La regolamentazione dell’apprendistato nei contratti collettivi nazionali di lavoro
Bollettino ADAPT 9 dicembre 2024, n. 44
Le disposizioni di legge in materia di apprendistato riconoscono da tempo un ruolo centrale all’azione delle parti sociali. Il decreto legislativo n. 81 del 2015 opera specifici rinvii alla contrattazione collettiva su una pluralità di materie e, in considerazione di ciò, l’INAPP nel compiere la sua attività di monitoraggio verso i contratti collettivi (vedi, in tema, M. Colombo, G. Impellizzieri, M. Tiraboschi, Dove va l’apprendistato? Osservazioni e proposte a partire dall’ultimo rapporto Inapp-Inps, Bollettino ADAPT 25 novembre 2024) verifica se ed in che modo le Parti sociali hanno sfruttato gli spazi di regolamentazione aperti dalla legge.
L’apprendistato tra legge e contrattazione collettiva
Gli spazi regolatori che il legislatore riconosce alle parti sociali in materia di contratto di apprendistato, salvo il rispetto di alcuni principi inderogabili, sono piuttosto ampi, ai sensi dell’art. 42, co. 5 secondo il quale la disciplina di questo istituto «è rimessa ad accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative». All’autonomia collettiva è affidata, soprattutto, la definizione dei moduli e formulari dei piani formativi individuali, i livelli retributivi degli apprendisti e le quote di stabilizzazione. Nel regolare la materia, devono comunque essere rispettati i principi stabiliti dall’art. 42, comma 5, d.lgs. 81/2015 che – fra gli altri – regola aspetti legati alla retribuzione (come il divieto di retribuzione a cottimo per l’apprendista), limita il sottoinquadramento (al massimo fino a due livelli inferiori rispetto a quello di destinazione) e impone almeno la presenza di un tutor o referente aziendale. La legge, inoltre, riconosce la facoltà alla contrattazione collettiva di individuare, «esclusivamente per i datori di lavoro che occupano almeno cinquanta dipendenti» (art. 42, comma 8, d.lgs. 81/2015), limiti di contingentamento diversi da quelli legali. In ogni caso, titolari della contrattazione sono le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Sono questi, del resto, gli ambiti rispetto ai quali il rapporto Inapp, al capitolo 3.5 dedicato a “La regolamentazione dell’apprendistato nei contratti collettivi nazionali di lavoro”, indaga se e come sono intervenuti i 148 rinnovi dei CCNL sottoscritti nel 2022. Sul punto, peraltro, va segnalata la scelta dell’Istituto di monitorare non solo gli accordi collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, cioè quelle selezionate dal legislatore per l’integrazione del dato di legge, ma l’universo dei rinnovi sopraggiunti nel 2022, senza distinguere le organizzazioni sindacali e datoriali firmatarie né indicando il codice alfanumerico Cnel che pur avrebbe permesso di “pesare” le tendenze della contrattazione collettiva così come individuate dal rapporto.
Il rapporto si limita ad indicare due settori prevalenti che si occupano dell’apprendistato. La maggiore diffusione della regolazione collettiva dell’apprendistato si registra soprattutto nel settore del Commercio, con 30 CCNL rinnovati in materia, seguito poi dal settore di Enti ed Istituzioni private (22 CCNL), dove a incidere non pare tanto l’attenzione degli attori della rappresentanza nei confronti dell’istituto quanto la (ben nota) proliferazione, non sempre genuina, di contratti collettivi di categoria in questi settori.
Cionondimeno, una segnalazione interessante di Inapp sul fenomeno emerge in ordine al dato della diminuzione del numero di contratti collettivi che non citano alcuna normativa inerente l’apprendistato o che rimandano a normative non più in vigore. Per contro, si rivela comunque in aumento il numero di CCNL che non regolano in alcun modo l’apprendistato (il numero da 33 è passato a 41). Questi CCNL identificano un’ampia percentuale pari al 28% del campione scelto dal Rapporto.
Larga parte di questi contratti collettivi (74 su 148) si occupano di disciplinare l’apprendistato professionalizzante e questo dato non ci stupisce affatto, poiché da anni ormai la tendenza del mercato del lavoro italiano mostra una netta prevalenza dell’utilizzo di questa forma di apprendistato sopra le altre due previste dalla legge.
L’apprendistato duale, cioè quello di primo e terzo livello, è regolato soltanto in 25 contratti sul totale del campione), tanto che una buona parte di questi contratti analizzati dà conto di una disciplina minima degli apprendistati duali e la totalità di questi non si discosta dalla percentuale di retribuzione prevista per legge a favore degli apprendisti.
La regolazione collettiva del rapporto di apprendistato
Il rapporto di monitoraggio si focalizza altresì su alcuni aspetti del rapporto di lavoro, evidenziando dove ed in che modo la contrattazione collettiva è intervenuta in maniera robusta ovvero ha provveduto ad effettuare semplici rinvii alle disposizioni nazionali o regionali che regolano la materia. Un primo elemento preso in considerazione è rappresentato dai sistemi di retribuzione prescelti dove si registra una presenza costante della disciplina predisposta dai CCNL.
L’art. 42, comma 5, lettera b, del d.lgs. n.81/2015, come anticipato, prevede la possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto a quello spettante in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro ai lavoratori addetti a mansioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al cui conseguimento è finalizzato il contratto di apprendistato (c.d. sotto-inquadramento) oppure in modo alternativo e non cumulativo, di stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale e proporzionata all’anzianità di servizio (c.d. percentualizzazione). Dall’analisi dei contratti collettivi presi a campione è emerso come per l’apprendistato scolastico o di primo livello e l’apprendistato professionalizzante o di secondo livello le parti sociali abbiano prediletto il sistema della percentualizzazione mentre al contratto di apprendistato di ricerca e alta formazione, o di terzo livello, venga applicato il sotto-inquadramento.
Indipendentemente dal meccanismo prescelto, si rileva come i CCNL esaminati prevedano una suddivisione in sottoperiodi, del periodo inerente alla formazione, a cui corrispondono o il sotto-inquadramento o la percentualizzazione; elementi questi che variano in aumento secondo il passare del tempo. I sottoperiodi sono considerati il più delle volte in annualità ma non mancano le ipotesi che si riferiscono invece a mesi o semestri.
La percentuale viene determinata sulla base di alcuni parametri come, ad esempio, la durata del percorso di apprendistato, e comunque va da un minimo del 45 % per i primi due anni ed un massimo del 70% per l’ultimo periodo, in caso di apprendistato di primo livello; mentre in caso di apprendistato professionalizzante si registrano percentuali più alte (in alcuni casi nell’ultimo periodo si arriva al 100%, ma non mancano anche casi contrapposti come un CCNL noleggio auto con conducente e le relative attività correlate, di cui non si conoscono le parti firmatarie, che stabilisce una percentuale minima del 20 % ed una massima del 50 %. Per quanto attiene all’erogazione del trattamento economico riferibile alla formazione interna, nessun contratto collettivo si discosta dalla percentuale del 10% di quella dovuta normalmente.
Altro profilo oggetto di attenzione in sede di negoziazione collettiva è rappresentato dalle clausole di stabilizzazione. Un grande numero di contratti collettivi non le disciplina, limitandosi a rinviare alla normativa di rango nazionale e a confermare la percentuale del 20 % di assunzione degli apprendisti il cui periodo di apprendistato si sia concluso nei 36 mesi precedenti. Fanno eccezione due CCNL del trasporto e uno del commercio che applicano rispettivamente le percentuali del 60%, 30% e 30% per le imprese che hanno alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori.
Residuale, invece, è l’attenzione verso i profili formativi dell’apprendistato. Sebbene il contratto di apprendistato sia uno schema contrattuale che si discosta dagli ordinari rapporti di lavoro subordinato in virtù delle finalità economiche ed occupazionali che persegue e soprattutto per essere un contratto a fasi successive dove la formazione riveste un ruolo determinante, si evidenzia come la figura del tutor o referente aziendale ed anche il profilo della formazione nella quasi totalità dei CCNL presi in esame vengano scarsamente disciplinate e la materia venga demandata alla regolazione normativa di rango nazionale. Tuttalpiù, si è evidenziato che nell’apprendistato professionalizzante il monte ore della formazione aziendale viene definito in base al livello di inquadramento oltre che alla durata del percorso di apprendistato. In argomento si è visto che ai livelli più bassi corrisponde un incremento del numero di ore di formazione.
Omogenea ed uniforme è la disciplina riferibile al part time in apprendistato dove tutti i CCNL, ad eccezione del settore alimentare che stabilisce la percentuale del 50 %, richiamano la regola per cui il part time non può essere inferiore al 60 % dell’orario normale.
Infine, si è registrato un incremento da parte della contrattazione collettiva nel valorizzare il ruolo degli enti bilaterali, anche se sul punto non si registrano particolari novità ad esclusione del CCNL Edilizia che fra i compiti assegnati all’ente prevede, oltre al monitoraggio delle esperienze di apprendistato, anche quello di divulgazione delle esperienze più rilevanti.
Conclusioni
In conclusione, l’analisi condotta evidenzia il ruolo centrale, ma ancora non pienamente sviluppato, della contrattazione collettiva nella regolamentazione del contratto di apprendistato. Sebbene il legislatore offra ampi spazi di intervento alle parti sociali, molti CCNL si limitano a recepire le norme di legge senza introdurre significative innovazioni, con una prevalenza di attenzione all’apprendistato professionalizzante rispetto alle altre tipologie. Tuttavia, emergono problematiche rilevanti, tra cui la crescita dei contratti che non disciplinano affatto l’apprendistato e l’assenza di un’effettiva attenzione ai profili formativi e al ruolo del tutor aziendale, elementi centrali per il valore educativo dell’istituto.
È comunque complesso, se non azzardato, sviluppare ulteriori riflessioni sui risultati del rapporto in commento alla luce dell’opacità della contrattazione collettiva presa in considerazione, degli attori i firmatari e del numero di lavoratori e imprese coinvolte, che rende praticamente impossibile valutare l’effettività e l’impatto delle regolamentazioni collettive.
Apprendista di ricerca ADAPT
Apprendista di Ricerca ADAPT
ADAPT Labour Lawyers associate