrattazione collettiva sembri modellare le condizioni di lavoro dei propri dipendenti su quanto previsto dalle disposizioni delle fonti collettive, ciò nella maggior parte dei casi comporta ancora una notevole divergenza dagli standard contenuti nelle stesse.

 

Sul fronte retributivo, invece, è da segnalare come, nel corso del 2021, circa 13 milioni di lavoratori subordinati abbiano beneficiato di aumenti salariali grazie all’azione della principale confederazione sindacale tedesca, la Deutscher Gewerkschaftsbund (DGB). Allo stesso tempo, è da notare come la crescita dei salari negoziali si sia fermata all’1,7%, dato significativamente inferiore a quello del 2018 (3%) e del 2019 (2,9%), ma anche a quello del 2020 (2%): tale declino, insieme alla crescita dell’inflazione, ha fatto sì che il salario “reale” dei lavoratori tedeschi sia crollato del 1,4%.

 

Gli aumenti del salario negoziale si differenziano in modo sostanziale tra i settori merceologici considerati: il settore della ristorazione è quello che ha subito uno degli aumenti più considerevoli, insieme a quello della pulizia industriale e dell’accoglienza, mentre i lavoratori del settore metalmeccanico hanno ricevuto unicamente un cosiddetto “Corona-Bonus” di 500 euro – ossia un’erogazione una tantum al netto di tassazione e contribuzione sociale, in riconoscenza del lavoro svolto durante la pandemia da COVID-19.

 

La comprensione della situazione salariale in Germania, però, non può essere completa se non specificando alcuni dati di contesto. Anche in reazione al costante declino della copertura della contrattazione collettiva negli ultimi decenni, dal 2015, nel paese vige una legge che indica l’importo minimo del salario orario per tutti i lavoratori del paese (Mindestlohngesetz), il quale viene adeguato periodicamente al costo della vita da parte di un’apposita commissione formata da rappresentanti del mondo datoriale, sindacale e accademico (Mindestlohnkommission).

 

Tale commissione aveva deciso che, nel 2022, il salario minimo orario netto per tutti i lavoratori tedeschi avrebbe dovuto equivalere a 10,45 euro. Tuttavia, al fine di garantire a tutti i cittadini “uno standard di vita dignitoso” il nuovo Governo federale ha deciso che, nell’ottobre del 2022, tale salario orario sarà elevato a 12 euro l’ora, eccezionalmente per via legislativa.

In Germania, tuttavia, minimi salariali erga omnes possono essere altresì introdotti dalla contrattazione collettiva: all’interno dell’ordinamento tedesco, infatti, è prevista la possibilità di estendere il campo di applicazione di un contratto collettivo a tutti i lavoratori di un determinato settore, a prescindere dall’appartenenza del datore di lavoro o dello stesso lavoratore alle associazioni di rappresentanza firmatarie, seguendo la procedura di cui al paragrafo 5 della Legge sulla contrattazione collettiva (Tarifvertragesetz). Secondo quanto descritto dal Report, buona parte dei minimi salariali collettivi erga omnes attualmente supera quello che sarà l’importo minimo legale da ottobre 2022 in poi: tuttavia, sussistono anche settori in cui vigono minimi inferiori, i quali dovranno necessariamente adeguarsi a quanto previsto dalla legge.

 

Un ultimo dato che risulta particolarmente interessante, e forse inaspettato per chi non conosce approfonditamente il contesto socioeconomico tedesco, è quello della persistente differenza nei salari negoziali dei lavoratori attivi nella ex Germania Est, e quelli nella ex Germania Ovest. Nel 2021, i lavoratori dei Länder della ex DDR potevano contare su un salario negoziale il cui importo ammontava al solo 98% di quello previsto per i loro omologhi dell’Ovest. Allo stesso tempo, il report rileva come questi ultimi beneficino generalmente di condizioni di lavoro più favorevoli dei loro connazionali, come ad esempio una settimana lavorativa di circa un’ora più corta (37,6 ore per i lavoratori dell’ex Germania Ovest, 38,5 ore per i lavoratori dell’ex Germania Est). Di conseguenza, durante il 2021, numerose azioni collettive sono state dirette a uniformare il numero di ore di lavoro svolte dai lavoratori della Germania Est e da quelli della Germania Ovest, in particolare nei settori dell’industria elettrica e metalmeccanica, in cui il divario è ancora più pronunciato rispetto ai dati riportati.

 

Nel paragrafo conclusivo del Report, gli autori azzardano alcune previsioni relativamente alle prospettive della contrattazione collettiva in Germania nel 2022. La ripresa dell’economia potrebbe infatti creare un contesto favorevole per quanto concerne la contrattazione in materia di retribuzione, la quale potrebbe portare a significativi aumenti salariali in quei settori, come quello dell’educazione, in cui si verificano al contempo significative carenze relativamente ai lavoratori in possesso delle competenze necessarie per l’attuale mercato del lavoro (skill shortages) e un forte aumento della domanda di lavoro.

 

Diletta Porcheddu

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@DPorcheddu