contrattazione collettiva

Accordi collettivi, rappresentanza e normativa antitrust: arrivano le linee guida della Commissione Europea

Accordi collettivi, rappresentanza e normativa antitrust: arrivano le linee guida della Commissione Europea

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Bollettino ADAPT 10 ottobre 2022, n. 34

 

Il 29 settembre 2022 la Commissione Europea ha adottato delle linee guida per dirimere il (possibile) conflitto tra la normativa euro-unitaria in materia di antitrust e gli accordi collettivi dei lavoratori autonomi. Come è noto, l’art. 101 del TFUE vieta la stipulazione di accordi tra imprese che restringono la concorrenza. Se da un lato, il contratto collettivo negoziato tra rappresentanze dei lavoratori dipendenti e rappresentanze dei datori di lavoro non viene considerato in contrasto con l’art.101 TFUE, dall’altro, occorre considerare che i lavoratori autonomi vengono considerati dalla giurisprudenza euro-unitaria alla stregua di “imprese”: da qui il rischio di violare la normativa antitrust nel caso di negoziazione di accordi collettivi aventi ad oggetto tariffe e/o condizioni di lavoro.

 

Le linee guida hanno l’obiettivo di chiarire in quali circostanze le rappresentanze dei lavoratori autonomi possono negoziare un accordo collettivo per il miglioramento delle condizioni di lavoro. Sono il frutto di un lungo iter, iniziato nel 2020 e proseguito nel dicembre 2021, con cui la Commissione Europea ha proposto una serie di misure volte a migliorare le condizioni del lavoro svolto mediante piattaforma digitale, con l’obiettivo di sostenere una crescita sostenibile delle piattaforme di lavoro digitale nell’UE. Il progetto comprendeva: 1) una proposta di direttiva sul miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme (cfr. F. Capponi, Dalla Commissione Europea una proposta di direttiva sul lavoro tramite piattaforma digitale: il punto sulle previsioni in materia di qualificazione del rapporto di lavoro, in Bollettino ADAPT 13 dicembre 2021, n. 44); 2) una comunicazione contenente indicazioni su come sfruttare appieno i vantaggi derivanti dalla digitalizzazione per il futuro del lavoro; 3) infine, un progetto di orientamenti che riguardante chiarimenti sull’applicazione del diritto della concorrenza dell’UE in materia di contratti collettivi dei lavoratori autonomi individuali, compresi coloro che lavorano mediante piattaforme di lavoro digitali.

 

La Commissione successivamente ha avviato una consultazione pubblica, invitando i diversi stakeholders (cittadini, imprese, parti sociali, mondo accademico, enti governativi e tutti i diversi portatori di interessi) a presentare osservazioni sul progetto relativo ai contratti collettivi riguardanti le condizioni di lavoro dei lavoratori autonomi individuali e le relative aporie con la materia concorrenziale.

 

Gli orientamenti pubblicati dalla Commissione il 29 settembre pongono una serie di chiarimenti sulle circostanze nelle quali determinate tipologie di lavoratori autonomi possono unirsi con l’obiettivo di negoziare collettivamente condizioni di lavoro senza entrare in conflitto con le norme di concorrenziali di matrice sovranazionale. Sul tema è intervenuta anche la Commissaria per la concorrenza dell’Unione Europea che ha messo in luce come “Getting together to collectively negotiate can be a powerful tool to improve such conditions. The new Guidelines aim to provide legal certainty to the solo self-employed people by clarifying when competition law does not stand in the way of their efforts to negotiate collectively for a better deal”. Pertanto, l’obiettivo delle nuove linee guida è quello di fornire una certezza giuridica ai lavoratori autonomi che si trovano in una condizione negoziale debole o di dipendenza economica rispetto ai committenti, cercando di chiarire quando il diritto della concorrenza non ostacola lo sforzo di negoziazione collettiva per ottenere migliori condizioni lavorative. La Commissione ritiene che la condizione di dipendenza economica si realizzi quando un lavoratore autonomo “on average, at least 50 % of total workrelated income from a single counterparty, over a period of either one or two years”, cioè quando almeno il 50% del reddito totale è legato ad un unico committente.

 

Gli orientamenti stabiliscono, nel punto III del progetto, che il diritto della concorrenza e l’art.101 TFUE non si applichino alle forme di rappresentanza collettiva dei lavoratori autonomi che si trovino in una situazione affine a quella dei lavoratori subordinati, quali i lavoratori autonomi che prestano servizi esclusivamente o prevalentemente a una sola impresa, lavorando di fianco a lavoratori autonomi o fornendo servizi a una piattaforma di lavoro digitale o attraverso una piattaforma.

 

La Commissione Europea si è posta l’obiettivo di un monitoraggio costante e una revisione di dette linee guida entro il 2030 tramite riunioni periodiche con le parti sociali europee. Queste iniziative fanno parte di una serie di azioni che la Commissione sta portando avanti con l’obiettivo di garantire condizioni migliori ai lavoratori autonomi che eseguono la propria prestazione lavorativa tramite piattaforme digitali.

 

La progettualità della Commissione su questa materia è indirizzata nell’invertire quella che è stata la pregressa impostazione sugli accordi collettivi tra lavoratori autonomi da parte della normativa, e, soprattutto, della giurisprudenza della Corte di Giustizia. Diverse pronunce intervenute nel corso del tempo – a tal proposito si ricordino la sentenza Albany e la sentenza FNV Kunsten – hanno confermato questo orientamento restrittivo, che ha visto di fatto annullare le intese sottoscritte collettivamente da associazioni di attori, musicisti o altri lavoratori autonomi. L’impostazione seguita dalla Commissione Europea sembra prendere atto del profondo cambiamento strutturale che è avvenuto nell’ambito del mercato del lavoro autonomo ove i lavoratori sembrerebbero non godere più della indipendenza e forza contrattuale che normalmente derivava dallo status di lavoratore autonomo. Pertanto, sembrerebbero aprirsi degli spazi di contrattazione collettiva per i lavoratori autonomi in difficoltà per migliorare la propria situazione contrattuale.

 

Il profilo di maggiore rilevanza degli orientamenti, essendo la matrice quella della soft low, è quello attinente all’applicazione del diritto della concorrenza dell’UE, alle prerogative degli Stati membri e delle parti sociali. Le attuali impostazioni giurisprudenziali dominanti della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, calate nel contesto italiano, potrebbero avere dei riflessi notevoli sulla legittimazione di alcuni soggetti e di alcune categorie (quali le rappresentanze delle professioni ordinistiche) a stabilire l’equità dei compensi professionali1. Anche in tal caso la giurisprudenza europea ha sempre identificato gli ordini professionali come cartelli di imprese impedendo perciò misure restrittive della libertà concernenti l’emanazione di tariffe professionali e dando anzi la stura al loro definitivo superamento. In questa prospettiva, che vede (ri)emergere una nuova legittimazione di soggetti collettivi ad agire negoziando accordi sindacali, potrebbero beneficiarne anche enti esponenziali come gli ordini professionali tramite una valorizzazione dei concetti di dipendenza e debolezza contrattuale del professionista. Si pensi ad esempio alla tematica dell’equo compenso e alle diverse proposte2 esaminate nel corso della legislatura appena conclusa (e non approvate, se non in prima lettura in uno dei due rami del parlamento) che attribuivano agli ordini il potere di adottare modelli di convenzione vincolanti ritenuti presuntivamente equi.

 

Concludendo, le problematiche applicative sono di non poco conto nel caso di recepimenti delle linee guide nei singoli contesti nazionali. Potrebbero configurarsi scenari in netta controtendenza con impostazioni consolidate nella prassi del diritto antitrust italiano che sin dal 2017, tramite l’Autorità garante per la concorrenza e per il mercato, si è pronunciata con pareri netti in merito al tema equo compenso, ritenuto come una surrettiziareintroduzione delle tariffe minime nell’ordinamento” che si “pone in stridente controtendenza con i processi di liberalizzazione che, negli anni più recenti, hanno interessato il nostro ordinamento anche nel settore delle professioni regolamentate”.

 

In ogni caso, rimane centrale il tema dello sviluppo di sistemi di rappresentanza adeguati e la necessità di nuove forme di tutela del lavoro autonomo (interamente inteso) che non vadano a configurare anomalie nella concorrenza. Il rapporto tra diritto della concorrenza e diritto del lavoro è una tematica molto spinosa. Infatti, risulta ancora attuale il monito di Mario Grandi: “il diritto del lavoro (forse anche quello autonomo) non è in genere amico della libertà” e “la legislazione del lavoro riflette, nel suo decorso storico, un processo costante di restrizione dell’illimitata libertà d’impresa” (cfr. M. Grandi, In difesa della rappresentanza sindacale, DLRI, 2004, n. 104).

 

Andrea Zoppo

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@AndreaZoppo

 

1 Pur con i dovuti adattamenti ai singoli contesti nazionali è la stessa Commissione a prendere come riferimento nel punto 3.1 delle guidelines il caso della professione di architetto mono committente di un unico studio.

2 Cfr. la proposta AC.301 a prima firma Meloni, la proposta AC.1979 a prima firma Mandelli, AC.2192 a prima firma Morrone, AC. 2741 a prima firma Bitonci, AC. 3058 a prima firma Di Sarno, AC.620 a firma Porchietto, AS.1425 a firma Santillo.

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/114 – Accordo Hitachi Energy Italy S.p.A.: flessibilità, competitività e partecipazione

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/114 – Accordo Hitachi Energy Italy S.p.A.: flessibilità, competitività e partecipazione

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

Per informazioni sul rapporto – e anche per l’invio di casistiche e accordi da commentare –

potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

 

Bollettino ADAPT 4 luglio 2022, n. 26

 

Parti firmatarie e contesto

 

Martedì 7 giugno 2022, a Lodi, Hitachi Energy Italy S.p.A., assistita da Assindustria Venetocentro, le RSU, e  le OOSS territoriali di FIOM-CGIL, UILM-UIL e FIM-CISL hanno siglato il loro primo contratto integrativo aziendale, dopo la sottoscrizione, risalente al 20 maggio, degli accordi sul premio di risultato e sulla quota di Welfare.

 

Come noto, Hitachi è un’importante società giapponese attiva in diversi settori, dall’elettronica alle costruzioni ferroviarie. Nata nel 1910, questo colosso del mondo imprenditoriale asiatico conta oggi 32.000 dipendenti in tutto il mondo. Negli ultimi anni, Hitachi è stata protagonista di un’importante riorganizzazione, che ha portato le 11 attività del Gruppo nell’alveo di una sola società, denominata One Hitachi. Questa rimodulazione organizzativa ha comportato un percorso di armonizzazione e integrazione tra tutte le entità presenti sul territorio italiano.

 

Hitachi Energy si inserisce in questo panorama, dedicandosi al settore dell’energia con la costruzione di trasformatori e sezionatori. Questo nuovo ramo di Hitachi, che sorge da una cessione di ramo d’azienda di ABB, ha una popolazione di 740 lavoratori e ha sedi a Lodi, Padova e Roma.

 

Oggetto e tipologia dell’accordo

 

La totalità degli accordi analizzati in questa sede compongono il contratto di secondo livello di Hitachi Energy Italy. Attraverso queste intese, l’incremento di competitività aziendale è ricercato mediante un aumento di flessibilità sia in termini di turnazioni attivabili sia come possibilità di declinare a livello locale, pur conservando una generale unità di approccio, gli istituti normati, in modo tale da incrementare la partecipazione dei lavoratori e i risultati organizzativi.

 

Temi trattati / punti qualificanti / elementi originali o di novità

 

Un esempio di questo secondo significato di flessibilità è rilevabile all’interno del primo accordo siglato tra le Parti, ossia il testo relativo al premio di risultato.

 

L’accordo sul premio di risultato disciplina  questo istituto per il quadriennio 2022-2025. La priorità della sua normazione , mediante l’intesa del 20 maggio, rispetto al resto dei documenti sottoscritti segnala la volontà delle Parti di non lasciare l’anno corrente sprovvisto del  rinnovo della parte economica del contratto integrativo, per poi proseguire con il resto della negoziazione.

 

La struttura del premio di risultato risulta composta da tre elementi: un indicatore relativo agli ordini, pari al rapporto tra consuntivo e budget, un parametro legato alla profittabilità dell’unità operativa o della BU e un terzo fattore composto da indici capaci di rilevare il miglioramento della performance dell’area considerata. Se il primo fattore, di basso peso percentuale sul payout, non interessa il livello locale, gli altri due elementi costituiscono parti strutturali del calcolo del premio da declinare e decidere a livello di unità produttiva. Si tratta di una scelta capace di evidenziare e valorizzare le specificità locali e di dare rilievo alle interlocuzioni di sito. Con questo accordo, le Parti introducono, inoltre, la  convertibilità in welfare del premio in parte o nella totalità della cifra finale erogata.

 

Oltre alla welfarizzazione di questo istituto premiale, i firmatari istituiscono una quota di welfare annuale aggiuntiva rispetto a quella prevista dal CCNL Metalmeccanici per il quadriennio 2023-2026. Per quanto concerne l’anno corrente, invece, non si prevede una cifra destinata ai servizi welfare, bensì, mediante specifico accordo, viene introdotta l’erogazione di buoni carburante, nelle modalità previste dalla Legge n. 51 del 2022.

 

L’accordo del 7 giugno include la parte obbligatoria e normativa della contrattazione integrativa di Hitachi Energy, proseguendo sul filo conduttore ispiratore del testo relativo alla struttura del premio di risultato. Con la volontà di coniugare le peculiarità delle unità produttive e dell’unità complessiva, la parte obbligatoria ribadisce l’importanza dei confronti a livello di sito, introducendo, allo stesso tempo, un incontro annuale, di carattere informativo, relativo all’andamento e alla politica industriale del Gruppo.

 

In coerenza con la riforma dell’inquadramento del CCNL Metalmeccanici del 5 febbraio 2021, le Parti istituiscono specifiche commissioni paritetiche, a livello di stabilimento, con l’obiettivo di effettuare un approfondimento inquadramentale sulla base delle declaratorie e dei criteri di professionalità enunciati dall’ultimo rinnovo del contratto nazionale, con la possibilità di provvedere a eventuali adattamenti anche attraverso la creazione di sistemi di bilancio delle competenze dei lavoratori. L’istituzione di queste commissioni va letta in parallelo rispetto alla volontà delle Parti di impegnarsi a un esame delle esigenze formative dei lavoratori, al fine di individuare congiuntamente specifici percorsi finalizzati ad  accrescerne le competenze, anche in materia di sicurezza, come testimonia l’impegno all’organizzazione di una sessione annuale di sensibilizzazione su temi HSE.

 

Oltre a esprimere la declinazione di flessibilità come possibilità di variazione, a livello locale, delle materie trattate nei testi sottoscritti, l’accordo del 7 giugno realizza anche il primo dei significati di flessibilità citati in precedenza, ossia flessibilità come ampiezza di turnazioni attivabili a fronte di esigenze gestionali e produttive, il quale rappresenta  il vero e proprio nucleo di questo contratto di secondo livello.

 

Con questo accordo, infatti, vengono introdotti nuovi modelli di orario di lavoro la cui attivazione segue a un aumento o a una contrazione dei volumi di produzione. Nel primo caso, questi nuovi sistemi orari si traducono in un aumento dei turni settimanali fino ad arrivare al ciclo continuo, circostanza a cui corrispondono nuove indennità. In caso di una contrazione della produzione, invece, la riduzione dell’orario di lavoro sarà effettuata attraverso la fruizione della quota di PAR utilizzabile per le chiusure collettive, nelle modalità previste dal CCNL. Si tratta di una soluzione che garantisce all’azienda una pronta risposta alle dinamiche di mercato, all’interno di tutte le unità operative del Gruppo.

 

L’accordo in questione completa, inoltre, il quadro delle misure di welfare di Hitachi Energy con due importanti integrazioni ai servizi previsti dal contratto nazionale: l’assegnazione del c.d. “Piano Sanitario Integrativo A” di Metasalute alla totalità della popolazione aziendale e una quota aggiuntiva a carico dell’azienda per gli iscritti al fondo Cometa, che va a sommarsi a quanto già deciso in sede di contrattazione nazionale.

 

Valutazione d’insieme

 

L’accordo Hitachi esprime la convinzione delle Parti che l’istituzione di nuovi strumenti di flessibilità debba essere accompagnata da una crescente partecipazione ai risultati dell’organizzazione. A tal fine, la parte obbligatoria dell’accordo del 7 giugno e la struttura del premio di risultato, insieme alle molteplici misure di welfare incluse all’interno delle intese, evidenziano la volontà dei firmatari di valorizzare il fattore partecipativo e la cura del dipendente come parte integrante della strategia di incremento della competitività dell’organizzazione.

 

Filippo Reggiani

Scuola di Dottorato di ricerca in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@FilippoReggian3

La contrattazione collettiva in Germania: le tendenze del 2021

La contrattazione collettiva in Germania: le tendenze del 2021

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Bollettino ADAPT 28 marzo 2022, n. 12

 

L’Istituto di scienze sociali ed economiche (Wirtschafts- und Sozialwissenschaftliche Institut – WSI) della Fondazione Hans Böckler ha di recente pubblicato un interessante report che analizza le linee di tendenza della contrattazione collettiva in Germania nel 2021.

Il report si apre con un dato che rende evidente come la pandemia da COVID-19 abbia segnatamente influenzato la dinamica delle relazioni industriali all’interno del paese: durante il 2021, la vigenza media degli accordi collettivi è stata di 23.8 mesi, spiccatamente maggiore di quanto avvenuto nell’anno precedente, durante il quale la stessa è stata molto più breve, in risposta alle incertezze connaturate al periodo emergenziale.

 

Un dato che viene inserito al termine del documento, ma che risulta tuttavia necessario al fine di contestualizzare gli ulteriori elementi riportati, è quello della copertura della contrattazione collettiva in Germania, la quale risulta in costante declino dagli anni 90’ in poi. Nel 2020, soltanto il 51% dei lavoratori tedeschi svolgeva la loro prestazione in un’azienda che applicava un contratto collettivo, di primo o di secondo livello. Gli autori riportano inoltre che, anche se una percentuale abbastanza grande di imprese al di fuori del sistema della contrattazione collettiva sembri modellare le condizioni di lavoro dei propri dipendenti su quanto previsto dalle disposizioni delle fonti collettive, ciò nella maggior parte dei casi comporta ancora una notevole divergenza dagli standard contenuti nelle stesse.

 

Sul fronte retributivo, invece, è da segnalare come, nel corso del 2021, circa 13 milioni di lavoratori subordinati abbiano beneficiato di aumenti salariali grazie all’azione della principale confederazione sindacale tedesca, la Deutscher Gewerkschaftsbund (DGB). Allo stesso tempo, è da notare come la crescita dei salari negoziali si sia fermata all’1,7%, dato significativamente inferiore a quello del 2018 (3%) e del 2019 (2,9%), ma anche a quello del 2020 (2%): tale declino, insieme alla crescita dell’inflazione, ha fatto sì che il salario “reale” dei lavoratori tedeschi sia crollato del 1,4%.

 

Gli aumenti del salario negoziale si differenziano in modo sostanziale tra i settori merceologici considerati: il settore della ristorazione è quello che ha subito uno degli aumenti più considerevoli, insieme a quello della pulizia industriale e dell’accoglienza, mentre i lavoratori del settore metalmeccanico hanno ricevuto unicamente un cosiddetto “Corona-Bonus” di 500 euro – ossia un’erogazione una tantum al netto di tassazione e contribuzione sociale, in riconoscenza del lavoro svolto durante la pandemia da COVID-19.

 

La comprensione della situazione salariale in Germania, però, non può essere completa se non specificando alcuni dati di contesto. Anche in reazione al costante declino della copertura della contrattazione collettiva negli ultimi decenni, dal 2015, nel paese vige una legge che indica l’importo minimo del salario orario per tutti i lavoratori del paese (Mindestlohngesetz), il quale viene adeguato periodicamente al costo della vita da parte di un’apposita commissione formata da rappresentanti del mondo datoriale, sindacale e accademico (Mindestlohnkommission).

 

Tale commissione aveva deciso che, nel 2022, il salario minimo orario netto per tutti i lavoratori tedeschi avrebbe dovuto equivalere a 10,45 euro. Tuttavia, al fine di garantire a tutti i cittadini “uno standard di vita dignitoso” il nuovo Governo federale ha deciso che, nell’ottobre del 2022, tale salario orario sarà elevato a 12 euro l’ora, eccezionalmente per via legislativa.

In Germania, tuttavia, minimi salariali erga omnes possono essere altresì introdotti dalla contrattazione collettiva: all’interno dell’ordinamento tedesco, infatti, è prevista la possibilità di estendere il campo di applicazione di un contratto collettivo a tutti i lavoratori di un determinato settore, a prescindere dall’appartenenza del datore di lavoro o dello stesso lavoratore alle associazioni di rappresentanza firmatarie, seguendo la procedura di cui al paragrafo 5 della Legge sulla contrattazione collettiva (Tarifvertragesetz). Secondo quanto descritto dal Report, buona parte dei minimi salariali collettivi erga omnes attualmente supera quello che sarà l’importo minimo legale da ottobre 2022 in poi: tuttavia, sussistono anche settori in cui vigono minimi inferiori, i quali dovranno necessariamente adeguarsi a quanto previsto dalla legge.

 

Un ultimo dato che risulta particolarmente interessante, e forse inaspettato per chi non conosce approfonditamente il contesto socioeconomico tedesco, è quello della persistente differenza nei salari negoziali dei lavoratori attivi nella ex Germania Est, e quelli nella ex Germania Ovest. Nel 2021, i lavoratori dei Länder della ex DDR potevano contare su un salario negoziale il cui importo ammontava al solo 98% di quello previsto per i loro omologhi dell’Ovest. Allo stesso tempo, il report rileva come questi ultimi beneficino generalmente di condizioni di lavoro più favorevoli dei loro connazionali, come ad esempio una settimana lavorativa di circa un’ora più corta (37,6 ore per i lavoratori dell’ex Germania Ovest, 38,5 ore per i lavoratori dell’ex Germania Est). Di conseguenza, durante il 2021, numerose azioni collettive sono state dirette a uniformare il numero di ore di lavoro svolte dai lavoratori della Germania Est e da quelli della Germania Ovest, in particolare nei settori dell’industria elettrica e metalmeccanica, in cui il divario è ancora più pronunciato rispetto ai dati riportati.

 

Nel paragrafo conclusivo del Report, gli autori azzardano alcune previsioni relativamente alle prospettive della contrattazione collettiva in Germania nel 2022. La ripresa dell’economia potrebbe infatti creare un contesto favorevole per quanto concerne la contrattazione in materia di retribuzione, la quale potrebbe portare a significativi aumenti salariali in quei settori, come quello dell’educazione, in cui si verificano al contempo significative carenze relativamente ai lavoratori in possesso delle competenze necessarie per l’attuale mercato del lavoro (skill shortages) e un forte aumento della domanda di lavoro.

 

Diletta Porcheddu

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@DPorcheddu