Documenti home

i post visualizzati nella sezione “in evidenza” della home

La contrattazione settoriale nel Regno Unito

La contrattazione settoriale nel Regno Unito

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

Per iscriverti al Bollettino ADAPT clicca qui

Per entrare nella Scuola di ADAPT e nel progetto Fabbrica dei talenti scrivi a: selezione@adapt.it

Bollettino ADAPT 2 settembre 2024 n. 30

 

A differenza del panorama italiano, in cui la contrattazione c.d. “multi-datoriale” di settore è fortemente sviluppata, nel Regno Unito, sin dagli anni ’80 si è assistito ad un decentramento della contrattazione collettiva. Si è giunti, dunque, ad una situazione in cui la contrattazione di settore è tendenzialmente scomparsa e si è creato un mercato del lavoro altamente individualizzato con uno scarso ruolo dei sindacati.

 

All’interno del contributo Introducing sectoral bargaining in the UK: why it makes sense and how it might be done, Keith Sisson, professore emerito di Relazioni industriali presso l’Università di Warwick si dedica all’analisi di un potenziale reinserimento della contrattazione settoriale nel Regno Unito e ai benefici che questa comporterebbe sia per i sindacati che per le associazioni dei datori di lavoro. Nella seconda parte del suo contributo, si affrontano invece le questioni che sarebbe necessario risolvere nel caso in cui il Regno Unito riuscisse ad introdurre la contrattazione settoriale.

 

I benefici dell’introduzione di una contrattazione di settore

 

Il contributo prende le mosse dalla circostanza che i lavoratori inglesi avrebbero perso molto a causa del declino della contrattazione settoriale e della regolamentazione congiunta: un esempio sono gli aumenti salariali inferiori all’inflazione e la maggiore insicurezza dei rapporti di lavoro. È però interessante osservare come anche i datori di lavoro risultino impoveriti dallo scarno ruolo della contrattazione di settore, avendo ottenuto non tanto la flessibilità contrattuale sperata, quanto piuttosto una maggiore rigidità giuridica. In mancanza di accordi settoriali, infatti, è stato necessario introdurre una serie di tutele legali per la gestione dei rischi, ma non sempre soluzioni uniformi nel panorama nazionale risultano efficaci in contesti lavorativi fortemente differenziati.

 

È essenziale tenere a mente che quando si parla di contrattazione collettiva, non ci si riferisce al solo salario, ma a una regolamentazione congiunta di diverse questioni, come il coinvolgimento dei dipendenti, la formazione e lo sviluppo del personale, la disciplina del licenziamento e tanto altro. Sisson si dedica all’approfondimento dei benefici dello sviluppo della contrattazione di settore. Secondo l’autore, ci sono due ragioni principali per cui gli accordi settoriali devono essere preferiti alla regolamentazione legale: la prima è il maggiore coinvolgimento dei lavoratori e la seconda è la capacità della contrattazione collettiva di adeguarsi alle peculiarità dei singoli ambiti e settori.

 

La contrattazione di settore andrebbe preferita alla regolazione unilaterale aziendale, inoltre, perché per i datori di lavoro vi è un notevole risparmio sui costi di gestione delle relazioni di lavoro.

 

Sulla base dell’analisi dell’autore, un approccio di settore permetterebbe di uniformare le condizioni di lavoro delle aziende di un determinato ambito e di evitare che si crei una ricchezza fondata su salari bassi e cattive condizioni per i lavoratori. Questo approccio va a vantaggio sia dei sindacati che delle organizzazioni datoriali. Queste ultime, infatti, acquisirebbero un ruolo di intermediario, consentendo a tutte le aziende rappresentate e non solo alle grandi realtà, di partecipare ai processi di definizione delle politiche sul lavoro a livello nazionale.

 

Peraltro, i benefici del coinvolgimento dei rappresentanti sindacali e datoriali sono stati riconosciuti anche nel rapporto dell’OCSE, Global Deal report, Social Dialogue, Skills and Covid-19 (2020),  in cui si afferma che il dialogo sociale è stato fondamentale per affrontare i danni causati dalla pandemia. La contrattazione settoriale migliora, infatti, la qualità delle decisioni rendendole più coerenti con la specifica problematica. Un confronto costante con le organizzazioni rappresentative migliora la comprensione dei problemi e permette, all’insorgere di una crisi, di trovare un maggiore consenso e una maggiore apertura ad una soluzione condivisa.

 

All’interno del suo elaborato, Sisson elenca anche quelli che potrebbero essere i vantaggi degli accordi di settore a livello macroeconomico, ovvero:

1. un migliore bilanciamento fra salari, inflazione, livelli di disoccupazione e tassi di crescita economica. Sempre secondo l’OCSE (in Negotiating Our Way Up: Collective Bargaining in a Changing World of Work del 2019): “(…) il coordinamento aiuta le parti sociali a tenere conto della situazione del ciclo economico e degli effetti macroeconomici degli accordi salariali sulla competitività. Il livello effettivo di centralizzazione è un’altra dimensione cruciale: i sistemi in cui il decentramento è organizzato e coordinato dal centro (cioè sistemi in cui gli accordi a livello settoriale stabiliscono ampi quadri normativi ma lasciano le disposizioni di dettaglio alle negoziazioni di livello aziendale e dove il coordinamento è piuttosto forte) tendono a produrre buone performance occupazionali e una maggiore produttività”;

2. minori disuguaglianze. L’OCSE prende come riferimento tre misure per i confronti internazionali sulle disuguaglianze: la dispersione dei redditi (in base alla quale per salario basso si intende un salario inferiore di due terzi rispetto al salario orario mediano e per salario alto si considera quello che supera di 1,5 volte il salario orario mediano); il coefficiente di Gini (che condensa la distribuzione del reddito disponibile fra le famiglie in un numero compreso fra zero e uno; più alto il numero, maggiore la disuguaglianza); il c.d. “gender wage gap” misurato come differenza tra i guadagni mediani di uomini e donne rispetto ai guadagni mediani degli uomini. Con riferimento a tutte e tre le misure, la disuguaglianza risulta maggiore nel Regno Unito e negli Stati Uniti rispetto agli altri paesi OCSE, e ciò probabilmente è legato ad un maggiore decentramento (disorganizzato) della contrattazione collettiva. È emerso, infatti, che maggiori densità sindacale e centralizzazione/coordinamento della contrattazione salariale sono direttamente proporzionali ad una minore disuguaglianza salariale complessiva.

 

Contrattazione settoriale nel Regno Unito – Come introdurla

 

Sisson parte da un punto di attualità nel Regno Unito, ossia l’impegno da parte del Labour Party di introdurre un accordo nel settore socio-sanitario, ad oggi incapace di assolvere ai suoi compiti essenziali a causa di numerose questioni, tra cui l’assetto composto sia dal settore pubblico (NHS) che da servizi privati, problemi nell’assunzione e nel mantenimento della forza lavoro.

 

Nonostante il Labour Party mostri cautela verso il sostegno alla contrattazione di settore per l’intera economia del Regno Unito, questa è ritenuta particolarmente necessaria nella cosiddetta “foundational economy”, ovvero quella parte di economia composta da settori non competitivi e al di fuori della concorrenza internazionale (es.: assistenza all’infanzia, servizi di pulizie, logistica). Di particolare importanza è la struttura di questi settori, costituiti principalmente da piccole e medie imprese (PMI) costrette a contrattare individualmente, che quindi beneficerebbero grandemente dall’introduzione di un accordo di settore capace di abbattere i costi di transazione. Tuttavia, la debolezza delle parti datoriali nel settore è fonte di preoccupazione, rispetto alla quale accordi tripartiti (con il coinvolgimento del governo) potrebbero essere risolutivi.

 

Istituzioni principali

 

La proposta ha come punto di partenza i Wages Council e i contratti già consolidati, e la responsabilità statutaria di avviare le procedure spetterebbe al Segretario di Stato. Dopo la consultazione delle parti, egli dovrebbe quindi istituire un National Joint Council (NCJ) qualora “non esistesse una contrattazione collettiva efficace a livello settoriale; o la contrattazione collettiva presente nel settore non sia sufficiente a stabilire termini e condizioni minimi per l’intero settore in relazione alle materie obbligatorie”. Tale consiglio sarebbe composto da un pari numero di rappresentanti dei lavoratori e datori di lavoro e in cui il Segretario di Stato potrebbe decidere se inserire dei membri indipendenti con diritto di voto con il compito di conciliatori in caso di stallo delle negoziazioni. L’importanza degli accordi tripartiti rimarrebbe la stessa.

 

Gli accordi settoriali come codici anziché contratti

 

Sisson ricostruisce la storia del quadro giuridico riguardante le relazioni industriali, affermando che il declino della contrattazione collettiva in Regno Unito si riconduce spesso alla mancanza di contratti giuridicamente vincolanti, obbligari solo a livello d’onore e non come codici statutari in un contesto di common law. Tuttavia, di fatto non c’era nessun ostacolo per le parti sociali nel rendere i contratti negoziati legalmente vincolanti, quanto piuttosto una mancanza di volontà delle stesse parti e un’incompatibilità di linguaggio (a questo proposito la Royal Commission on Trade Union and Employers’ Associations argomentava che per essere codificati, essi avrebbero dovuto essere stati riscritti con l’ausilio di un avvocato professionista). Invero, la maggioranza della Commissione ha respinto le proposte di rendere giuridicamente vincolanti i contratti collettivi non tanto per motivi di principio, quanto piuttosto adducendo come causa la concretezza della contrattazione collettiva nel Regno Unito.

 

Dunque, oggi, per quanto riguarda la legislazione necessaria per introdurre la contrattazione settoriale, il suggerimento è di rendere gli accordi di settore dei contratti giuridicamente vincolanti, in forma di “Good Work sector Agreements”, e attuati, ad esempio, dagli stessi organismi governativi che vigilano sulle normative nazionali, come avviene in Irlanda e in Nuova Zelanda. A sostegno di tale proposta, si suggerisce l’introduzione di un nuovo sistema di Tribunale del Lavoro, articolato in più livelli, con giurisdizione esclusiva per trattare tutte le questioni relative al lavoro. Le criticità emerse per questa ipotesi riguardano i numerosi problemi di adattamento del quadro legislativo: difatti, la stessa Royal Commission afferma che il modello di common law britannico richiederebbe il lavoro congiunto di esperti di relazioni sindacali e di avvocati.

 

Per questi motivi, sono esplorate nel testo altre ipotesi, fra cui la possibilità di rendere l’accordo di settore un ‘Order’, il mancato rispetto del quale costituirebbe un reato, legittimando così i lavoratori a presentare una richiesta civile in caso di mancato pagamento delle tariffe appropriate; ovvero, consentire al Segretario di Stato di proporre alle parti sociali di trasformare il proprio accordo di settore in un Codice di Condotta dell’Acas, ente pubblico che fornisce servizi di consulenza, conciliazione e mediazione fra le parti sociali. È indubbio, d’altronde, che questo approccio richiederebbe minori aggiustamenti al quadro legislativo, avendo inoltre il vantaggio di far esprimere i contratti di settore nel linguaggio delle relazioni sindacali e di non richiedere il supporto di un avvocato, oltre a promuovere e condividere le relazioni industriali stesse, nonché le best practices con ruolo educativo fondamentale nell’aiutare le imprese a rimanere aggiornate sulle sfide di settore.

 

Se, da un lato, chiarisce Sisson, è chiaro che la scelta di un percorso rispetto a un altro dipenderà da come il governo vorrà promuovere gli accordi settoriali in termini di obiettivi e finalità, dall’altro è evidente che, qualunque sia il percorso scelto, vi sia la necessità di istituire un’autorità pubblica che controlli la legittimità degli accordi settoriali.

 

Il principio di equità

 

All’interno del documento, il principio di equità (fairness) assume un ruolo centrale, soprattutto riguardo alla priorità da attribuire al “lavoro equo” rispetto alla “paga equa”. Questo principio si articola in due dimensioni: l’equilibrio tra sforzi e benefici e l’equità nelle decisioni che vengono prese. Il pericolo di concentrarsi sulla sola questione del salario è che, infatti, questioni come queste così come il dialogo sociale, vengono marginalizzate perché poco si prestano alla “negoziazione distributiva”. In aggiunta, ciò deteriorerebbe anche la situazione delle PMI in quanto si aumenterebbe in maniera significativa il costo del lavoro, portando a tagli del personale e un aumento del carico di lavoro sui dipendenti rimanenti.

 

Il contenuto degli accordi

 

Due sono quindi le tipologie di contenuti degli accordi descritti da Sisson se venisse inserita la contrattazione settoriale, considerando poi che argomenti specifici varierebbero da settore a settore:

il lavoro equo, ripreso anche da Fair Work Tales, e in particolare le questioni relative a: giusta ricompensa; rappresentanza collettiva; sicurezza e flessibilità; possibilità di accesso; crescita e progresso; ambiente lavorativo sano e inclusivo; diritti sostanziali;

– la disciplina di questioni sostanziali come retribuzione, straordinari, pensioni e ferie, come riaffermato anche da una proposta del Trade Union Congress (TUC); aspetti procedurali e diritti dei lavoratori, come quello di informazione e consultazione.

 

È indubbio, però, afferma Sisson, che le proposte finali dovranno tenere in considerazione il rapporto fra i diversi livelli di contrattazione. Le preoccupazioni dell’autore riguardano principalmente il fenomeno della “decentralizzazione disorganizzata” che può verificarsi quando la contrattazione si sposta dal livello settoriale a quello aziendale senza alcun coordinamento tra i due livelli. Questo comporta infatti il rischio che l’autorità dell’accordo settoriale venga indebolita, soprattutto a discapito dei lavoratori nelle PMI, a causa delle deroghe, delle riforme e delle eccezioni previste a livello aziendale. Difatti, solo se avviene in maniera adeguata e dunque con un “decentramento organizzato”, caratterizzato da coordinamento fra i livelli, questa transizione può portare ad una situazione ideale in cui vengono affermate le condizioni minime a livello settoriale, senza il rischio che vengano messe in discussione nelle negoziazioni a livello aziendale.

 

A tal fine, il documento suggerisce la necessità che le stesse parti sociali sostengano lo sviluppo del dialogo sociale, in particolare attraverso una dichiarazione dell’obiettivo complessivo dell’accordo settoriale, dunque facendo esplicito riferimento alle questioni che l’accordo si propone di affrontare; ovvero l’organizzazione di incontri trimestrali del consiglio tripartito, con gruppi di lavoro congiunti che si occupino di ricercare e monitorare le principali criticità del settore, anche con l’ausilio di esperti e terze parti.

 

Per quanto riguarda invece il ruolo del governo nazionale guidato dai Labour, l’autore si rifà alle linee guida della Commissione Europea. Si richiama, in particolare, la necessità di:

– assicurare la consultazione delle parti sociali nella progettazione di politiche economiche e sociali;

– incoraggiare le parti sociali a prendere in considerazione nuove forme di lavoro;

– consentire alle organizzazioni datoriali e dei lavoratori di crescere, facendo in modo che abbiano le informazioni rilevanti e assicurando loro il supporto da parte del governo nazionale.

 

Promuovere la produttività

 

Afferma Sisson che, tuttavia, nelle discussioni sull’introduzione della contrattazione settoriale si è prestata poca o nessuna attenzione a come verranno finanziati i miglioramenti previsti in termini di salario e condizioni di lavoro, che ovviamente dipenderanno a seconda del settore. Ad esempio, nel settore socio-sanitario è probabile che i fondi possano arrivare direttamente dal governo nazionale nella forma di investimenti sulla forza lavoro. Diversamente, in altri settori, non essendo previsto alcun finanziamento a causa delle pressioni attese sulla spesa pubblica, si prevede che i finanziamenti potranno derivare dagli stessi profitti delle aziende.  Tuttavia, anche in questo caso alcune aziende registreranno alcune criticità poiché ancora intrappolate nello schema di “bassa retribuzione, bassa qualificazione, bassa produttività”. Considerando, dunque, la limitata capacità di redistribuzione dai lavoratori più pagati a quelli meno pagati all’interno del settore, queste aziende avranno bisogno di aiuto per migliorare la loro produttività e performance, agendo non solo sull’eliminazione del basso salario ma incentivando tutta una serie di politiche coordinate e di sotto investimento e crescita.

 

In generale, si raccomanda al governo nazionale di modificare il suo modello di sviluppo economico investendo nell’innovazione e nella produttività della foundational economy, oltre a eliminare fattori che minano standard lavorativi dignitosi.

 

Conclusioni

 

Auspicando l’introduzione della contrattazione settoriale nel Regno Unito, Sisson analizza nel suo paper come questo possa concretamente attuarsi nel contesto politico-legislativo attuale britannico. È evidente, infatti, che questa transizione possa avvenire in un sistema di common law, in cui gli accordi sono di difficile codificazione, solo attraverso concrete misure a sostegno. Sisson raccomanda, inoltre, una visione più ampia del concetto di contrattazione settoriale, non basata esclusivamente sull’aumento dei salari ma piuttosto sul ‘fair work’, ossia l’insieme delle garanzie di cui deve godere il lavoratore (es.: formazione, sicurezza).

 

Nel contesto delineato, è quindi chiaro come la proposta dell’attuale Governo di introdurre la contrattazione settoriale nell’ambito socio-sanitario possa essere un trampolino di lancio per mettere in pratica le proposte illustrate dall’autore per migliorare non solo la contrattazione collettiva, ma anche, attraverso essa, le condizioni di quei settori appartenenti alla ‘foundational economy.

 

Francesca Coluccia

ADAPT Junior Fellow Fabbrica dei Talenti

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è X-square-white-2-2.pngfrancescaC3097

 

Emanuele Ligas

ADAPT Junior Fellow Fabbrica dei Talenti

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è X-square-white-2-2.png@LigasEmanuele

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/223 – Work life balance e potere d’acquisto al centro del rinnovato CCNL Giocattoli

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/223 – Work life balance e potere d’acquisto al centro del rinnovato CCNL Giocattoli

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 2 settembre 2024, n. 30

 

Contesto del rinnovo

 

Il giorno 12 giugno 2024 è stato siglato il documento finale per il rinnovo del CCNL Giocattoli Industria tra Assogiocattoli e Femca-CISL, Filctem-CGIL e Uiltec-UIL. Il CCNL interessa i lavoratori e le lavoratrici dipendenti delle aziende che producono giocattoli, giochi hobby e modellismo, ornamenti natalizi e articoli per la prima infanzia. Secondo i dati del CNEL del 2023 l’accordo interesserà 495 aziende e 5391 dipendenti.

Le principali novità introdotte nel rinnovo riguardano gli aumenti contrattuali e una serie di misure volte a migliorare la work-life balance di lavoratori e lavoratrici con particolare attenzione alla genitorialità.

 

Parte economica

 

Sotto il profilo economico sono due le principali novità del nuovo accordo: l’aumento dei minimi contrattuali e la maggiorazione dell’elemento di garanzia retributiva (EGR).

Come indicato nelle tabelle retributive allegate al testo del rinnovo, è previsto un aumento di 182 euro lordi per il terzo livello nel triennio 2024-2026. Gli aumenti sono così distribuiti: 55 euro a giugno 2024, 55 euro a settembre 2025 e 72 euro a marzo 2026. L’importo, riparametrato, è esteso a tutti i livelli previsti nella tabella allegata al testo del rinnovo. Va inoltre sottolineato che entro il 31 dicembre 2024 tutti i lavoratori e le lavoratrici inquadrate al primo livello saranno inquadrati al secondo, con la conseguente eliminazione del primo livello di inquadramento.

 

L’EGR è un importo annuo lordo spettante a tutti quei lavoratori e lavoratrici che non percepiscono altri trattamenti economici oltre a quelli previsti dal contratto collettivo, ovvero a coloro le cui aziende non applicano la contrattazione di secondo livello. Tale somma, indicata all’articolo 8 comma 6 del contratto collettivo, passerà, a partire dal 2025,da 200 a 300 euro lordi.

 

Per quanto concerne il welfare, vengono modificati gli articoli 79 e 80 del CCNL che riguardano rispettivamente la previdenza complementare e l’assistenza sanitaria integrativa. Per la prima, viene aumentato di 0,3 punti percentuali il contributo a carico delle aziende arrivando così al 2,30% dal 1° gennaio 2026. Per la seconda, sempre da gennaio 2026, verrà aumentato a 15 euro mensili il contributo a carico delle imprese. Inoltre, dal gennaio 2025, sempre a carico delle imprese, verrà istituito un contributo di 2 euro per ogni dipendente a favore di Sanimoda (l’assistenza sanitaria integrativa) per la copertura di prestazioni per la non autosufficienza (LTC Long Term care – non autosufficienza).

 

Infine, vengono aumentate le maggiorazioni per i lavoratori e le lavoratrici turniste e in regime di flessibilità. Per i primi (art. 40), la maggiorazione passerà dal 1,1% al 2,2% della retribuzione di fatto. Per i secondi (art. 33), tutte le ore lavorate oltre le 8 giornaliere e le 40 settimanali: dal 13% al 15% per le ore prestate dal lunedì al venerdì e dal 18% al 20% per le ore prestate il sabato. Entrambe le maggiorazioni avranno efficacia dal 1° gennaio 2025.

 

Parte normativa

 

Dal punto di vista normativo sono diverse le novità introdotte dal rinnovo del contratto in merito a diritto allo studio e formazione continua, work-life balance e pari opportunità.

Viene introdotto l’articolo 10 bis incentrato sulla formazione continua; a partire dal 1° gennaio 2025 le aziende coinvolgeranno i dipendenti in forza a tempo indeterminato e determinato (con contratto non inferiore a 9 mesi) in percorsi di formazione della durata di 8 ore pro-capite. Come specificato nel testo, la formazione sarà inizialmente concentrata per affrontare il gap sulle competenze digitali. Viene inoltre specificato che la formazione in materia di sicurezza non può rientrare in questi percorsi formativi.

 

Per quanto riguarda il diritto allo studio non sono presenti novità rispetto al testo del 2021, ma viene sottolineato l’impegno da parte del datore di lavoro di agevolare lavoratori e lavoratrici frequentanti corsi di studio di poter usufruire di permessi per svolgere le prove di esame e di richiedere turni di lavoro che agevolino la frequenza alle lezioni e la preparazione degli esami (art. 64).

 

Sul tema della conciliazione vita-lavoro sono introdotte differenti innovazioni. La principale novità in tema di conciliazione vita-lavoro è la definizione del lavoro agile all’articolo 38. È competenza del datore di lavoro stabilire la sussistenza delle condizioni necessarie per la concessione del lavoro agile e, se queste sussistono, i lavoratori e le lavoratrici potranno accedervi su base volontaria. I luoghi convenuti per la prestazione dell’attività lavorativa devono rispettare le norme sulla privacy e sulla sicurezza e potranno essere definiti dalle parti in sede aziendale.

 

Vengono introdotte delle novità in tema di genitorialità (art. 60) con la previsione di due giornate aggiuntive di congedo parentale oltre a quelle previste dalla legge, l’indenizzazione del secondo mese gi congedo parentale all’80% anche per gli anni successivi al 2024 e l’istituzione di 30 giorni continuativi di permesso non retribuito per tutte le lavoratrici che al rientro dell’aspettativa facoltativa post partum non dispongano più di giorni di ferie o ROL. Inoltre, per i lavoratori e le lavoratrici con figli viene prevista la possibilità di flessibilizzare l’orario di lavoro per facilitare l’inserimento al nido o alla scuola materna (art. 52).

 

Sempre in tema di permessi, all’articolo 53, vengono previsti i permessi per la donazione di sangue e viene introdotto un mese, fruibile anche a giorni, di aspettativa non retribuita per le lavoratrici che avviano un percorso di fecondazione assistita.

 

Per quanto riguarda le pari opportunità, con l’articolo 61 bis viene recepita la normativa in merito ai congedi per le donne vittime di violenza con la possibilità, secondo quanto previsto dall’art. 24 comma 1 del d.lgs. 80/2015, di astenersi dal lavoro per un periodo massimo di tre mesi percependo un’indennità a carico dell’INPS. L’art. prevede il prolungamento dell’astensione dal lavoro per un ulteriore mese retribuito a carico dell’azienda, rispetto a quanto già previsto dalla legge. Con l’articolo 66 bis (Diversity and Inclusion) le parti si impegnano invece, attraverso la contrattazione nazionale e di secondo livello, a promuovere delle soluzioni per diffondere nei luoghi di lavoro una cultura basata sull’inclusione e sul rispetto dell’altro.

 

Parte obbligatoria

 

Sul rapporto fra le parti firmatarie del rinnovo vengono introdotte delle novità agli articoli 9 e 15 bis. Il primo introduce la possibilità da parte dell’Osservatorio Nazionale del settore giocattoli, composto dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali e di quella datoriale, di promuovere il settore attraverso delle iniziative di informazione e sensibilizzazione con autorità ed enti pubblici. Con l’art. 15 bis viene invece introdotta, in caso di appalti esterni, la possibilità di istituire dei gruppi di monitoraggio insieme alle RSU per vigilare sull’applicazione da parte dell’azienda appaltatrice del CCNL del settore di riferimento dell’azienda appaltatrice sottoscritto dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul territorio nazionale.

 

Valutazione d’insieme

 

Il rinnovo del CCNL Giocattoli Industria rappresenta un passo avanti per il settore. In linea con il precedente rinnovo sono stati previsti nuovi aumenti salariali, fondamentali in un periodo in cui il potere di acquisto dei lavoratori e delle lavoratrici si fa sempre più debole e precario. Oltre ai miglioramenti economici, anche i progressi normativi per favorire la formazione continuano e il bilanciamento vita privata e vita professionale sottolineano la volontà delle parti di garantire il miglioramento delle condizioni lavorative e il benessere dei e delle dipendenti.

 

Davide Rossi

ADAPT Junior Fellow

@98Rdavide

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/222 – Accordo integrativo Nike Retail B.V.: maggiore attenzione al benessere dei lavoratori tra partecipazione alla prevenzione, inclusione e diversità

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/222 – Accordo integrativo Nike Retail B.V.: maggiore attenzione al benessere dei lavoratori tra partecipazione alla prevenzione, inclusione e diversità

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 2 settembre 2024, n. 30

 

In data 23 maggio 2024 sono state introdotte importanti novità nell’ambito delle relazioni industriali di Nike Retail B.V. in Italia. La direzione aziendale dello storico marchio statunitense di calzature, abbigliamento e accessori sportivi infatti, dopo oltre 2 mesi di trattative, ha siglato con i sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs l’accordo sul primo Contratto integrativo aziendale da applicare ai circa 500 dipendenti retail e corporate impiegati nei 25 store diretti attivi in Italia e nella sede legale della società a Milano. L’intesa, approvata dalle assemblee delle lavoratrici e dei lavoratori, resterà in vigore per tre anni fino a giugno 2027.

 

L’accordo in parola, dal punto di vista del sistema di relazioni sindacali prevede riunioni annuali a livello nazionale e incontri, su richiesta, a livello decentrato, con il coinvolgimento delle RSU/RSA. Le assemblee sindacali, inoltre, potranno svolgersi in presenza o da remoto, entro i limiti di 12 ore annue pro-capite per dipendente.
L ’accordo si occupa di definire una pluralità di temi, molti dei quali oggetto di discussione già da diverso tempo; tra questi alcuni meritano un’attenta riflessione.

 

Salute e sicurezza

 

Sul tema della salute e sicurezza sul lavoro, l’intesa valorizza la prevenzione,prevedendo modelli organizzativi partecipativi e percorsi di formazione e informazione dedicati. L’accordo nello specifico valorizza le connessioni tra RLS e RSPP e le altre figure coinvolte per garantire il corretto presidio territoriale e per sviluppare un dialogo integrato e partecipativo; inoltre prevede l’istituzione di quattro Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) su tutto il territorio nazionale, individuati per ambito geografico, con 12 ore di permesso retribuito all’anno e il rimborso delle spese di viaggio. Sempre in tema di salute e sicurezza l’accordo si occupa di disciplinare anche l’accesso ai luoghi di lavoro, stabilendo che gli RLS accederanno ai luoghi di lavoro compresi nell’ambito territoriale di competenza durante il normale orario di lavoro previa comunicazione al RSPP, inviata tramite mail con un preavviso di 5 giorni salvo urgenze.

 

Organizzazione del lavoro

 

Per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro, nell’accordo si ribadisce come, di regola, l’orario di lavoro sia di 40 ore settimanali 8 ore al giorno dal lunedì al venerdì e si prevede che i dipendenti corporate beneficeranno di orari flessibili, mentre per i dipendenti retail i turni saranno programmati con un anticipo di quattro settimane; prevedendo inoltre una pausa ulteriore rispetto a quella prevista dal CCNL, di 15 minuti per ogni turno superiore alle 6 ore. La prestazione domenicale inoltre sarà pianificata prevedendo una media di due domeniche al mese. La gestione delle presenze e dei turni sarà supportata da applicazioni aziendali che consentiranno una maggiore flessibilità ed una maggiore facilità nella gestione dei turni e delle paghe. Ai dipendenti part-time, inoltre, saranno garantite almeno 20 ore settimanali, salvo diverse e specifiche richieste del dipendente.
Per quanto riguarda le ferie, l’accordo prevede come queste possano essere richieste ed autorizzate in ogni periodo dell’anno e chiarisce che ogni dipendente è tenuto, per ogni anno ad organizzare la fruizione di almeno 2 settimane consecutive.

Oltre a ciò, per i dipendenti corporate viene previsto il programma “summer hours”, ovvero una modalità di lavoro che consentirà durante l’estate di completare le ore lavorative settimanali in anticipo rispetto al venerdì e che prevede 40 ore di permessi retribuiti, denominati “well-being days/week”, per tutti i dipendenti. Inoltre, la società si impegna a stabilizzare i dipendenti a tempo determinato pari al 5% delle ore lavorate tra febbraio 2024 e gennaio 2025.

 

Formazione e sviluppo professionale

 

Per quanto riguarda la formazione e lo sviluppo professionale l’accordo evidenzia come la società abbia grandi ambizioni di crescita e per questo motivo mette a disposizione dei dipendenti un’ampia gamma di corsi per la formazione professionale. Lo stesso accordo prevede come peralcune figure interne specifiche,ad esempio i people manager, vengano messi a disposizione strumenti di sviluppo delle competenze manageriali, finalizzati a comprendere che cosa significhi essere dei leader migliori. Per lo sviluppo individuale dei dipendenti, inoltre, la società si impegna ad offrire una pluralità di momenti e strumenti di apprendimento anche attraverso il ricorso alle nuove tencologie digitali, con la costituzione di apposite App aziendali.

 

Welfare

 

Tra i temi trattati dall’accordo vi è anche quello relativo al Welfare, a tal proposito si prevede come i dipendenti retail per ogni giorno lavorativo di almeno 6 ore avranno diritto ad un buono pasto di 8 euro, mentre i dipendenti corporate avranno diritto ad un buono pasto di 10 euro.
Inoltre, viene garantito,per i dipendenti corporate, il diritto ad ottenere il rimborso dell’abbonamento annuale ai trasporti per l’area di Milano, qualora siano assegnati a tale area come sede di lavoro e il diritto all’accesso a servizi sportivi o di fitness convenzionati.

 

Lavoro agile

 

Oltre a quanto già esposto, l’accordo si occupa anche del lavoro agile (definito Hybrid Working Policy) stabilendo che sarà concesso ai dipendenti corporate della sede fino a 2 giorni su base settimanale e sulla base degli accordi individuali sottoscritti; l’accordo inoltre stabilisce che i dipendenti potranno lavorare da remoto fino a quattro settimane ogni anno in linea con le disposizioni della policy stessa.

 

Diversità, equità e inclusione

 

L’azienda, inoltre, si impegna a promuovere una cultura e un ambiente all’insegna della diversità, dell’inclusione e del rispetto per consentire a ognuno di esprimere pienamente se stesso e dare il meglio di sé. Oltre a ciò, offrirà anche il servizio Employee Assistance Program per il supporto psicologico e la consulenza, promuovendo la diversità e l’inclusione attraverso un Codice di Condotta dedicato al cui rispetto sono tenuti anche i fornitori. Importante è il richiamo alla lotta alla violenza di genere sostenuta da Nike attraverso campagne e progetti finalizzati ad evitare qualsiasi tipo di discriminazione in base al sesso o all’orientamento sessuale.

 

Conclusioni

 

L’accordo in questione rappresenta un importante risultato frutto di un dialogo costruttivo e di una collaborazione proficua tra la direzione aziendale di Nike Retail B.V e le sigle sindacali, le quali esprimono grande soddisfazione per quanto ottenuto.
Con l’accordo sono state introdotte importanti novità in termini di salute e sicurezza sul lavoro, flessibilità oraria e welfare aziendale, dimostrando da parte della dirigenzae della proprietà un impegno concreto verso un maggiore benessere dei dipendenti e una migliore organizzazione del lavoro. Tuttavia, si tratta di un primo importante traguardo, che, come ribadito anche dalle principali sigle sindacali rappresenta un punto di partenza affinché questi principi siano rispettati e applicati al meglio in tutte le realtà del marchio.

 

Edoardo Del Sal

ADAPT Junior Fellow Fabbrica dei Talenti

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/221 – Il rinnovo del contratto del Turismo: ridefinito l’ambito di applicazione, novità sugli appalti e le figure professionali

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/221 – Il rinnovo del contratto del Turismo: ridefinito l’ambito di applicazione, novità sugli appalti e le figure professionali

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 22 luglio 2024, n. 29

 

Contesto del rinnovo

 

Il rinnovo del CCNL per i dipendenti del settore Turismo è stato firmato il 5 luglio 2024 per la parte datoriale da Federalberghi e Faita, con la partecipazione di Confcommercio, e da Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil per la parte sindacale. Il rinnovo, intervenuto a 10 anni di distanza da quello precedente, è stato firmato dopo una trattativa durata circa cinquanta mesi.

Il contratto decorre dal 1° luglio 2024 e sarà valido fino al 31 dicembre 2027. In caso di mancata disdetta dalle Parti entro sei mesi dalla scadenza, è prevista l’ultrattività. Peculiare, invece, è l’impegno delle Parti sociali di rincontrarsi il 30 settembre 2024 per redigere il Testo Unico del CCNL Turismo, comprensivo del testo integrale del CCNL del 20 febbraio 2010 e dei successivi rinnovi.

Secondo i dati CNEL il CCNL Turismo è applicato a circa 580 mila lavoratori e lavoratrici.

 

Parte economica

 

Tra le novità a carattere economico si più menzionare l’aumento dei minimi tabellari. Da luglio 2024 a novembre 2027 verranno aumentati i minimi in quattro tranche, per un totale di 200 euro per il quarto livello.

 

Inoltre, viene parzialmente modificata la disciplina relativa alla contribuzione per gli enti bilaterali. Il datore di lavoro che ometta il versamento della contribuzione è obbligato, fermo restando l’obbligo di erogare in favore del lavoratore prestazione analoghe a quelle dell’ente bilaterale, a riconoscere al medesimo lavoratore un elemento distinto dalla retribuzione non assorbibile, pari allo 0,60% della paga base conglobata.

 

Sempre in tema di welfare, le Parti sociali hanno aumentato la contribuzione dovuta per l’assistenza sanitaria. La contribuzione del Fondo di assistenza sanitaria integrativa per i dipendenti da aziende del settore turismo (FAST) a decorrere dal 1° luglio 2027 sarà pari a 15 euro per ciascun iscritto, di cui 13 euro a carico del datore di lavoro e 2 euro a carico del lavoratore. Anche in questo caso, il datore che ometta tale versamento è obbligato a corrispondere al lavoratore un elemento distinto dalla retribuzione, non assorbibile, pari a 14 euro lordi e a garantire le medesime prestazioni sanitarie. Viene aumentata la contribuzione anche per la Cassa di Assistenza Sanitaria istituita per i Quadri del Settore Terziario (Qu.A.S.) portata, a partire dal 1° gennaio 2025, a 360 euro annui a carico del datore di lavoro e a 50 euro a carico del Quadro. A decorrere dal 1° gennaio 2026 la quota aumenterà ulteriormente rispettivamente di 380 euro e 50 euro.

 

Ulteriori novità riguardano la contrattazione di secondo livello e il premio di risultato. Fra gli indicatori utilizzabili per corrispondere il premio di risultato, vengono introdotti anche la fidelizzazione e la soddisfazione dei clienti, che possono essere calcolate sul numero di arrivi dei clienti abituali e sul punteggio ottenuto sui portali di prenotazione, a condizione che si possa garantire che corrispondano ai giudizi espressi da clienti che hanno effettivamente soggiornato nella struttura. Per promuovere lo sviluppo della contrattazione di secondo livello, viene introdotto un elemento economico di garanzia fino a 186 euro nel caso in cui non venga sottoscritto un contratto integrativo entro il 31 ottobre 2026.

 

Sono presenti, inoltre, svariate disposizioni volte a tutelare la genitorialità. In particolare, viene espressamente previsto che in caso di assenza per congedo di maternità, paternità o per congedo parentale, tale periodo di assenza venga comunque computato al fine dell’integrale maturazione e corresponsione della tredicesima e quattordicesima mensilità.

 

Parte normativa

 

Una delle principali novità del rinnovo riguarda la classificazione del personale. I livelli di inquadramento rimangono gli stessi (area quadri A e B e ulteriori 8 livelli), mentre si rilevano modifiche per quanto concerne il loro contenuto. In particolare, la classificazione prima operata per ciascuna parte speciale viene ora riorganizzata in un unico articolo, l’art. 48, nel quale si introducono nuove figure professionali. In questo modo, sebbene si tengano differenziate le professionalità per le aziende alberghiere, i complessi turistico-ricettivi dell’aria parte e dei porti e approdi turistici, la disciplina viene resa più omogenea. Vengono sostituite le figure più obsolete e se ne introducono delle nuove (come ad esempio l’insegnante yoga e la guida per trekking per quanto concerne il quarto livello del settore alberghiero) per rispondere alle nuove esigenze tecnologiche, del mercato del settore e della valorizzazione della professionalità. Viene specificato, comunque, che i lavoratori in forza alla data di sottoscrizione del rinnovo contrattuale, qualora svolgano mansioni corrispondenti a figure professionali non più presenti nella nuova classificazione, mantengono la precedente denominazione, le relative mansioni e il medesimo livello di inquadramento.

 

Sempre in fatto di mansioni, le Parti sociali aumentano il periodo in cui il lavoratore adibito a mansioni superiori abbia diritto al riconoscimento del livello di inquadramento conforme alle mansioni superiori svolte. Tale limite viene portato da tre a sei mesi.

 

Una maggiore flessibilità è riconosciuta anche dall’introduzione di una causale (ai sensi e per effetto dell’art. 19, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 81 del 2015, successive modifiche e integrazioni) per stipulare, rinnovare o prorogare contratti a tempo determinato per una durata superiore ai 12 mesi e inferiore ai 24. La causale riguarda lo svolgimento di grandi eventi come il giubileo, l’Expo e le Olimpiadi.

 

Anche l’appalto viene riformato. In particolare, il coinvolgimento delle RSA e delle RSU e delle organizzazioni territoriali deve essere garantito anche in caso di successivi cambi d’appalto. Un importante novità è poi rappresentata dalla regolazione dell’internalizzazione, ossia la gestione diretta di un servizio che precedentemente era affidato alla gestione di un appaltatore. In questo caso, il datore informerà le rappresentanze sindacali al fine di instaurare un dialogo sull’armonizzazione delle eventuali differenze tra il trattamento economico e normativo in precedenza applicato dall’appaltatore e il trattamento economico e normativo previsto dal CCNL in commento e dalla contrattazione di secondo livello. In questo modo, si vuole agevolare l’internalizzazione permettendo un adeguamento progressivo della disciplina contrattuale.

 

Infine, viene rinnovata la materia in tema di parità di genere e di tutela delle donne vittime di violenza di genere. Nel primo caso si conviene di dare piena attuazione alla normativa vigente per garantire il principio di parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro di pari valore e viene istituita la figura del “Garante della parità” e la Commissione permanente all’interno dell’ente bilaterale del settore. Nel secondo caso, vengono inseriti nel CCNL i congedi per le donne vittime di violenza di genere. Oltre ai tre mesi previsti per legge, alle lavoratrici del turismo è riconosciuto un ulteriore periodo di tre mesi indennizzato al 100%.

 

Parte obbligatoria

 

L’altra grande novità del rinnovo riguarda l’ambito di applicazione del contratto collettivo e la modifica delle parti speciali. Prima del rinnovo, il CCNL veniva applicato a: aziende alberghiere; complessi turistico-ricettivi all’area aperta; aziende pubblici esercizi; stabilimenti balneari; alberghi diurni; imprese di viaggi e turismo, tour operator e network di agenzie di viaggio e turismo; porti ed approdi turistici e rifugi alpini.

 

Con il rinnovo, invece, è stato riorganizzato l’ambito di applicazione in: aziende alberghiere, complessi turistico-ricettivi dell’aria aperta; porti e approdi turistici e rifugi alpini. Fra le principali conseguenze di questa novità vi è la ridefinizione dell’azienda alberghiera, nella quale rientrano anche i servizi di alloggio per vacanze e affitti brevi. Inoltre, viene chiarito che l’applicazione ai pubblici esercizi riguarda solo i pubblici esercizi “annessi” alle attività ricettive.

 

Valutazione d’insieme

 

Nell’insieme, le maggiori novità riguardano la classificazione del personale e il mutamento dell’ambito di applicazione. Si tratta, in entrambi i casi, di rispondere alle nuove esigenze del settore, chiarificando che il CCNL non riguarda solo il settore alberghiero in senso stretto ma si applica anche alle aziende e ai lavoratori che operano – ad esempio – nell’ambito degli affitti brevi. È evidente, infatti, che il settore del turismo sia cambiato in modo importante negli ultimi dieci anni e di conseguenza le esigenze della sua regolamentazione.

 

Si tratta, comunque, di un testo che ha mantenuto la sua struttura di base. Un ulteriore elemento da attenzionare sarà il Testo Unico che le parti si sono impegnate a sottoscrivere il 30 settembre 2024. Questo, ad avviso di chi scrive, potrà fare ulteriore chiarezza sull’ambito di applicazione del CCNL e, in particolare, sul contenuto delle parti speciali. Inoltre, è da accogliere con favore l’estensione della procedura di consultazione sindacale prevista per gli appalti e sarà interessante osservare gli effetti della disciplina sulle internalizzazioni.

 

In conclusione, trattandosi il CCNL Turismo di uno dei contratti collettivi maggiormente applicati in Italia per numero di lavoratori (secondo i dati CNEL del flusso Uniemens, al quarto posto), grazie a questo rinnovo centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici beneficeranno di aumenti salariali, maggiori tutele contrattuali e nuove misure di welfare.

 

Federica Chirico

Apprendista di ricerca ADAPT

@fedechirico

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/220 – L’ipotesi di rinnovo per il CCNL della panificazione unificato

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/220 – L’ipotesi di rinnovo per il CCNL della panificazione unificato

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 22 luglio 2024, n. 29

 

In data 18 luglio 2024 tra Assipan con l’assistenza di Confcommercio – Imprese per l’Italia, Assopanificatori – Fiesa, con l’assistenza di Confesercenti e le organizzazioni sindacali Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil è stata sottoscritta l’Ipotesi di Accordo di rinnovo per il CCNL della Panificazione unificato (Codice Archivio Contratti CNEL-INPS E023).

 

È stato così consolidato un percorso di unificazione contrattuale già avviato dalla sola Assipan – Confcommercio con la sottoscrizione, in data 13 gennaio 2023, del CCNL per il personale dipendente da aziende di panificazione anche per attività collaterali e complementari nonché da negozi di vendita al minuto di pane, generi alimentari e vari, e proseguito con gli Accordi del 25 settembre 2023 (sull’elemento perequativo regionale) e del 31 gennaio 2024 (sull’AFAC). Il contratto ha una sfera d’applicazione piuttosto diversificata che ruoto intorno al mondo della panificazione sia nella sua componente artigianale che industriale come testimoniano le differenziazioni economico-normative presenti all’interno dell’unico CCNL.

 

Le Parti, con l’obiettivo di garantire l’unicità ed evitare la proliferazione contrattuale hanno previsto una clausola di garanzia che subordina l’eventuale adesione di altre OO.SS o Associazioni datoriali ad un preventivo confronto tra le Parti.

 

Il CCNL ha durata quadriennale con scadenza il 31 dicembre 2026 e vengono modificati e innovati numerosi istituti, sia di carattere economico che normativo.

 

Parte economica

 

Per quanto riguarda gli aspetti relativi al trattamento economico, è stato previsto un aumento tabellare a regime sul livello A2 per i panifici artigianali pari a 183 euro comprensivi dell’AFAC, già erogato come prima tranche in data 1° febbraio 2024, da riparametrare su ogni singolo livello di inquadramento ed erogato in ulteriori tre tranches.

Per quanto riguarda i panifici ad indirizzo industriale l’aumento previsto è pari a 280 euro sul livello 3B comprensivi dell’AFAC già erogato come prima tranche in data 1° febbraio 2024, da riparametrare su ogni singolo livello di inquadramento ed erogato anch’esso in ulteriori tre tranches.

 

In virtù della vacanza contrattuale tra il 31 gennaio 2023 e il 1° febbraio 2024 (data in cui è stata erogata la prima tranche di aumento (AFAC) è stata stabilita l’una tantum di valore pari a 100 euro erogate in due soluzioni (la prima pari ad euro 50 con la retribuzione del mese di agosto 2024; la seconda pari a euro 50 con la retribuzione del mese di ottobre 2024). Per i panifici ad indirizzo industriale l’una tantum prevista è pari a 160 euro erogate in due soluzioni (la prima pari ad euro 80 con la retribuzione del mese di agosto 2024, la seconda pari a euro 80 con la retribuzione del mese di ottobre 2024).

 

Le somme erogate sono da considerarsi omnicomprensive di tutti gli istituti diretti ed indiretti e non saranno pertanto utili ai fini del computo del TFR. Gli importi saranno riparametrati sulla base dei mesi di anzianità di servizio lavorati nel periodo 31 gennaio 2023 – 1° febbraio 2024 nonché, – per i lavoratori a tempo parziale – sulla base dell’orario effettivo previsto nel contratto individuale di lavoro.

 

Bilateralità, welfare e previdenza complementare

 

Nell’ambito del rinnovo grande importanza è stata data al rafforzamento della bilateralità di settore ed al welfare contrattuale che rappresentano un diritto contrattuale di ogni singolo lavoratore. Viene altresì stabilito che l’impresa di panificazione aderendo alla bilateralità ed ottemperando ai relativi obblighi contributivi assolve ogni suo obbligo in materia, nei confronti dei lavoratori. Nel caso in cui vi siano imprese non versanti, le stesse sono obbligate a riconoscere prestazioni equivalenti a quelle erogate dall’Ente bilaterale nazionale, ivi comprese quelle relative all’assistenza sanitaria integrativa. Nel caso in cui vi siano imprese non aderenti alla bilateralità e che non versano il relativo contributo dovranno erogare a ciascun lavoratore un elemento aggiuntivo della retribuzione (EAR) pari a euro 20 lordi mensili per quattordici mensilità che incide su tutti gli istituti retributivi di legge e contrattuali, compresi quelli indiretti o differiti, escluso il TFR.

Per quanto riguarda la previdenza complementare è stato confermato Alifond come fondo di previdenza complementare settoriale con l’impegno contestuale di monitorarne le adesioni al fine di prevedere, nel corso della prossima tornata contrattuale, l’introduzione di un ulteriore fondo. Rispetto a tale ultimo punto le Parti hanno garantito ai lavoratori già iscritti a Fon.te. il mantenimento delle loro posizioni individuali.

Nel caso di adesione da parte del lavoratore ad Alifond il datore di lavoro è tenuto a versare mensilmente e per un massimo di 12 mensilità per anno civile (1 gen.-31 dic.) l’1,2% della retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR per ogni lavoratrice e per ogni lavoratore che avrà deciso liberamente di iscriversi, versando una quota in misura non inferiore all’1% come sopra calcolato. A decorrere dal 1° gennaio 2025 tale contributo viene innalzato al 1,5%.

 

Causali tempi determinati e lavoro intermittente

 

Diverse le novità introdotte riguardo ai contratti a tempo determinato e alla disciplina del mercato del lavoro sulla base di quanto sancito dal decreto legge n. 48/2023 in coerenza con quanto previsto da altri CCNL del sistema Confommercio.

Nell’ambito dei panifici industriali è stato individuato, in relazione a quanto disposto dal comma 1 dell’art. 23 del D. Lgs. n. 81/2015, nel 25% il limite percentuale di legge di utilizzo dei contratti a tempo determinato, in tutti i casi di assunzioni a termine rientranti nella predetta norma legale.

 

È stato convenuto che, fatta eccezione per il lavoro stagionale, la stipula di contratti di lavoro mediante contratto a termine, somministrazione a termine e tempo indeterminato, non potrà superare complessivamente la percentuale del 25% nei limiti stabiliti dalla legge vigente per i singoli istituti.

 

Sono state introdotte, in conformità a quanto previsto dall’art. 19, comma 1 del D.Lgs. n. 81/2015 e successive modificazioni, le causali del contratto a tempo determinato declinandole sulla base delle esigenze del settore della panificazione. Le casistiche individuate dalle parti sono le seguenti:

– esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori:

– esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria derivati da richieste di mercato che non sia possibile evadere con il normale potenziale produttivo per la quantità e/o specificità del prodotto e/o delle lavorazioni richieste;

– partenza di nuove attività, sviluppo e lancio di nuovi prodotti e/o nuove linee commerciali;

– realizzazione di percorsi formativi, anche on the job, legati a processi di innovazione aziendale e/o riorganizzazione;

– incrementi attività produttiva, di confezionamento e di spedizione del prodotto in dipendenza di commesse eccezionali e/o termini di consegna tassativi;

– esigenze di collocazione nel mercato di diverse tipologie di prodotto non presenti nella normale produzione;

– ulteriori, specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’art. 51, D. Lgs. 81/2015.

 

Sono state rese strutturali le modifiche in materia di lavoro intermittente introdotte precedentemente in via sperimentale fino al 31 dicembre 2023 a quelle figure di lavoratori che effettuano come prestazione esclusiva la presa in carico e la consegna dei prodotti (con mezzi propri o aziendali) presso il domicilio del consumatore. È stata confermata l’indennità di disponibilità in misura pari al 25% della retribuzione

 

Stagionalità

 

In aggiunta alle attività stagionali definite dal D.P.R. 7.10.1963, n. 1525 e successive modifiche ed integrazioni, in relazione alle peculiarità del settore le parti hanno convenuto che debbano essere considerate attività stagionali anche le seguenti ipotesi:

attività produttive svolte in località anche distinte da quella della sede della ditta e quand’anche appartenenti al medesimo comune, provincia o regione della stessa, coincidenti temporalmente con flussi turistici stagionali e che abbiano periodi di inattività non inferiori a 70 giorni continuativi o 120 giorni non continuativi;

– quelle in cui le attività, per ragioni climatiche, vanno ricondotte alla finalità di rifornire i mercati dei prodotti il cui consumo è concentrato in particolari periodi (caldi o freddi), in ragione delle abitudini e tradizioni di consumo e/o delle caratteristiche dei prodotti. A tal fine, si individuano a titolo esemplificativo, i seguenti periodi (dal 1° giugno al 30 settembre; dal 1° novembre al 30 marzo);

– le attività connesse a ricorrenze di eventi e festività, cui vanno ricondotte le occasioni civili, religiose e della tradizione popolare, che determinano un incremento dei consumi. A tal fine, si individuano a titolo esemplificativo, i seguenti periodi a) periodo natalizio: dalla prima domenica di novembre alla terza domenica di gennaio.; b) periodo pasquale: dalle due domeniche precedenti a quella successiva alla Pasqua; c) periodi di intensificazione dell’attività che nel corso dell’anno solare si ripetano da almeno i tre anni precedenti documentalmente attestabili e previa informativa alle R.S.A. o R.S.U. ove presenti. In mancanza di RSA /RSU, l’informativa sarà fornita alle OO.SS. territoriali.

 

Nel caso delle ipotesi di attività stagionale non è consentito superare una durata massima complessiva di 8 mesi per ogni singolo rapporto di lavoro nell’arco di 12 mesi che decorrono dal primo contratto stagionale stipulato, comprese le eventuali proroghe e rinnovi.

 

Orario di lavoro, Straordinario, Notturno, festivo e domenicale.

 

L’ipotesi di Accordo interviene sulla disciplina dell’orario di lavoro fissandolo in 8 ore giornaliere e/o 40 ore settimanali distribuito su  5 o 6 giorni. È stato previsto, per i soli panifici ad indirizzo artigianale che il datore di lavoro ha la facoltà di fissare gli orari di lavoro secondo le esigenze produttive dell’azienda. Per i panifici ad indirizzo industriale il datore di lavoro dovrà invece comunicare le eventuali variazioni dell’orario settimanale entro e non oltre il giovedì della settimana precedente. Per soddisfare esigenze connesse alle variazioni di intensità dell’attività lavorativa e nell’intento di dare massima applicabilità alla flessibilità dell’orario di lavoro sono stati contrattualmente previsti, per i panifici ad indirizzo artigianale, regimi di orario diversi rispetto all’articolazione prescelta con il superamento dell’orario contrattuale sino al limite di 48 ore settimanali e fino ad un massimo di 112 ore annuali complessive.

Con l’obiettivo di dare una disciplina compiuta ed accurata al lavoro notturno, molto utilizzato nell’ambito della panificazione, è stato deciso contrattualmente di costituire un’apposita Commissione Nazionale. Nelle more della costituzione dell’apposito gruppo di lavoro la disciplina resterà quella disciplinata dal precedente contratto collettivo.

 

Sicurezza nei luoghi di lavoro e diritti sindacali

 

La disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è stata in gran parte rivisitata introducendo una giornata dedicata al tema della sicurezza sul luogo di lavoro, fissata il 28 aprile di ogni anno in occasione della Giornata internazionale della sicurezza (istituita dall’Ilo). È stata introdotta, nelle aziende o unità produttive che occupano fino a 15 lavoratori, l’elezione dell’RLS tramite l’elezione diretta dei lavoratori all’interno delle aziende o individuandolo nell’ambito territoriale o del comparto produttivo.

 

A partire dal 1° settembre 2025 le Parti, condividendo e sostenendo l’importanza della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici nei luoghi di lavoro hanno stabilito un contributo per il finanziamento dei RLST (Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriale, ex art. 48 del D. Lgs. 81/2008) fino a 21 euro annui (1,75 euro per 12 mensilità). Restano escluse le aziende che già contribuiscano al finanziamento degli RLST tramite accordi regionali e/o territoriali sottoscritti tra le Parti stipulanti il presente CCNL.

 

Per quanto attiene ai diritti sindacali è stata data una compiuta disciplina prevedendo permessi sindacali relativamente ai lavoratori dipendenti da panifici a indirizzo artigianale pari a 5 ore per ciascun dipendente in forza, di permessi retribuiti complessivamente pari a un minimo di 20 ore annue e un massimo di 64 ore annue. Per quanto riguarda i permessi sindacali relativamente ai lavoratori dipendenti da panifici ad indirizzo produttivo industriale è stato stabilito che, i Dirigenti sindacali facenti parte di Organismi direttivi territoriali, provinciali, regionali e nazionali delle Organizzazioni sindacali stipulanti usufruiranno di 1 ora di permesso all’anno ogni due dipendenti in aggiunta a quelle previste dalla legge 20-5-70 n. 300, art. 23; un ulteriore ore 1 all’anno ogni due dipendenti a disposizione dei membri dei comitati direttivi delle organizzazioni sindacali congiuntamente stipulanti il presente contratto (legge 20-5-70 n. 300, art.  30).

 

Appalti e terziarizzazioni

 

È stata introdotta ex novo la disciplina relativa agli appalti e alle terziarizzazioni che prevede, in prima battuta, l’esclusione dalla suddetta dei lavori pertinenti le attività di produzione e trasformazione proprie dell’azienda stessa, comprese quelle di manutenzione tecnica ordinaria, e delinea un articolato normativo che persegue l’obiettivo di tutela dei lavoratori attraverso clausole che vincolino le aziende appaltatrici all’effettiva assunzione del rischio di impresa nonché all’osservanza degli obblighi di stampo assicurativo, previdenziale, di igiene e sicurezza del lavoro, oltre a prevedere l’applicazione dei CCNL del settore merceologico delle attività appaltate, sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente rappresentative.

 

Valutazione d’insieme

 

Come già evidenziato in premessa l’obiettivo principale raggiunto dalle Parti è stato quello di addivenire alla stipula di un CCNL unificato adeguandolo al moderno scenario della panificazione in Italia che interessa una vasta schiera di lavoratori ed imprese sia di carattere artigianale che industriale. L’obiettivo del rinnovo e dell’unificazione del tavolo sono ben evidenziati nella clausola finale sulle condizioni di concorrenza: qualora infatti le sottoscritte Organizzazioni dei lavoratori dovessero con altre Associazioni di datori di lavoro di aziende del settore della panificazione, concordare condizioni meno onerose di quelle previste contratto, tali condizioni, dopo che siano state accertate nella loro sfera di applicazione con verbale redatto fra le Organizzazioni interessate, si intendono estese alle aziende che abbiano le medesime caratteristiche e che siano rappresentate dalle Associazioni firmatarie del presente accordo. Questa clausola ha l’obiettivo di permettere lo sviluppo di una sana competitività tra le imprese evitando forme di dumping contrattuale

 

Andrea Zoppo

Settore Lavoro, Contrattazione e Relazioni Sindacali-Confcommercio Imprese per l’Italia

@AndreaZoppo

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/219 – L’accordo integrativo aziendale Gruppo Allianz: potere d’acquisto, flessibilità e solidarietà sul luogo di lavoro

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/219 – L’accordo integrativo aziendale Gruppo Allianz: potere d’acquisto, flessibilità e solidarietà sul luogo di lavoro

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 15 luglio 2024, n. 28

 

Oggetto e tipologia di accordo

 

Il 16 Gennaio 2024 è stata sottoscritta l’intesa di rinnovo del Contratto integrativo aziendale (di seguito CIA) del Gruppo Allianz. Il testo unico del CIA è stato siglato da Fisac CGIL, First-CISL, FNA, SNFIA e UILCA, per quanto riguarda le parti sindacali, e dalle società del Gruppo Allianz (Società AGC&S, Allianz, Allianz SE Branch Rome, Allianz Global Life, PIMCO Real Estate GmbH, Allianz Technology S.p.A, Unicredit Allianz Assicurazioni, Unicredit Allianz Vita, Allianz Direct), per parte datoriale, con l’obiettivo di specificare per il gruppo le disposizioni del vigente CCNL ANIA (Contratto Nazionale degli Assicurativi) del 16 Novembre 2022, in scadenza il 31 Dicembre 2024 (per un commento sul più recente rinnovo del CCNL, si veda A. Sannipoli, Il rinnovo del CCNL assicurazioni: aumenti economici, welfare e nuove tutele per i lavoratori del settore, Bollettino ADAPT 20 febbraio 2023, n. 7).

 

Parti firmatarie e contesto

 

Il Gruppo Allianz è uno dei principali assicuratori italiani, facente parte del gruppo Allianz SE (Società Europea, dal 2006), multinazionale attiva nel settore assicurativo-finanziario. L’accordo, come descritto dal comunicato unitario delle RSA, è frutto di un lavoro di negoziazione e di confronto delle parti sociali in un contesto già di per sé avanzato dal punto di vista contrattuale e innovativo. L’intesa dedica una parte sostanziale alla componente economica/retributiva, ma si occupa anche di altre materie come flessibilità, organizzazione e conciliazione vita-lavoro. Tra gli aspetti dell’intesa è rimarcata dalle parti anche l’introduzione della Banca del Tempo Solidale (di seguito BDTS), istituto innovativo che prevede permessi retribuiti di natura solidale, col quale il personale dipendente può donare un monte ore annuale a colleghi che si trovano in difficoltà.

 

Temi trattati / punti qualificanti / elementi originali o di novità

 

L’accordo dedica ampio spazio al tema della flessibilità. In particolare, il capitolo 6 del CIA applica un regime di orario flessibile a tutti i dipendenti delle società firmatarie, salvo il personale che osserva turni di lavoro o diverse distribuzioni di orario rispetto all’orario definito “normale”, ossia i dipendenti che svolgevano, alla data di sottoscrizione del testo unico nel 2018, attività direzionali presso la sede di Trieste. Secondo il CIA, in particolare, l’Orario Unico Allianz prevede l’obbligatorietà di presenza in ufficio dal lunedì al giovedì (il venerdì prevede un orario ridotto), con la possibilità di scelta da parte del dipendente dell’inizio e del termine dell’attività lavorativa giornaliera, in due fasce orarie stabilite.

Le ulteriori novità introdotte riguardano i permessi, e in special modo la possibilità di usufruirne per 5 sedute di psicoterapia; la copertura di due venerdì con una sola giornata di ferie (una sola volta l’anno) e fruizione anche a ore dei congedi parentali, nonché l’istituzione della Banca del Tempo Solidale.

L’istituzione della BDTS (tramite art.7, cap. 6) è rimarcata dalle parti sociali richiamando i temi del benessere, salute, conciliazione vita-lavoro, inclusione, non discriminazione e sviluppo sostenibile, al fine di promuovere la solidarietà sociale. Essa costituisce un monte annuale di permessi retribuiti di natura solidale per il personale dipendente che ne abbia necessità per far fronte a gravi situazioni familiari e/o personali, avendo esaurito le proprie dotazioni personali. Il personale dipendente può donare, a titolo gratuito e volontario, giornate di ferie, ex-festività, ore destinate alla Banca Ore (Art. 39 CCNL), mentre l’azienda mette a disposizione una dotazione di 500 ore per anno solare. Viene inoltre prevista la possibilità di monetizzare la Banca Ore su base volontaria.

Sulla questione dell’orario si inseriscono anche le disposizioni del CIA sul part-time (Cap. 12), che introducono maggiore flessibilità in pausa pranzo.

Infine, l’accordo tocca il tema della medicina preventiva, prevedendo l’aumento della tipologia di esami e visite coperti dal Gruppo per tutta la popolazione aziendale.

 

Incidenza sul trattamento retributivo e sulle misure di welfare

 

La sfera economica interessa la maggior parte dei capitoli del CIA, rivestendo dunque una posizione centrale nelle negoziazioni, come sottolineato anche dalle RSA all’interno del comunicato unitario relativo all’accordo.

In primo luogo, il contratto prevede un incremento dei contributi e una stipula di convenzioni per l’accesso ai mutui da parte dei dipendenti. Sono aumentate, inoltre, le coperture assicurative e in particolare il reddito per infortuni, l’estensione della polizza di rimborso spese mediche e l’incremento della polizza Auto e Moto.

Il contratto in esame si occupa anche di materie quali: le indennità speciali, con un aumento dell’8 per cento, e i buoni pasto, con un incremento annuale nel 2024 e 2025, anno in cui raggiungerà la cifra di 7 euro.

L’accordo si occupa inoltre di disciplinare il premio di produttività, in merito al quale viene previsto un incremento del PAP fisso del 17% a regime (pari a 765 euro – 4° livello 7^ Classe), scaglionato annualmente a partire dal 2024 (euro 450 dal 1.3.2024, euro 200 dal 1.1.2025, euro 115 dal 1.1.2026). Viene prevista anche l’erogazione di un premio di produttività variabile, con un importo erogabile dall’azienda pari a 720 euro lordi (4° livello 7^ Classe) con la possibilità di convertirlo in welfare aziendale. A questo proposito, ai dipendenti che decidessero di esercitare il diritto di opzione per convertire integralmente il proprio premio, l’azienda incrementerà il valore convertito del 15 %.

L’accordo si occupa, ancora, dalla previdenza integrativa. In particolare, il contributo a carico dell’azienda passa al 5,45% nel 2024 a condizione che il dipendente destini l’intera quota annua del TFR a Previp fondo pensione. La quota aziendale incrementerà annualmente sino a raggiungere il 6% nel 2026.

 

Valutazione d’insieme

 

Complessivamente, le disposizioni del contratto integrativo del Gruppo Allianz, raggiunte alla fine di una negoziazione definita complessa dalle parti sociali e caratterizzata da ‘momenti di aspro confronto’, pongono come centrali le questioni economiche e del welfare aziendale e dunque, come sottolineato dalle RSA, il potere di acquisto dei dipendenti del Gruppo.

Anche la questione della flessibilità lavorativa, in termini di orario e luogo di lavoro ricopre significativa importanza nell’economia dell’accordo. Deve essere notato come, seppure nel contratto venga più volte ribadita la necessità e la centralità della presenza in sede, e nonostante il tema dello smart-working non venga trattato dal CIA, le RSA e il Gruppo hanno convenuto di aprire in tempi rapidi un nuovo processo di revisione relativo a quest’ultimo tema. In questo senso, si nota come altra tematica centrale nell’accordo sia la banca del tempo solidale, la cui introduzione è sottolineata dalle parti nei loro comunicati per rendere noto un percorso focalizzato allo sviluppo sostenibile e il benessere dei lavoratori. In definitiva, il contratto introduce novità e innovazioni rispetto al CCNL ANIA nonché al precedente contratto del Gruppo, toccando molti dei temi centrali per lo sviluppo di ambienti lavorativi attenti alla sfera sociale, oltre che ambientale ed economica.

 

Emanuele Ligas

ADAPT Junior Fellow Fabbrica dei Talenti

@LigasEmanuele

Il ruolo della contrattazione collettiva nelle proposte di legge sulla riduzione dell’orario di lavoro

Il ruolo della contrattazione collettiva nelle proposte di legge sulla riduzione dell’orario di lavoro

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

Per iscriverti al Bollettino ADAPT clicca qui

Per entrare nella Scuola di ADAPT e nel progetto Fabbrica dei talenti scrivi a: selezione@adapt.it

 

Bollettino speciale ADAPT 10 luglio 2024, n. 4

 

l presente articolo studia la rilevanza che viene data alla contrattazione collettiva nella determinazione dell’orario di lavoro nelle più recenti proposte di legge sul tema. In effetti, trattandosi di un aspetto fondamentale e centrale per la contrattazione collettiva, risulta essenziale mettere in luce le possibilità e i limiti riconosciuti dalla legislazione a tale strumento di regolazione dei mercati del lavoro.
 
In particolare, sono stati analizzati i testi delle tre proposte di legge e la Documentazione per l’esame dei Progetti di legge del Servizio studi della Camera dei deputati, che si è occupata di analizzare destinatari, contenuto, campo di applicazione, nonché alcune delle materie considerate dalle proposte di legge (Dossier n. 272 – Schede di lettura 3 aprile 2024).
 
 
“Disposizioni per favorire la riduzione dell’orario di lavoro”, proposta n. 142 presentata il 13 ottobre 2022 dai Deputati Fratoianni e Mari
 

La proposta di legge “Disposizioni per favorire la riduzione dell’orario di lavoro” presentata dai deputati Fratoianni e Mari (proposta n. 142 presentata il 13 ottobre 2022) ha come oggetto principale la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. In particolare, la presente proposta di legge, a differenza delle altre analizzate nell’articolo, prevede la riduzione dell’orario normale di lavoro, attualmente stabilito dal d. lgs. n. 66/2003, portandolo da 40 ore settimanali a 34. Infatti, i promotori non vogliono incentivare sperimentazioni in merito alla riduzione dell’orario di lavoro in azienda ma intendono imporre per legge il limite normale di 34 ore settimanali a parità di salario.

 
La proposta di legge ricalca quindi la struttura del D. lgs. del 2003, anche nella parte in cui la contrattazione collettiva può derogare alla disciplina legislativa. In particolare, il rinvio alla contrattazione collettiva viene compiuto per regolare: la modulazione dell’orario settimanale di lavoro e la gestione negoziale della flessibilità oraria; le pause di lavoro e il riposo giornaliero; le ferie annuali; le attività usuranti; il lavoro straordinario; il lavoro notturno e le sanzioni in caso di violazione delle disposizioni.
 
Nello specifico, sono i contratti collettivi a dover «prevedere una riduzione dell’orario legale di lavoro fino a un orario medio settimanale di trentaquattro ore, fermi restando i vigenti limiti legali e contrattuali inferiori» (art.7). Pertanto, la contrattazione collettiva di settore resta la fonte competente a organizzare e modulare il nuovo orario di lavoro.  La distribuzione dell’orario normale di lavoro settimanale e giornaliero, anche su base multiperiodale, è stabilita in sede contrattuale, ma sono consentite variazioni successive nella distribuzione dell’orario previo confronto con le rappresentanze sindacali, anche aziendali, e il consenso del lavoratore interessato. Per quanto riguarda l’orario massimo, invece, è disposto che in nessun caso – salvo le eccezioni previste dagli artt. 10 e 11 del regolamento di cui al regio decreto 10 settembre 1923, n. 1955 – l’orario settimanale di lavoro, comprensivo delle ore di lavoro straordinario, può superare le quaranta ore settimanali o le otto ore giornaliere, prevedendo un limite legale inderogabile per l’autonomia collettiva. Rispetto alla disciplina vigente, pertanto, si introduce una soglia giornaliera e non più solo settimanale e viene eliminata la possibilità di calcolare la durata massima settimanale come media di un periodo superiore alla settimana. Attualmente, infatti l’art. 4 del D. lgs. n. 66 del 2003 prevede che la durata massima dell’orario di lavoro debba essere calcolata come media di un periodo non superiore ai quattro mesi, con la possibilità per il contratto collettivo di stabilire un tempo superiore in presenza di ragioni obiettive.
 
La proposta di legge mira, inoltre, a limitare il lavoro straordinario a un massimo di due ore al giorno e sei ore alla settimana. La contrattazione collettiva può stabilire il limite annuale, le maggiorazioni retributive e la procedura per il lavoro straordinario, garantendo in aggiunta, a livello di contrattazione nazionale, un minimo di maggiorazione almeno del 40% sulla retribuzione ordinaria, o del 50% per il lavoro festivo o notturno. Solo nel caso in cui non vi siano accordi collettivi (nazionali o aziendali), opera la disciplina legale.
 
Anche sulle pause di lavoro viene ricalcata la disciplina preesistente, ma viene aumentata la durata della pausa nel caso in cui l’orario di lavoro giornaliero ecceda le sei ore. Per quanto riguarda il riposo giornaliero, che la proposta eleva ad     almeno dodici ore consecutive nel corso di ogni periodo di ventiquattro ore, è disposto che la contrattazione collettiva possa prevedere      deroghe, anche a livello aziendale, «per prestazioni di pronto intervento o di attesa nei servizi pubblici». Similmente, la determinazione della misura della retribuzione durante le ferie e delle modalità di utilizzo delle ferie viene demandata alla contrattazione collettiva nazionale, con il limite minimo di durata, stabilito ex lege, di almeno quattro settimane lavorative (art. 9).
 
La contrattazione collettiva è inoltre competente nella definizione della riduzione oraria per l’esercizio di attività usuranti di cui alla tabella A allegata al decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374 che deve essere almeno di ulteriori cinque ore settimanali rispetto all’orario normale di lavoro di 34 ore (art. 10).
 
Per quanto riguarda il lavoro notturno, la proposta di legge ricalca la disciplina preesistente circa la durata massima del lavoro notturno, aprendo qui alla possibilità – per previsione contrattuale, anche aziendale – di stabilire un periodo di riferimento superiore alle ventiquattro ore sul quale calcolare la media della durata della prestazione notturna. La norma, inoltre, sancisce che «l’orario notturno determina una riduzione della durata del tempo di lavoro settimanale e mensile e una maggiorazione retributiva» ed è la contrattazione collettiva, anche aziendale, a stabilirne i criteri e le modalità (art. 12) e a indicare i requisiti dei lavoratori esclusi dall’obbligo di effettuare lavoro notturno o prevedere trattamenti migliorativi a quelli previsti per legge (art. 13). Attenzione viene posta anche sul tema della salute e sicurezza delle prestazioni di lavoro notturno sul quale la contrattazione collettiva può prevedere modalità e specifiche misure di prevenzione per particolari categorie di lavoratori che eseguono prestazioni di lavoro notturno ed è competente anche per quanto riguarda il trasferimento al lavoro diurno nel caso sopraggiungano condizioni di salute che comportino l’inidoneità alla prestazione di lavoro notturno (artt. 15 e 16).
 
Particolarmente innovativa è l’attenzione che la proposta di legge rivolge alla conciliazione delle esigenze di vita-lavoro. Su questo tema, gli attori principali sono le parti sociali che possono stabilire tramite contratti collettivi, anche aziendali, orari individuali, collettivi, di gruppo e personalizzati in modo da diversificare la durata lavorativa, ad esempio, attraverso sistemi di banche di ore (art. 17). Per quanto riguarda la gestione della flessibilità dell’orario, l’art. 18 rinvia agli accordi sindacali aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale costituite nell’impresa o unità produttiva e amministrativa, o, in loro mancanza, dalle organizzazioni sindacali provinciali aderenti alle confederazioni stipulanti il contratto collettivo nazionali di categoria applicato nell’impresa o unità produttiva o l’accordo di comparto applicato nell’unità amministrativa. L’accordo può essere condizionato alla sua approvazione tramite referendum da parte della maggioranza dei lavoratori votanti tra i lavoratori interessanti nel caso di dissenso o di mancata sottoscrizione da parte di uno o più dei soggetti collettivi o nel caso lo richieda il 20 per cento dei lavoratori interessati.
 
Infine, le sanzioni amministrative e pecuniarie si applicano tanto in caso di violazione dei limiti legali quanto da quelli previsti dalla contrattazione. È poi la stessa contrattazione collettiva a dover adeguare la disciplina sull’orario di lavoro a quanto previsto dal disegno di legge alla prima scadenza contrattuale, comunque non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge (art. 21).
 
In conclusione, la contrattazione continua a svolgere un ruolo fondamentale in molti aspetti legati alla riduzione dell’orario di lavoro. Tuttavia, rispetto al D.lgs. 66/2003, sembra che questa proposta di legge ne limiti di fatto l’agibilità, introducendo numerosi vincoli precedentemente non previsti.


 
“Disposizioni sperimentali concernenti la riduzione dell’orario di lavoro mediante accordi definiti nell’ambito della contrattazione collettiva”, proposta n. 1000 presentata il 15 marzo 2023 dai Deputati Conte, Carotenuto e altri
 

La proposta di legge n. 1000 “Disposizioni sperimentali concernenti la riduzione dell’orario di lavoro mediante accordi definiti nell’ambito della contrattazione collettiva”, presentata il 15 marzo 2023, con primo firmatario il deputato Conte, mira ad incentivare l’adozione di forme di riduzione d’orario a parità di retribuzione mediante la stipula di specifiche intese da parte della contrattazione collettiva, allo scopo di adeguare l’attuale disciplina dell’orario di lavoro alle dinamiche sociali ed economiche, alle conseguenze dello sviluppo tecnologico sul mercato del lavoro, promuovere l’occupazione e incrementare la produttività del lavoro, migliorare la conciliazione vita-lavoro.
 
Nel merito della proposta, la contrattazione collettiva è quindi individuata quale strumento più idoneo per l’adozione di forme flessibili di organizzazione del lavoro concernenti una riduzione dell’orario settimanale a parità di salario. Più specificatamente, tale valorizzazione dell’autonomia contrattuale collettiva si evince già al comma 1 dell’art. 2, con il riconoscimento in capo alle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, nonché alle loro articolazioni territoriali o aziendali, la facoltà di stipulare «specifici contratti» per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di retribuzione.
 
La riduzione che si intende promuovere tramite la sottoscrizione di tali contratti riguarda l’orario normale settimanale (fissato in 40 ore dall’ art. 3 d. lgs. n. 66/2003), fino alla misura minima di 32 ore settimanali a parità di retribuzione (rinvio gruppo 2)È rimessa sempre agli attori collettivi la possibilità di stabilire, nell’ambito di tali contratti, i criteri e le modalità di individuazione dei lavoratori interessati all’applicazione (anche su base volontaria) di tali schemi di riduzione oraria (comma 2, art. 2).
 
La proposta di legge in esame attribuisce un ruolo di rilievo nella promozione di forme di riduzione oraria direttamente ai lavoratori e al datore di lavoro, seppur con un intervento che rispetto alla contrattazione collettiva è solo eventuale. Infatti, per sopperire all’eventuale inerzia da parte degli attori collettivi, è previsto che in mancanza di uno specifico accordo collettivo sulla riduzione d’orario, il 20% dei lavoratori dell’azienda o il datore di lavoro possono presentare una «proposta di contratto per la riduzione d’orario dell’orario», fino a 32 ore settimanali, a parità di retribuzione, da sottoporre a referendum dei lavoratori entro i 90 giorni successivi alla presentazione (comma 3).
 

Infine, un ulteriore esplicito rinvio alla contrattazione collettiva (tutti i livelli contrattuali) è sancito all’art. 5, ove è attribuito il potere di disciplinare ulteriori modalità di attuazione dei contratti per la riduzione d’orario.
 
 
“Disposizioni per favorire la riduzione dell’orario di lavoro”, proposta n. 1505 presentata il 20 ottobre 2023 dai Deputati Scotto, Schlein e altri

 
Il Disegno di legge “Disposizioni per favorire la riduzione dell’orario di lavoro”, proposta n. 1505 presentata il 20 ottobre 2023 dai Deputati Scotto, Schlein e altri si concentra sulla sfida della diversa organizzazione dei tempi di lavoro a parità di salario.
 
Il testo della proposta, in particolare, promuove la sottoscrizione di contratti collettivi tra imprese e le organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, volti a definire modelli organizzativi che sperimentino la progressiva riduzione dell’orario di lavoro mantenendo invariato il salario, anche tramite l’adozione di turni su quattro giorni settimanali.
 
Un elemento centrale del disegno di legge è, dunque, la promozione delle sperimentazioni di riduzione dell’orario di lavoro attraverso la contrattazione collettiva. In particolare, nella proposta in esame, la riduzione dell’orario di lavoro è demandata ai contratti stipulati tra le imprese e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
 
Da queste prime evidenze emerge una differenza significativa rispetto, in particolare, alla proposta di legge “Disposizioni sperimentali concernenti la riduzione dell’orario di lavoro mediante accordi definiti nell’ambito della contrattazione collettiva” (proposta n. 1000, presentata il 15 marzo 2023 dai Deputati Conte, Carotenuto e altri). Mentre questa proposta di legge si concentra sugli accordi definiti dalle organizzazioni datoriali a livello nazionale, il disegno di legge presentato da Scotto, Schlein e altri sposta l’attenzione sulle imprese stesse come parti firmatarie dei contratti collettivi. Questo implica che il disegno di legge affida (quantomeno prevalentemente) alla contrattazione collettiva aziendale il compito di sperimentare la progressiva riduzione dell’orario di lavoro, mantenendo invariato il salario in cambio di un parziale esonero dal versamento dei contributi previdenziali previsti.
 
Il disegno di legge, quindi, non impone direttamente una riduzione dell’orario legale di lavoro attraverso i contratti collettivi, ma crea un sistema che incentiva tali sperimentazioni. Il disegno di legge dichiara infatti di voler sostenere la contrattazione collettiva che, rispettando il ruolo delle parti sociali, incentiva le soluzioni che permettono incrementi di produttività e riduzioni dell’orario di lavoro a parità di retribuzione. Emerge, in tal senso, una generale delega alla contrattazione collettiva aziendale rispetto alla ricerca e sperimentazioni di soluzioni che incentivino la riduzione dell’orario di lavoro tramite, ma non solo, la sperimentazione della settimana lavorativa di quattro giorni.
 
A differenza di altre proposte di legge, come il disegno di legge Fratoianni e Mari “Disposizioni per favorire la riduzione dell’orario di lavoro” (proposta n. 142 presentata il 13 ottobre 2022), la proposta in esame non entra nel dettaglio di questioni relative all’organizzazione del lavoro, sebbene queste siano tematiche rilevanti nel contesto della regolazione dell’orario.
 
In tal senso, si può altresì riconoscere una quasi totale autonomia conferita alle parti sociali, in particolare alle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative e alle imprese, riguardo alle modalità e ai contenuti delle disposizioni in merito alla riduzione dell’orario di lavoro. Questo implica che le parti coinvolte hanno la facoltà di negoziare e determinare specifiche soluzioni adattate alle loro esigenze e contesti operativi. La flessibilità concessa può consentire di sviluppare accordi che possano rispondere in maniera più efficace alle peculiarità dei singoli settori e delle diverse realtà aziendali. L’approccio adottato dalla proposta di legge, dunque, sembra mirare a garantire che le misure adottate siano non solo fattibili, in termini astratti, ma anche concretamente sostenibili, promuovendo così un equilibrio tra l’efficienza produttiva e la competitività delle imprese e il benessere dei lavoratori. In definitiva, la responsabilità di definire i dettagli operativi della riduzione dell’orario lavorativo è affidata direttamente ai soggetti che meglio conoscono le dinamiche e le necessità del proprio ambiente di lavoro, conferendo un ruolo centrale alla contrattazione collettiva aziendale come strumento di regolazione e innovazione nel mondo del lavoro.
 
Per concludere, è opportuno sottolineare che il disegno di legge contempla specifiche deroghe per il settore agricolo e domesticodecisione presumibilmente motivata dalle particolari caratteristiche delle attività svolte. Tuttavia, risulta evidente che assegnare alla contrattazione collettiva il compito di regolare la possibile normativa sulla riduzione dell’orario di lavoro renda tale specificazione apparentemente superflua, considerando che le parti sociali avrebbero comunque la facoltà di decidere l’applicazione della normativa per specifiche categorie professionali, escludendone altre in base alle peculiarità intrinseche del lavoro stesso.
 
 
Conclusioni
 
Rinviando ad altra sede per la trattazione su cosa s’intenda per riduzione dell’orario di lavoro, elemento che inevitabilmente incide su ciascuna proposta di legge, qui abbiamo voluto interrogarci su quale sia il ruolo attribuito dalle diverse proposte alla contrattazione collettiva, nel suo rapporto con la legge, in materia di governo del tempo di lavoro.
 
Guardando al primo disegno “Disposizioni per favorire la riduzione dell’orario di lavoro”, proposta n. 142 presentata il 13 ottobre 2022 dai Deputati Fratoianni e Mari, si nota come la fonte che introduce il nuovo limite orario settimanale ridotto sia la legge e non la contrattazione collettiva. Infatti, i promotori intendono imporre per legge il limite di 34 ore settimanali a parità di salario, lasciando invece alla contrattazione collettiva, principalmente nazionale, il compito di «prevedere una riduzione dell’orario legale di lavoro fino a un orario medio settimanale di trentaquattro ore, fermi restando i vigenti limiti legali e contrattuali inferiori» (art.7). Pertanto, la contrattazione collettiva di settore è, dopo la legge ed ex lege, la fonte competente a organizzare e modulare il nuovo orario di lavoro. Conseguentemente, la proposta prevede inoltre un rinvio alla contrattazione collettiva in merito a tematiche quali l’orario settimanale di lavoro, la sua modulazione e la gestione negoziale della flessibilità oraria; le pause di lavoro e il riposo giornaliero; le ferie annuali; le attività usuranti; il lavoro straordinario; il lavoro notturno e le sanzioni in caso di violazione delle disposizioni.
 
Differentemente, il disegno “Disposizioni sperimentali concernenti la riduzione dell’orario di lavoro mediante accordi definiti nell’ambito della contrattazione collettiva”, proposta n. 1000 presentata il 15 marzo 2023 dai Deputati Conte, Carotenuto e altri, nonché      il disegno “Disposizioni per favorire la riduzione dell’orario di lavoro”, proposta n. 1505 presentata il 20 ottobre 2023 dai Deputati Scotto, Schlein e altri incentivano la contrattazione collettiva quale strumento centrale per promuovere modalità di riduzione dell’orario attraverso sperimentazioni.
 
Dato il richiamo, seppur diversificato, delle diverse proposte di legge alla contrattazione collettiva, è opportuno in secondo luogo indagare quale livello di contrattazione sia promosso. Per quanto riguarda la prima proposta presa in considerazione, il livello privilegiato è il livello nazionale: è alla contrattazione collettiva di settore che si affida il compito di ridurre l’orario di lavoro settimanale lavorato. Invero, in merito a questioni complementari, si apre anche all’azione della contrattazione collettiva aziendale.
 
Se la seconda proposta di legge adotta una soluzione mediana, prevedendo un ruolo per la contrattazione di settore ma aprendo anche alla contrattazione collettiva aziendale, la proposta dai Deputati Scotto, Schlein e altri, incentiva invece il solo livello aziendale quale livello privilegiato per sostenere sperimentazioni di riduzione dell’orario di lavoro.
 
È opportuno, inoltre, chiarire che il rinvio di tutte le proposte di legge in esame, pur richiamando diversi livelli negoziali (ovvero quello nazionale nella prima e nella seconda proposta, quello aziendale nella terza), identifica quali soggetti abilitati alla stipula di tali intese i soli soggetti comparativamente più rappresentativi a livello nazionale (in particolare, le prime due proposte di legge fanno riferimento alle organizzazioni sindacali e associazioni datoriali comparativamente più rappresentative, mentre la terza richiama le sole organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, scelta motivata dal fatto che la proposta di legge Scotto, Schlein e altri, incentiva prevalentemente la contrattazione collettiva di secondo livello).
 
Infine, è opportuno evidenziare che tutti i disegni di legge delineano varie misure per incentivare la riduzione dell’orario di lavoro e l’aumento dell’occupazione, principalmente tramite incentivi fiscali e contributivi. La prima proposta, ad esempio, all’art. 6 introduce sgravi fiscali legati alla stipula di accordi sindacali per la riduzione dell’orario di lavoro. Analogamente, la seconda proposta stabilisce un sistema di incentivi per tali accordi, offrendo ai datori di lavoro esoneri dai contributi previdenziali e assicurativi. E ancora la terza proposta, oltre a incrementare la dotazione del Fondo Nuove Competenze, concede ai datori di lavoro privati, con l’eccezione del settore agricolo e dei contratti di lavoro domestico, un’esenzione parziale del 30% sui contributi previdenziali complessivi, esclusi i premi e i contributi all’INAIL, in proporzione alla riduzione dell’orario di lavoro concordata.
 
Dunque, quale il ruolo riconosciuto alla contrattazione collettiva dalle proposte di legge in esame sulla riduzione dell’orario di lavoro? Se, difatti, promuovendo la contrattazione collettiva (similmente quella nazionale e quella aziendale), si porta avanti un sistema di regolazione del lavoro “di sussidiarietà” e, quindi, flessibile alle nuove esigenze di imprese e lavoratori, anche con riferimento alle proposte in esame è necessario comprendere e meglio chiarire quale sia davvero il ruolo del collettivo – e quali materie ad esso delegate, nel difficile intreccio tra disciplina legale e spazi di agibilità per l’autonomia collettiva – nell’accompagnare le trasformazioni contemporanee nel mondo del lavoro.
 
Uno spunto di riflessione conclusivo deriva, infine, dalla proposta di legge Conte, Carotenuto e altri che prevede il meccanismo per cui l’efficacia dell’accordo in merito alla riduzione dell’orario di lavoro possa essere condizionata all’approvazione tramite referendum. Si tratta indubbiamente di un punto delicato, in quanto, se da una parte apre a una maggiore democratizzazione della materia, dall’altra si presta a possibili usi strumentali, rischiando altresì di favorire la disintermediazione anche nel campo delle relazioni sindacali. In questo senso, dunque, si auspica che questi progetti di legge, oltre a disciplinare e riattivare il dialogo su un tema certamente importante quale l’orario di lavoro, stimolino la discussione anche sul ruolo e la funzione del collettivo stesso.
 
 Giuseppe Biundo

Apprendista di ricerca presso FIM CISL Nazionale

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è X-square-white-2-2.png@giuseppebiundo_
 
Federica Chirico

Apprendista di ricerca ADAPT

@fedechirico
 
Sara Prosdocimi

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena

@ProsdocimiSara

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/218 – Il primo accordo del gruppo unificato Nestlé-Sanpellegrino

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/218 – Il primo accordo del gruppo unificato Nestlé-Sanpellegrino

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 8 luglio 2024, n. 27

 

Oggetto e tipologia di accordo

 

In data 7 maggio 2024 è stato sottoscritto l’accordo integrativo di 2° livello del Gruppo Nestlé-Sanpellegrino per il biennio 2024-2025, che definisce un unico sistema di relazioni industriali per le realtà italiane controllate dalla multinazionale svizzera Nestlè.

L’accordo disciplina istituti come il premio annuo variabile (PAV), il welfare nonché altri istituti previsti nei preesistenti e distinti accordi integrativi di Nestlé e Sanpellegrino.

L’obiettivo perseguito con il rinnovo è stato quello di trovare soluzioni in grado di tutelare dal punto di vista normativo e salariale le lavoratrici e i lavoratori e, allo stesso tempo, di salvaguardare le specificità, contenute nei due precedenti accordi di Gruppo (quello Nestlé e quello Sanpellegrino) ora unificati.

 

Parti firmatarie e contesto

 

A seguito di una lunga trattativa, l’accordo è stato rinnovato dalle Segreterie Nazionali e territoriali di FAI CISL, FLAI CGIL E UILA UIL, insieme al Coordinamento Nazionale delle RSU, con le società Nestlé Italiana, Sanpellegrino, Nestlé Purina Commerciale, Nestlé Shops e Nestlé Global Services Italy, assistite da Assolombarda. L’idea di definire un unico sistema di relazioni industriali era in discussione da tempo, visto che oramai molti istituti della contrattazione di secondo livello dei preesistenti accordi di gruppo di Nestlé e SanPellegrino erano di fatto sovrapponibili. Questo perché gli attori delle relazioni industriali, sia di parte sindacale che di parte datoriale erano i medesimi da diverse tornate contrattuali. La suddetta idea, condivisa dalle Parti sociali, si è concretizzata in un impegno contrattuale formalizzato in occasione di un apposito incontro il 13 giugno 2023. L’accordo di gruppo del 7 maggio 2024 nasce in attuazione del citato accordo del 2023.

 

Temi trattati / punti qualificanti / elementi originali o di novità

 

L’intesa raggiunta ha rafforzato il sistema di relazioni industriali implementando il coinvolgimento delle OO.SS., sia a livello centrale, istituendo un unico Coordinamento nazionale delle RSU, composto da 42 esponenti delle RSU dei siti del gruppo unificato, che di sito, competente per materie quali organizzazione del lavoro, orario di lavoro, inquadramento, ambiente, salute e sicurezza.

Le materie oggetto di informativa sono state ampliate aggiungendo un approfondimento sugli investimenti aziendali sulla sostenibilità sociale ed ambientale.

È stato, poi, ribadito il ruolo fondamentale del comitato aziendale europeo, denominato Consiglio Europeo Nestlé per l’informazione e consultazione (NECIC), che ha l’obiettivo di fornire informazioni sull’andamento dell’azienda e sulle decisioni di carattere transnazionale dell’intero Gruppo: per rendere ancor più efficace la partecipazione dei rappresentanti italiani, l’azienda metterà a loro disposizione dei corsi di lingua inglese e finanza e controllo.

In riferimento alle Commissioni Bilaterali, che si confermano uno strumento idoneo ad approfondire tematiche specifiche di notevole rilevanza, vengono elevati in via eccezionale per il presente contratto i componenti di nomina sindacale da 3 a 6 membri.

Inoltre, vengono rafforzati i confronti a livello di sito tra le RSU e la Direzione aziendale per l’approfondimento di tematiche attinenti alle problematiche di sito e della rete vendita che possono generarsi nel tempo.

Per quanto riguarda la Sicurezza, Salute e Benessere sul luogo di lavoro, è stata introdotta la garanzia riguardo il preventivo coinvolgimento degli RLS nella valutazione dei rischi derivanti dall’inserimento di nuove tecnologie produttive all’interno dei siti del Gruppo. Inoltre, per quanto riguarda il preposto, l’azienda si è impegnata a comunicare nel corso della prossima informativa al coordinamento in che forma attuerà l’obbligo di garantire una specifica assicurazione e/o l’assistenza legale a proprio carico, disposto in occasione dell’ultimo rinnovo del CCNL Industria alimentare (per un commento sul rinnovo, si veda M. Migliorino, Il rinnovo del CCNL dell’Industria alimentare: tra aumenti retributivi e novità normative, Bollettino ADAPT 15 aprile 2024, n. 1).

 

Con riferimento ai modelli organizzativi e gestione degli orari e occupazione si è inserita la possibilità di un confronto a livello di sito con la finalità di analizzare tematiche afferenti al ricambio generazionale, alla situazione dei contratti part-time e agli inserimenti lavorativi alla luce dell’evoluzione degli assetti produttivi e organizzativi.

Una delle peculiarità del gruppo Nestlé – Sanpellegrino era ed è il Nestlé Continuous Excellence (NCE), un programma di miglioramento continuo e di gestione operativa finalizzato al miglioramento costante dell’efficienza, della qualità e della produttività tramite l’implementazione dei principi della lean manufacturing. Con il nuovo accordo integrativo, nell’ottica di proseguire con l’utilizzo della metodologia NCE per analizzare lo sviluppo delle competenze professionali, l’azienda ha confermato la propria disponibilità, previa richiesta delle parti, a verificare di norma annualmente a livello di sito la corrispondenza tra gli inquadramenti in essere e gli eventuali nuovi profili professionali derivanti dalla progressiva implementazione dell’iniziativa NCE. Le parti effettueranno anche una ricognizione locale al fine di verificare l’efficacia delle iniziative istituite dalla Commissione paritetica ai sensi dell’accordo 27 giugno 2011, applicando altresì eventuali correttivi ove ritenuto necessario.

 

A differenza dei preesistenti accordi sottoscritti in Nestlé e Sanpellegrino, il nuovo integrativo accoglie un nuovo capitolo legato alla sostenibilità sociale con l’intento di costruire un ambiente lavorativo sano, inclusivo e sostenibile, migliorando la qualità della vita delle lavoratrici e dei lavoratori di Nestlé. Vengono confermate le iniziative in tema di work-life balance, fondata sugli accordi in tema di telelavoro, lavoro agile (Fab) o smart working. Tra gli elementi più significativi del rinnovo vi è la riconferma della validità dell’iniziativa Nestlé Baby Leave che consente al lavoratore padre/caregiver secondario di usufruire di un congedo retribuito di paternità di 12 settimane. Inoltre, vengono introdotte ulteriori 8 ore complessive di permesso annuo Family Care, totalmente a carico dell’azienda, e spendibili per l’assistenza intergenerazionale, assistenza di persone disabili e/o caregiver e malattia dei figli.

Un’importante novità, sempre in tema di sostenibilità sociale, riguarda la Banca Ore solidale alla quale, a seguito dell’accordo raggiunto, l’azienda contribuirà con un numero di ore pari a quelle versate dai dipendenti.

Per contrastare le violenze di genere e le molestie le parti hanno poi voluto sottolineare l’importanza di promuovere la diffusione di una cultura basata sull’inclusione, sulla tutela della diversità e il rispetto dei diritti umani, ponendo a disposizione dei lavoratori lo strumento di Nestlé Speak Up, un canale alternativo attraverso il quale si offre la possibilità di avviare delle segnalazioni riguardo a forme di violenza o discriminazione subite.

Al fine di migliorare ulteriormente il benessere psicofisico delle lavoratrici e dei lavoratori del Gruppo, è stato infine introdotto il servizio di telemedicina, che offre la possibilità di usufruire di assistenza medica generica o specialistica, effettuata attraverso video-consulenze che saranno totalmente coperte dai fondi dell’azienda.

 

Incidenza sul trattamento retributivo e sulle misure di welfare

 

Per quanto riguarda il Premio annuo variabile (PAV) sono, anche in questo caso, diverse le novità introdotte, che tengono conto delle peculiarità e diversità sul punto determinate dall’esistenza di due preesistenti Gruppi e quindi accordi integrativi in materia, e della opportunità di un allineamento.

 

A tal fine dal punto di vista economico, il PAV Nestlé e Sanpellegrino manterrà una differenza di valori nominali nel 2024 per convergere poi nel 2025.

Per realizzare tale obiettivo:

– il PAV Nestlé sarà incrementato di 75 euro nel 2024, arrivando così a un valore massimo raggiungibile di 2675 euro. Per essere ulteriormente incrementato di 225 euro nel 2025 e arrivare così a un messo in palio di 2900 euro.

– Il PAV Sanpellegrino sarà aumentato, invece, di 75 euro nel 2024, approdando così a un valore di 2825 euro per poi crescere di ulteriori 75 euro nel 2025 arrivando anch’esso a 2900 euro.

 

Considerando che il premio Nestlé viene incrementato di 300 euro nel biennio 2024/2025 mentre quello di Sanpellegrino di 150 euro, in un’ottica di equità le Parti hanno previsto l’erogazione di 150 euro in welfare a gennaio 2025 per i soli dipendenti Sanpellegrino.

 

Sono state poi introdotte diverse novità per quanto riguarda la struttura del premio. Innanzitutto, è stato previsto che a prescindere dalla tipologia contrattuale avranno diritto al premio tutti coloro che hanno lavorato in azienda almeno 1 mese e abbiano superato il periodo di prova. Per quanto riguarda il computo per l’erogazione del premio in favore dei part-time flessibili l’azienda si è impegnata, con una specifica lettera, ad affrontare il tema in un incontro che si terrà entro il mese di maggio nello stabilimento Nestlé – Perugina di Perugia, la cui piattaforma di rivendicazione sindacale presentava diverse istanze sul tema.

Importante, poi, la previsione secondo la quale l’erogazione del PAV, dell’Incentivo Vendita e di altro sistema incentivante sarà condizionata al miglioramento rispetto all’anno precedente di almeno uno degli Indicatori Cancello (legati a fatturato, overdue, investimenti pfme, lead time chiusura contestazioni, structural cost, sostenibilità ambientale) previsti dall’accordo. È così data la possibilità a tutte le lavoratrici e ai lavoratori del Gruppo di godere della tassazione di vantaggio e/o della conversione in welfare stabilita per il PAV.

Sono stati, inoltre, aggiornati e innovati i parametri sui quali fissare gli obiettivi da raggiungere per il conseguimento del PAV, sia andando a rivedere i pesi percentuali dei vari indicatori sia introducendo un nuovo obiettivo legato alla sostenibilità ambientale che rientrerà tra quelli da definire a livello di sito.

 

Valutazione d’insieme

 

In conclusione, l’accordo integrativo sottoscritto rappresenta un ottimo risultato che da una parte individua soluzioni economiche e normative di valore e direttamente efficaci e, dall’altro, individua dei percorsi di confronto che dovranno essere intrapresi nel corso di vigenza per ricercare ulteriori risposte alle esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori del Gruppo.

 

Massimiliano Abanese

Segretario nazionale Fai Cisl

@MaxAlbaneseFai

 

Alessandro Alcaro

Coordinatore nazionale Fai Cisl

@AlexAlcaro