Un contratto senza un mercato? Alcune riflessioni sulla contrattazione collettiva nel lavoro pubblico
Cronaca Sindacale (30 settembre – 13 ottobre 2025)
Verso la revisione della Direttiva sui CAE: arriva l’approvazione del Parlamento europeo
Sciopero o manifestazione? Il dilemma del sindacato tra Gaza e la rappresentanza
Incentivi pubblici e contrattazione di produttività. Cosa emerge dai report del Ministero del lavoro (2016-2024)?

Ancora sul dumping contrattuale: nuovi spunti di riflessione dalla relazione della Commissione Garanzia Sciopero e dal rinnovo del CCNL pulizia / multiservizi

Bollettino ADAPT 16 giugno 2025, n. 23
Anche la relazione annuale della Presidente della Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici, professoressa Paola Bellocchi, presentata a Palazzo Montecitorio lo scorso 12 giugno a margine della pubblicazione della relazione sulla attività svolta dalla Commissione nel corso del 2024, ci offre una preziosa occasione per tornare a parlare di dumping contrattuale e di contratti c.d. pirata, espressione quest’ultima sdoganata anche sul piano tecnico, come sottolineato in un precedente contributo, dalla magistratura (G. Piglialarmi, M. Tiraboschi, I contratti c.d. “pirata”: dal Tribunale di Roma un importante chiarimento, in Bollettino ADAPT del 9 giugno 2025, n. 22). Perché la contrattazione c.d. pirata impatta non solo sui trattamenti economici e normativi dei lavoratori, ma anche sul corretto funzionamento del nostro sistema di relazioni industriali (partendo dai perimetri contrattuali sino ad arrivare alla erogazione di servizi per lavoratori e imprese tramite fondi e organismi bilaterali) e, conseguentemente, sulla conflittualità del lavoro.
Il fenomeno riguarda certamente le sigle minori e prive di requisiti minimi di rappresentatività. Fenomeni di dumping si alimentano tuttavia anche all’interno dei sistemi contrattuali più rappresentativi. Secondo la Commissione di garanzia, lungo la filiera dei servizi per l’igiene ambientale o dei servizi ospedalieri ove si fa ampio ricorso alle esternalizzazioni (tramite appalti e subappalti), non poche imprese utilizzano CCNL con un ambito di applicazione trasversale – tra i quali spicca proprio il CCNL servizi di pulizia, servizi integrati / multiservizi – che alimentano meccanismi di concorrenza al ribasso. Da qui derivano anomalie e crescenti conflittualità rispetto all’utilizzo improprio di questo contratto collettivo.
È pertanto di grande rilievo la scelta compiuta dalle organizzazioni datoriali e sindacali in occasione del rinnovo del CCNL pulizia / multiservizi dello scorso 13 giugno 2025 (senza però la firma di ANIP, la federazione di settore del sistema Confindustria) che affidano a una apposita commissione paritetica il compito di affrontare il nodo della attuale applicazione di questo contratto, utilizzato talvolta in dumping per coprire (a minor costo) “segmenti” di attività e prestazioni lavorative presenti in altri contratti di settore (si veda, con riferimento al rinnovo del 2021, G. Piglialarmi, Il rinnovo del CCNL Multiservizi e l’occasione mancata per gestire il dumping interno, in Bollettino ADAPT 19 luglio 2021, n. 28). Scopo della commissione sarà quello di pervenire a «un dimensionamento più stringente della sfera di applicazione del contratto con, al termine dei lavori la conseguente riduzione delle attività individuate ed analizzate della sfera di applicazione» (così l’art. 1, rubricato Sfera di applicazione, dell’accordo di rinnovo del contratto servizi di pulizia, servizi integrati / multiservizi che attualmente, secondo i dati dell’archivio nazionale dei contratti del CNEL, trova applicazione a oltre 10mila imprese e circa 400milla lavoratori).
Ci pare questo un importante atto di responsabilità da parte degli attori (comparativamente) più rappresentativi del nostro sistema di relazioni industriali perché la lotta contro il dumping contrattuale e la contrattazione pirata è possibile solo attraverso un loro impegno diretto, che è poi il miglior terreno per il sindacato storico per (ri)trovare le ragioni dell’unità, accerchiati come sono da una miriade di soggetti che tradiscono il significato del fare sindacato almeno come pensato e tutelato dalla nostra Carta costituzionale.
Ed infatti questi contratti pirata non di rado tendono a diventare contratti “corsari” in quanto direttamente o indirettamente legittimati dalla politica e da atti amministrativi con il rilascio di codici e “patenti” pubbliche (si veda, recentemente, la Risoluzione n. 34/E della Agenzia delle entrate dello scorso 4 giugno 2025, avente per oggetto l’istituzione delle causali per il versamento, tramite modello F24, dei contributi all’INPS da destinare a enti bilaterali di sistemi minori che, a nostro personale avviso, non sono tuttavia riconducibili alla definizione di cui all’articolo 2, comma 1, lett., h) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276).
Tra i settori più critici v’è indubbiamente il terziario di mercato dove si registrano una miriade di contratti collettivi ed enti bilaterali, pochi dei quali tuttavia riconducibili ai sistemi di contrattazione collettiva più rappresentativi sul piano comparato. Di questo settore ci siamo occupati nel corso degli ultimi cinque anni con una ricerca che ora è confluita nei due volumi “Fare contrattazione nel terziario di mercato – Effettività delle tutele e contrasto al dumping contrattuale”, attraverso cui cerchiamo di fornire un contributo di conoscenza sul fenomeno del dumping contrattuale e sugli effetti concreti che ne derivano.
La ricerca verrà presentata a Roma il prossimo 17 giugno nell’ambito di una tavola rotonda su “Tutele del lavoro, retribuzioni e dumping contrattuale. Il caso del terziario di mercato”, che vedrà la partecipazione di Paolo Andreani (Uiltucs UIL), Davide Guarini (Fisascat CISL), Fabrizio Russo (Filcams CGIL), Mauro Lusetti (Confcommercio).
Come ricercatori restiamo a disposizione di federazioni di categoria e associazioni territoriali per nuove ricerche sul fenomeno del dumping contrattuale e della contrattazione pirata, forti della consapevolezza che la conoscenza del fenomeno impone uno stretto confronto e dialogo con gli attori della rappresentanza.
Ricercatore Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
ADAPT Senior Fellow
Università di Modena e Reggio Emilia
Cronaca sindacale (13 maggio – 26 maggio 2025)

Bollettino ADAPT 26 maggio 2025, n. 20
Contrattazione collettiva
Diversi sono i rinnovi contrattuali degni di nota delle ultime due settimane. È del 20 maggio il rinnovo del Ccnl Edilizia Artigianato firmato dalle sigle sindacali Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil con le datoriali di Anaepa Confartigianato, Confapi Aniem, Claai costruzioni, Cna costruzioni. L’accordo prevede un aumento di 178€ sui minimi al primo livello nel comparto artigiano per oltre 400mila lavoratori del settore e 50mila imprese. (qui la comunicazione da Filca-Cisl)
Dopo 18 mesi di trattative, è stata firmata il 22 maggio l’ipotesi di rinnovo del Ccnl per la Mobilità/Attività ferroviarie firmata da Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Ugl Ferrovieri, Fast Confsal e Orsa Ferrovie con Agens e accompagnata dall’ipotesi di rinnovo del contratto aziendale di secondo livello del Gruppo FS. Entrambi i contratti erano scaduti a fine 2023. Il nuovo contratto riguarda oltre 90mila lavoratori e prevede un aumento medio di 230€ mensili, in tre tranche tra giugno 2025 e giugno 2026 e una tantum di 1000€. (fonte) In una nota, la società indica come elemento qualificante il rafforzamento del sistema di welfare aziendale, l’adeguamento dei regimi di orario e organizzazione del lavoro e l’istituzione di una commissione paritetica per innovazione e intelligenza artificiale. (fonte)
Il 16 maggio è stata siglata l’ipotesi di accordo per il rinnovo del contratto nazionale degli addetti agli impianti di trasporto a fune. Il contratto, rinnovato il 30 aprile 2025 a un mese dalla sua scadenza, interessa circa 15.000 tra lavoratrici e lavoratori, ed è stato sottoscritto da Filt Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti e Savt con Anef, l’associazione datoriale di riferimento. L’intesa sarà illustrata in incontri con lavoratori e lavoratrici nelle prossime settimane. (qui le comunicazioni di Filt-Cgil e Fit-Cisl)
Il 19 maggio è stata trovata un’intesa tra Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs e la Fiaip (Federazione Italiana Agenti Immobiliari) sul nuovo Ccnl applicato ai circa 60 mila dipendenti di Agenti immobiliari, mandatari a titolo oneroso e mediatori creditizi. L’aumento sui minimi contrattuali sarà di 200€ al livello medio e prevede anche un’una tantum di 200. C’è intesa anche su miglioramenti sul fronte normativo e sull’istituzione di una commissione paritetica sulle pari opportunità. (fonte Fiaip)
Altri tavoli rimangono invece aperti. È questo il caso della trattativa per il rinnovo del contratto Farmacie Private. Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs dichiarano che la trattativa con Federfarma si è interrotta in ragione della proposta di incremento salariale di sole 120 € formulata dalla stessa Associazione. Le organizzazioni sindacali sottolineano come la questione dell’aumento salariale sia stata al centro degli ultimi incontri con la controparte datoriale, che non ha manifestato intenzioni di andare incontro alla loro proposta, mantenendo il punto su una cifra giudicata dalle associazioni sindacali troppo modesta per coprire un intero triennio di vigenza contrattuale. (qui la comunicazione di Fisascat Cisl)
Prosegue anche la trattativa per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per il settore scuola 2022-24 che interessa una platea di circa 1,2 milioni di lavoratori tra docenti, dirigenti e personale Ata. Il confronto tra i sindacati e l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran) si sposta ora sull’inserimento dei voucher per i pasti, ma le posizioni restano distanti. (fonte) Sempre Aran è stata coinvolta anche nella riunione, tenutasi giovedì 22 maggio, per il rinnovo del contratto 2022/2024 del personale di Regioni ed enti locali, che si è però conclusa con un nulla di fatto. Sono emerse tensioni fra il ministro per la PA Paolo Zangrillo e Cgil e Uil per i termini sul rinnovo ed è stato convocato un nuovo tavolo per il 10 giugno. (fonte)
Giovedì 22 maggio si è tenuto uno sciopero dei lavoratori della sanità privata e delle Rsa, ai fini dello sblocco del contratto collettivo nazionale della sanità privata Aiop e Aris (fermo da 6 anni) e per l’avvio della trattativa del contratto unico delle Rsa (fermo da 13 anni). Lo sciopero è sostenuto da Fp-Cgil, Cisl-Fp e Uil-Fpl. (fonte)
Continuano gli scioperi per il rinnovo del Ccnl Metalmeccanici, il 15 maggio a Genova hanno manifestato i lavoratori di Abb, azienda internazionale con una sede a Sestri Ponente, dove sono impiegate circa 300 persone. Poli come Leonardo, Fincantieri e Ansaldo sono aperti alla contrattazione, mentre ABB sta bloccando il tavolo. L’ultimo rinnovo contrattuale dei metalmeccanici risale al 2021, la scadenza era nel 2024. (fonte) Fim-Fiom-Uilm Nazionali hanno convocato per il giorno 20 Maggio una Assemblea Nazionale che si inserisce nella strategia di mobilitazione finalizzata alla ripresa delle trattative per il rinnovo Metalmeccanici, durante la quale sono state proclamate altre 8 ore di sciopero, se non si arriverà a risposte entro maggio. (fonte)
Martedì 13 e mercoledì 14 maggio sono state raggiunte le intese per gli accordi sindacali per lo smart working nei gruppi Banco Bpm e Crédit Agricole Italia, sottoscritti dai rappresentanti delle imprese e da quelli di Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca, Unisin. (qui il comunicato Uilca)
Politica e rappresentanza
Il 14 maggio è stata approvata la legge sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione, al capitale e agli utili delle imprese. Si tratta di una legge di iniziativa popolare promossa dalla Cisl e approvata con 85 voti favorevoli, 21 contrari e 28 astensioni, che si propone di attuare l’articolo 46 della Costituzione. La legge prevede quattro forme di partecipazione dei lavoratori: la partecipazione gestionale, quella economica e finanziaria, quella organizzativa e quella consultiva. (qui il Comunicato Stampa Cisl) Per un approfondimento e un commento puntuale relativo alla legge, rimando all’instant book realizzato dai ricercatori ADAPT.
La Cgil ha sottolineato l’urgenza di una legge sulla rappresentanza per evitare il dumping contrattuale e fronteggiare il venir meno dell’unità sindacale. Il segretario Maurizio Landini si è poi espresso contrariamente alla legge sulla partecipazione recentemente approvata, in quanto non darebbe una vera attuazione all’articolo 46, ma consentirebbe un tipo di partecipazione unicamente nelle mani della volontà dell’impresa, facendo venire meno la volontà dei lavoratori. (fonte)
Prosegue lo scontro tra maggioranza e sostenitori del referendum dell’8 e 9 giugno promosso dalla CGIL. Nelle ultime due settimane, diversi leader politici hanno preso parola sia in merito ai temi dei quesiti che sul raggiungimento del quorum. Da destra, rimane l’indicazione di astensione – fatta eccezione per Noi Moderati (che è per il no) – fortemente criticata dal PD e dalla Cgil.
Secondo il sondaggio Ipsos, solo il 43% degli aventi diritto andrebbe a votare oggi. I temi sul lavoro raccolgono ampio consenso, ma l’affluenza prevista (32-38%) è troppo bassa per superare il quorum. Il quorum sembra lontano anche secondo un sondaggio Eumetra, effettuato per la trasmissione Piazza Pulita. Più dell’80% del campione intervistato dichiara di conoscere le date e i temi del referendum ma l’affluenza stimata è però molto bassa, attorno al 35% ben al di sotto del livello necessario. (fonte)
Al di là delle questioni di posizionamento politico relative ai referendum, emergono dai giornali anche i primi articoli che cercano di entrare nel merito dei quesiti. Su la Repubblica, una pagina di confronto fra la posizione di Boeri – che sostiene il sì sulla cittadinanza e il no sui quesiti sul lavoro – e quella di Granaglia e Mornioli – che sostengono il sì a tutti e 5 i quesiti. Su Il Fatto Quotidiano un articolo di Alessandro Genovesi sulle implicazioni del quarto quesito referendario per infortuni e morti sul lavoro. Anche Pietro Ichino su la Nazione si esprime sui quesiti, dichiarando che quelli sul lavoro promettono ciò che non possono dare, mentre esprime la volontà del sì per la cittadinanza.
In occasione dell’audizione del 13 maggio presso la Commissione Lavoro del Senato, i rappresentanti di Confartigianato Imprese e Cna hanno espresso una posizione contraria al salario minimo, sostenendo che rischi di indebolire i salari, aumentare la frammentazione contrattuale e compromettere il welfare contrattuale conquistato con anni di negoziazione. (fonte) Anche Confprofessioni, Confcommercio e Conflavoro sono uniti nell’opporsi all’introduzione di un salario minimo e nel puntare sulla contrattazione collettiva (fonte) Di opinione diversa Unsic: l’organizzazione ha sottolineato come l’introduzione di una soglia salariale per legge non debba tradursi in un irrigidimento dannoso per le realtà produttive, soprattutto le più piccole. (fonte)
Vicende associative
Il 15 maggio si è tenuta una tavola rotonda organizzata da Uila a Bari, a cui hanno partecipato Pierpaolo Bombardieri, segretario generale Uil e Vincenzo Gesmundo, segretario generale Coldiretti. I temi affrontati spaziano da sfruttamento della manodopera e caporalato, agromafie, giusta transizione climatica e sociale, reciprocità negli accordi internazionali fino alla sicurezza sul lavoro. Associazione datoriale e sindacato hanno concordato sulla necessità di perseguire insieme azioni che vadano nella direzione di un cibo buono e giusto, realizzato nel rispetto dei lavoratori e attraverso lavoro sicuro, qualificato e giustamente retribuito. (fonte)
Sicurezza sul lavoro
Dopo l’attenzione emersa intorno al primo maggio alla sicurezza sul lavoro, continuano le riflessioni sul tema anche alla luce dei recenti dati. Secondo i dati Inail (rilevazione al 31 dicembre 2024) il 2024 si chiude con un aumento significativo delle morti sul lavoro (+4,7%) e una netta crescita delle malattie professionali. Diminuisce invece il numero totale degli infortuni sul lavoro (da 515.141 nel 2023 a 511.688 nel 2024il rischio di infortunio diminuisce, ma aumentano quelli con esito mortale. (fonte)
Quali sono i veri problemi degli incidenti sul lavoro? Secondo Massimo Balducci, già full professor allo European Institute of Public Administration di Maastricht, la causa è da ricercare nella mancanza di professionalità dei general e main contractors, nella mancanza di un sistema di formazione generalizzato ai “saper fare” concreti e caratteristici dei vari profili professionali, e nella mancanza di solide pratiche di onboarding. Tutti questi fattori danno luogo ad una cultura vaga e pressapochista che porta ad incidenti e bassa produttività (fonte)
Dopo l’incontro con i sindacati, il 20 maggio il governo ha convocato 33 organizzazioni datoriali per discutere di sicurezza sul lavoro in un vertice tra governo e datori di lavoro a Palazzo Chigi. In assenza della premier Meloni (ammalata), il vertice è stato presieduto da Alfredo Mantovano. Dal vertice emergono 3 principali punti: più formazione per i lavoratori, bonus per le aziende virtuose e più fondi a disposizione. Tra i temi affrontati: patente a punti, subappalti e soglie di accesso ai bandi Inail. (fonte)
È stata anche rilanciata dal governo l’idea di un protocollo condiviso sulla sicurezza, ispirato al modello anti-Covid del 2020. Anche Confindustria propone un patto con responsabilità condivise per ridurre le oltre 1000 morti sul lavoro annue, con attenzione particolare ai subappalti, indicati da ANAC come punto critico. Sono stati poi annunciati tavoli tecnici su: sicurezza in edilizia e agricoltura, formazione, emergenza caldo e sull’utilizzo dei 650 milioni stanziati per la sicurezza. (fonte)
Crisi aziendali
È di 4046 lavoratori totali la nuova richiesta di cassa integrazione straordinaria presentata ai sindacati metalmeccanici da Acciaierie d’Italia, ex Ilva, con effetto immediato, un aumento di 1000 dipendenti rispetto alla cassa in corso fino a due settimane fa. Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm hanno accusato l’azienda di aver avviato unilateralmente la comunicazione dei numeri della cassa integrazione. (fonte)
Dopo l’incendio del 7 maggio all’altoforno 1 dell’ex Ilva, sono iniziate le operazioni di salvaguardia dello stesso, ma che sembrano non essere state sufficientemente repentine per evitarne la compromissione definitiva, generando un’ulteriore botta e risposta tra Ilva e la procura di Taranto. Il 21 maggio si sono poi tenute 4 ore di sciopero nazionale, proclamate da Fim, Fiom e Uilm in tutti gli stabilimenti Ilva per chiedere azioni immediate al governo. Lo sciopero è avvenuto in concomitanza con la convocazione a Palazzo Chigi dei sindacati, chiesta proprio per affrontare la situazione del gruppo siderurgico Acciaierie d’Italia. L’incontro si è concluso però con un nulla di fatto e il vertice è stato riconvocato per lunedì 26 al ministero del Lavoro. (fonte)
Anche l’offerta economica di Baku Steel per la possibile cessione sembra subirà una forte riduzione a seguito dell’incidente che ha coinvolto l’altoforno 1. (fonte)
Dallo stabilimento Stellantis di San Nicola di Melfi sono arrivate le prime 8 uscite volontarie, a seguito di un accordo che prevederà 500 fuoriuscite grazie ad incentivi per favorire chi è prossimo alla pensione o desidera intraprendere nuovi percorsi lavorativi. Dalla Fiom-Cgil arriva un allarme per l’inesorabile disimpegno che porterebbe ad uno svuotamento della sede di Melfi. Di diversa opinione Fismic e Uglm che vedono gli incentivi all’esodo come un’opportunità. (fonte)
Maria Carlotta Filipozzi
ADAPT Junior Fellow
La partecipazione agli utili, questa sconosciuta

Bollettino ADAPT 7 aprile 2025, n. 14
Benché la sua definizione per via contrattuale sia promossa attraverso i medesimi incentivi fiscali dei più noti premi di risultato, la partecipazione dei lavoratori agli utili dell’impresa resta una pratica poco conosciuta. Per verificarne l’effettiva diffusione non giovano in effetti nemmeno i report ministeriali sui premi di produttività, che pur analizzando tutti i contratti depositati ai fini delle agevolazioni fiscali di cui all’arti. 1, co. 182 della legge di bilancio per il 2016, non riportano dati in merito.
Eppure, la distribuzione ai lavoratori degli utili dell’impresa ha origini lontane nel nostro ordinamento. Già il Codice civile del 1942 contemplava, tra le diverse modalità con cui retribuire i lavoratori dipendenti, la partecipazione agli utili (“Il prestatore di lavoro può anche essere retribuito in tutto o in parte con partecipazione agli utili o ai prodotti, con provvigione o con prestazioni in natura”, art. 2099, co. 3, c.c.), quale forma di retribuzione variabile legata all’andamento e ai risultati dell’impresa.
Oggi, come anticipato, la partecipazione agli utili è annoverata tra le quote di retribuzione che, laddove introdotte da accordi aziendali o territoriali stipulati ai sensi dell’art. 51, d. lgs. n. 81/2015 (organizzazioni dotate di maggiore rappresentatività a livello comparato), possono godere della fiscalità di vantaggio (con imposta sostitutiva dell’Irpef) al pari dei premi di risultato (l. n. 208/2015 e s.m.i.).
Si tratta, a ben vedere, di una modalità alternativa a detti premi, con cui però condivide (in cumulo) sia il medesimo limite annuo (3.000 euro lordi), sia il reddito annuo massimo pro-capite per quanto concerne la platea di lavoratori ammessi a tassazione agevolata (80.000 euro lordi).
L’art. 3, d. interm. 25 marzo 2016 (attuativo della l. n. 208/2015), si preoccupa di chiarire come ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva, per partecipazione agli utili si intende l’erogazione di somme ai sensi dell’art. 2102 c.c., in base cioè agli utili netti dell’impresa e, per le imprese soggette alla pubblicazione del bilancio, in base agli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato e pubblicato.
Tale forma di retribuzione non è dunque da confondere con i più classici obiettivi di redditività aziendale, calcolati sulla base di indicatori di fatturato o anche utile, che concorrono invece alla determinazione dei tradizionali premi di risultato, e che, a differenza degli utili netti redistribuiti ai dipendenti, danno accesso agli sgravi fiscali solo a fronte del rispetto del requisito di incrementalità.
Nonostante le lacune nel monitoraggio ministeriale di queste forme di retribuzione, sporadiche casistiche emergono dagli ultimi rapporti sulla contrattazione decentrata della Fondazione Di Vittorio della Cgil (2024) e dell’Osservatorio OCSEL della Cisl (2021), nonché interrogando la banca dati sui contratti collettivi della Scuola di ADAPT. Tra gli esempi più virtuosi possiamo segnalare l’accordo Maglificio Miles (1° luglio 2022), dove viene definita la distribuzione di parte degli utili netti d’impresa, con soglie e costi massimi in base all’utile conseguito, introducendo poi un meccanismo di riparametrazione individuale dell’importo in base alla presenza.
Nel complesso, però, gli attuali incentivi sembrano non aver favorito la diffusione di questa modalità di retribuzione. Anche per questa ragione, probabilmente, il disegno di legge A.S. n. 1407 sulla partecipazione dei lavoratori, attualmente in discussione al Senato, frutto della proposta di legge Cisl presentata a fine novembre 2023 e delle modiche intervenute in sede di esame alla Camera dei Deputati, intende promuovere ulteriormente la misura, prevedendo che per l’anno 2025, in caso di distribuzione ai lavoratori di una quota degli utili di impresa non inferiore al 10% degli utili complessivi, il limite dell’importo soggetto all’imposta sostitutiva sia elevato a 5.000 euro lordi. Ma il fronte sindacale appare diviso. La Cgil, ad esempio, sostiene che la partecipazione agli utili “non rispetti la tradizionale distinzione tra proprietà e dipendenti” (Audizione informale della Cgil, VI Commissione Finanze e XI Commissione Lavoro Pubblico e Privato Camera dei Deputati, 1° febbraio 2024) e rimanda piuttosto alla contrattazione dei premi di risultato.
Avremo tempo, nei prossimi mesi, di conoscere l’esito dell’iter parlamentare del disegno di legge e se sarà sufficiente a inaugurare un nuovo corso. Basterà per questo il (semplice) potenziamento degli attuali vantaggi fiscali? La cautela è d’obbligo, se pensiamo anche a vecchie misure di incentivazione della partecipazione finanziaria (ci riferiamo ad un particolare fondo introdotto con legge del 2013 e istituito con apposito decreto nel 2016) poco o nulla note e sulle quali non si ha notizia di monitoraggi o esperienze di valore.
Ricercatrice ADAPT Senior Fellow
@ilaria_armaroli
Ricercatore ADAPT Senior Fellow
Salari minimi e archivio nazionale dei contratti collettivi*

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Bollettino ADAPT 25 novembre 2024 n. 42
Lo scorso 15 novembre è scaduto il termine per la trasposizione negli ordinamenti nazionali della direttiva europea n. 2022/2041 sui salari minimi adeguati. Pochi Stati membri si sono fatti trovare pronti all’appuntamento. Unicamente Lituania, Romania e Repubblica Ceca hanno infatti adottato provvedimenti per adempiere alle prescrizioni europee. Mentre solo la Germania ha inviato formale documentazione alla Commissione UE per attestare la piena conformità della legislazione tedesca ai contenuti della direttiva. Pesa indubbiamente l’attesa per l’esito del ricorso promosso lo scorso anno dalla Danimarca, con il sostegno del governo svedese, davanti alla Corte di Giustizia europea per l’annullamento della direttiva. Per questi Paesi la determinazione del livello dei salari negli Stati membri sarebbe infatti materia che esula pacificamente dalle competenze del legislatore dell’Unione.
In Italia la direttiva e il percorso per la sua attuazione hanno invero riscosso ben poco interesse. Tutta l’attenzione, tanto nel dibattito politico-sindacale che nel confronto accademico, è stata infatti indirizzata sulla proposta di una legge per la fissazione dei salari minimi. Questo nonostante la direttiva non imponga agli Stati membri di introdurre un salario minimo legale, ammettendo infatti l’ipotesi che ciascuno Stato possa affidare la tutela dei salari alla contrattazione collettiva nei confronti della quale è se mai richiesto un maggior impegno dei legislatori interni per la sua promozione e per il rafforzamento della capacità delle parti sociali di determinare trattamenti retributivi minimi adeguati e trasparenti. Sono così uscite dai radar previsioni importanti contenute in questa direttiva; previsioni che, quale che sia l’esito della proposta sul salario minimo per legge, è bene ricordare perché si tratta di misure destinate a incidere sulle dinamiche salariali e sul funzionamento dei sistemi nazionali di contrattazione collettiva. Il riferimento è, in particolare, agli articoli 10 e 11 della direttiva che impongono, rispettivamente, un sistematico monitoraggio e processo di documentazione e valutazione delle dinamiche retributive (largamente assente nella nostra visione delle politiche del lavoro e nella nostra cultura delle relazioni industriali) e una facile accessibilità ai trattamenti retributivi da parte dei lavoratori e del pubblico in generale.
Da questo punto di vista merita, pertanto, di essere segnalato l’intervento del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro con due modifiche di grande rilievo del proprio regolamento (vedile in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 264 dell’11 novembre 2024)) che vanno appunto nella direzione di contribuire a dare piena ed effettiva attuazione alla direttiva anche nel nostro Paese.
La prima modifica attiene all’Archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro di cui all’articolo 17, commi 1-3, della legge 30 dicembre 1986, n. 936 (si veda il nuovo articolo 25-bis del regolamento del CNEL). Come è noto, la Commissione dell’informazione del CNEL impartisce alla direzione generale competente, anche attraverso l’approvazione di un apposito regolamento, gli indirizzi generali e le direttive per l’organizzazione e la gestione dell’archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro di cui all’articolo 17 della legge 936/1986. La modifica del regolamento richiede ora che l’organizzazione e la gestione dell’archivio dei contratti siano improntati ai principi di trasparenza e piena accessibilità «in modo tale da fornire alle istituzioni pubbliche e agli operatori informazioni chiare e utili a contribuire a un ordinato sviluppo delle relazioni industriali e di lavoro e a monitorare le dinamiche della contrattazione collettiva». L’organizzazione e la gestione dell’archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro devono in ogni caso «risultare coerenti con la normativa di recepimento della direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022 così da garantire, conformemente agli articoli 10 e 11 della medesima, pubblicità e totale trasparenza nel monitoraggio e nella raccolta dei dati».
La seconda modifica attiene al Procedimento istruttorio per l’attribuzione del codice alfanumerico unico di cui all’art. 16-quater del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni dalla legge 11 settembre 2020, n. 120 in sede di acquisizione del contratto collettivo nell’archivio di cui all’articolo 17, commi 1 e 2, della legge 30 dicembre 1986, n. 936 (si veda il nuovo articolo 25-ter del regolamento del CNEL). Il regolamento consente ora di formulare alle parti firmatarie dei contratti collettivi nazionali di lavoro oggetto di deposito specifiche «osservazioni e richieste di chiarimenti» disponendo inoltre eventuali indagini sulle retribuzioni previste e applicate dai nuovi contratti collettivi nazionali di categoria per i quali si richieda l’attribuzione del codice alfanumerico unico. Entro il mese di gennaio e il mese di luglio di ogni anno il CNEL predisporrà «un apposito quadro sinottico e un prospetto riepilogativo» relativamente ai contratti depositati e ai rinnovi contrattuali avvenuti nel semestre precedente e per i quali è stata conseguentemente disposta l’assegnazione del codice alfanumerico unico così da garantire trasparenza sui contenuti dei contratti e sui loro firmati anche con riferimento al loro «effettivo radicamento nel sistema di relazioni industriali» ovvero al grado di «diffusione nel settore o sottosettore di riferimento» del relativo contratto visto che il CNEL è in grado di dare precise indicazioni sul numero reale di lavoratori e di aziende ai quali un CCNL è applicato.
Saranno ora Governo e Parlamento a valutare cosa rispondere alla Commissione europea per documentare la conformità o meno del nostro ordinamento giuridico alle prescrizioni della direttiva. L’impegno del CNEL per una maggiore conoscibilità e pubblicità dei testi contrattuali è comunque un contributo pragmatico per dare piena attuazione a una delle previsioni cardine della direttiva: quella che impone agli Stati membri di assicurare a tutti i lavoratori un facile accesso e informazioni complete rispetto ai trattamenti retributivi previsti dai contratti collettivi così da assicurare totale trasparenza e prevedibilità delle condizioni di lavoro ad essi applicabili.
Università di Modena e Reggio Emilia
*pubblicato anche su Contratti & contrattazione collettiva, n. 44/2024



