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Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/161 – Accordo integrativo aziendale di METRO: investimenti sul benessere e sulla formazione dei dipendenti

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/161 – Accordo integrativo aziendale di METRO: investimenti sul benessere e sulla formazione dei dipendenti

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 29 maggio 2023, n. 20

 

Parti firmatarie e contesto

 

Dopo ampia e approfondita discussione, lo scorso 25 marzo, Metro Italia S.p.A. e Metro Dolomiti S.p.A. hanno siglato con le Organizzazioni Sindacali Nazionali, FILCAMS CGIL Nazionale, FISASCAT CISL Nazionale e UILTUCS UIL Nazionale, unitamente alle strutture Territoriali delle OOSS, l’ipotesi di accordo del contratto integrativo aziendale che coinvolge oltre 4 mila dipendenti distribuiti tra circa 49 punti vendita, depositi e sede centrale, e che avrà validità fino al 30 aprile 2026.

 

Detto accordo si inserisce nell’ambito di un Piano Strategico aziendale incentrato sulla strategia multicanale, che prevede lo sviluppo e la coesistenza dei canali Cash and Carry, Food Service Distrubution (FSD) e Digitale (marketplace con ricorso a servizi digitali), con lo scopo di consolidare e sviluppare la propria posizione nel mercato HORECA (hotellerie-restaurant-café).

 

Oggetto e tipologia di accordo

 

Con la sottoscrizione del contratto integrativo aziendale oggetto di analisi, le Parti danno atto dell’importanza della trasformazione tecnologico-digitale che sta investendo il mercato di riferimento e che deve necessariamente coinvolgere anche i processi interni ed esterni di METRO. Per tale fine, i soggetti firmatari riconoscono l’importanza di investire sul personale in forza attraverso programmi di formazione che rafforzino e adeguino le competenze dei dipendenti negli ambiti più funzionali alla strategia commerciale\tecnologica da perseguire e che supportino l’utilizzo di modalità di lavoro più innovative e all’avanguardia.

 

Le Parti concordano, inoltre, che il processo di evoluzione che METRO si accinge ad affrontare, deve essere accompagnato dal reciproco dialogo e confronto, necessario a supportare e sostenere le strategie di crescita professionale, occupazionale, di formazione e sviluppo, in un’ottica di benefici per l’azienda e per chi vi opera, instaurando, così, un sistema di relazioni sindacali qualificate.

 

Temi trattati / punti qualificanti / elementi originali o di novità

 

Per perseguire quanto sopra, le Parti, in prima battuta, delineano le procedure delle relazioni sindacali sia a livello Nazionale che a livello di Punto Vendita/Deposito/Sede, stabilendo la frequenza degli incontri periodici (rispettivamente semestrale e trimestrale) al fine di aprire un confronto principalmente sull’evoluzione dei canali di vendita e sulla tecnologia impiegata, sull’organizzazione del lavoro (turni, flessibilità, contratti a termine/somministrazione, ecc.), sulla consistenza e distribuzione delle presenze effettive dei dipendenti, sugli andamenti commerciali e sull’eventuale necessità di aprire nuove unità produttive.

 

METRO riconosce, inoltre, 12 ore annue di assemblea sindacale a disposizione delle RSU/RSA di ciascun punto vendita nonché della Sede, oltre che 4,5 ore di permessi sindacali per dipendente.

 

Le Parti sottolineano la necessità di istituire delle Commissioni paritetiche in tre distinti ambiti: vengono previste la Commissione Paritetica Welfare/Premio di Risultato, quella della Formazione e quella della Salute e Sicurezza, composte ciascuna da 3 membri di parte sindacale (1 per sigla) facenti parte delle RSA/RSU e 3 di parte aziendale, al fine di monitorare e analizzare le tematiche di rispettiva competenza e formulare proposte di sviluppo positivo da sottoporre al tavolo Nazionale. Da ciò si evince l’importanza dell’implementazione di un sistema Welfare, legato anche al raggiungimento degli obiettivi previsti nel Premio di Risultato, al fine di migliorare il benessere dei dipendenti e conciliare i tempi vita-lavoro, nonché l’attenzione alla definizione di percorsi formativi per i dipendenti e un maggiore impulso all’attività aziendale sui temi di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e sulla prevenzione dello stress da lavoro correlato. I membri delle suddette commissioni potranno partecipare, inoltre, alle riunioni della Direzione Aziendale con l’Organismo Bilaterale qualora nell’ordine del giorno vi siano tematiche di rispettivo interesse.

 

Quanto alle integrazioni apportate alla disciplina del rapporto di lavoro (punto 5 dell’accordo), interessanti novità vengono introdotte in materia di apprendistato. In particolare, alla metà del percorso viene previsto un momento di verifica che potrà portare l’apprendista ad una accelerazione del percorso di carriera.

 

Inoltre, viene espressamente pattuito che per i dipendenti con contratto a tempo determinato che entro 6 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro ne facciano richiesta, verrà riconosciuto un diritto di precedenza per le nuove assunzioni a tempo indeterminato nelle medesime mansioni già espletate, previa valutazione delle competenze professionali.

 

In merito ai contratti di lavoro part-time, le Parti riconoscono la funzionalità di tale tipologia contrattuale ai fini dell’organizzazione del lavoro, legata agli andamenti commerciali e alle necessità di garanzia del servizio al cliente. Pertanto, l’Azienda, previo confronto con le Parti Sindacali, si impegna a verificare la possibilità di incrementare l’orario part-time nei reparti in cui sorgano esigenze organizzative. Sempre per le esigenze sopra menzionate, l’Azienda ha previsto l’erogazione di una indennità annuale pari a Euro 120,00 per i lavoratori che sottoscriveranno clausole elastiche. Inoltre, anche per questa fattispecie contrattuale viene previsto un diritto di priorità in caso di assunzioni a tempo indeterminato full time.

 

Quanto all’orario settimanale di lavoro, viene prevista una modulazione oraria di 40 ore settimanali per i primi 12 mesi successivi all’assunzione, 39 ore settimanali per i successivi 12 mesi e 38 ore settimanali a regime dal 25° mese, fermo restando che l’orario di lavoro straordinario scatta al superamento dell’orario settimanale definito dal CCNL applicato in azienda – ossia quello relativo al settore della Distribuzione Moderna Organizzata (40 ore).

 

In virtù del presente accordo, per il lavoro straordinario prestato nelle giornate festive previste dal CCNL DMO l’Azienda riconosce al dipendente il diritto al pagamento del 160% della retribuzione oraria per le ore effettivamente lavorate.

 

In ogni caso, le prestazioni eccedenti l’orario settimanale di lavoro possono confluire, su richiesta del lavoratore e in sostituzione del compenso per il lavoro straordinario, nella banca ore individuale, con la garanzia di poter fruire dei permessi accantonati nell’arco dell’anno solare successivo di maturazione.

 

Quanto al lavoro domenicale, le Parti si riservano di ufficializzare un calendario delle presenze domenicali al fine di meglio distribuire le presenze in dette giornate. A tal fine, entro il mese di ottobre di ciascun anno la Direzione dei punti vendita e le RSU si attiveranno per raccogliere le disponibilità individuali cercando di garantire una equa partecipazione tra i dipendenti dei singoli punti vendita. Non saranno tenuti a garantire la presenza i lavoratori madri o padri affidatari di bambini di età inferiore a sei anni, i dipendenti che assistono portatori di handicap conviventi e i dipendenti portatori di handicap. Per tutti i dipendenti METRO la percentuale di maggiorazione per il lavoro domenicale sarà pari al 60% per le prime 14 e al 75% per le domeniche dalla 15 in avanti.

 

In tema di formazione, al capitolo 6 del presente accordo, le Parti condividono l’opportunità di coinvolgere tutti i dipendenti di METRO in programmi di apprendimento continuo e di qualificazione e riqualificazione su tutte le tematiche connesse allo svolgimento dell’attività professionale, nella misura minima di 40 ore. I programmi formativi saranno incentrati principalmente a rafforzare e adeguare le competenze dei dipendenti negli ambiti più funzionali alla strategia multicanale aziendale, al fine di diffondere l’utilizzo di modalità di lavoro innovative e digitali.

 

Viene espressamente sancito il divieto di ogni forma di discriminazione e la garanzia dell’attuazione delle pari opportunità nella progressione di carriera, nella valutazione di competenze anche ai fini dell’assunzione e in materia di formazione e aggiornamento professionale.

 

Incidenza sul trattamento retributivo e sulle misure di welfare

 

Al fine di migliorare il sistema di welfare aziendale, inteso sia come sistema di prestazioni non monetarie finalizzate ad incrementare il benessere individuale e familiare ed il bilanciamento fra i tempi di vita e lavoro dei lavoratori, sia come via per aumentare il potere di acquisto delle persone, l’Azienda si impegna ad attivare un Sistema di Convenzioni al fine di soddisfare i bisogni dei dipendenti di diverse fasce d’età e differenti situazioni familiari.

 

Sulla base di tale presupposto, a decorrere dall’anno fiscale 2024, METRO metterà a disposizione nel conto Welfare, a disposizione di ciascun lavoratore assunto a tempo indeterminato o con contratto di apprendistato, la somma massima di Euro 200,00 da riproporzionare in base alla data di assunzione e all’orario di lavoro (full time-part time). Al lavoratore viene data la possibilità di scegliere, a seconda dell’offerta del Sistema di Convenzioni adottato, diversi beni e servizi in ambito di formazione\educazione, salute, trasporti, buoni acquisto, assistenza sanitaria, tempo libero, garantendo anche la possibilità di destinare la predetta somma ai fondi di previdenza complementare previsti dal CCNL DMO (Fon.Te e Laborfonds).

 

Quanto alle ulteriori iniziative di welfare aziendale, METRO si impegna ad integrare al 100% la quota di indennità economica di malattia e infortunio rispettivamente erogate da INPS e INAIL. Peraltro, in caso di superamento del periodo di comporto di dipendenti affetti da patologie oncologiche o cronico-degenerative, l’Azienda, prima di procedere al licenziamento, valuterà con la RSU/RSA il prolungamento di detto periodo al solo fine di mantenere il posto di lavoro.

 

Le Parti introducono anche la Banca Ore Solidale, impegnandosi a definirne le modalità applicative entro marzo 2024.

Quanto al congedo parentale, il trattamento corrisposto dall’INPS verrà integrato al 40%.

 

A titolo di miglior favore, inoltre, ai dipendenti studenti di METRO sono riconosciute 10 ore di permesso annuo aggiuntive rispetto a quelle previste dal CCNL DMO.

 

Vengono, inoltre, concessi permessi retribuiti, nel limite di 6 ore annue (da riproporzionare in base all’orario di lavoro), per effettuare visite mediche specialistiche e/o analisi cliniche presso strutture private e pubbliche.

 

Nell’ambito della promozione della cultura aziendale basata sulle pari opportunità e di un ambiente di lavoro incentrato sul rispetto reciproco e sulla non discriminazione, le Parti, ad integrazione di quanto previsto dall’art. 24 del D. Lgs. 80\2015, definiscono un ulteriore periodo di 90 giorni di astensione dal lavoro in favore delle dipendenti inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere.

 

Infine, i soggetti firmatari del presente accordo si danno atto che, a partire dall’anno fiscale 2024, entrerà in vigore il Premio di Risultato, i cui obiettivi vengono definiti per Punti vendita/Deposito e Sede, come meglio delineati nel capitolo 9 dell’accordo. Nel calcolo del premio di risultato è stato definito un sistema di salario variabile che permette di raggiungere potenzialmente un premio di Euro 1.200,00 lordi annui al raggiungimento degli obiettivi, che può arrivare fino ad Euro 1.440,00 lordi annui qualora gli obiettivi siano superati. Su richiesta del singolo dipendente, detto importo potrà essere convertito in tutto o in parte in beni o servizi Welfare.

 

Valutazione d’insieme

 

Nel complesso, dall’accordo integrativo aziendale di METRO emerge l’impegno comune delle Parti a costruire un ambiente di lavoro inclusivo e attento alle necessità dei dipendenti, oltre che volto ad aumentare la competitività aziendale.

 

L’implementazione del sistema di welfare aziendale ha proprio lo scopo di contribuire al benessere e alla sicurezza sociale dei dipendenti stessi e delle loro famiglie, così come anche i permessi per visite mediche, il congedo per donne vittime di violenza e l’inserimento di un fondo ferie solidali.

 

Infine, grande rilevanza viene data anche al processo di qualificazione e riqualificazione del personale già in forza con l’obiettivo di accrescere la professionalità dei dipendenti per coadiuvare l’Azienda a raggiungere la competitività necessaria per consolidare la propria posizione nel mercato di riferimento.

 

Graziana Ligorio

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@LigorioGraziana

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/160 – Accordo Comifar Distribuzione: unità, flessibilità e welfare

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/160 – Accordo Comifar Distribuzione: unità, flessibilità e welfare

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 22 maggio 2023, n. 19

 

Parti firmatarie e contesto

 

Nella giornata di giovedì 9 marzo 2023, la Direzione Aziendale di Comifar Distribuzione S.p.A., assistita da Confcommercio, e Filcams-CGIL, Fisascat-CISL e Uiltucs-UIL hanno sottoscritto il rinnovo del contratto di secondo livello con vigenza fino al gennaio 2026. Il risultato delle trattative è costituito da un testo corposo e originale, che, nato nell’alveo del CCNL Confcommercio rinnovato nel 2015, rappresenta il frutto della volontà delle parti firmatarie di accompagnare la crescita aziendale con un percorso condiviso in materia, soprattutto, di andamento economico complessivo e sicurezza.

 

Comifar Distribuzione è una società del Gruppo Comifar, leader nella distribuzione farmaceutica in Italia. Si tratta di una realtà imprenditoriale nata nel 1944 e diffusa su tutto il territorio italiano con 20 Unità Distributive e 2 Hub.

 

Oggetto e tipologia di accordo

 

L’accordo si configura come la sottoscrizione del rinnovo del contratto integrativo aziendale e opera un aggiornamento tanto della parte economica, quanto delle sezioni obbligatorie e normative.

 

Il testo contrattuale si qualifica come reazione costruttiva a un rischio e come risposta collaborativa a un’esigenza dell’azienda.

 

In primo luogo, tutti i sistemi di relazioni industriali delle realtà aziendali posizionate su territori molto vasti corrono il rischio della dispersione territoriale e della mancata unità sul piano della prassi e dell’applicazione degli istituti. Comifar Distribuzione, pertanto, intende reagire in modo costruttivo a questo rischio attraverso un’operazione di sistematizzazione di alcuni istituti e di alcuni punti qualificanti dell’integrativo.

 

In secondo luogo, il contratto in esame costituisce la risposta a un’esigenza aziendale di flessibilità, di aumento della capacità produttiva, nonché di efficienza organizzativa. All’interno dello scambio formalizzato dal contratto, dunque, a fronte di un incremento delle turnistiche attivabili e di un maggior utilizzo delle prestazioni di lavoro straordinario, i firmatari introducono un vasto numero di misure di welfare, tra cui alcuni specifici permessi finalizzati a supportare il dipendente nella gestione del bilanciamento tra vita personale e sfera lavorativa.

 

I due fattori fondamentali dell’accordo, ossia il rischio e l’esigenza segnalati nelle righe precedenti, trovano entrambi una risposta complessiva e sistematica, infine, nella struttura del premio di risultato disegnato nelle pagine economiche dell’accordo.

 

Il sistema di relazioni industriali

 

Per quanto riguarda il primo obiettivo segnalato, ossia la necessità di dare sistematicità al sistema di relazioni industriali di Comifar Distribuzione, le parti confermano nel nuovo testo contrattuale un sistema di confronto articolato su un livello nazionale e su un livello territoriale, a cui viene affidata la trattazione di tematiche coerenti con il piano di interlocuzione. In quest’ottica, è da segnalare l’esplicito impegno dei firmatari nel garantire uniformità di prassi sia per quanto riguarda le procedure di elezione e costituzione di RSA e RSU, sia per quanto concerne il calcolo e la fruizione dei permessi sindacali, includendo anche le modalità di gestione di un eventuale superamento del monte ore.

 

A completamento di questa prima parte dell’accordo, si evidenzia l’istituzione di nuovi organi di confronto quali le commissioni nazionali, nonché la formalizzazione di un Coordinamento Nazionale sindacale, istituito insieme a un particolare monte ore di permessi dedicato, che, sul piano HSE, viene accompagnato da un organismo di Coordinamento, di pari livello, di tutti gli RLS della società.

 

Flessibilità e welfare

 

Al fine di aumentare la capacità produttiva e renderne più flessibile la gestione, l’accordo prevede poi la possibilità di efficientare il turno serale finalizzato al completamento degli allestimenti, mediante l’attivazione di prestazioni di lavoro straordinario, retribuite attraverso una specifica indennità, su base volontaria. Il testo sottoscritto include, inoltre, la possibilità di prolungare, previo confronto, l’orario lavorativo oltre le ore ordinarie anche in caso di situazioni imprevedibile e non derivanti dalla necessità di completare gli allestimenti, nonché l’attivabilità del turno notturno. L’accordo comprende possibilità gestionali in casi di flessione dei volumi con la creazione di “serbatoio di flessibilità”, in cui far confluire quote di permessi e ferie maturate.

 

A fronte, dunque, di questi aggiornamenti in merito alla turnistica e all’orario di lavoro e al fine di garantire il benessere in azienda, le parti introducono un set di misure di welfare molto corposo, in cui l’attenzione alla salute del lavoratore è centrale. In particolare, l’accordo prevede quote di ore annuali di permessi per le visite mediche specialistiche, per l’inserimento dei figli alla scuola materna, per decessi e gravi infermità e per la cura dei figli affetti da gravi patologie comportamentali, in modo tale da supplire all’assenza del beneficio dei permessi previsti dalla Legge 104 del 1992. I firmatari introducono inoltre la flessibilità in entrata e in uscita per il personale degli uffici, nonché una forma di recupero flessibile del ritardo per la restante popolazione delle Unità Distributive.

 

Il quadro di misure dedicate al welfare viene inoltre integrato, in via esemplificativa, con l’aumento della percentuale di personale in part time per maternità e con la possibilità di mantenere il posto di lavoro per tutta la durata di percorsi riabilitativi in caso di personale affetto da ludopatia.

 

L’inserimento all’interno del testo sottoscritto di iniziative di microcredito a sostegno e a supporto delle spese mediche e scolastiche dei dipendenti costituisce infine un elemento particolarmente caratterizzante e indicativo dell’attenzione delle parti per alcune fasi particolarmente critiche della vita di ogni lavoratore e di ogni persona.

 

Il premio di risultato

 

Qualche considerazione finale va infine effettuata in merito all’istituto del premio di risultato introdotto col nuovo accordo, la cui struttura rispecchia profondamente, da un lato l’unitarietà dell’organizzazione, dall’altro la flessibilità del contesto aziendale. L’unità è garantita dal posizionamento di un indicatore generale finanziario, a livello di Gruppo, legato agli utili prima delle imposte, direzionato a dare unità di senso a tutte le ramificazioni dell’azienda. La flessibilità è data invece dalla possibilità di declinare altri due parametri a livello di Unità Distributiva, ufficio o reparto, al fine di allineare gli indici alle particolarità della singola unità organizzativa e ai suoi obiettivi. Il complesso di questi parametri è, poi, rimodulato alla luce dei giorni di mancata prestazione lavorativa del singolo lavoratore.

 

Valutazione d’insieme

 

In conclusione, si può affermare che il contratto integrativo di Comifar Distribuzione nasce dalla particolarità della disposizione organizzativa e geografica dell’azienda e dalle caratteristiche salienti del momento del mercato.

 

Dal primo fattore deriva il rischio di frammentazione e dispersione territoriale, rispetto a cui la sistematizzazione di alcuni istituti e la formalizzazione del sistema di relazioni industriali costituiscono la principale risposta delle parti. Dai tratti dello scenario di mercato discende invece l’esigenza dell’azienda di garantire al proprio management la possibilità di gestire le attività in modo più flessibile e dinamico. Esigenza che viene declinata attraverso un ampio ricorso a misure di flessibilità organizzativa e all’utilizzo, nel premio, di indicatori di sito.

 

L’ampio spazio dedicato alle misure di welfare, rientrante a pieno titolo nella dimensione dello scambio, esprime poi la consapevolezza, da parte dei protagonisti della trattativa, dell’origine extra aziendale del benessere organizzativo. In altri termini, la sostenibilità e la crescita della capacità produttiva trovano la loro condizione necessaria nella corretta cura di una dimensione non produttiva e non riconducibile a parametri di efficienza, ossia la dimensione extralavorativa della vita del dipendente.

 

Filippo Reggiani

Scuola di Dottorato di ricerca in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@FilippoReggian3

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/159 – Il contratto integrativo aziendale di ITX Italia: un esempio di organizzazione del lavoro condivisa con le Parti sociali

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

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Bollettino ADAPT 15 maggio 2023, n. 18

 

Parti firmatarie e contesto

 

In data 8 marzo 2023, in seguito all’intesa raggiunta nel mese di febbraio, è stato siglato il primo contratto integrativo aziendale del gruppo ITX Italia S.r.l. a seguito della fusione per incorporazione compiutasi nel settembre 2021. La società, attiva sull’intero territorio nazionale nel settore della moda, unisce in sé i seguenti brand: Zara, Bershka, Pull & Bear, Stradivarius, Oysho, Zara Home e Massimo Dutti.

Il percorso avviato da Zara nel 2015 per lo sviluppo di un percorso di relazioni sindacali nazionali si è dunque concretizzato in un’intesa siglata con Filcams-CGIL, Fisascat-CISL, Uiltucs-UIL che ha durata quadriennale e che sostituisce e supera tutti gli accordi aziendali disciplinanti le materie in esso regolate; significative sono le previsioni relative al tacito rinnovo di anno in anno qualora non dovesse intervenire alcuna richiesta formale in tal senso e la fissazione di un preavviso di recesso di 4 mesi di calendario. In più, le Parti hanno stabilito che l’accordo potrà risolversi automaticamente di diritto nel caso in cui l’azienda dovesse applicare un differente CCNL e che, in ogni caso, la negoziazione di un nuovo contratto integrativo aziendale dovrà disciplinare “in maniera equivalente” le materie regolate dall’intesa raggiunta.

Un punto qualificante e strutturale dell’intero accordo è rappresentato da una corposa disciplina degli assetti contrattuali (livello nazionale/aziendale, livello decentrato di territorio e livello di negozio) per i quali le Parti hanno stabilito le relative materie di competenza. Se il livello nazionale si focalizza su strategie aziendali, livelli occupazionali e processi di riorganizzazione, il livello territoriale guarda all’andamento economico delle filiali, alle tipologie contrattuali e alla sicurezza nei luoghi di lavoro, mentre al livello decentrato di negozio è demandata l’organizzazione del lavoro e l’andamento delle vendite del punto vendita.

 

Oggetto e tipologia di accordo

 

L’accordo è un contratto integrativo aziendale che, nell’ambito delle previsioni del CCNL Distribuzione Moderna Organizzata applicato, sviluppa un sistema integrato di relazioni industriali, organizza il lavoro, disciplina le tipologie contrattuali e introduce migliorie rispetto al contratto nazionale. In particolare, esso è riconducibile ad un’intesa tipicamente gestionale a cui si aggiunge la significativa introduzione di un premio di produttività; la complessità dell’accordo è data da un ambito di applicazione variabile a seconda degli istituti disciplinati. Nello specifico, il contratto sottoscritto sarà applicabile “al solo personale operante presso i punti vendita della società, con esclusione, pertanto, del personale degli uffici centrali della società ovvero comunque non direttamente ed esclusivamente assegnati in via funzionale ai punti vendita della società”; data la natura composita degli argomenti disciplinati dall’integrativo, ciascun articolo ha poi precisato la relativa estensione soggettiva, specificando se esso sia applicabile alla generalità dei dipendenti di ITX, ovvero solo ad una specifica categoria di essi.

 

Temi trattati e aspetti di innovazione rispetto alla contrattazione nazionale

 

Il contratto integrativo aziendale interviene su diversi temi riguardanti l’organizzazione del lavoro, che rappresenta il vero punto qualificante dell’accordo, dal momento che le Parti hanno costruito un modello condiviso e organico. Anzitutto, l’intesa ha disciplinato l’istituto del lavoro a tempo parziale fissano principi e delle linee guida da declinare poi, secondo gli assetti contrattuali definiti, a livello decentrato di negozio; in particolare, si richiede un’organizzazione dei turni part-time che non superi le tre fasce orarie giornaliere (apertura, intermedio e chiusura) e che riconosca il maggior numero possibile di riposi coincidenti con la domenica o con il sabato, pur compatibilmente con le esigenze organizzative che riscontrano nei weekend dei picchi di operatività dei negozi. ITX si è impegnata a non superare i 6 giorni di lavoro consecutivi e a favorire, ove possibile e su richiesta dei lavoratori, la modifica ad un contratto part-time con un maggior numero di ore. Inoltre, l’accordo disciplina l’eventuale possibilità di inserimento di personale full time all’interno di un punto vendita, valutando previamente la disponibilità del personale part-time all’aumento delle ore di lavoro e disciplinando la relativa procedura, nonché garantendo la pubblicazione sulla intranet aziendale delle opportunità di lavoro stabile.

 

Anche per quanto riguarda il contratto a tempo determinato, l’intesa interviene avvalendosi dell’art. 19, comma 1, lett. b-bis) del D.lgs. n. 81/2015 per definire due ulteriori causali rispetto alle previsioni normative, e cioè “sostituzione di addetti alla vendita a cui è garantito il riposo ricadente il sabato e/o la domenica come da accordo sindacale aziendale nel corso del periodo settembre-novembre o marzo-maggio” e “sostituzione nei turni di chiusura dei lavoratori genitori che godono delle agevolazioni per mancate prestazioni di lavoro in fascia di chiusura […] nel periodo settembre-novembre o marzo-maggio” (tale causale potrà essere utilizzata solo per contratti a termine part-time con turno unicamente serale). In più, le Parti hanno stabilito che il personale assunto tramite le causali definite non potrà superare il 18% annuo dell’organico a tempo indeterminato (fermo restando le esclusioni previste dalla norma di legge e dal CCNL applicato e il rispetto della percentuale massima prevista, cioè il 28%) e che la sperimentazione in atto sui contratti a tempo determinato è finalizzata alla stabilizzazione occupazionale nella misura del 3% minimo annuo.

 

Accanto alla disciplina delle tipologie contrattuale, un altro aspetto legato all’organizzazione del lavoro che trova nell’accordo una condivisione con le Parti sociali è rappresentato dalla pianificazione di ferie e ROL; l’intesa stabilisce la modalità di programmazione delle spettanze contrattuali fissando tempistiche di richiesta e di fruizione e disciplinando i casi di non accettazione dei piani ferie attraverso un confronto con il singolo lavoratore. L’integrativo aziendale affronta a carte scoperte un tema centrale per il diritto al riposo dei dipendenti, lasciando anche un certo margine di disponibilità rispetto alla fruizione di ROL, la cui autorizzazione al godimento a modifica dei relativi piani “non potrà essere negata se non per una ragione organizzativa costituita dalla necessità di garantire il normale andamento dell’attività produttiva”.

Un altro punto qualificante dell’accordo è dato dalla conciliazione dei tempi vita-lavoro che rappresenta un filo rosso che percorre l’intero integrativo, a partire dalle previsioni riguardanti il personale a tempo indeterminato. Nello specifico, le Parti, oltre ad estendere i principi e le linee guida fissate dalla disciplina sui lavoratori a tempo parziale agli addetti alla vendita e alla cassa con contratto full-time, hanno fissato delle regole in materia di riposo nelle giornate di sabato e domenica, garantendone la fruibilità in base alle dimensioni del punto vendita (a seconda che esso abbia più o meno di 20 dipendenti addetti alla vendita).

 

In tema di supporto alla genitorialità, l’accordo riconosce ai dipendenti a tempo indeterminato fino a 4 giorni di permessi retribuiti ulteriori a quelli previsti dalla normativa e dalla contrattazione collettiva nazionale – denominati “Accompagnamento nascita” – che potranno essere usufruiti per singole giornate entro la nascita del figlio. Non solo: compatibilmente con l’organizzazione del negozio, a lavoratrici madri e lavoratori padri potranno essere richieste al massimo una o due prestazioni settimanali in fascia di chiusura (a seconda che il figlio abbia un’età compresa nel primo o nel secondo anno di vita). Un altro punto dell’accordo senza dubbio innovativo e connesso al tema della genitorialità riguarda l’istituzione del “Congedo parentale CIA ITX”: esso consiste in un periodo di aspettativa da fruirsi una volta che sia già stato usufruito interamente il congedo parentale INPS e utilizzabile per un solo bambino nel corso dell’intero rapporto di lavoro. La sua durata può arrivare fino a 12 mesi e, per il primo periodo di 4 mesi, sarà retribuito nella misura del 40% della retribuzione lorda mensile; in più, nel caso in cui ricorrano i requisiti per la concessione di tale aspettativa, i beneficiari potranno accedere all’anticipazione del TFR superando le ipotesi dell’art. 2120, comma 8 del codice civile. Infine, l’integrativo introduce due ulteriori istituti: i dipendenti a tempo indeterminato potranno usufruire di 2 giorni di permessi retribuiti l’anno per accompagnare figli (fino a 14 anni) o anziani in caso di ricoveri ospedalieri, in pronto soccorso o day hospital e avranno diritto a ulteriori 2 giorni di permessi retribuiti annui – per ciascun figlio – per il primo inserimento all’asilo nido o alla scuola di infanzia.

 

In aggiunta ai congedi già menzionati, le Parti hanno previsto un trattamento di favore rispetto al congedo per formazione disciplinato dall’art. 160 del CCNL, riducendo i requisiti a 2 anni di anzianità ed elevando al 5% la percentuale da computare sul punto vendita di assegnazione del richiedente; l’azienda si è impegnata a valutare positivamente anche l’eventuale richiesta proveniente da un ulteriore lavoratore, sino dunque ad un massimo di quattro lavoratori. Per quanto riguarda le maggiorazioni, invece, l’integrativo incentiva ulteriormente il lavoro festivo riconoscendo ai lavoratori che abbiano un contratto in essere di durata di almeno 30 giorni una maggiorazione del 35%.

Oltre alla disciplina degli assetti contrattuali e all’organizzazione del lavoro, che rappresentano punti qualificanti di un accordo che istituisce un sistema di relazioni sindacali solido e partecipativo, ulteriori aspetti di innovazione rispetto al CCNL applicato sono rinvenibili, anzitutto, nell’eleggibilità di RSU o nella nomina di RSA nei singoli punti vendita che abbiano un livello occupazionale di almeno 15 lavoratori.

 

Infine, una particolare menzione merita il Programma di supporto concreto alle lavoratrici vittime di violenza “Libere con Inditex”, che si sostanzia in una seria di misure ulteriori rispetto alle previsioni normative per accompagnare le donne vittime di violenza di genere nel loro percorso di libertà. Nello specifico, ITX Italia, in aggiunta all’astensione di tre mesi prevista dall’art. 24 del D.lgs. n. 81/2015, autorizza un’ulteriore aspettativa non retribuita con conservazione del posto di lavoro per un periodo dalla durata massima di 12 mesi, ovvero si potrà concordare una specifica turnazione per un periodo di 6 mesi. Inoltre, il programma consente – a seconda delle esigenze della lavoratrice – una riduzione o un aumento dell’orario contrattuale per una durata determinata e compatibilmente con l’organizzazione del negozio, nonché la possibilità di richiedere il trasferimento con riconoscimento delle spese di viaggio e il pagamento, da parte della società, di un anno di canone di affitto, oltre alle spese (fino a 6000€) di messa in sicurezza dell’abitazione e il pagamento del supporto psicologico e legale.

 

Incidenza sul trattamento retributivo e sulle misure di welfare

 

Per quanto riguarda la parte economica, l’integrativo istituisce un “Premio aziendale CIA” destinato a tutti i dipendenti con contratto a tempo determinato (rispetto ai quali l’accordo fissa specifici requisiti) o indeterminato a far data dal 1° febbraio 2023. Esso, che si aggiungerà al “piano incentivante”, sarà determinato avendo a riferimento l’indicatore che misura la redditività della gestione aziendale, e cioè il Margine Operativo “MO” e l’obiettivo aziendale “Budget MO”: il premio sarà erogato guardando all’incremento in percentuale del “MO” alla chiusura dell’esercizio al 31 gennaio di ogni anno (MO dell’anno di competenza deve essere superiore alla media del valore MO nel triennio precedente), oltre al raggiungimento del valore fissato a “Budget MO” definito annualmente dalla società (incremento almeno pari al 2,5% del MO rispetto al “Budget MO”). I due parametri dovranno essere raggiunti entrambi ai fini dell’erogazione del premio aziendale, che ammonterà a € 500,00 per un incremento pari a 2,5% rispetto al “Budget MO” e a € 1000,00 per un incremento pari a 5% rispetto al “Budget MO”. Esso sarà erogato nel mese di maggio dell’anno successivo a quello di maturazione e il relativo importo sarà riproporzionato per il personale a tempo parziale o per le assenze dal servizio. Il premio, inoltre, sarà convertibile in voucher per ottenere servizi di welfare previsti dalla piattaforma aziendale (tale possibilità è garantita soltanto ai dipendenti che non siano in costanza di preavviso per recesso dal rapporto di lavoro): in tal caso, la quota sarà maggiorata del 20%.

 

Inoltre, il contratto integrativo aziendale interviene riconoscendo a tutti i dipendenti – a tempo determinato o indeterminato – un “ticket restaurant” giornaliero, il cui importo varia sulla base delle ore di effettiva prestazione lavorativa registrata (e svolta nel mese precedente): € 7,00 sulla base di almeno 8 ore ed € 5,00 per almeno 5 ore. Il calcolo dei ticket spettanti è effettuato sottraendo le ore di assenze a qualsiasi titolo, retribuite o meno, ad eccezione del permesso sindacale per espletamento del mandato; al di sotto delle 5 ore, il ticket non sarà riconosciuto.

 

Valutazione d’insieme

 

Nel complesso, il contratto integrativo aziendale di ITX Italia – riprendendo le dichiarazioni delle Parti sindacali – “definisce una organizzazione del lavoro condivisa con le Parti sociali, non più demandata unicamente alla decisione aziendale”. L’intesa rappresenterà senz’altro un punto di riferimento nel settore dal momento che ha istituito un sistema di relazioni sindacali improntato alla valorizzazione dei diversi livelli di contrattazione e incentrato sulla centralità del punto vendita quale cardine per la disciplina dell’organizzazione del lavoro. La versatilità di un simile modello, considerate le diverse tipologie contrattuali coinvolte, richiederà alle Parti sociali ancora più responsabilità per garantire che il sistema costruito possa assicurare una conciliazione dei tempi di vita e di lavoro che sia equa in tutti i punti vendita e che trovi nel presente accordo un punto di riferimento imprescindibile per la continuità di un dialogo finalizzato a “trovare soluzioni condivise che possano contemperare gli interessi dei lavoratori ed aziendali”.

 

Lorenzo Citterio

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@CitterioLorenzo

Contratti a termine: più fiducia nella contrattazione

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Bollettino speciale ADAPT 4 maggio 2023 n. 2

 

Come ormai noto anche ai non addetti ai lavori, nel c.d. “decreto lavoro” (ne riassume i contenuti F. Lombardo, Decreto lavoro: una lettura d’insieme del provvedimento) approvato nel tanto discusso (vedi F. Nespoli, Il Decreto lavoro e il Primo maggio della discordia) Consiglio dei Ministri del 1° maggio, ha trovato spazio la tanto annunciata riforma dei rapporti di lavoro a termine.

 

Rispetto alle prime bozze circolate nelle scorse settimane – che già nell’immediato avevano suscitato un dibattito tecnico e di opportunità (sul quale v. M. Tiraboschi, Lavoro a termine e certificazione delle causali: davvero una buona soluzione?) sull’originario rinvio alle commissioni di certificazione per la validazione delle «specifiche esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva» in assenza di intervento della contrattazione collettiva – già dal comunicato stampa di Palazzo Chigi e dalle ultimissime bozze in circolazione si possono cogliere alcune differenze – che delineano un impianto del nuovo sistema dei rapporti a termine, anche mediante somministrazione di lavoro, riassumibile nei termini che seguono.

 

Ferma restando la possibilità di stipulare o prorogare liberamente rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato, anche per il tramite della somministrazione di lavoro, entro i 12 mesi, nel caso di proroga che determinerà la prosecuzione oltre tale primo limite e comunque entro i 24 mesi, come anche assunzione della durata superiore ai 12 mesi o, infine, di rinnovo, sarà necessaria la sussistenza di una delle condizioni previste nel riformato art. 19, comma 1, decreto legislativo n. 81/2015.

 

In particolare, oltre alla più semplice e ricorrente esigenza sostitutiva di altri lavoratori in forza e assenti a qualunque titolo (anche senza obbligo di conservazione del posto), il Governo – riprendendo e di fatto generalizzando l’esperienza introdotta nella scorsa Legislatura (nel vigente art. 19, comma 1, lett. b-bis)[1]) – ha optato per un rinvio pieno alla contrattazione collettiva qualificata ex art. 51 decreto legislativo n. 81/2015. Saranno dunque i contratti collettivi nazionali, aziendali o territoriali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o dalle loro RSA/RSU, ad individuare le esigenze a fronte delle quali poter prolungare oltre i 12 mesi i rapporti a termine, o procedere al loro rinnovo.

 

Infine, nell’ipotesi di mancato esercizio della delega di legge da parte della contrattazione collettiva applicabile, il decreto prevede la facoltà di apposizione di una causale a livello individuale, sussistendo «esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva». Tale facoltà sarebbe ammessa in ogni caso entro il 30 aprile 2024, quasi nella consapevolezza della difficoltà di recepimento da parte della contrattazione collettiva delle varie riforme legislative (sul difficile coordinamento tra legge e contrattazione collettiva ed il ritmo delle riforme su esso impattanti, vedi M. Tiraboschi, Per uno studio della contrattazione collettiva, ADAPT University Press, 2021, 94-97).

 

Risulta invece abbandonato l’originario rinvio alle sedi di certificazione ex artt. 75 e ss. decreto legislativo n. 276/2003. Tale termine dovrebbe essere riferibile al momento di stipula della proroga o del rinnovo, potendo l’atto dispiegare i suoi effetti anche oltre il 2024 (si veda, su disposizione analoga, Nota INL del 16/09/2020).

 

L’impianto così delineato sembra riecheggiare le formulazioni della disciplina d’inizio Millennio, con l’indiretto richiamo al “causalone” del decreto legislativo n. 368/2001 ed al connesso rischio di riattivazione del contenzioso giudiziale (sul punto v. P. Ichino, Il decreto lavoro: un po’ poco per far festa). Invero, oggi, il salto di qualità dovrebbe essere concentrato sul ruolo delle parti sociali e della contrattazione collettiva, soprattutto aziendale o territoriale, nell’individuazione delle specifiche esigenze di apposizione del termine di durata superiore. Tutte da verificare saranno dunque le modalità e le tecniche di formulazione di dette clausole collettive, che dovranno essere opportunamente richiamate (e specificate, in aderenza alla condizione specifica del singolo caso concreto) sul piano della contrattualistica individuale. Qualche spunto lo si può già oggi rintracciare nei primissimi esercizi applicativi della delega di legge introdotta con la modifica dell’art. 19 intervenuta nel 2021. Si pensi, per il livello nazionale, al rinnovo del CCNL Cartai-cartotecnici del 28 luglio 2021 (su cui v. S. Rizzotti, Causali contratto a tempo determinato: l’opportunità colta dal CCNL Cartai Cartotecnici) come ad altri rinnovi di CCNL intervenuti lo scorso anno (sui quali vedi ADAPT, IX rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia (2022), in corso di pubblicazione, 11-13). Oppure alle ipotesi di contrattazione di prossimità maturata prima della modifica legislativa del 2021; intese che operavano nel senso di un adattamento e specificazione delle causali legali (vedi ADAPT, IX rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia (2022), in corso di pubblicazione, 276-277).

 

Altra cosa è invece ragionare sul tasso di copertura della contrattazione di livello aziendale e/o territoriale (si vedano, ad esempio, i dati riportati in L. Bordogna, R. Pedersini, Relazioni industriali. L’esperienza italiana nel contesto internazionale, il Mulino, 2019, 171-173), che – al fine di ricercare la più prossima specificità e comunque in assenza di previsioni di CCNL – rischia di depotenziare, almeno se sarà confermato il termine fissato, il rinvio stesso.

 

Un commento approfondito e di dettaglio sarà chiaramente praticabile solo una volta studiato con cura in tutte le sue implicazioni, anche indirette, il testo che uscirà anche dal percorso di conversione in legge. Quello che però appare evidente è che con la stabilizzazione del rinvio alla contrattazione collettiva qualificata di qualunque livello viene pienamente recuperato il più ampio principio della sussidiarietà e della regolazione di prossimità (largamente intesa), che significa però al tempo stesso assunzione di responsabilità da parte degli attori negoziali, pur nella consapevolezza del grado di possibile intervento del vaglio giudiziale (si vedano le riflessioni di M. Sacconi, Il mio canto libero – Giurisprudenza vs autonomia collettiva: chi produce il diritto vivente?).

 

Marco Menegotto

ADAPT Professional Fellow

@MarcoMenegotto

 

[1] «specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’articolo 51»; lettera introdotta dall’art. 41-bis del decreto-legge n. 73/2021 (c.d. Sostegni bis).

 

Evoluzione e prospettive della contrattazione collettiva nella regolazione dell’orario di lavoro*

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Bollettino ADAPT 8 maggio 2023, n. 17

 

Dagli albori della rivoluzione industriale in poi, gli aspetti legati alla dimensione temporale hanno costantemente ricoperto un ruolo centrale nella regolazione del lavoro. Non è un caso che, al termine della prima guerra mondiale, l’appena costituita Organizzazione Internazionale del Lavoro abbia adottato, quale suo primo atto, la Convenzione n. 1/1919, volta a limitare le ore di lavoro ad otto per giorno e a quarantotto per settimana. In Italia il medesimo principio è stato sancito dal Regio Decreto-Legge n. 692 del 1923, che – fino all’entrata in vigore della Legge n. 196 del 1997 che ha fissato l’orario normale di lavoro in quaranta ore settimanali – si è occupato di disciplinare l’orario di lavoro.

 

Tra la disciplina degli anni Venti e la Legge del 1997, però, sono state le parti sociali a farsi carico delle istanze di regolazione (e riduzione) dell’orario di lavoro: con il contratto collettivo nazionale dell’industria metalmeccanica privata del 1970, ad esempio, è fissato, a partire dal 1° dicembre 1972 e per tutti i settori merceologici afferenti alla categoria contrattuale, il limite delle quaranta ore settimanali di lavoro. Non sorprende, quindi, constatare che, all’approvazione del Decreto Legislativo n. 66 del 2003 (il testo che oggi, in attuazione delle direttive europee sull’orario di lavoro, regola la materia), nella maggioranza dei settori l’orario lavorativo era già stato ridotto a quaranta ore o era addirittura inferiore (si prenda il settore chimico, per cui dal 1998 l’orario è di trentasette ore e quarantacinque minuti a settimana).

 

Attualmente, dunque, il Decreto Legislativo n. 66 del 2003 prevede che l’orario normale di lavoro sia articolato sulla base di quaranta ore settimanali, ma consente ai contratti collettivi di stabilire una durata minore o di riferire l’orario alla durata media delle prestazioni rese in un periodo non superiore all’anno (c.d. orario multiperiodale). La possibilità di intervenire regolando la variabile temporale, dunque, risulta una delle facoltà più importanti che il legislatore assegna alle parti sociali per disciplinare e organizzare il mercato del lavoro.

 

È in ogni caso da sottolineare che, storicamente, nel contesto italiano la contrattazione in materia di tempo di lavoro si è concentrata sulla richiesta, lato datoriale, di maggiore flessibilità oraria e, lato sindacale, di minore orario di lavoro. La rivendicazione di riduzione dell’orario, inoltre, trae argomenti anche dalla constatazione per cui, secondo le ultime stime dell’OCSE disponibili, relative al 2021, l’Italia è, con 1669 ore in media effettivamente lavorate all’anno per singolo lavoratore, tra i Paesi europei in cui si lavora di più, staccata da Portogallo (1649) e Spagna (1641), ma soprattutto da Francia (1490), Danimarca (1363) e Germania (1349). È però da sottolineare che la produttività, intesa come valore del PIL per ora lavorata, da anni non cresce in Italia come negli altri Paesi europei e, dunque, i tempi di lavoro più lunghi sarebbero frutto della scarsa produttività oraria. Sul punto, è anche bene evidenziare che la produttività è determinata primariamente da fattori di contesto: le ore di lavoro, infatti, sono meno produttive in un contesto, come quello italiano, in cui la produzione è ad alta intensità di manodopera e caratterizzata da un minor apporto delle tecnologie, testimoniato anche da bassi investimenti nella ricerca e nello sviluppo (1,3% del PIL contro il 2% di media UE). Non è un caso, dunque, che le rivendicazioni sindacali di riduzione dell’orario siano accompagnate da altre istanze di intervento, oltre che sui livelli occupazionali, anche sulla innovazione tecnologica, poiché, nell’ottica delle organizzazioni dei lavoratori, un minor orario di lavoro potrebbe essere compensato da una crescita dell’occupazione e degli investimenti in ricerca e sviluppo.

 

È inoltre da segnalare che, accanto alle tradizionali prestazioni lavorative cronometricamente delimitate, grazie allo sviluppo tecnologico sono in aumento i lavoratori che rendono la propria prestazione – utilizzando le parole della Legge n. 81 del 2017 in materia di lavoro agile – con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, la cui regolazione rappresenta una delle sfide delle parti sociali per governare il mercato del lavoro in trasformazione.

 

In sintesi è da rilevare che, se non appaiono attuali gli scenari di drastica riduzione dell’orario, come quella prospettata nel 1930 da John Maynard Keynes che aveva profetizzato una settimana lavorativa di quindici ore, è indubbio che il tema della regolazione del fattore temporale è centrale per lo sviluppo dell’intero mercato del lavoro, poiché, dalle scelte in materia, potrebbero derivare conseguenze anche su produttività e livelli occupazionali. Alle parti sociali e alla contrattazione, dunque, il compito di trovare il punto d’equilibrio.

 

Francesco Alifano

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@FrancescoAlifan

 

*Pubblicato anche su Il Sole 24 Ore col titolo Quali prospettive nella regolazione, 26 aprile 2023

 

Novità da parte di PSI sul fronte digitalizzazione: arriva il Digital Bargaining Hub

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Bollettino ADAPT 8 maggio 2023, n. 17

 

Arthur Bloch, autore del celebre libro La legge di Murphy (1988), scrive: «la tecnologia è dominata da due tipi di persone: quelli che capiscono ciò che non dirigono; quelli che dirigono ciò che non capiscono».

L’affermazione, per quanto provocatoria, offre lo spunto per riflettere sull’importanza di governare – o almeno vivere da protagonisti e non quali semplici spettatori – una delle più imponenti trasformazioni del nostro tempo: la transizione digitale.

È in questo spirito, che la Public Services International (PSI), organizzazione sindacale internazionale dei servizi pubblici, fondata nel 1907 e con all’attivo 700 affiliati, in rappresentanza di 30 milioni di lavoratori di oltre 150 Paesi, ha realizzato il proprio Digital Bargaining Hub.

Si tratta di un database online, gratuito e liberamente consultabile, disponibile in versione multilingua (inglese, francese e spagnolo) e pensato per supportare in primis ma non solo – i sindacati in questa transizione, attraverso la messa a fattor comune di clausole, best practices e tecniche di negoziazione, finora sviluppate in ambito digitale.

 

La novità è stata presentata tramite webinar lo scorso 26 aprile da Daniel Bertossa, Segretario generale aggiunto di PSI, con la collaborazione di Christina Colclough e Hannah Johnston, esperte di lavoro e nuove tecnologie. Lo strumento nasce dalla consapevolezza delle implicazioni delle trasformazioni digitali nel mondo del lavoro. Molteplici sono le dimensioni direttamente interessate da queste evoluzioni: dalle riorganizzazioni aziendali indotte dai nuovi processi di automazione, alla protezione dei dati personali dei lavoratori, passando per i percorsi di reskilling e upskilling che si rendono necessari con l’introduzione di nuove tecnologie.

A seconda di come viene gestita, la transizione digitale può rappresentare una risorsa per i lavoratori e l’intera collettività, in grado di potenziare i servizi, abbattere le barriere relative al loro accesso e migliorare la qualità del lavoro, oppure una minaccia, che finisce per acuire le disuguaglianze esistenti, indebolire il potere negoziale dei sindacati e peggiorare le condizioni dei lavoratori. Per questo, ad avviso della Federazione, è indispensabile governare la transizione attraverso la contrattazione collettiva e plasmarla nell’interesse pubblico, a partire dalla comprensione dei meccanismi che la regolano.

 

L’Hub, in particolare, consultabile attraverso tre diverse modalità  report, database o mediante ricerca per parole chiave (Paese, regione, settore, sindacato stipulante o materia della clausola) , è articolato in 8 temi (quali ad es. coinvolgimento ed informazione, diversità ed inclusione, lavoro da remoto, work-life balance e lavoro su piattaforma, protezione dati e relativi diritti, ecc.) e 28 sotto-temi, ciascuno contenente clausole contrattuali, linee guida sindacali e accordi quadro, legati ai processi di digitalizzazione nelle specifiche materie. I singoli contenuti, validi sia per il settore pubblico che per quello privato, sono numerati in serie, con indicazione anche di anno, tipo di documento, sindacato stipulante e Paese di provenienza. Sono spesso corredati da un link al documento originale e possono essere copiati e utilizzati dagli operatori sindacali come modello ai tavoli negoziali.

 

La banca dati si fonda sulla collaborazione tra affiliati ed è alimentata attraverso il caricamento in piattaforma di nuove clausole e accordi. I primi contributi dall’Italia arrivano, ad esempio, da organizzazioni come la Femca Cisl (Federazione Energia, Moda, Chimica ed Affini) o FP Cgil e investono temi quali uguaglianza, diversità e inclusione, formazione e riqualificazione professionale e lavoro da remoto, con clausole che possono essere assunte come base negoziale per i sindacati nazionali e degli altri Paesi (emblematica in questo senso, è la previsione, contenuta in piattaforma e tratta da un contratto collettivo del 2020, per cui «L’amministrazione assicura che i dipendenti che si avvalgono di opportunità di telelavoro non siano penalizzati in termini di riconoscimento della professionalità e avanzamento di carriera»).

 

Lo strumento, peraltro, si inserisce in un percorso più ampio di formazione e sostegno agli affiliati in materia di transizione digitale. Oltre ai numerosi eventi e seminari organizzati dalla PSI, tra cui merita senz’altro attenzione il progetto triennale di formazioneOur Digital Future, il sito internet dell’organizzazione prevede tre risorse principali, a loro volta organizzate in una molteplicità di strumenti ulteriori, per «aiutare i sindacati e i lavoratori a recuperare il potere sulla digitalizzazione nei luoghi di lavoro e nelle loro vite».

La prima, Understanding Digitalisation, raccoglie numerosi rapporti e documenti “a misura di lavoratore”, pensati per una più agevole comprensione del fenomeno e dei suoi effetti sui dipendenti; la seconda, invece, in aggiunta al Digital Bargaining Hub, offre alcuni Negotiation Tools, guide e buone prassi in materia di raccolta e trattamento dei dati personali dei lavoratori; Assessing Your Union’s Digital Readiness, infine, rappresenta una guida interattiva, che consente ai sindacati di verificare il loro livello di preparazione digitale e identificare le aree organizzative e le politiche ancora da implementare, per supportare efficacemente i propri iscritti nella gestione della transizione digitale.

 

Francesca Di Gioia

Scuola di Dottorato di ricerca in Apprendimento ed Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@franc_digioia

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/158 – Il rinnovo del CCNL dei dirigenti del Terziario del 2023

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 8 maggio 2023, n. 17

 

In data 12 aprile 2023 è stato sottoscritto l’accordo di rinnovo per i dirigenti di aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi, tra Confcommercio-Imprese per l’Italia e Manageritalia, con vigenza fino al 31 dicembre 2025.

Il contratto era scaduto il 31 dicembre 2021, per il tramite di un accordo del 16 giugno 2021 che ne aveva prorogato la scadenza. Di fatto, nell’ambito di tale intesa le Parti avevano già introdotto delle importanti innovazioni di carattere normativo, in assenza di uno scambio economico.

Gli ultimi minimi contrattuali erano stati negoziati con l’accordo del 31 luglio 2013, in quanto nell’accordo di rinnovo del 2016, l’aumento retributivo, pari a 350 euro a regime, non incideva sui minimi ma veniva riconosciuto ai soli assunti al momento dell’erogazione delle tranches.

Queste sono le ragioni che hanno portato le Parti ad addivenire a una intesa di carattere prettamente economico, con uno sguardo anche alle misure di welfare contrattuale, che svolgono un ruolo primario nel contratto collettivo dei dirigenti.

 

I contenuti dell’intesa

 

L’aumento retributivo mensile stabilito dalle Parti è stato pari a 450 euro, a regime, disposto in tre tranches: 150 euro dal 1° dicembre 2023, 150 euro dal 1° luglio 2024, 150 euro dal 1° luglio 2025. I minimi contrattuali vengono incrementati per effetto dei suddetti aumenti, e, pertanto, dagli attuali 3.890 euro, si passa a: 4.040 euro dal 1° dicembre 2023, 4.190 euro dal 1° luglio 2024, 4.340 dal 1° luglio 2025.

 

A copertura del triennio 2020-2022, le Parti hanno poi riconosciuto un importo una tantum ai dirigenti in forza al 12 aprile 2023 e con un calcolo pro-quota nel corso del suddetto triennio, pari complessivamente a 2.000 euro e disposto anch’esso su tre tranches: 700 euro con la retribuzione di maggio 2023, 700 euro con la retribuzione di settembre 2023, 600 euro con la retribuzione di novembre 2023.

 

Di rilievo, anche la previsione delle misure di welfare, per un periodo sperimentale riferito alle annualità 2024 e 2025. Nello specifico, è prevista l’erogazione annuale della somma di 1.000 euro a titolo di credito welfare. Si tratta di importi spendibili in beni e servizi, in aggiunta a eventuali sistemi di flexible benefits già presenti in azienda, che il dirigente potrà utilizzare attraverso la Piattaforma CFMT. In tal modo, verrà consentito a tutte le aziende, anche a quelle piccole con un solo dirigente, di usufruire di servizi dedicati ai manager, valorizzando ulteriormente il welfare contrattuale già erogato dai fondi bilaterali disciplinati dal CCNL.

 

Per quanto concerne la previdenza complementare, viene adeguato il contributo integrativo previsto per il Fondo Mario Negri, a carico del datore di lavoro, dall’attuale 2,39% al 2,43%, a decorrere dal 1° gennaio 2024, e al 2,47%, a decorrere dal 1° gennaio 2025.

 

Valutazione d’insieme

 

L’intesa sottoscritta lo scorso mese ha una particolare rilevanza, poiché interviene in un settore che conta un numero di dirigenti che oscilla intorno ai 25 mila, occupati presso più di 9 mila imprese.

Sebbene il rinnovo sia giunto a sottoscrizione a distanza di più di un anno dalla scadenza del precedente accordo, tuttavia, le Parti si sono impegnate ad avviare le successive trattative almeno sei mesi prima del termine del 31 dicembre 2025, pertanto, entro il 1° luglio dello stesso anno, in modo tale da raggiungere in tempi più brevi le successive intese.

Ciò è rilevante altresì in considerazione del fatto che le misure di welfare introdotte sono di carattere sperimentale, con una scadenza prevista al termine del 2025.

E infatti, va evidenziato come nel contratto collettivo dei dirigenti del terziario, i trattamenti in materia di welfare rappresentano elementi fondamentali nell’ambito del sistema di tutele costruito tra le Parti, allo scopo di creare un contesto in cui il lavoro sia collocato in un sistema volto a perseguire il benessere complessivo della persona e l’impegno sociale.

 

Ruben Schiavo

Dottore di ricerca in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

Università degli Studi di Siena

@ruben_schiavo

Contrattazione collettiva: una lezione dal caso francese

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Bollettino ADAPT 26 aprile 2023, n. 16

 

Il sistema di relazioni industriali francese ha subito importanti modifiche a seguito di alcune ordinanze adottate nel 2017, conosciute come le “ordonnances Macron”. Esse hanno contribuito alla definizione dei campi di competenza dei diversi livelli di contrattazione, di categoria e aziendale, facendo chiarezza rispetto alle numerose riforme legislative che, nel tempo, sono intervenute in materia.

 

Storicamente la contrattazione collettiva a livello aziendale ha avuto come funzione principale quella di adattare le disposizioni previste nella contrattazione di categoria. Con i numerosi interventi legislativi degli ultimi anni, la contrattazione a livello aziendale ha tuttavia assunto un rilievo sempre maggiore, tanto da essere diventato il livello di riferimento e, dunque, il contratto collettivo applicabile nella maggior parte dei casi, ad eccezione di alcune limitate ipotesi in cui prevale la contrattazione di categoria. Un recente studio (N. Delahaie, A. Fretel, H. Petit, N. Farvaque, K. Guillas-Kavan, D. Messaoudi, M. Tallard e C. Vincent, Le rôle de la branche après les ordonnances Macron: entre permanence et renouvellement, in La revue de l’ires, 2022) si è fatto carico di mostrare le conseguenze di tali riforme in termini cercando di fornire una risposta sull’effettiva prevalenza della contrattazione aziendale rispetto a quella di categoria.

 

Senza entrare nello specifico di ogni riforma intervenuta in materia, è bene ricordare il quadro normativo previgente. In Francia, infatti, la contrattazione collettiva di categoria ha, da sempre, giocato un ruolo fondamentale nella strutturazione delle relazioni industriali, mentre gli accordi a livello aziendale erano rimasti per lungo tempo limitati alle grandi imprese pubbliche. Lo scenario cambia, a partire dagli anni 80, quando vengono mosse critiche nei confronti delle negoziazioni di categoria, considerate poco efficaci dal punto di vista economico, mentre, al contrario, viene sottolineata l’efficienza della contrattazione collettiva aziendale, resa possibile dalla vicinanza della stessa ai lavoratori e alla loro realtà economica. In parallelo a queste pubblicazioni accademiche, da inizio anni Ottanta sono state portate avanti importanti riforme istituzionali, aventi l’obiettivo quello di promuovere la negoziazione aziendale. Tali riforme istituzionali (a partire dalle riforme note come leggi Auroux) sono state qualificate come movimento di decentralizzazione delle negoziazioni collettive (décentralisation des négociations collectives).

 

Le ordonnances Macron (ordonnance n° 2017-1387 del 22 settembre 2017, loi n° 2017-1340 del 15 settembre 2017) possono essere considerate come un epigono di questi orientamenti. Nelle stesse si scorge l’intenzione del legislatore di rendere ancora più dinamiche e libere le modalità di negoziazione a livello aziendale, ponendosi in continuità con gli interventi legislativi precedenti che hanno attribuito sempre più autonomia alla contrattazione a livello aziendale rispetto a quella di categoria. Da questo momento l’articolazione tra i due livelli di contrattazione collettiva non è più intesa secondo una gerarchia, ma come una suddivisione di competenze tra i due livelli. L’obiettivo è quello di uscire dalla logica della derogazione, per arrivare ad una completa autonomia tra la contrattazione collettiva aziendale e quella di categoria.

 

In seguito a tali modifiche, sono distinti tre blocchi di negoziazione, la cui disciplina appare utile delineare, per comprendere quali siano i reali effetti pratici. Nel primo blocco (bloc 1 – domaines réservés), sono previste un numero limitato di tematiche, in cui prevale la contrattazione di categoria se quella aziendale non prevede delle garanzie equivalenti. Nonostante il numero di tali tematiche con le ordonnances Macron sia aumentato a 13 (da 6, come era previsto dalla loi du travail del 2016), la contrattazione di categoria non può più bloccare (verrouiller) al proprio livello la tematica di negoziazione come era previsto precedentemente, ma può solamente prevedere delle clausole di imperatività, che dovranno essere rispettate dalla contrattazione aziendale, dovendo essa prevedere delle garanzie almeno equivalenti. Con tale nuova formulazione si è giunti alla creazione di una nuova nozione giuridica, quella delle garanzie almeno equivalenti, “garanties au moins équivalents”, che si è sostituita alla classica formula presente nel codice del lavoro delle disposizioni più favorevoli per i lavoratori (principio di favore).

Nel secondo blocco (bloc 2 – Domaines que la branche peut se réserver sous condition) sono previste quattro tematiche in cui la contrattazione di categoria ha la possibilità di verrouiller ossia di bloccare al proprio livello determinate tematiche, tanto che l’accordo a livello aziendale, concluso successivamente, non può prevedere delle disposizioni differenti, a meno che, anche in questo caso, non siano almeno equivalenti. Prima delle ordonnances Macron del 2017, i temi erano illimitati, vengono, dunque, significativamente ridotti i campi di applicazione delle clausole di verrouillage.

 

Al di fuori di queste tematiche l’accordo a livello aziendale è libero, (bloc 3). Viene dunque messa in rilievo la centralità dell’accordo aziendale, in cui possono essere previste delle disposizioni meno favorevoli per i lavoratori.

 

Possiamo, dunque, notare che formalmente viene rinforzato il ruolo della contrattazione di categoria (i campi in cui essa presentava un carattere imperativo erano solo 6, sono diventati 13), ma sparisce, de facto, la gerarchia strutturale tra i due livelli di negoziazione, in favore della loro autonomia. Non si tratta più di avere, dunque, un accordo aziendale che si adatta alla contrattazione di categoria, ma di sapere in quali casi si debba applicare un accordo e in quali l’altro. Secondo la dottrina francese, se le disposizioni previste a livello aziendale sono almeno equivalenti all’accordo di categoria, prevale l’accordo aziendale. Si considera dunque che la contrattazione di categoria intervenga solo a titolo eccezionale.

 

D’altro lato, sembra che il potere della contrattazione di categoria sia, in tal modo, eccessivamente limitato. Questa affermazione viene mitigata riprendendo una disposizione, attualmente in vigore, della loi du travail del 2016, che ha introdotto l’obbligo di creare una commissione paritaria permanente di negoziazione e di interpretazione (Commission paritaire permanente de négociation et d’interprétation – CPPNI), presso ogni categoria, con il compito di vegliare e redigere un bilancio annuale degli accordi adottati a livello aziendale e dei loro impatti sulle condizioni di lavoro dei lavoratori. Oggi tale obbligo è previsto all’articolo L2232-9 del code du travail, obbligazione poi rinforzata anche dalle ordonnances del 2017.

 

Nonostante i vari interventi a livello legislativo, nella prassi, la contrattazione di categoria resta per molto tempo il perno immutabile della contrattazione collettiva. Infatti, alcuni recenti studi (vedi in particolare Jobert, Saglio, La mise en oeuvre des dispositions de la loi du 4 mai 2004, 2005; Mériaux, Evaluation de la loi du 4 mai 2004 sur la négociation d’accords dérogatoires dans les entreprises, 2008) si sono soffermati sull’impatto delle varie riforme sulla contrattazione collettiva ed hanno messo in evidenza, soprattutto in seguito alla legge del 2004 (loi del 4 maggio 2004) delle pratiche di non ricorso alla negoziazione a livello aziendale. Vari sono stati i motivi rimarcati dagli studi in questione: una incompetenza ed una inesperienza di contrattazione a livello aziendale, in particolare in caso di realtà aziendali molto piccole, accompagnata ad una conoscenza non approfondita dei testi giuridici; una paura di trovarsi in situazioni in cui manca la sicurezza giuridica, dovuta soprattutto alla rapidità con cui le riforme di sono succedute nel tempo; una regolamentazione economica delle imprese che si basa di fatto sulla regolamentazione a livello di categoria. Vengono posti all’attenzione del lettore due importanti studi, il primo effettuato nel 2004 e il secondo nel 2010, in cui si analizza il ricorso alla contrattazione di categoria su una serie di tematiche. L’analisi di tali grafici mostra come le imprese abbiano continuato a privilegiare la realtà economica e sociale della contrattazione di categoria e anzi, a prescindere dal tema analizzato, nel 2010 si fa un ricorso maggiore alla stessa rispetto al 2004. La particolarità del contesto economico del 2010, successivo a un’importante crisi economica, ha indotto i datori di lavoro a cercare sicurezza e stabilità nella contrattazione collettiva di categoria, la quale è rimasta, dunque, una referenza necessaria per le parti.

 

È bene però sottolineare che non tutte le categorie agiscono nello stesso modo. Ci sono, infatti, dei settori che si mostrano molto più attaccati al ruolo di regolamentazione svolto della categoria, rispetto ad altri. Con ruolo di regolamentazione (rôle de régulation) si fa riferimento alle condizioni minime di lavoro e di impiego fissate dagli accordi di categoria. Un esempio può essere rinvenuto nel settore relativo alle costruzioni (bâtiment), nel quale la contrattazione di categoria è vista come il luogo più pertinente per la regolamentazione professionale, avendo tenuto conto della particolare fragilità della contrattazione aziendale. Ancora, nel settore relativo al commercio (commerce) gli attori riconoscono alla contrattazione di categoria una funzione essenziale nella regolamentazione della concorrenza. In questo specifico contesto, le parti richiedono rapidamente l’estensione degli accordi siglati, in modo che essi vengano rispettati anche dalle aziende non aderenti, con l’obiettivo di limitare gli effetti della concorrenza. Può essere infine portato l’esempio del settore relativo alle proprietà (propriété) che riconosce anch’esso alla propria convenzione collettiva di categoria un forte ruolo di regolamentazione.

 

Questi esempi vengono temperati da altre realtà, come quella relativa agli uffici (bureau d’études), in cui la contrattazione di categoria non svolge un marcato ruolo di regolamentazione. Spesso queste categorie sono caratterizzate da una debole tradizione di negoziazione collettiva, sia a livello di categoria che a livello aziendale. In questi casi, la dottrina francese ritiene che gli accordi di categoria presentino una struttura più accompagnatrice, che di regolamentazione. Tanto che essi incitano le imprese e le parti a muoversi in una determinata direzione, senza, tuttavia, imporsi; per questo motivo si parla di soft law.

 

Ciò che possiamo ritenere è che gli effetti sono variabili da settore a settore: il criterio dominante è rappresentato dalla necessità di avere minime condizioni di lavoro e di impiego che contrastino la concorrenza tra le aziende. Dunque, se il costo del lavoro è un elemento chiave della concorrenza in un determinato mercato, si crea una forte incitazione alla conclusione di accordi che presentino delle disposizioni minimali, migliorabili a livello aziendale, per evitare, nel caso specifico, pratiche di dumping sociale.

 

Premesso ciò, la contrattazione di categoria ha cercato di imporsi mediante strategie di adattamento e di rinnovo, per contrastare le disposizioni delle ordonnances Macron. In particolare, le parti sociali hanno dovuto aggiornare i contenuti degli accordi per mantenere il ruolo di regolamentazione della concorrenza. Nel contratto collettivo di categoria del settore commercio, recentemente rinnovato, gli attori, per armonizzare le condizioni economiche tra aderenti e non aderenti, hanno integrato alcuni elementi della contrattazione, non previsti né nel primo blocco né nel secondo, all’interno di una tematica sulla quale avevano, invece, il potere di intervenire. Nonostante le ordonnances Macron abbiano previsto, in casi similari, la possibilità di derogare tali disposizioni, le aziende si sono conformate alla contrattazione collettiva, riconoscendole dunque un importante ruolo normativo.

 

Un ulteriore rilevante effetto delle ordonnances Macron (quali conseguenze dell’insieme delle riforme adottate) è stato quello di riconoscere, con il tempo, ulteriori funzioni alla contrattazione collettiva. Tra queste può essere riconosciuto un importante processo di istituzionalizzazione della categoria, rendendola un vero e proprio centro di risorse (centre de ressource) per le imprese, mettendo a disposizione delle imprese una serie di strumenti in tale ambito. L’obiettivo è quello di offrire una serie di misure che accompagnino le imprese, come ad esempio offrire delle guide su determinati argomenti, discriminazioni, uguaglianze, messe a disposizione delle aziende. Esemplificativa è la categoria relativa alle proprietà (propriété), in cui dal 1990 è stata adottata una politica attiva per la formazione e l’inserimento nel mondo del lavoro dei giovani. Questo ruolo è stato rinforzato dalle ordonnances Macron.

 

In conclusione, è possibile affermare che la contrattazione di categoria non sia affatto in fase di regresso rispetto alla contrattazione aziendale. Nonostante vi siano stati numerosi interventi aventi l’obiettivo di vincolare e rendere più fragile la contrattazione di categoria, quest’ultima rimane una norma di referenza nella definizione delle condizioni di lavoro nelle aziende. Di fatti, le ordonnances Macron non hanno nei fatti modificato la percezione della contrattazione di categoria.

 

Inoltre, lo studio in esame ha confermato le principali funzioni della contrattazione collettiva di categoria: in primis, il ruolo di regolazione della concorrenza, il quale tuttavia è stato indebolito, tanto che gli attori hanno dovuto trovare dei metodi alternativi per mantenere la propria capacità normativa. In secondo luogo, la possibilità di mettere a disposizione delle imprese delle risorse: in questo caso, sembra che la funzione sia stata perfino rinforzata, in particolare nel caso delle piccole imprese.

 

Infine, possono essere sottolineate due importanti difficoltà a cui si può andare incontro: in primo luogo è stata rimarcata la differenza nella pratica del dialogo sociale nei vari settori. Vi sono infatti alcune categorie in cui c’è una debole tradizione di dialogo sociale, tanto che la contrattazione di categoria si trova in difficoltà ad esercitare la propria capacità di contrattazione. Altre difficoltà nascono, poi, per quelle imprese appartenenti a gruppi che intervengono in più settori, le quali possono, dunque, rientrare in più convenzioni collettive di categoria. Cresce allora rapidamente il rischio di concorrenza tra le varie contrattazioni di categoria. Queste difficoltà, in realtà, non sono figlie delle ordonnances Macron, ma ciclicamente si presentano ad ogni intervento legislativo senza che alcuna soluzione sia prevista in materia.

 

Angela Zaniboni

ADAPT Junior Fellow

@angzanib

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/157 – CCNL vetro: uno sguardo alle novità introdotte

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 26 aprile 2023, n. 16

 

Contesto del rinnovo

 

In data 10 febbraio 2023, tra Assovetro e Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil è stata sottoscritta l’ipotesi di accordo per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro per il settore del vetro, delle lampade e dei display che interessa oltre 28 mila lavoratori impiegati in circa 340 imprese. Il contratto era scaduto lo scorso 31 dicembre e avrà vigenza fino al 31 dicembre 2025.

 

Parte economica

 

In linea con quanto previsto dall’Accordo Interconfederale del 9 marzo 2018, le Parti hanno concordato gli adeguamenti del Trattamento Economico Minimo e Complessivo.
In relazione al parametro D1, i minimi tabellari mensili verranno incrementati di 153 euro corrisposti in 3 tranche: 61 euro di aumento dal 1° marzo 2023, 45 euro di aumento dal 1° Gennaio 2024 e infine 47 euro di aumento dal 1° Gennaio 2025. Per le aziende produttrici di vetro piano, lana e filati di vetro, delle seconde lavorazioni del vetro piano e del vetro artistico e tradizionale, gli incrementi dei trattamenti contrattuali mensili seguiranno 3 diverse decorrenze: 1° Marzo 2023, 1° Aprile 2024 e 1° Agosto 2025.
Con le competenze di marzo 2023, ai dipendenti in forza al 10 febbraio 2023 sarà corrisposta inoltre una somma omnicomprensiva a titolo di una tantum di 122 euro lordi, che non avrà alcun riflesso su altri istituti contrattuali e/o di legge.
Dal 1° Gennaio 2025 l’indennità in cifra fissa per turno notturno è fissata nella misura di 7,50 euro (per il Settore Lampade e Display corrisponderà a 5,50 euro).

 

Un’altra importante novità che rientra nell’alveo della parte economica riguarda l’assistenza sanitaria integrativa. È previsto infatti che, dal 1° Gennaio 2024, tutti i lavoratori non in prova con contratto a tempo indeterminato (o determinato di almeno un anno) saranno iscritti al Fondo di assistenza sanitaria integrativa. La contribuzione, esclusivamente a carico dell’azienda, sarà pari a 14 euro mensili. I lavoratori potranno integrare prestazioni aggiuntive al piano sanitario del fondo mediante contribuzione a proprio carico.
Le aziende che già posseggono forme di assistenza sanitaria integrativa interne potranno mantenerle in essere. Inoltre, queste ultime dovranno decidere come erogare il contributo di 14 euro da destinarsi esclusivamente a forme di assistenza sanitaria integrativa, entro il 31 Dicembre 2023.

 

Parte normativa

 

Le maggiori novità del rinnovo riguardano la parte normativa, andando ad incidere profondamente sul rapporto di lavoro tra datore e dipendenti.

 

Per quanto concerne il “lavoro agile”, tale istituto viene inteso dalle parti come strumento che può incidere positivamente sulla produttività, sulla sostenibilità ambientale e il benessere collettivo. L’innovazione principale del rinnovo sul tema riguarda il fatto che all’interno degli accordi aziendali potranno ora essere definiti i periodi di alternanza tra lavoro all’interno e all’esterno dei locali aziendali, secondo modalità che possano garantire una adeguata socialità̀, i luoghi eventualmente esclusi per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, gli strumenti di lavoro, i tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche e/o organizzative necessarie ad assicurare la disconnessione, ma anche l’attività di formazione eventualmente necessaria per lo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità̀ agile.

 

Di particolare interesse sono poi le previsioni riguardanti le ferie e l’istituzione della cd “Banca Ore Solidale”.
Anzitutto, per i lavoratori che abbiano esaurito i permessi per ROL ed ex festività, è ammessa la fruizione in gruppi di 4 ore delle ferie maturate, nel limite massimo di due giorni l’anno.  Inoltre, sono state definite le linee guida per l’attivazione della Banca Ore Solidale, con l’intenzione di valorizzare e promuovere la solidarietà tra i dipendenti che decidano di cedere, volontariamente e a titolo gratuito, quote di riduzione oraria o ex festività accantonate nel conto ore individuale. Le quote cedibili sono quelle maturate per le quali non sia stata già̀ versata la contribuzione previdenziale e sono cedute al loro valore lordo nominale. Le dotazioni della “Banca Ore Solidale” hanno natura esclusiva di permesso retribuito e non possono in nessun caso dar luogo a monetizzazione.

 

Sul piano dei permessi, viene precisato che i donatori di midollo osseo avranno diritto a permessi retribuiti durante il tempo occorrente per effettuazione degli accertamenti, per effettuazione dei prelievi, per le giornate di degenza necessarie post prelievi e per le giornate di degenza necessarie per il recupero della condizione di salute.

 

Altre rilevanti modifiche sono quelle che riguardano le figure del Responsabile Lavoro e Sicurezza e del Rappresentante dei lavoratori per la Sicurezza, Salute e Ambiente (RLSSA).
Nel dettaglio, a partire dal 1° Gennaio 2023 gli RLLSA possono utilizzare permessi retribuiti, che devono essere concessi dalla azienda, in misura differente in base alla dimensione aziendale.
Gli RLS hanno diritto a utilizzare il proprio monte ore per potersi recare a iniziative sindacali di informazione e formazione sull’esercizio del ruolo, nell’ambito della provincia.
Dietro presentazione di documentazione che attesti la partecipazione, non verranno computate le ore utilizzate per recarsi all’iniziativa.
Nello stesso ambito, si segnala l’attivazione di alcuni strumenti di allarme disponibili per le figure di cui sopra, ai fini dello sviluppo della cultura della prevenzione e del miglioramento continuo della sicurezza sul lavoro.

 

Nel presente rinnovo sono contenute anche alcune modifiche per quanto riguarda l’anticipo del TFR.
Con riferimento a questo tema, viene aggiunta la possibilità per il lavoratore, rispetto alle casistiche già previste dalla legge, di chiedere una anticipazione del solo TFR sia se viene posto in cassa integrazione per una durata complessiva equivalente di almeno quattro mesi nell’anno solare, sia se presente una condizione di certificata fragilità per cui non sia possibile svolgere la prestazione in modalità agile.
La richiesta di anticipazione potrà essere pari all’ammontare della retribuzione ridotta, ma comunque non superiore al 70% del trattamento di fine rapporto cui il lavoratore avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta.

 

Parte obbligatoria

 

Per quanto riguarda la parte obbligatoria del rinnovo, va segnalata anzitutto la creazione dell’Osservatorio nazionale. L’Osservatorio, quale sede permanente di incontro tra le parti, analizzerà e valuterà con la periodicità e l’articolazione richiesta dai problemi in discussione, anche su iniziativa di una delle parti, e comunque di norma con periodicità annuale, le questioni che possono incidere sulla situazione complessiva del settore del vetro e dei singoli comparti che lo compongono, al fine di individuare le occasioni di sviluppo ed i momenti di eventuale criticità.

 

In questo contesto, è di rilevante importanza anche l’istituzione della “giornata della sicurezza, salute e ambiente”. Le Parti, al fine di valorizzare l’attenzione e l’impegno delle aziende e di tutti i soggetti coinvolti in tema di salute, sicurezza e ambiente, concordano di istituire la giornata dedicata all’approfondimento e condivisione di specifiche tematiche di volta in volta individuate, in una sezione dell’Osservatorio Nazionale, con la partecipazione anche di RSPP e RLSSA.

 

Infine, Assovetro e le organizzazioni sindacali si impegnano a costituire anche una Commissione Paritetica con lo scopo di individuare l’emersione di nuove figure professionali, al fine di valutarne l’inserimento nel sistema di classificazione nel prossimo rinnovo contrattuale. I lavori della Commissione inizieranno entro il primo semestre 2023, per terminare obbligatoriamente entro la data del 31 Dicembre 2024.

 

Valutazione d’insieme

 

Nell’ambito del rinnovo, così delineato, spicca sicuramente l’incremento salariale. Obiettivo importante per le parti sindacali, l’incremento pari a più dell’8% è stato rivendicato con orgoglio nei vari comunicati stampa ed a ben vedere, unitamente anche all’assistenza sanitaria integrativa, rappresenta un risultato importante a livello di contrattazione.
La parte normativa, altresì rivista in alcuni aspetti, apporta importanti novità in grado di incidere concretamente nel rapporto di lavoro a favore del dipendente, andando a favorirlo in particolare con l’istituzione della banca ore solidale e con agevolazioni per il lavoro agile.

 

Andrea Megazzini

Scuola di Dottorato di ricerca in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@AndreaMegazzin1